19
Sto già iniziando ad orientarmi in questo villaggio. Per arrivare al bar ho sbagliato strada solo quattro volte. Non male direi! Abbiamo fatto bene a scegliere di non andare al mare, il cielo minaccia un acquazzone da un momento all'altro, e l'aria è decisamente fredda per stare in costume.
Quando arrivo trovo Giò e Bea seduti ad uno dei tavolini.
Iniziamo già male.
Li raggiungo con un sorriso sicuro in volto.
«Ehi! Ci siete solo voi due?»
«Per ora...» Giò mi guarda con un'espressione tranquilla. Chissà, forse per oggi possiamo deporre le armi. Poi si alza in piedi e ci guarda: «Volete qualcosa ragazze? Mi è venuta voglia di una coca.»
«Io un caffè, grazie.» gli sorrido, cercando di essere cordiale.
«Io sono a posto, grazie Dano.»
Scoppio a ridere e si voltano tutti e due verso di me, lui con un'aria di rimprovero, lei sorpresa.
«Oddio, scusami Bea, è solo che non avevo mai sentito nessuno chiamarlo "Dano".»
«Ah sì, me l'ha detto in effetti, è proprio per questo che lo chiamo così.» e sorride tutta soddisfatta mentre gli riserva un'occhiatina complice.
Giò ricambia il sorriso e si avvia al bancone. E anche oggi, è brutto domani.
Ha una maglietta leggera color tortora, le maniche lunghe gli coprono metà della mano, lasciando fuori le lunghe dita affusolate che mi fanno impazzire. Un paio di bermuda neri e delle semplici infradito.
Non so perché, ma ho sempre trovato questa combinazione estremamente sexy in un uomo. In Giò, non ne parliamo proprio.
Bea lo squadra dalla testa ai piedi -come ho appena fatto io in effetti- poi, appena è abbastanza distante per non sentirci, si sporge verso di me e inizia a parlare a bassa voce.
«Senti, Becky, tu e Giò siete molto amici?»
«Mmh... abbiamo avuto i nostri alti e bassi ma sì, direi che siamo amici... perché?»
«Beh, non so se hai notato, ma a me piace un casino.»
Ma va?
«Solo che non riesco a capire se io piaccio a lui... voglio dire, a volte fa gesti che mi fanno pensare di sì, altre però sembra che non voglia avvicinarsi più di tanto.»
Benvenuta nel club, cara. Ho la fidelity card, IO!
«Vi ho visti insieme solo ieri sera, non saprei dirti sinceramente...»
«Beh, senti questa: prima che arrivassi tu, ha detto che ha visto un ristorantino sulla spiaggia che ha un pianoforte a libero accesso dei clienti, stasera vuole portarmi lì a cena e suonare per me. Tu cosa ne pensi? Non è una cosa da semplici amici, no?»
Mi sembra di essere appena stata colpita da una secchiata d'acqua gelida. Il pianoforte sulla spiaggia è una cosa che mi fa altamente incazzare.
Sette anni fa, due giorni prima di tornare a casa sua dopo la fine delle vacanze dai nonni, eravamo andati al lago a fare il bagno tutti assieme. Io e lui eravamo usciti dall'acqua prima degli altri, e mentre ci asciugavamo stesi al sole aveva intrecciato le dita alle mie, e mi aveva detto che avevo le mani da pianista.
Mi aveva raccontato che lui aveva iniziato a suonare quando aveva otto anni, perché sua mamma adorava il suono del pianoforte; mi disse che l'estate precedente era andato in vacanza coi suoi in Puglia, e aveva visto un ristorante che aveva vari strumenti messi a disposizione dei clienti.
Ricordo che era entusiasta di quella trovata perché così tutte le sere c'era una persona diversa a suonare nel locale e i proprietari non dovevano pagare qualcuno per avere musica dal vivo. Disse che quando sarebbe tornato dai suoi nonni, mi sarebbe venuto a prendere e mi ci avrebbe portata, e avrebbe suonato il piano per me dopo aver cenato in riva al mare.
Non può essersene dimenticato, ne sono certa. L'ha sicuramente fatto apposta: sapeva che Bea non sarebbe andata da Lorenzo o Gianluca a chiedere consiglio, ma sarebbe venuta dall'unica ragazza del gruppo. Cos'è? Vuole farmi sapere che quello che voleva fare per me non è niente di diverso da quello che farebbe per chiunque altro? È questo lo scopo? Questa è decisamente la goccia che farà traboccare il vaso. Anzi no, il vaso lo svuoto io e poi glielo tiro in testa.
Sono le 15:10 e io ti dichiaro ufficialmente guerra, Giordano. Stavolta ti faccio male, tanto!
«No, sicuramente non è una cosa da amici, Bea, in più sei una bellissima ragazza, sicuramente Giò ha solo paura. Sai, per il suo problema...»
«Quale problema?» Bea aggrotta le sopracciglia e mette su un'aria confusa.
«Oddio scusami, pensavo ne aveste già parlato! Te lo dirà sicuramente allora.» e sorrido, perfida!
«Oh mamma, devo preoccuparmi? No ti prego dimmelo adesso, ho già incontrato abbastanza casi umani!»
Beh, se proprio insiste...
«Ah, ma non è niente di preoccupante, davvero!» Faccio un gesto vago con la mano, come per minimizzare la faccenda, poi riprendo: «Solo che qualche anno fa si era fissato tantissimo con la palestra e l'attività fisica. Ha iniziato ad usare gli steroidi, ad abusarne anzi. Sai che quelle cose a lungo andare danneggiano le parti intime, no? Beh, ora Giò ha i testicoli uguali all'uva passa. Che non sarebbe neanche un problema, voglio dire, chi sta a guardare le palle? Si potrebbe passare oltre. Il fatto è che lui ne ha risentito tantissimo, gli ha creato una grossa paranoia questa cosa, e spesso ha problemi di erezione per questo motivo. Io gli ho consigliato un percorso da un terapeuta perché sono sicura che sia una cosa solo psicologica, non ha una reale disfunzione erettile, ma lui non ne vuole sapere. Ma stai tranquilla Bea, sono sicura che con tanta pazienza e amore riuscirete a trovare un vostro equilibrio e a fare 'funzionare' la cosa!»
Appoggio una mano sul suo ginocchio e stringo leggermente per darle conforto, sorridendo in modo dolce.
«Senti, ma gli altri?» le chiedo guardandomi intorno, con una nonchalance che farebbe invidia a chiunque.
Si riscuote dai suoi pensieri, la bocca ancora spalancata e il viso leggermente sbiancato.
«Ah... sì... loro sono... sono usciti per fare un giro in centro, cr-credo.»
«E me lo dici ora? Adesso chiamo mio cugino e li raggiungo, così voi potete passare anche un po' di tempo insieme!» Le faccio un occhiolino e vado verso il bancone. Giò sta per prendere la tazzina col mio caffè ma lo blocco in tempo.
«Tranquillo, lo bevo qui.» mischio questa cosa che si ostinano a chiamare caffè con una tranquillità che mi fa quasi preoccupare. Vedo Giò con la coda dell'occhio mentre guarda attraverso l'enorme vetrata che funge da parete in questo bar. Sembra assorto, quasi triste.
«Questo posto è splendido anche quando c'è brutto tempo, non credi?» La voce seria, come se stesse cercando di scacciare qualche brutto ricordo dalla mente.
«Già.»
Lo vedo sorridere quasi malinconico.
«Sai, tempo fa avevo fatto richiesta per poter venire a lavorare qui.» Mi guarda e mi sorride di nuovo, con un sorriso che non coinvolge lo sguardo.
«Qui? Come mai?» mentre aspetto la sua risposta, mi domando come sia possibile essere tanto interessati alla vita di una persona che sta riducendo a brandelli la tua. Lo vedo fare spallucce mentre punta gli occhi nei miei.
«C'è un ospedale in zona in cui fanno tantissime operazioni a costo praticamente nullo per i pazienti più bisognosi. La paga rasenta lo zero ma, chi ha la possibilità dovrebbe fare del bene a prescindere dalla retribuzione.»
Quanto è bello quando parla così. A Giò la bellezza spunta da dentro, ne sono sempre stata convinta. È per questo che è così bello anche fuori: ha la bellezza che trabocca e bagna anche l'esterno.
«E non ti hanno preso? Come mai?»
Accenna un sorriso che continua a nascondere qualcosa che non riesco ad afferrare.
«No, non mi hanno preso quella volta... semplicemente, la vita non va sempre come vorremmo.»
Dillo a me!
Abbassa gli occhi e sembra voler scacciare i pensieri che lo invadono.
Basta! Non posso passare dal volerlo ammazzare al volerlo abbracciare nel giro di pochi secondi. Questo sali-scendi mi sta procurando una nausea insopportabile. Bea mi ha appena detto che le ha proposto una cosa che era nata come nostra, perché mai dovrei farmi prendere dalla tristezza che leggo nel suo sguardo? Andasse a farsi consolare da lei se è depresso!
Riprendo in mano la mia incazzatura perché, se c'è una cosa che non sopporto, è proprio quando parto in quarta e qualcuno smonta la mia ira.
«Finisco il caffè e vado, voglio raggiungere gli altri e fare un giretto in centro con loro.»
«Con loro chi? Ci sono solo Gianluca e Stefano in centro, Lorenzo Joele e le ragazze sono andati a vedere uno spettacolo.» la sua voce cambia completamente tono.
Ah sì? Meglio!
«Lo so.»
«Becky, sta per piovere. Rimani qui, non è il caso che tu vada da sola.» lo vedo irrigidirsi e passare il peso da una gamba all'altra.
«Io adoro la pioggia d'estate.» faccio spallucce.
«Nessuno adora la pioggia! Tanto meno d'estate!»
«Ma cosa dici? L'ho sempre amata, io! E ti posso assicurare di non essere un esemplare unico al mondo. È pieno di gente che ama la pioggia d'estate. Il caldo dopo un po' stanca, ci vuole un acquazzone ogni tanto per poter riprendere a respirare. Nessuno amerebbe così tanto il sole se non ci fosse la pioggia!»
Mi guarda arcuando un sopracciglio, con l'espressione poco convinta.
«Ma quel discorso non riguardava il dolce e l'amaro?»
«È la stessa cosa, lo stesso concetto. Fatto sta che ho avuto davvero troppo caldo in questi giorni, ho bisogno di una boccata d'aria fresca.»
Ed è vero. Ci sono state troppe montagne russe con lui in questi giorni, troppe emozioni contrastanti tra loro, troppe cose che ancora non riesco a capire. Ho bisogno di respirare, e al momento mi sembra possibile farlo solo staccando la spina da lui per un po'.
«Boh, io non ti capisco a volte.»
«Fa lo stesso.» appoggio la tazzina nel piattino, ricominciando a mischiare, più per non guardarlo in faccia che altro.
«Non puoi semplicemente rimanere qui con noi?»
Ma per fare cosa? Per guardare lui che flirta con Bea davanti ai miei occhi? Per vedere lei sbattere ripetutamente le ciglia e fargli gli occhioni dolci?
«No, non posso.» e non voglio, soprattutto.
Sorseggio la brodaglia con tutta la calma del mondo, lo guardo e gli strizzo l'occhio sorridendo. Mi giro ed esco dal bar sentendo i suoi occhi fissi sulla schiena.
Fa che piova in fretta perché mi brucia la pelle e mi manca il respiro.
****
Un pomeriggio fuori era quello che ci voleva. Vedere posti nuovi, passeggiare per vie sconosciute, ascoltare gli aneddoti vecchi ma sempre divertenti di Gianlu, e quelli nuovi di Stefano, mi è servito a non pensare troppo, oggi.
In effetti ha aiutato anche lo shopping compulsivo. Peccato che la parte perfida di me abbia comunque trovato un modo per farmi escogitare un'altra piccola vendetta ai possibili danni di Giò. Volevo trattenermi, giuro, ma proprio non sono riuscita a resistere.
Quando ho ripensato a quello che mi ha detto Bea oggi pomeriggio, ho iniziato a immaginare loro due in spiaggia soli soletti intenti a consumare una romantica cena al tramonto; lui che suona il piano solo per lei e lei che lo guarda con gli occhi dell'amore. Poi ho pensato a lei seduta sulle sue gambe ieri sera, a lui che l'ha portata in braccio per tutto il tragitto fino alle stanze, e la mia mano si è mossa da sola: ho spento di nascosto il telefono di Gianluca per fare in modo che telefonassero a me se volevano avvisarci di qualcosa.
I miei piccoli perfidi piani sono andati a buon fine quando ho visto sul telefono la chiamata persa e i messaggi di Lorenzo. Ovviamente non ho richiamato lui, ma Giò, dicendo che a mio cugino scattava la segreteria.
È rimasto di sasso quando gli ho detto che sarei rimasta fuori coi ragazzi per cena anziché raggiungere tutti al ristorante. E, tocco di classe, mi sono fermata a cambiarmi nell'alloggio di Stefano per due precisi motivi:
1- era effettivamente più comodo rispetto al tornare nella mia camera.
2- il mio caro cuginetto mi ha scritto l'orario in cui sarebbero andati a cena, quindi facendo due calcoli a quest'ora Giò dovrebbe incrociare Gianluca -che è andato a cambiarsi- capire che io sono rimasta con Stefano, fare qualche domanda vaga, e sentirsi rispondere che sono in camera sua per una doccia veloce e un cambio d'abito.
Voglio una cazzo di standing ovation!
Giocherello col cellulare mentre aspetto che Ste finisca di prepararsi, sarà anche un uomo ma ci mette decisamente tanto quanto me per farsi bello! Appena è pronto, esce sul terrazzino per lasciarmi un po' di privacy. Porello, già mi presta la stanza, ora spetta pure fuori! Faccio una doccia veloce e guardo gli acquisti di oggi pensando a cosa indossare. Non ho comprato nulla che si abbini bene alla gonna, quindi la scarto. Fa troppo freddo per qualcosa senza maniche, quindi niente top. Anche se...
«Ste, hai per caso una camicia da prestarmi?» urlo per farmi sentire da fuori.
Mi guarda attraverso il vetro e gli faccio cenno di entrare. Sono in accappatoio, mica nuda!
Entra e apre l'armadio. Mi serve qualcosa di non troppo grande. Faccio scorrere lo sguardo sui suoi vestiti e trovo quello che fa per me. Tiro fuori una camicia bianca, semplice.
«Posso?»
«Certo ma... che te ne fai di una mia camicia? Ti starà grande.»
«Non sottovalutare mai l'ingegno di una donna ferita!»
«Come?»
«Niente, finisco di vestirmi.»
Fa una faccia perplessa ed esce di nuovo. So che le cose andrebbero lavate prima di indossarle, ma questa è una situazione d'emergenza, in più non l'ho mai fatto in vita mia. Sono vestiti nuovi, per Dio, perché lavarli? Metto il completino intimo che mi sono regalata per consolarmi di essere una stupida, indosso i jeans super attillati nuovi di zecca, il top nero a fascia, e sopra la camicia bianca di Stefano. Non ho mai usato molto le cinture, ma oggi quando ho visto questa me ne sono innamorata. Ho sempre saputo di avere una sorta di sesto senso per certe cose, e questa cinta alta con la fibbia lavorata ne è la prova. Lascio aperti i primi quattro bottoni della camicia, in modo che si veda il top, la tiro un po' verso l'altro per dare un effetto sborsato, allaccio la cintura poco sotto il seno et voilà. Un look studiato a puntino.
Grazie Pinterest! Sei una delle app più utili che io abbia mai scaricato.
Acconcio i capelli mettendomi a testa in giù e spettinandoli, cercando di dargli un po' di volume. Provo il mascara nuovo infoltendo le ciglia, e do una bella passata di rossetto: rosso sangue, perfettamente abbinate alle décolleté e alla pochette.
Sì, quando sono molto triste compro molte cose. E allora?
Busso al vetro per richiamare Stefano che si gira, mi squadra dalla testa ai piedi, ed entra nella stanza.
«Wow, come ti è venuta in mente questa idea?»
«Guardo molti siti con vari look.» faccio spallucce come se fosse la cosa più normale del mondo. Oddio, per me lo è in effetti. Sono una ragazza, non sarò mica l'unica che ama abbinare le cose e provare nuovi stili?!
«Fantastica! Andiamo?»
«Andiamo!»
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro