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Hidden thoughts




PRIMO CAPITOLO.

"Non esiste prigione peggiore di un pensiero fisso che non va via"



Non ho mai capito perché molte persone credono di poter scappare da un pensiero fisso con qualche distrazione. Probabilmente non lo capirò mai.

Cerco un luogo in cui scappare e mi ritrovo sempre dentro una stanza, sola o in compagnia non fa differenza, perché i miei pensieri occupano tutto lo spazio. Eppure con la musica in sottofondo, il mio corpo che segue il ritmo ed esegue i passi prestabiliti, riesco a ballarci sopra.

Le note prendono il posto del flusso di coscienza, predominano su tutto e mi va bene così.

Per qualche minuto quel chiodo arrugginito incastrato nella mente in grado di soccombere le giornate, lo stesso  che cerco di tenere lontano con qualsiasi cosa, o quanto meno ignorarlo per qualche istante, sembra assopirsi per lasciarmi un po' di respiro.

L'uomo è l'emblema dell'adattamento. L'evolversi della specie umana ne è la prova. Infatti, ad esempio, col tempo, l'uomo si abitua alla presenza di una nuova persona nella propria vita, creando un nuovo equilibrio per tenere entrambi in piedi, magari con i pensieri incastrati.

L'adattamento arriva anche quando quella persona, con la quale hai costruito un equilibrio, ti lascia la mano, ti volta le spalle e va via portandosi un po' di te.

E perché non avere la briga di portarsi anche i ricordi condivisi e l'emozioni provate? Perché ti abbandona l'unica persona che può risanarti? Perché l'antidoto esaurisce le forze per neutralizzare il virus che ha creato lui stesso?

-Ery sei stata grande oggi-

Joyce mi sorride da dietro l'angolo prima di uscire dal camerino. La ringrazio e mi siedo sulla panchina di legno adiacente alla parete. Lascio i gomiti sulle ginocchia e permetto ai polmoni di recuperare il fiato mancato.

Ignoro le ginocchia doloranti, i muscoli tesi e stremati e le caviglie pulsanti. La coreografia dovrà essere perfetta, io dovrò esserlo.

Ho già perso tempo.

Il tempo... il tuo più grande alleato o il più devastante nemico. Sei tu a decidere il suo ruolo.

"Datti tempo, tutto passa".

E' passato un anno. Il tempo è andato avanti ma sto ancora raccogliendo pezzi di me.

Saluto la mia insegnante di danza ed esco dall'edificio. Ho proprio voglia di una ciambella, anche se dovrei limitarmi essendo una ballerina, ma poco m'importa.

Ho passato gli ultimi ventidue anni a limitarmi, a non seguire ciò che l'istinto bramava per poi essere sommersa dal macigno delle paranoie.

Sono un ingranaggio di paranoie e sogni inarrestabili che cerca di vivere emozioni devastanti.

Forse sono fatta in modo sbagliato, me lo sono sempre chiesto. Perché non riesco a controllare la cascata irrefrenabile dei pensieri nocivi? Perché anche quando so che sono controproducenti li lascio fluire?

Una chiamata in arrivo interrompe la canzone che stavo ascoltando attraverso le cuffie. Prendo il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans, aggiusto il borsone e guardo il cellulare.

"Mamma"

Porto gli occhi al cielo, rifiuto la chiamata, scanso un bimbo intento a rincorrere un gattino randagio ed entro nel luogo del peccato: Victoria's bakery.

Se la mia insegnate dovesse vedermi adesso mi farebbe rinvenire a suon di schiaffi.

-Buonasera Phil-

Saluto educatamente il cassiere, il quale ricambia con una alzata di mano senza distogliere lo sguardo dal proprio telefono. Questo comportamento mi fa aggrottare le sopracciglia interrogativa.

-Non farci caso, vuole superare il mio record ad un gioco ma non sa che è totalmente inutile-

Le parole vengono pronunciate da una nuova ragazza al bancone. Molto carina, con il cappellino rosa pesca e la divisa della pasticceria. Mi mostra uno di quei sorrisi che si regalano meccanicamente ad ogni cliente della giornata.

-Dammi tempo e vedrai- risponde Phil super concentrato per poter alzare il capo. La ragazza nuova comincia a ridere beffarda. Ha un bella carnagione, sembrerebbe mulatta.

-Ma se mi sono fermata perché mi ero annoiata- Phil in risposta brontola qualcosa di incomprensibile. -Cosa desideri?-

Mi avvicino al bancone e ancora prima di osservare le varie prelibatezze rimango rapita dal nome che segna la targhetta della ragazza. Schiudo le labbra inclinando il capo pronta a chiedere come mai quel nome così strano ma mi blocco da sola.

Che m'importa del suo nome strano?

-Due ciambelle da portare via, grazie- 

Akanke, così si chiama, mette in una busta ciò che ho richiesto, saluto Phil, pago il tutto ed esco fuori.  Mentre faccio ripartire la canzone dal cellulare comincio a mangiare la mia ciambella.

Una volta a casa, lascio l'altra sul tavolo, preparo la vasca e sistemo i vestiti fradici di sudare nella cesta dei capi sporchi. Arrivata nella mia stanza, apro il secondo cassetto della scrivania e prendo il mio quadernetto, rigorosamente azzurro, a spirale.

Faccio una piccola ricerca sul cellulare e rimango meravigliata dal significato di quel nome così tanto strambo. Trascrivo tutto e aggiungo il nome alla lista.

Akanke, nome africano, significa "basta conoscerla per amarla"

Tolgo la bandana nera dal polso e la lascio sul mobiletto del bagno, mi spoglio e mi immergo trattenendo un po' il respiro. Ho sempre desiderato avere l'acqua bollente, ma l'impatto ti mozza il fiato.

Anche qui, in questa situazione, il corpo dopo un po' si abitua alla temperatura. Poggio il capo sul bordo e distendo le gambe.

Dicono che le esperienze aiutino a crescere. Ho smesso di credere a ciò che la gente crede di sapere.

Si basano sulla propria vita e si mostrano come esempio da poter seguire. Non hanno ancora capito che ognuno ha la propria resilienza.

Non c'è un tempo prestabilito per dover guarire restando sensibili alle opportunità che la vita ti offre, senza perdere la propria umanità.

E' facile dire "non pensarci, andrà meglio". Ma prova a dirlo a chi vive sopra delle sabbie mobili, quando ogni respiro o spasmo muscolare ti porta giù. Abbi il coraggio di ripeterlo ad una persona così tanto distrutta da non ritrovare nemmeno se stessa.

Alle volte si è più d'aiuto restando in silenzio invece che aprire la bocca tanto per mostrare la capacità cerebrale di mettere insieme due parole a dir poco sensate.

Due colpi alla porta mi risvegliano dal vortice dei miei pensieri così apro gli occhi. Dopo qualche secondo fa capolino una chioma bionda e due occhi castano chiaro, pieni di vivacità.

-So che disturbo la tua vasca rilassante post danza ma...-

Chiude la porta alle sue spalle e va a sedersi sopra il coperchio in ceramica del wc. Sapevo sarebbe passata a casa dopo il lavoro, ecco perché ho comprato una ciambella in più. Mia sorella le ama quasi quanto me.

-Intanto dimmi come sono andate le prove-

Prendo la spugna e la passo sul corpo. Il fruscio dell'acqua mi ha sempre rilassato, è simile al suono del mare, il mio posto preferito nel mondo.

-Bene Clio, sono solo ansiosa per domani-

Clio risucchia le labbra carnose e distoglie lo sguardo. Ho già capito ciò che mi dirà a breve.

-A proposito di domani...-

-Non ci sarai- concludo al posto suo.

-Mi hanno cambiato il turno a lavoro, mi dispiace una sacco davvero. Aspetta qui, devo mostrarti una cosa- dice tutto di fretta ed esce dal bagno.

Da quando ha deciso di vivere con il suo ragazzo, Jay, è comunque stata presente nella mia vita. Però sapere che non avrò nessuno ad aspettarmi fuori quella sala, è un po' deprimente, devo ammetterlo.

Mia mamma è a San Diego con il suo nuovo compagno. Mio padre è sempre in giro per il mondo, essendo un grande imprenditore di automobili e socio in affari dell'industria Lamborghini.

E mio fratello Blake, non può lasciare il college così facilmente, ha delle lezioni da seguire.

Clio torna con in mano un sacchettino color oro con una stella nera al centro. Si avvicina al bordo della vasca e mi mostra il contenuto.

-Guarda che ti ho comprato-

Sollevo la schiena incuriosita. Tira fuori due bandane con la stessa fantasia della mia, ma una turchese e l'altra rossa. Un sorriso gigantesco prende vita sul mio viso. Ma quanto è bella quella turchese? Quasi dello stesso colore del cielo, è come avere un pezzo di esso tra le mani.

-Così puoi buttare quella- annuncia per poi fare una smorfia.

-No- rispondo secca.

-Ma è vecchia Ery. Ormai il nero è sbiadito ed ha anche qualche foro-

-Non m'importa- dico con un tono che non ammette repliche.

Non è una bandana qualsiasi per me. È importante. Clio alza le mani in segno di resa, lascia il sacchettino per terra e si alza.

-Come vuole lei, signorina Erythea-

Roteo gli occhi e le spruzzo dell'acqua. Emette un suono stridulo per poi ridere di gusto. Afferra la maniglia pronta ad uscire.

-Hai... hai sentito Blake?- chiede titubante.

Alzo le spalle e porto il labbro inferiore tra i denti. Riesco a sentire la pellicina leggermente sollevata, così facendo più pressione, la tiro via. Il sapore metallico non tarda ad arrivare, segno che sta uscendo un po' di sangue, allora risucchio il labbro.

Devo mettermi il burro cacao sennò finirò per farmi dei lividi. Menomale che lo scorso mese ho comprato una scorta di sei burro cacao alla fragola. Sono eco biologici ed hanno davvero il sapore delle fragole.

Me ne sono innamorata così tanto che lo metto perennemente.

-Ieri- rispondo. Clio schiocca le labbra e distoglie lo sguardo.

-Capisco-

-Clio lui non...-

-Non preoccuparti Ery, voglio solo sapere se sta bene- Annuisco dopo qualche secondo.

-Perfetto. Spacca domani. Mi raccomando-

*

-Dobbiamo essere le prime a cui darai la notizia, chiaro?-

Gli occhi castani della mia amica Rose non ammettono repliche attraverso lo schermo. Sto per rispondere ma una testolina bionda e due occhi azzurri sbucano nell'inquadratura: Ivy.

-Abbiamo già il letto pronto per te- Aggiusto il borsone sulla spalla sinistra.

Ho il cuore che pulsa come un martello pneumatico. Non riesco a controllarlo. Il grande giorno è arrivato: l'audizione per la MAS ACCADEMY.

Ivy e Rose mi sono state sempre vicine, ci siamo conosciute da piccole in una sala di danza. La danza è la nostra passione ed è ciò che ci ha unite così profondamente.

Siamo tre personalità diverse nella vita di tutti i giorni e anche nella danza.
Ivy, la più intelligente di tutte, brava in tutto ciò che fa, un asso nella danza classica, un'ottima amica pronta a dare consigli quando serve, riservata e pazza solo con noi.

Rose, la più alta delle tre, con delle forme più pronunciate, capelli lunghi quasi fino al fondo schiena, occhi castani, con qualche sfumatura giallastra vicino la pupilla, e un carattere troppo particolare da poter gestire. La più chiusa e, apparentemente, acida delle tre, ma con un cuore grande. Pronta a rendersi utile per noi. Riesce ad aprirsi e ad essere se stessa con noi, ma non con la sua famiglia. Il suo pezzo forte è il jazz e sui tacchi è pura sensualità.

Il mio stile invece è il reggaeton e l'hip hop. Insomma, siamo così diverse da completarci a vicenda. Sono le mie migliori amiche e spero lo saranno ancora per molto tempo.

-Ma non avevate già una compagna di stanza?- chiedo inclinando il capo.

-Non c'è più- risponde Rose per entrambe. Sorrido incuriosita.

-Che significa? Che cosa hai fatto Rose?-

Ivy scoppia a ridere e scompare dalla visuale mentre Rose apre la bocca scioccata, la serra subito dopo per fulminare l'amica accanto e torna a guardare lo schermo.

-Perché credete che io sia così cattiva?-

-Cattiva no... acida sì- rispondo sorridendo.

Rose brontola qualcosa di incomprensibile ed io attraverso la strada, supero il primo isolato di una delle strade newyorchesi e rimango pietrificata dall'edificio che mi si para di fronte.

Dai coupon, volantini o dalla fonte su internet non rendeva l'idea. La scritta a caratteri cubitali "MAS ACCADEMY- MUSIC ARTS AND SHOW" salta subito all'occhio.

-Ery dobbiamo andare, facci sapere come va- dice Ivy dolcemente.

-Ragazze... è gigantesco... è... è bellissimo-

-Vedi che ti sei persa per quel idiota?- Rivolgo uno sguardo annoiato alla mora, la quale riceve un leggero scappellotto da Ivy. -Ahia!-

-Andiamo! Ci sentiamo dopo Ery, spacca tutto-

-Devi- dice con tono autoritario Rose indicandomi oltre lo schermo.

Le saluto e mi dedico alla vista dell'edificio davanti a me. E' così surreale. La grande cancellata aperta delinea il perimetro di un curatissimo giardino, con alberi, cespugli e anche piccoli strati con dei fiori colorati a contornarli.

L'odore di erba bagnata invade le narici mentre attraverso il luogo circostante cercando di evitare l'erba e seguire il piccolo sentiero fatto di pietre ossidate.

Una volta dentro vengo investita da un'ondata di vitalità piena d'arte. Gente con custodie di strumenti musicali che esce da stanze per poi girare l'angolo e scomparire. Musica di diverso tipo che inonda ogni angolo, dalla classica alla house.

Mentre guardo in giro, una coppia cattura la mia attenzione. Lei è piccolina, tiene tra le mani un violino ed è con le spalle al muro. Il ragazzo, probabilmente finto biondo, le tiene il viso tra le mani e cattura le sue labbra.

Deglutisco a vuoto, abbasso lo sguardo e le mie iridi catturano l'anello sull'anulare destro. Quel piccolo brillantino che tanto ho amato e odiato allo stesso tempo.

Si può odiare qualcosa di così tanto amato? La linea che divide l'amore e l'odio è così sottile da riuscire a mischiare le carte in tavola.

Ispiro profondamente, cercando di sciogliere il masso creatosi alla bocca dello stomaco, stringo la mia affezionata bandana sullo chignon e seguo la segnaletica che conduce alla sala delle audizioni.

Quando svolto l'angolo del terzo piano, davanti a me compare un corridoio pieno di ragazzi e ragazze, chi in tuta comoda, chi in body e calzamaglia.

Io indosso un body nero incrociato dietro, delle calze nere tagliate alle caviglie, e un gonnellino, anche esso, nero. Tolgo le scarpe da tennis e indosso le mezze-punte per cominciare il riscaldamento muscolare.

Farò la mia coreografia di hip hop ma ho anche studiato dodici anni di danza classica, ho delle buone basi che mi permettono di provare altri stili, come il contemporaneo. Quando ero piccolina ho anche studiato per un annetto latino americano.

Se riuscissi ad entrare dovrei studiare tutti gli stili di danza, nessuno escluso. Ho già un ansia tremenda nel dover fare i balletti del repertorio sulle punte. Vorrei essere perfetta come Ivy sulle punte, mostrare la sua leggerezza... è come se volasse con quelle scarpe infernali ma celestiali.

Durante un saggio di fine anno, la nostra insegnante decise di fare la storia dei quattro elementi e lei interpretò l'aria, Rose la terra ed io il fuoco. Dei ruoli azzeccatissimi.

-Erythea Raynolds-

Sollevo la testa dai miei piedi mentre stavo rilassando i muscoli nella posizione della farfallina, schiudo le labbra e sento il cuore perdere un battito.

Mi alzo di fretta. -Eccomi- dico sentendo le gambe formicolare. La donna di mezza età con un completo elegante mi fa un cenno col capo.

-Prego-

E' l'ora di riscattarsi. Di ritrovare me stessa nella mia passione. Ed è così strano cercarmi dove io non ci sono più, dove la mia mente smette di pensare e il mio corpo segue la musica come linfa vitale.

E' normale trovarsi dove il silenzio attanaglia le membra della tua essenza?

*

-Lo sapevo!!-

Urla mia sorella concitata dal telefono. Istintivamente allontano l'apparecchio per salvaguardare l'udito ancora sano. Sorrido soddisfatta e con un peso in meno sullo stomaco.

-Sono così fiera di te sorellina! Lo devo dire a Jay appena torno a casa-

-Dillo anche a mamma e a papà-

Mi guardo a destra e a sinistra, quando un auto decide di fermarsi, ringrazio il conducente con un sorriso e attraverso la strada.

-Perché non lo dici tu? Mamma ha provato a chiamarti ma...-

-Non ho potuto. Ero impegnata-

-Sei stata impegnata nell'ultima settimana, ogni giorno, dalla mattina alla sera?-

Sospiro immaginando l'espressione di Clio oltre il telefono. Odio essere giudicata per le mie scelte. E' la mia vita. Gli altri hanno deciso per loro, perché io devo curarmi di far stare bene gli altri sempre e comunque?

Mi sono sempre annullata nel momento stesso in cui ho deciso di amare. Non sono fatta di mezze misure. O amo fino all'ultimo respiro o provo indifferenza.

Il danno è quando decido di amarti, incondizionatamente, per ciò che sei, nella tua singolarità e particolarità. Poi non mi sento più, sono troppo piena di te per trovare me.

E quando vai via io mi sono persa.

-Clio non cominciare-

-Non vi capirò mai! Davvero! Ci provo da più di un anno ma non ci riesco, perché...-

-Clio devo andare, ci sentiamo domani. E grazie-

Non aspetto che lei mi saluti. La conosco troppo bene e mi direbbe comunque il suo pensiero facendomi credere che sia più giusto.

Ma chi siamo noi per dire ciò che è sbagliato o meno?

C'è chi piange per ciò che non si aspetta. Chi decide di non mostrare il tornado che ha dentro credendo di poterlo gestire meglio così. Chi non parla temendo possa diventare tutto reale e intollerabile. C'è chi aspetta la pioggia per non sentire le proprie lacrime rigare il viso.

Blake, dopo la separazione dei miei, ha deciso di non parlare con loro, di studiare fuori e tenersi lontano da tutti noi. Solo che a me ha scritto dopo due giorni, gli mancavo troppo e gli dispiaceva lasciarmi sola in un momento difficile, però l'istinto di sopravvivenza ha sempre la meglio.

Non riusciva più a stare qui. Si sentiva soffocare, rinchiuso in una gabbia piena di rovi avvelenati che gli conficcavano la gola e lo stomaco.

Non lo giudico per la scelta che ha fatto. Non giudico il modo di ricostruire i propri equilibri.

D'altronde lui è riuscito a costruirne uno nuovo, ma io? Dopo poco più di un anno porto ancora il suo anello, lo sogno discontinuamente, lo penso anche quando non voglio e il ricordo fa più male di un taglio sulla pelle, e la mancanza imminente ogni qualvolta che vedo le mura, prima piene delle nostre foto, vuote e spoglie.

Neruda disse "Amare è così breve, e dimenticare così lungo"

Ed è così vero da devastarti l'anima. Quando il cuore e la mente non collaborano, sono ancora immersi nel naufragar dei ricordi felici, e tu ti ritrovi impotente.

Il peggior nemico che si possa avere siamo noi stessi che vogliamo regredire verso l'oblio invece di lanciarci nell'incognita della vita.

La vibrazione del cellulare mi distrae, decido di prendere le chiavi da dentro il borsone, dopo qualche secondo trovo quella giusta, la inserisco, la giro ed entro.

Lascio il borsone all'ingresso e mi dirigo in camera mia. Mi distendo con un leggero salto sul letto e afferro il cellulare.

Messaggio da Blake:

Piccola farfalla azzurra come è andata? Appena puoi scrivimi

Sorrido nel leggere il piccolo nomignolo che mi ha sempre affibbiato. Piccola perché sono la terza figlia, Clio ha ventisette anni, Blake quasi venticinque e dopo ci sono io. Farfalla perché dice sempre che io non sono fatta per questo mondo, sono troppo fragile e profonda per essere capita. E azzurra perché amo questo colore.

Nel momento stesso in cui digito la risposta ricevo un altro messaggio, probabilmente sono le ragazze che hanno finito le lezioni e vogliono sapere.

Messaggio a Blake:

Ho superato le selezioni, mi hanno presa! Sono contentissima ma mi manchi tanto, non vedo l'ora di riabbracciarti!

Messaggio da Ivy:

Allora? Non ci hai fatto sapere più nulla!

Esco dalla casella dei messaggi e cerco nella rubrica il numero della mia amica, soprannominata "materia grigia" e avvio la chiamata.

Sono così contenta che finalmente abbia trovato un bravo ragazzo, degno di starle accanto. Ancora non ho avuto occasione di incontrarlo ma secondo Rose è un tipo a posto. E se lo dice lei che odia tutti, per così dire, mi posso fidare.

-Quindi? Quindi? Che ci dici?- Ivy chiede tutto freneticamente e con voce leggermente stridula. -Rose! Dammi il telefono!-

-Scommetto che non siamo le prime, vero?-

-E' mio il telefono, da' qua!-

-Esiste l'opzione del viva-voce, usatela- Riesco a percepire una voce maschile dall'altra parte ma non riesco ad associarla ad un volto.

Dopo qualche secondo e bisbigli vari, Ivy decide di prendere parola.

-Ti sentiamo-

-Preparatemi il letto che domani sarò con voi- dico elettrizzata mettendomi a sedere.

Le ragazze cominciano ad urlare prese dalla gioia ed io scoppio a ridere perché non riesco più a distinguere le loro frasi. Progettano già serate tra amiche, mi avvertono su degli insegnanti più severi di altri, mi minacciano di non occupare più del dovuto il bagno e così via.

Riesco a distinguere più di una voce maschile insieme al loro delirio.

Termino la chiamata, dopo esserci salutate, e chiudo gli occhi poggiando il capo sul cuscino. Da domani devo iniziare una nuova routine. Farò della danza la mia vita... e perché no?! Magari anche il mio lavoro.

Allora perché è come se mi sentissi felice a metà? Avrei tanto voluto avere lui qui che mi accoglieva tra le sue braccia e mi baciava il capo.

Perché ogni traguardo, da un anno a questa parte, non ha lo stesso gusto di quando c'era lui accanto, a stringermi la mano, a calmare la mia ansia?

Lo troverò un nuovo equilibrio? Sarò forte abbastanza?

Intanto comincio a spegnere i pensieri contorti, lascio fluire la musica nelle mie vene e mi godo i movimenti del mio corpo.

Domani si vedrà.


SPAZIO AUTRICE

Ciao a tutti!! Sono tornata con una nuova storia, decisamente di un altro genere.
C'è tutta me stessa qui, davvero.

FATEMI SAPERE CHE NE PENSATE TRAMITE COMMENTI E VOTI, per me sono importanti per capire.

Love u all❤
-N

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