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Appena arriviamo dagli altri mi accorgo che manca Lorenzo.
«Com'è che ne recupero uno, e voi ne perdete un altro? Dov'è mio cugino?»

Guardo la combriccola e mi rendo conto che in mia assenza devono aver fatto parecchio avanti e indietro dal bar: sembrano tutti ubriachi persi. Gianluca prova a sbiascicare qualcosa: 
«'ndì nlà ndalcuno»

Eh?

Cerco di decodificare questa specie di informazione criptata e guardo Giò.
«Tu tieni a bada questi, io vado a cercare Lore.»

Fa cenno di sì con la testa ed io mi avvio tra gli ombrelloni. Dal bar sono appena uscita, non può di certo essere lì. Cammino a zig zag cercando di controllare anche le sdraio, ma la poca luce non aiuta la mia ricerca.

Arrivo fino a riva e finalmente scorgo la maglietta verde acido di Lore. Come gli venga in mente ogni tanto di mettersi certe cose lo sa solo lui. Due settimane fa si è comprato una sciarpa lilla. LILLA! Ogni tanto penso che il buongusto che è in lui si suicidi, altrimenti non si spiega. 

Continuo ad avanzare, per poi arrestarmi di colpo quando mi accorgo che non è solo. Cerco di mettere a fuoco la scena e mi rendo conto che è praticamente avvinghiato a qualcuno. Hai capito il santarellino? Non si fa in tempo a distrarsi un attimo che te la fa sotto al naso! 

Rimango nascosta dietro ad un ombrellone per cercare di capire l'identità del polipo che ha i tentacoli su Lorenzo. Appena si staccano da quel bacio infuocato spalanco la bocca e rischio che la mascella cada per terra. È Joele! La persona tutta appiccicata a Lorenzo è Joele! 

E nel momento esatto in cui realizzo, faccio qualcosa che non si dovrebbe mai, mai, mai fare. Potrei dare la colpa all'alcol, in fondo credo che la mia reazione sia davvero compromessa dai drink che ho bevuto stasera. Non riesco a trattenermi; è mio cugino, lo amo più di quanto ami me stessa, ma sento questa cosa crescermi dalla pancia. Sale piano. Cerco di soffocarla. Non è giusto. Dovrei rispettare questo momento, girare i tacchi e tornare dagli altri dicendo che non l'ho trovato. Ma io continuo a sentirla dentro di me. Cresce. Cresce. Cresce. Arriva fino alla mia gola, ed io non riesco a fermarmi.

Una risata incontrollabile, di quelle che ti fa venire i crampi allo stomaco. Mi vergogno da morire, ho le lacrime agli occhi e non riesco a smettere di ridere. Vedo Lore e Joele voltarsi nella mia direzione, iniziano a correre verso di me allarmati e si fermano solo quando si rendono conto che sto ridendo a crepapelle.

«Becca, ma che cazzo fai?» Il tono di mio cugino sembra veramente serio, ma io non riesco a smettere di ridere. Mi asciugo le lacrime agli occhi e cerco di ricompormi.

«Oh mamma. Scusate ragazzi! Scusami Lore davvero, è che con quella maglietta verde fluo, non so come abbia fatto a non rendermi conto di qualcosa fino ad oggi.» e riprendo a ridere.

Lorenzo incrocia le braccia al petto e passa il peso da una gamba all'altra.
«Questo non è verde fluo, è verde lime!»

Sbatto ripetutamente le ciglia assumendo un'aria seria.
Lui sa la differenza tra verde fluo e verde lime, e a me veramente non è mai venuto il dubbio che gli piacessero i ragazzi? 

Continuo a fissarlo, devo avere la mia classica espressione da baccalà di quando cerco di focalizzarmi su qualcosa. Non ce la faccio. Scoppio a ridere di nuovo!
Lorenzo alza gli occhi al cielo e lascia andare le braccia lungo i fianchi, rassegnandosi a questo mio momento delirante. 

«Okay, okay, la smetto. Torno dai ragazzi. Ci vado col mio bel vestitino blu notte, d'accordo?»

«Quello non è blu notte, è zaffiro!» Joele si tappa subito la bocca appena si rende conto di quello che ha detto, e mio cugino gli assesta una gomitata in un fianco.

«Oh mio Dio ma cosa siete, gli inventori dei colori Giotto per caso?»

Lorenzo mi prende per un braccio e mi trascina verso la riva.
«Joele tu vai, io devo parlare con mia cugina. Zitta tu e muoviti!»
«Non avevo detto niente!»
«Zitta ho detto!»

Continua a trascinarmi come se fossi un sacco di patate e all'improvviso si ferma, facendomi andare a sbattere contro la sua schiena.
«E che cazzo Lore, avvisa prima, no?!» Mi massaggio il naso e lo vedo voltarsi verso di me con un'aria infuriata.

Tolgo subito la mano dal viso e abbasso lo sguardo, inizio a parlare a voce bassa bassa con la speranza di risultare un po' cucciolosa. Quando ero piccolina funzionava!

«Mi dispiace tantissimo. Non volevo ridere, davvero! Non era per prendervi in giro. È che tutto a un tratto ho collegato un po' di fatti nella mia testa, e mi sono data della cretina per non aver capito niente fino ad ora. Poi ho realizzato che non era un ragazzo qualsiasi che stavi baciando, ma Joele. E mi sono immaginata -sai come facciamo noi due che ogni tanto ci immaginiamo le cose anche se non sono vere ma noi lo facciamo perché ci fa ridere un casino- che chissà in quale modo ti ha conquistato, magari ti mandava i bigliettini come si faceva a scuola, perché lui non parla mai è timidissimo e quindi non può averti corteggiato con chissà quali elogi. Ma lo so che non lo ha fatto eh, è che sono talmente abituata a fare questa cosa con te che ormai la faccio anche quando non ci sei, quindi ogni tanto rido da sola e la gente mi prende un po' per scema in effetti. Ma davvero! Davvero ti giuro non ridevo di voi!» 

Lorenzo sembra lobotomizzato, credo di aver parlato un po' troppo velocemente. Mi succede spesso quando sono nervosa.

«Ero pronto a sentire una raffica di insulti, e tu ti stai scusando?» Le sue parole mi sorprendono. Perché mai dovrei insultarlo?

«Cosa?»
«Non sei arrabbiata? Per non aver condiviso con te questa cosa? Noi non abbiamo mai avuto segreti!»

Sorrido e gli allaccio le braccia al collo.
«Lore, tu sei una delle persone più importanti della mia vita. Se non te la sei sentita di parlarne fino ad ora non posso certo prendermela. Non dovresti neanche pensarlo che ti avrei potuto insultare.»

Lui assottiglia gli occhi e mi punta il dito contro.
«Chi ti stai scopando, Rebecca?»

«Om.. od.. cos-cosa?» la voce esce troppo stridula. Porca troia.

«Lo sapevo! Sapevo che non potevi essere così comprensiva! Tu mi saresti saltata alla gola se non avessi avuto un segreto da nascondere grande tanto quanto il mio!»

«Ehi! Scala cromatica vivente! Non azzardarti a rivolgerti a me con quel tono se vuoi tornare a casa coi gioielli di famiglia intatti!» 

Contrattaccare è sempre una buona tattica.
Giro su me stessa e mi avvio verso il locale, spalle dritte e petto in fuori.
Non faccio neanche dieci passi che sento la voce di mio cugino alle spalle.
«Ho saputo che quest'anno vanno forte quelli con le palle secche!»

Maledetto.

****

«Stefano ti prego, siamo ubriachi persi! Non possiamo fare un ruba bandiera normale?» piagnucolo da mezz'ora senza ottenere risultati.

«No, stasera si gioca a ruba bandiera colta.» risponde convinto.
Cerco sostegno nelle altre ragazze, ma nessuna sembra interessata a questa mia battaglia personale.

«Allora, tu tieni la bandiera.» dà un foulard a qualcuno, ormai non sto più a sentire «E noi ci schieriamo: quattro a destra e quattro a sinistra. Prima di chiamare i numeri, chi tiene la bandiera dovrà fare una domanda. Inutile dire che solo se si conosce la risposta si deve correre, altrimenti se si prende la bandiera e si riesce a tornare in tempo al posto, ma non si sa rispondere, il punto passa all'altra quadra. Chiaro?»

«Chiaro.» rispondiamo in coro. 

Boh, io non ho capito un cazzo, ma va bene.
Tornati dalla spiaggia abbiamo fatto almeno altri quattro giri di drink, faccio fatica a reggermi in piedi, figurarsi capire le regole di un gioco inventato sul momento.
Ci posizioniamo come ha detto Stefano, e mi ritrovo Giò davanti. Mi fa un occhiolino furtivo e manda un bacio nella mia direzione.

Ma quanto può essere adorabile?

Sono la numero due. Devo tenerlo a mente. Quando giocavo da bambina era sempre questo che mi fregava. Dimenticavo che numero mi era stato assegnato e puntualmente partivo in ritardo, creando non poco disappunto ai membri della mia squadra.

«Ragazzi, via con la prima domanda. Pronti? Chi ha scritto la 'Divina Commedia'? Chiamo i numeri... tre!»

Gianluca e Stefano partono alla rincorsa, duellano per qualche secondo davanti al pezzo di stoffa penzolante, fanno qualche finta e minacciano di toccarsi, poi Gianlu con un movimento rapido sfila la bandiera da sotto il naso di Ste, e riesce a tornare in squadra senza farsi prendere.

Stefano torna da noi sconsolato, e gli batto una pacca sulla spalla.
«Tranquillo, abbiamo noi il punto.»
Lui mi guarda confuso e io mi giro a guardare Gianlu.

Tentenna un po', mette due dita sulla tempia e poi parte.
«Manzoni!»

Scoppiamo tutti a ridere e lui lancia un'occhiataccia a tutti quanti.
«Oh, ma la prof diceva così!» tenta di giustificarsi.
«Ma chi cazzo te l'ha dato il diploma? Topolino?» ridiamo alla battuta di Lorenzo, poi il punto viene assegnato a noi e ricominciamo.

«La domanda a cui dovrete rispondere è: qual è il monte più alto d'Italia? Chiamo i numeri... uno!»

Bea parte in quarta, prende la bandiera e torna al posto. Guardiamo Cristina che non si è mossa di un centimetro. Le do una piccola spallata e alzo le sopracciglia con fare interrogativo.
«Beh? Che c'è?» si guarda attorno stralunata, facendo ricominciare a ridere tutti quanti.

Guardiamo Bea che prontamente risponde: «Monte Bianco!»
Punto assegnato alla squadra avversaria.

«Attenzione gente, altra domanda: qual è il passato remoto del verbo cuocere? Numeri... due!»
Corro verso la bandiera e mi accovaccio un pochino, non che ce ne sia poi bisogno, Giò mi passa sopra di almeno venti centimetri. Inizio a fare qualche finta, e lo trovo scattante ad ogni mia mossa. 

Ma l'alcol ha effetto solo su di me? Sento le mani di Giò dietro la schiena. Come fanno ad emanare quel calore? Non mi sta neanche toccando! Mi fa un altro occhiolino, poi afferra la bandiera e inizia ad indietreggiare. Si gira e perde appena l'equilibrio, scatto come un gatto che ha appena visto un cetriolo, e in un attimo gli sono aggrappata alla schiena. Cadiamo tutti e due sulla sabbia ridendo come due cretini. Mi lascia un bacio veloce sul naso e si alza con le mani in alto in segno di sconfitta. Torno al mio posto e rispondo alla domanda: «Cossi!»
«Punto per voi!»

Faccio una linguaccia a Giò e porto di nuovo l'attenzione al gioco.
«Domanda: chi cantava la canzone 'Sapore di sale'? Chiamo i numeri... quattro!»

Erano rimasti solo loro, quindi Joele e Lorenzo partono ancor prima che la frase sia finita. Si contendono la bandiera sfidandosi e sorridendo, a guardarli adesso mi sorge spontaneo un sorriso sul volto. Sembrano proprio carini insieme, un po' mi dispiace di non essermi accorta di niente, sarebbe stato bello spiarli ogni tanto e vedere come si approcciavano uno all'altro.

Continuano questa specie di lotta danzante e Gianlu li incita a darsi una mossa. Lo seguo a ruota urlando:
«Dai Lore! Ve li date dopo i bacini, porta a casa quel cazzo di punto!»
Che c'è? Si sono girati tutti a guardarmi, Joele e Lorenzo compresi.

Ops.

Pensa Becca.
Aziona il cervellino e pensa.
In fretta, in fretta, in fretta!
Non puoi fare questo a tuo cugino.
Pensa cazzo, pensa.

«Beh? Perché mi guardate?» Faccio finta di nulla mentre sento Joele prendere parola:
«Che vuol dire "ve li date dopo i bacini"?»
Guardo Joele e sbarro gli occhi in una finta espressione sorpresa!
«Oddio, Joele! Ma sei tu? Pensavo fosse Sonia davanti a Lore! Avete il taglio di capelli quasi uguale.» e scoppio a ridere tenendomi addirittura la pancia.

Se me la fanno passare, voglio l'oscar!

«Ma io tengo la bandiera...» Sonia mi guarda un po' confusa.
«Oh mamma! Ma l'hai sempre tenuta tu?» ricomincio a ridere e sento Bea, Stefano e Giò seguirmi a ruota.
«Scusate ragazzi, credo di aver bevuto decisamente troppo!»

Lore e Joele si rilassano e iniziano a ridere con noi. Cazzo, ho sudato freddo ma dovrei essermela cavata abbastanza bene. Meno male che Sonia ha i capelli corti! Scuote la testa e ricomincia a far penzolare il pezzo di stoffa.

Ricomincia la gara e Joele soffia la bandiera da sotto il naso di Lorenzo, torna al suo posto e risponde: «Gino Paoli» portando a casa un altro punto.

Sonia decide di fare l'ultima domanda per decretare la squadra vincitrice.
Chiama di nuovo Gianlu e Ste, che stavolta non si sforza neanche di provare a prendere la bandiera, confidando nella risposta sbagliata dell'avversario. 

Vinciamo quando risponde "Francesco Totti" alla richiesta di dire il nome di almeno uno dei sette Re di Roma. 

Ci avviamo stremati verso gli alloggi che sono quasi le quattro del mattino. I ragazzi dovrebbero partire tra due ore, così decidiamo di andare a prendere brioches e caffè per tutti, e aspettare l'alba insieme. 

«Oddio, vi prego, non ce la faccio ad arrivare al bar. Ragazzi chi si offre volontario?» Cristina supplica gli uomini facendo gli occhioni da cucciola e il labbruccio. Nessuno risponde e mi offro volontaria.

«Lore mi accompagni?» chiedo guardando mio cugino.
«Certo.» Ci avviamo e quando sono di fianco a Joele mi blocco portando una mano alla fronte e ondeggiando appena.

«Stai bene?» chiede preoccupato.
«Credo di avere avuto un calo di pressione. Potresti andare al mio posto? Ti offro la colazione se mi fai questo favore.»

Lo vedo sorridere e mi stampa un bacio sulla guancia, sussurrando un 'grazie' al mio orecchio.
In fondo ho rovinato quello che suppongo fosse il loro saluto, almeno questo glielo dovevo!
Li guardo avviarsi insieme verso il bar e sorrido da sola come una scema.

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