Capitolo 1
«Finirai in grossi guai, Susan Chase, lo sai...» si ripeté a bassa voce nel buio del suo nascondiglio, forse un ultimo vano tentativo della sua mente di fermarla dal fare quell'ennesima sciocchezza. Tentativo destinato a fallire sin dall'inizio, ovviamente.
Susie Chase, la dolce e candida sorellina di uno dei più rispettabili ranger di Spring Hills, era nascosta nello spogliatoio maschile della squadra di football del paese. Nulla di troppo sconvolgente, una sciocca marachella per dare un po' di emozione a una giornata noiosa. C'era solo un problema... Era nuda. Completamente. Ferma e col cuore che batteva a mille, se ne stava chiusa nell'armadietto di Lucas Sharp, il quarterback della squadra. Un uomo alto quanto un armadio, dalle spalle larghe e il sorriso in grado di far sciogliere l'intero polo terrestre.
Durante L'adolescenza Luke era stato il sogno erotico, e proibito, di Susie e non si vergognava ad ammettere di aver fantasticato su di lui molte volte. Parecchie volte. Forse era per questo che aveva scelto di nascondersi proprio nel suo armadietto. A ogni modo, l'ansia la stava facendo pentire di quel folle gesto, ma proprio era stanca di essere trattata come una dolce e candida bambina. Non lo era! Lei amava il caos, era una birichina che sognava giorno e notte di fare cose brutte, molto brutte, con un bruto motociclista dai capelli lunghi. Invece cantava nel coro della chiesa, faceva volontariato al canile della contea e ogni anno vinceva la gara di torte del paese. Era stufa! Odiava cantare, pulire le gabbie dei cani la nauseava e le sue torte facevano schifo. Era chiaro e lampante a tutti che nessuno osava fare un torto alla sorella del Golden Boy di Spring Hills, nessuno dei suoi compaesani avrebbe accettato che lei fosse diversa da suo fratello. Lui era perfetto, ergo, anche lei doveva esserlo, ogni altra e differente realtà avrebbe gettato nel caos quella cittadina di false casalinghe realizzate. Le risate dei giocatori che entravano nello spogliatoio zittì i suoi pensieri e Susie trattenne con forza l'aria nei polmoni. Nel silenzio di quel freddo armadietto poté sentire chiaramente il battito del suo cuore che le gridava "sei una stupida, in cosa ti sei cacciata?". E, seppur a malincuore, dovette ammettere di pensare la stessa identica cosa. Cosa avrebbe detto a Lucas quando il poveretto l'avrebbe trovata lì?
"Buon compleanno!" O "Sorpresa!"?
Punto primo, non era il compleanno della sua vittima e punto secondo, crudele ma non meno importante, nessuno avrebbe osato sfiorarla nemmeno con un dito se non avesse voluto passare l'intera stagione estiva nella cella del distretto. Ormai pentita della sua impulsività, si coprì il seno e le parti basse con il braccio e la mano, pregando che Luke non dovesse per forza aprire il proprio armadietto. Dovevano farsi la doccia prima, no? Be', avrebbe approfittato di quell'istante per fuggire via il prima possibile.
«Luke! Oggi hai fatto veramente schifo, cerca di non ripetere questa performance del cazzo anche domenica, se dovessimo perdere contro quegli stronzi di Dawnhill la foto del tuo culo tappezzerà questa cittadina».
Quella era la voce di Doug Nilson, l'allenatore della squadra, Susie non riuscì a capire la risposta del quarterback perché le risate degli altri ragazzi coprirono la voce del ragazzo.
«Non vedo l'ora di farmi una doccia e tornare a casa, sono distrutto»
Quella era la voce di Luke, Susie tremò sia per la paura che per il timbro di quella voce bassa e roca, se la situazione non fosse stata così umiliante si sarebbe sicuramente sciolta nell'ascoltarla. Diede le spalle alla porta dell'armadietto, forse se avessero visto solo il suo sedere sarebbe stato meno imbarazzante? Ne dubitava, ma almeno non l'avrebbe vista in faccia e forse non avrebbe notato le lacrime che le pizzicavano gli occhi. Suo fratello l'avrebbe spedita dalla Zia Ruth, una vecchia ottantenne che viveva con un maiale che aveva chiamato Ham... una sadica antipatica e bigotta, aveva sempre criticato qualsiasi facesse. Sentì i passi del quarterback avvicinarsi e poco dopo lo sentì trafficare con la serratura dell'armadietto, chiuse gli occhi ed attese il peggio. Rimase con gli occhi serrati per secondi che le sembrarono eterni, ma non accadde assolutamente nulla, i ragazzi continuarono a chiacchierare della partita e a fare battute prima di dirigersi alle docce e solo allora capì: aveva sbagliato armadietto. Questo spiegava perché lo aveva trovato vuoto, le era parso strano all'inizio, ma non si era fatta troppe domande vista l'agitazione.
"Quando uscirò di qui ammazzerò Maddie!", pensò.
Era stata proprio la sua amica Maddie, che saltuariamente si occupava della pulizia dello spogliatoio, e spiegarle come trovare l'armadietto giusto. Evidentemente si era sbagliata, non sapeva se esserle grata o ammazzarla. Sospirò e attese pazientemente che ogni giocatore uscisse dallo spogliatoio prima di abbandonare il suo nascondiglio, coprendosi ancora le nudità come poteva, raccolse i propri abiti e si rivestì, scappando in fretta dalla palestra. Fuori ormai era buio, suo fratello l'avrebbe ammazzata, non aveva acceso il cellulare per il terrore che aveva nel visualizzare le mille chiamate perse ricevute e i messaggi irati che sicuramente le aveva mandato. Percorse il vialetto fino al parcheggio e recuperò la propria auto, voleva dimenticare in fretta ciò che era successo anzi, che non era successo! Ma come le era saltato in testa di fare una cosa del genere? Non era certo quello il modo di far capire a tutti che la sorellina di Vincent Chase era diventata ormai donna, rischiava solo di farsi rinchiudere in qualche comunità di recupero.
Appena notò il viale di casa iniziò a tremare, non fece nemmeno in tempo a spegnere l'auto davanti casa che suo fratello uscì e la raggiunse con poche ma veloci falcate. Susie era ancora dentro l'auto e si affrettò a bloccarne le porte, cosa che fece infuriare ancora di più l'uomo.
«Susie... ti conviene uscire di tua spontanea volontà o...»
«O cosa?» Non gli diede nemmeno il tempo di finire la frase. «Mi rinchiudi in casa per un mese? Be', informazione di servizio, sono un'adulta».
«Non si direbbe, una persona adulta non sparisce per una giornata intera senza avvisare e senza rispondere a chiamate e messaggi!»
«Be', non tutti hanno un carceriere come fratello!»
Susie notò con piacere il viso dell'uomo tingersi di rosso e la vena sulla fronte pulsare minacciosa. Suo fratello aveva appena raggiunto il limite e lei ne era contenta.
«Un carceriere?»
Vincent chiuse gli occhi e inspirò, capì che il gioco era finito. Lo aveva fatto arrabbiare sul serio.
«Ti conviene scendere immediatamente dal furgoncino ed entrare in casa, Susan Lee».
Il suo nome pronunciato per intero le fece gelare il sangue nelle vene, scese dall'abitacolo e si rifugiò in casa, sentendo poco dopo la porta sbattere e i passi pesanti del fratello dietro di lei. Cosa gli avrebbe raccontato per giustificare l'essere sparita tutta la giornata? Non poteva dirgli la verità, l'avrebbe ammazzata o, peggio, spedita chissà dove. Sarebbe stato meglio continuare a nascondersi in quell'armadietto, se solo Luke fosse stato da solo in quello spogliatoio...
«Allora?»
La voce dell'uomo aveva assunto un tono duro e freddo, proprio come quando interrogava uno dei suoi sospettati, avrebbe voluto rispondergli "sono in arresto, agente?", ma suo fratello non avrebbe apprezzato il suo sarcasmo. Almeno non in quel frangente.
«Allora cosa?»
«Smettila di comportarti da ragazzina, dannazione!»
Finalmente era riuscita a fargli perdere la pazienza e per un secondo se ne compiacque, prima di voltarsi e vedere il suo viso più scuro della pece. Era veramente arrabbiato.
«Oh, tu vuoi sapere dove sono stata».
Quella vena che pulsava sulla fronte di suo fratello le parve, se possibile, ancora più grossa.
«Mi sono nascosta nuda nell'armadietto di Lucas Sharp, volevo fargli una sorpresa per congratularmi dei suoi successi».
Susie non ebbe il coraggio di guardarlo mentre gli diceva la verità e si mise a fissare il quadro che Vincent aveva alle spalle, un paesaggio di mare che probabilmente nemmeno esisteva ma che le sarebbe piaciuto tanto visitare o provare a cercare.
Il sospiro frustrato che sentì la costrinse a riportare gli occhi sul fratello, lui la fissava ancora più arrabbiato e aveva incrociato le braccia contro il petto.
«Per favore, per una volta, potresti smettere di raccontare stronzate e dirmi semplicemente la verità?»
Stronzate... come avrebbe voluto che ci fosse qualcun altro nella stanza a sentirlo imprecare e dire parolacce, almeno gli abitanti di quell'ipocrita cittadina avrebbero capito che nemmeno l'ex ranger e attuale Sceriffo della contea era così perfetto come credevano.
«Io ti sto dicendo la verità.»
Il fatto che non le credesse la diceva lunga su come vedesse sua sorella, per lui era ancora la bambina che aveva tirato su dopo la morte dei suoi genitori. Susie gli era grata di averla cresciuta, si era sacrificato per lei e se non ci fosse stata la loro nonna ad aiutarli probabilmente non si sarebbe mai arruolato e diventato Ranger. Ma lei aveva sempre saputo quanto significasse per lui servire il suo paese e si era messa da parte, aveva ripreso i rapporti con la nonna paterna ed era partita per New Orleans, dove vi era rimasta fino a quando suo fratello non aveva ottenuto il posto di Sceriffo. All'inizio era stato difficile convivere con una persona che non vedeva sin da bambina, ma alla fine le due avevano riallacciato un bel rapporto e lei si era trovata bene in quella città così diversa e vivace rispetto alla piccola e assolata Spring Hills e le era costato tanto lasciarsi tutti quegli anni alle spalle, ma lo aveva fatto per lui. Per tutti i sacrifici che aveva fatto per lei. Peccato che suo fratello avesse conservato di lei soltanto il ricordo della bambina che era stata e non aveva mai visto la donna in cui si era trasformata, la teneva sotto controllo, se non la sentiva per più di due ore iniziava a tempestarla di chiamate a cui doveva rispondere, altrimenti si sarebbe dovuta sorbire ore di ramanzine. Come quella che le spettava quella sera.
«Quindi se chiamo Luke e gli chiedo se ha trovato mia sorella nuda nel suo armadietto lui confermerà la tua versione?»
Di nuovo quel tono da agente arrogante...
«Sei pazzo? Sa che hai una pistola, non si sognerebbe mai di ammetterlo».
«E per quale motivo dovrebbe mentirmi? Anzi, mi sorprende che non mi abbia chiamato per dirmelo lui stesso. A meno che...»
Lo sguardo che le lanciò non le piacque per niente, gli occhi dell'uomo si accesero di una collera che la fece tremare come una ragazzina. Cosa gli stava passando per la testa?
«Dimmi che non si è approfittato di te e della situazione perché è già un uomo morto».
«Approfittato? Ma ti senti quando parli? Credi che sia così ingenua da andare a letto con qualcuno non per mio volere ma per costrizione?»
Le veniva da piangere, non sapeva se era peggio che suo fratello la credesse una vergine da tenere sotto chiave o una stupida ingenua capace di cadere con la coercizione alle avance del primo bellimbusto di passaggio.
«Allora ci sei andata a letto...»
Senza nemmeno darle il tempo di registrare le sue parole, Vincent uscì come una furia di casa e si avviò verso il furgone. Lei gli corse dietro e quasi inciampò su un sassolino.
«Dove stai andando?» purtroppo credeva di sapere già la risposta a quella domanda.
«Vado ad ammazzare quello stronzo figlio di...»
La parolaccia venne attutita dal suono della portiera che si chiudeva violentemente.
«Non mi ha toccata!» si affrettò ad urlare, prima che lui potesse mettere in moto e andare via.
Suo fratello allontanò le mani dalle chiavi, che prima aveva dimenticato di togliere dal quadro, e la fissò freddo.
«Attendo spiegazioni» si limitò a dire.
«Mi sono nascosta in uno degli armadietti dello spogliatoio, non ti ho mentito, e il mio obiettivo era Luke, ma a quanto pare mi sono intrufolata in quello sbagliato. Non era di nessuno e nessuno lo ha aperto. Ho atteso che se ne andassero tutti prima di uscire e tornare a casa».
«Santo cielo, Susie! Per quale motivo avresti dovuto fare una cosa tanto stupida?»
Perché era stanca, stanca di sentirsi una bambina quando non lo era. Le sarebbe piaciuto che suo fratello notasse la donna che era diventata invece di starle col fiato sul collo e lanciarle sguardi di disapprovazione, come in quel momento. Le sarebbe piaciuto poter sfruttare quella laurea in belle arti che si era faticosamente guadagnata grazie a una borsa di studio, ma in quel paese di cowboy e contadini a nessuno interessava visitare una mostra o finanziare la costruzione di musei. Avrebbe voluto tornare a New Orleans, ma suo fratello era grande, grosso e rimbambito e non era per nulla capace di prendersi cura di se stesso in modo adeguato.
«Perché sono stanca di avere il tuo fiato sul collo! Non posso fare un passo senza che il grande Sceriffo Chase sappia dove sono, con chi e perché. Se avessi saputo che tornare a vivere con te significava dover rinunciare alla mia libertà sarei rimasta con la Nonna!»
Non era quello che aveva intenzione di dirgli e si stupì delle parole che erano uscite dalla sua bocca, ma soprattutto si sentì in colpa quando notò lo sguardo ferito del fratello. Non era un uomo perfetto, lo sapeva, ed era troppo apprensivo ma gli voleva bene e l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era ferirlo.
«Non ti ho mai costretto a scegliere di tornare a Spring Hills con me.»
Il suo tono freddo la fece star male ma non poteva biasimarlo. Ed era vero, non l'aveva costretta a scegliere dove stare, entrambi avevano desiderato di poter ritrovare il calore familiare di un tempo, di ritornare ad essere felici come quando erano bambini e i loro genitori ancora vivi, ma erano cambiate troppe cose.
«Lo so.»
«E comunque non è una giustificazione accettabile per quello che hai fatto, non sei più un'adolescente irresponsabile.»
Nemmeno sai che adolescente sono stata..., Susie si morse la lingua per evitare di dare voce a quel pensiero. Notò con stizza che quando gli faceva comodo suo fratello ricordava benissimo che non era più una ragazzina.
«Già» rispose in modo acido.
«Devi dirmi qualcosa?»
Le chiese Vincent in modo stizzito, inarcando il sopracciglio destro il quel modo che lei tanto detestava.
«Vai a farti fottere,Vince.»
Si voltò e rientrò in casa, sentendo dopo qualche secondo la portiera sbattere con violenza. Questa volta si era comportata davvero da ragazzina immatura, ma non aveva potuto resistere alla voglia di mandarlo al diavolo. Erano mesi che quelle parole le risalivano la gola soltanto per morirle sulla punta della lingua, non poteva più continuare a vivere in quel modo ed era ora che anche suo fratello lo capisse.
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