13
Allibita.
Io sono allibita.
E sotto shock.
Sono allibita e sotto shock.
Ma come si fa a fare delle uscite del genere?
Vedo i ragazzi tutti a bocca spalancata per l'ultima patetica frase detta da Valerio; Giò ha smesso di dimenarsi sulla sedia, si è bloccato e sta stringendo così tanto i pugni da essersi fatto diventare le nocche bianche. Lore ha portato una mano alla fronte e scuote la testa. Gianlu lo guarda incredulo, poi spezza il silenzio che si è creato attorno al tavolo.
«Beh ma allora tu sei proprio un coglione!»
«Gianlu...» Provo a riprenderlo mentre cerco di trattenere una risata.
«Ma dai Becca, sei stata con uno che se ci fossero le olimpiadi dei coglioni arriverebbe secondo, perché è coglione! Ma non si può!»
Questa l'ha letta su Facebook, ne sono certa.
Il cameriere mette fine a questa situazione surreale portando i nostri piatti, ed io non posso che essere grata per il tempismo di questo posto.
Iniziamo a mangiare parlando del più e del meno, rimanendo su argomenti vaghi: quando siamo arrivati, fino a quando restiamo, come sono gli alloggi, com'è stato il volo e bla bla bla.
Mi perdo a metà discorso pensando a quanto coraggio gli ci sia voluto per venire fino a qui, davanti ai miei amici, dopo tutto quello che ha fatto, per dirmi che sente di appartenere ancora a me. Continuo a domandarmi se ci fosse amore sincero nelle sue parole, o se siano state dettate solo dall'orgoglio.
Non è mai stato uno che accetta le sconfitte facilmente, Valerio, e lasciarci senza che fosse lui a deciderlo dev'essere stato un colpo tosto da assorbire per il suo grosso ego. Continuo a pensare a come sarebbe la mia vita oggi se non lo avessi trovato a letto con un'altra. Sarei sposata con lui, avrei quelle due o tre serate al mese a cui presenziare in qualità di moglie del dentista più promettente del paese, con addosso abiti e gioielli eleganti e costosi.
Serate in cui non potrei scoppiare a ridere come sono solita fare, in cui non potrei mangiare come voglio per non sembrare una maleducata, in cui probabilmente non mi divertirei... va a finire che devo anche ringraziarlo, alla fine mi sono risparmiata una vita mica tanto allegra. Eppure ricordo che stavo bene con lui. Mi piaceva la sicurezza che riusciva a trasmettermi. Ero tranquilla.
Ma ero felice?
Probabilmente no. Ancora oggi, quando ci penso, mi chiedo perché non abbia mai voluto dare ascolto a Lorenzo o a chiunque abbia cercato di mettermi in guardia.
Perché non ho mai messo in dubbio il comportamento di Valerio? Perché non ho mai indagato? Eppure io sono una di quelle persone che inizia a fare indagine in stile C.I.A. quando mi viene messa la pulce nell'orecchio.
E invece neppure un dubbio mi ha mai sfiorata. Perché ho voluto credergli così? Perché mi sono fidata così ciecamente di lui? Non me lo so spiegare. Non mi viene in mente con quale logica giustificassi tutto.
Ricordo solo che una sera sono rientrata un po' prima dal lavoro, e quando sono andata in camera per cambiarmi l'ho trovato tutto intento a soddisfare qualcuna che non ero io. Ricordo di non aver fatto scenate, di non aver urlato, di aver solamente chiesto di lasciare libera la stanza perché volevo prendere la mia roba per andarmene.
Non c'è stata nemmeno la vaga idea, nella mia testa, di provare almeno ad ascoltare qualche possibile scusa. Era finita e basta per me. Ero semplicemente libera. Nessun vincolo, nessuna immagine da dover difendere, nessuna risata da tenere a freno, nessuna serata elegante in vista e nessun mal di testa da dover inventare.
Mi ero sentita quasi sollevata. Per me la questione difficile da accettare era solo il tradimento, non la persona da cui era arrivato. Perché io in quella storia mi ci sono impegnata con tutta me stessa, nonostante col tempo mi sia resa conto di non essere mai stata veramente innamorata di Valerio. Il dover elaborare che non basta metterci tutta la buona volontà per fare andare bene le cose è stato un colpo duro da accettare. Non è stato Valerio a ferirmi, ma il suo gesto. Quello ha fatto vacillare la mia autostima, la fiducia in me stessa e quella che ero solita riporre negli altri.
Mi sono ritrovata ad elaborare un pensiero che mi ha letteralmente terrorizzata nei giorni dopo la nostra rottura:
se l'essere sempre disponibile per il tuo partner, l'assecondarlo nelle sue passioni, il supportarlo nell'ascesa alla sua carriera, il mostrarsi affettuosi e amorevoli non è bastato, cosa serve davvero per portare avanti una relazione?
La passione. Mettersi in gioco al cento per cento. L'amore. Queste sono le cose che ho accuratamente evitato per non soffrire. La felicità fa paura.
A me, la felicità, spaventa da morire.
Mettere il mio cuore nelle mani di qualcuno è qualcosa che non sono mai stata disposta a fare. Ma cosa mi sono persa stando sempre in panchina? A cosa ho dovuto rinunciare pur di non rischiare? Chi ho accettato al mio fianco pur di non dover soffrire? Quale umiliazione ho dovuto -o voluto- subire per non avere avuto il coraggio di superare la paura iniziale?
Mi viene spontaneo guardare Giò, intento a giocherellare con il cibo che ha nel piatto. Noi due non siamo mai stati insieme, eppure sono certa che una cosa del genere, lui, non me l'avrebbe mai fatta.
Appena finito di bere quella brodaglia che spacciano per caffè mi alzo e prendo la pochette.
«Esco a fumare una sigaretta, torno subito.»
«Hai ricominciato a fumare? Da quando?» Chiede Valerio contrariato.
«Non ho ricominciato, ne fumo una ogni tanto, da sempre!» Ci mancava anche il dovermi giustificare con lui, adesso!
«Quando stavi con me non fumavi.» ribadisce convinto.
«Veramente ogni tanto fumavo, proprio come adesso.» e gli faccio un sorriso che dovrebbe fargli capire che può anche smettere di impicciarsi della mia vita.
«Ti accompagno!» Si alza e mi cinge la vita con un braccio. Provo a spostare un po' la sua mano, ma la tiene bene salda.
Mi avvio verso la veranda che c'è sul retro del ristorante, mentre sento gli occhi di Giò ben piantati sulla schiena.
Tutta questa situazione non porterà a nulla di buono, potrei scommetterci.
Vado verso uno dei divanetti che c'è fuori per sedermi, ma Valerio mi prende per un braccio e mi gira verso di lui.
«Torna con me, Becca.» Lo dice con un'espressione seria, quasi addolorata.
«Perché? Hai scoperto che le tue avventure da una notte non sono poi così divertenti senza il rischio di essere beccati il flagrante?»
«Becca, andiamo! Lo sai bene che non ti farei mai una cosa del genere! Non di nuovo!»
«Sì, certo.» alzo gli occhi al cielo per evitare i suoi.
«Ehi...» Prende il mio viso tra le mani e mi costringe a guardarlo «La casa è vuota senza di te, mi manchi terribilmente. Fa schifo tornare a casa la sera e non trovarti sul divano a leggere, o in cucina mentre provi qualche ricetta nuova... noi a quest'ora dovevamo essere già sposati, l'hai dimenticato per caso?»
«Dico ma, stai scherzando vero?» Il mio buon proposito di mantenere la calma è andato allegramente a farsi fottere, in mezzo secondo mi ritrovo a dare spettacolo gesticolando e urlando come le pescivendole del sabato mattina in piazza. Peccato non avere un bel baccalà con cui schiaffeggiarlo!
«TU chiedi a ME se ho scordato che a quest'ora dovevamo essere marito e moglie? E tu? Mentre ti scopavi un'altra nel nostro letto l'avevi rimosso? Hai avuto un altro dei tuoi lapsus, Valerio?»
Lascia andare il mio viso e fa cadere le braccia lungo il corpo, i pugni stretti e le labbra serrate.
«Ma tu non mi hai nemmeno lasciato spiegare, non hai voluto sentire ragioni! Non mi hai dato modo di rimediare e nemmeno di farti vedere quanto io sia cambiato!»
«Oh, beh, scusa tanto se mi sono voluta allontanare, volevi che rimanessi lì a farvi compagnia? Magari potevo prendere due pompon e fare un po' di tifo!»
«Non è questo che intendo Becca, lo sai! Io parlo del dopo.»
«Beh io parlo di quel momento, invece! Tu mi hai umiliata, Valerio, non hai avuto un briciolo di rispetto nei miei confronti. L'hai portata in casa nostra! Nel nostro letto! Ma ti sei reso conto di quanto questa cosa abbia fatto schifo almeno? Hai capito la gravità dei tuoi gesti?»
«L'ho capita, Rebecca, smettila di farmi la predica! Nemmeno tu sei stata la compagna perfetta, sai?»
«Oh credimi, lo so bene che non sono stata perfetta. Lo sai qual è la differenza? Che io sbagliavo con te e davanti a te! Tu, invece, facevi tutto alle mie spalle perché non avevi le palle, caro mio! Non volevi smettere con la tua vita da scopatore incallito, ma non volevi nemmeno lasciare la brava ragazza che ti eri trovato e che tua madre apprezzava tanto.»
«Non tiriamo in ballo le famiglie Becca, perché ne avrei troppe da dire, lasciamo perdere il discorso, guarda!» e fa una mezza risata di scherno.
Ma è cretino? Non tiriamo in ballo le famiglie? Ma ho per caso offeso qualcuno? Mi ha mai ascoltata quando parlavo?
«No no, affrontiamolo invece il discorso, cos'hai da dire sulla mia famiglia, scusami? No perché, da quello che mi risulta, i miei ti hanno accolto in casa come fossi figlio loro!» a parte nonna Caterina. Ma a nonna Caterina non va mai bene nessuno.
«Sì? Dici? E la prima volta che sono venuto a prenderti a casa, tuo padre non mi ha per caso mostrato la collezione di fucili ereditata da suo padre? Mi ha spiegato per filo e per segno come prendere la mira per non mancare il bersaglio, e a quali parti del corpo puntare per prendere o meno un organo vitale!»
«Oh ma quanto la fai tragica! Sono la sua unica figlia, voleva solo metterti in guardia! Non mi pare che poi ti abbia mai sparato, no?»
«E ci mancherebbe, cazzo! E vogliamo parlare di tuo cugino?»
«NON. TOCCARE. MIO. CUGINO.» Scandisco bene le parole, pregando che colga la serietà della mia richiesta.
«No? Ah è vero, lui è intoccabile. Nessuno può osare contraddirlo. Nessuno può sperare di superarlo. Cristo santo, sembravate una coppietta di innamorati. Non è sano avere un rapporto così con un parente, sai? Sei certa che non proviate niente l'una per l'altro? Vi ci vedrei bene insieme.»
È troppo. Questo è decisamente troppo. Vado verso di lui con l'indice puntato contro al suo petto.
«Non osare mai più! Lorenzo è una delle poche persone che sono un punto fisso nella mia vita. Non osare provare a sporcare il nostro rapporto con la tua lurida bocca!»
«Che c'è? Ci ho preso? Avete già scopato? Ha approfittato del momento di vulnerabilità che hai avuto dopo la nostra rottura?»
Non faccio in tempo ad elaborare una risposta da dargli che vedo la mia mano aperta volare contro la sua guancia. Lo schiocco è talmente forte che mi sembra di sentirlo riecheggiare per qualche secondo.
Inizio a colpirlo con qualche pugno che non lo fa muovere di mezzo centimetro. Sento la rabbia continuare ad invadere il mio corpo mentre cerco di mettere più forza che posso in quei colpi troppo deboli rispetto a quelli che meriterebbe.
«Abbi la decenza di stare zitto! Hai fatto schifo e non sai fare altro che infangare gli altri!» gli grido in faccia continuando a colpirlo.
Mi sento letteralmente sollevare da due braccia che mi cingono da dietro. Inizio a scalciare contro Valerio che non batte ciglio davanti alla mia sfuriata.
«Mollami tu. Lo ammazzo! Mi devi mollare!» e provo a graffiare le braccia che mi stanno portando via.
«Shhh, basta Becky, non ne vale la pena.»
La voce di Giò funge da calmante per la mia rabbia e inizio a rilassarmi, mentre sento le lacrime che mi bagnano il viso.
Spazio S.
Ed ecco che abbiamo conosciuto il nostro meraviglioso Valerio...
Beh, direi che Becca non si è persa proprio nulla, no?
Per fortuna abbiamo un prode cavaliere pronto a portarla via ed evitarle una denuncia per lesioni!
Controllo (per la quindicesima volta, ma qualcosa sfugge sempre) un altro capitolo, ve lo pubblico, e noi ci risentiamo domani con questa banda di matti.
Un bacio, S.
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