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• Capitolo XVIII•

[Parole di ghiaccio ]

Il pomeriggio Bakugou stava percorrendo la distanza che separava il dormitorio dalla scuola con passo svelto, fin troppo veloce perché fosse lui che solitamente camminava a passo lento e a testa alta con quella sua aria da criminale.

Eppure quel pomeriggio quasi corse pur di infilarsi nella struttura dive avrebbe potuto riposare tranquillamente; non aveva fatto qualcosa di chissà quanto impegnativo, si era subito una bella lavata di capo e il professore gli aveva detto che sarebbe stato molto peggio se avesse nuovamente distrutto quello che lo circondava in combattimento.

Percorse velocemente il corridoio in legno chiaro che lo separava dalla sala comune e poi dalle camere cercando di non fare caso alle espressioni tristi e cupe dei suoi compagni di classe, ai loro sguardi affilati e accusatori nei suoi confronti.

Si chiese cosa fosse mai accaduto, per una volta nella quale non aveva fatto davvero nulla per essere guardato in modo freddo dai suoi amici questi lo avevano osservato come si guarderebbe una persona orribile, con le mani macchiate del sangue di un numero incalcolabile di persone.

Prima che la sua mano potesse colpire la porta della camera di Midoriya per attirare la sua attenzione e per poterlo vedere la voce di Uraraka, seria e quasi minacciosa, completamente fuori dal suo personaggio, lo aveva fatto voltare trovandosela davanti che lo guardava con occhi fiammeggianti.

«É successo qualcosa? » chiese lui confuso senza però far notare quelle miriadi di domande che stavano prendendo vita nella sua mente mentre la preoccupazione cresceva accompagnata da un senso d'ansia che parve afferrargli il collo e impedirgli di respirare come una mano invisibile.

«Questo dovrei chiederlo io » rispose la ragazza portando le braccia incrociate al petto, sembrava volerlo accusare di qualcosa che lui non comprendeva, pareva credere che avesse fatto qualcosa che non avrebbe dovuto fare e sopratutto pareva averla fatta a quel ragazzo dalla chioma smeraldo dato quanto furente era.

Eppure non disse nulla la ragazza, semplicemente dopo avergli lanciato un'altra occhiata minacciosa girò i tacchi e se ne andò lasciandolo confuso, preoccupato ed ansioso davanti a quella porta chiara e gelida che, in quel momento aveva preso la forma della paura, una paura che però il biondo non comprendeva.

Ingoiò a vuoto come a sperare di liberarsi del nodo che gli si era formato in gola e che gli impediva di respirare come avrebbe dovuto ma fu inutile, capì dunque che doveva far sparire quelle emozioni parlando con il proprio ragazzo perciò si decise finalmente a bussare.

«Avanti » disse la vice cupa, fredda come la morte proveniente da dietro la superficie legnosa; quel tono di voce che non apparteneva di norma a Midoriya gelò il sangue bollente che fluiva belle vene di Bakugou e in un certo modo lo ferì.

Non aveva mai percepito tanta freddezza rivolta verso di lui, sopratutto non da quel dolce ragazzo adorabile che lo guardava sempre con la luce negli occhi, lui che aveva continuato a sorridergli nonostante tutto quello che gli aveva fatto partire e vivere.

Appena entrò notò che l'aria racchiusa in quelle quattro mura era tanto pensante da schiacciarlo, percepì come una scossa a pervorergli il corpo e quello era il suo sesto senso che gli urlava senza pietà che c'era qualcosa che non andava, eppure lui decise di soffocarne la voce.

Izuku era seduto sul letto, aveva la schiena rivolta al ragazzo e non pareva avere la minima intenzione di voltarsi per osservarlo come invece faceva sempre, con quelle sue iridi smeraldo che lo lasciavano sempre senza respiro, anche se non lo dava a vedere.

Katsuki tentò di dire qualche cosa, qualsiasi cosa potesse spezzare la paura che stava crescendo nel suo petto sempre più forte, qualsiasi cosa avesse potuto rendere un mero ricordava quel silenzio assordante che lo stava torturando mentre gli sussurrava le atrocità peggiori, ma venne interrotto dalla voce ancora più cupa del ragazzo.

« Lasciamoci » fu tutto quello che uscì da quelle labbra che aveva baciato per gironi, che aveva corso per poter riavere contro le sue e lo avevano fatto con una freddezza disarmante, quasi non ci fosse mai stato nulla, quasi fosse stato tutto dolo uno stupido gioco, un esperimento.

«Di cosa stai parlando? » chiese lui con una rabbia inspiegabile che urlava nel suo petto per essere liberata e sfogata nel peggiore dei modi «Sto dicendo che non dobbiamo stare insieme ...» fece una piccola pausa stringendo qualcosa fra le dita «La verità è che volevo vendicarmi per quello che mi hai fatto e mi sono messo d'accordo con quei ragazzi; non è disgustoso, due ragazzi che stanno assime? » chiese ancora gelido come il ghiaccio senza neppure segnarsi di guardarlo in viso con una risata di scherno.

Bakugou strinse forte le dita in pugni, tanto che le unghie si conficcarono nella sua pelle pallida facendo sgorgare dei rivoli di sangue scarlatto dai suoi palmi; era arrabbiato, ferito, confuso e non riusciva a credere a quello che aveva sentito, non poteva essere vero si ripeteva una voce dentro di se che lui si obbligò a soffocare.

«Puoi anche andartene ora » disse il ragazzo senza voltarsi non una sola volta verso di lui che fece come gli era stato chiesto, se ne andò perché sentiva che se fosse rimasto sarebbe esploso e avrebbe finito per fargli del male in modo irreversibile.

Si chiuse nella sua stanza sbattendo la porta tanto forte da far tremare le mura vicine, poi preso da uno dei suoi scatti d'ira incontrollabili gettò tutto a terra e fece saltare in aria gran parte degli arredi della sua stanza e quando l'odore di cenere e di bruciato presero il sopravvento e ebbe  esaurito quella scintilla si lasciò cadere a terra.

Non poteva credere a quelle parole che parevano essere scivolare dalle labbra del ragazzo con tanta facilità, lo aveva ritenuto probabilmente tanto un indotta che non lo aveva neppure guardato in faccia e gli aveva detto chiaramente che quei sentimenti che aveva provato in quei giorni, se pur bellissimi, erano stati solamente il frutto di un crudele inganno che forse si era meritato.

Quel pomeriggio non uscì dalla sua stanza, se ne rimase seduto a terra, rannicchiato su se stesso con le mani che continuavano a procurare piccole esplosioni che non riusciva a controllare a causa della grossa ferita che aveva nel cuore eppure non pianse, non lasciò che una singola lacrima sgorgasse dai suoi rubini per poi scivolare lungo le sue pallide guance.

Lentamente Katsuki Bakugou stava tornando l'orribile ragazzo insensibile e scontroso che non si preoccupava di altri se non di se stesso e che non avrebbe mai fatto avvicinare nessuno al suo cuore avendo paura di essere ferito.

Nonostante il dolore che bruciava il suo petto non poteva odiare la scelta di aver rivelato a Midoriya quanto era importante per lui se pur non aveva mai espresso la reale portata dei suoi sentimenti e avrebbe rifatto la medesima scelta perché quei giorni, nonostante brusciasse ammetterlo, erano stati i migliori della sua vita.

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