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Speciale: Mi chiamo Holden, Holden Morris

SPECIALE

DAL PUNTO DI VISTA DI... HOLDEN

Mi chiamo Holden, Holden Morris

Mi odio per non avere il coraggio di parlare con lei! Beh, questo non è esattamente vero... Mi odio per un sacco di altre ragioni.

(Peanuts- Charles M. Schulz)


– Credo che la poesia sia ad oggi l'unica cosa che possa salvare l'umanità. Tu che ne pensi?

–Amore, perché mi fai queste domande di prima mattina?– la mamma si mette a ridere.

Ha la risata più bella del mondo, lei. Non ho mai visto, né tantomeno sentito, un angelo in vita mia, eppure sono certo che la risata degli angeli debba essere molto simile a quella della mamma.

Mi passa una mano nei capelli, disordinandomeli, poi mi versa del latte in una tazza.

Sa che a me il caffè non è mai piaciuto.

–Perché ci tengo ad avere la tua opinione. Ieri, in biblioteca, la signora Mildred mi ha regalato un libricino di un poeta. Si chiama John Keats. Lo conosci?

–Certo che lo conosco! Ci sono andata anch'io a scuola, sai?– ride di nuovo.

–Ho fatto diverse ricerche e ho scoperto che ha avuto una vita davvero terribile; è stato molto sfortunato. Eppure, malgrado tutto, è ricordato come uno dei più grandi poeti del Romanticismo inglese. I suoi contemporanei lo descrivono come un artista che aveva il potere di evocare la bellezza terrena.

–Addirittura!– fischietta. – Allora capisco perché ti piaccia! Tu hai lo straordinario potere di cogliere la bellezza in ogni cosa.– mi si avvicina.

Devo averla presa da lei, allora, questa qualità. Per anni ha visto del bello anche in chi era un mostro.

Poi mi dà un bacio sulla fronte ed esce dalla cucina.

La piccola Phoebe strilla come un'aquila. I suoi strilli non mi dispiacciono. Hanno il sapore della libertà. Così piccola, sembra aver capito anche lei che adesso può squarciare il silenzio tutte le volte che le gira.

Finisco di fare colazione, poi salgo in camera per prepararmi.

–Oggi il coach pubblicherà i nomi dei giocatori?– grida la mamma.

Phoebe ha fatto la pipì a letto e la mamma la sta portando in bagno.

–Sì!– mi sistemo il colletto della camicia.– Non sono molto fiducioso, però! Ci sono ragazzi che sono dei colossi in confronto a me!

–Nello sport non c'è bisogno solo del fisico, ma anche della testa e a te funziona meglio di chiunque altro, te lo garantisco.

Corre da una parte all'altra portando con sé l'odore del borotalco.

–Abbiamo proprio bisogno di una babysitter, comunque. – ci tiene a dire ancora.

–Poi diamo un'occhiata su quel sito che si è aperto da poco. – le rispondo.

Il tempo per badare a mia sorella si diraderà sempre di più.

Ho visto che cercano un dipendente nella videoteca che si trova in centro. Il cinema mi è sempre piaciuto da matti, per cui mi farò avanti. Voglio propormi anche per delle ripetizioni di matematica da fare ai bambini. La mamma e Phoebe meritano di avere tutto e farò ogni cosa per non far loro mancare mai niente.

Dopo aver stretto le stringhe delle scarpe, controllo l'agenda. Nel pomeriggio sapremo i risultati del test di matematica. Il professore non sembra molto simpatico, e non mi sta bene. È la mia materia preferita da quando ho scoperto i numeri e anche se mi riesce semplice capirla, sono fermamente convinto che tutti abbiano il diritto di avere un insegnante di matematica come si deve. Di quelli che ti fanno capire che chiunque può raggiungere qualsiasi risultato, e che non esistono cervelli preimpostati.

Do un'ultima pettinata ai capelli, mi sistemo la montatura troppo grande dei miei occhiali e poi saluto la mamma e Phoebe con un bacio (con lo schiocco!) sulla guancia, ed esco di casa. Taylor mi aspetta fuori; come ogni mattina andiamo insieme a prendere lo scuolabus.

Ci scambiamo la nostra classica stretta di mano come saluto, poi mi dà una pacca sulla spalla.

Sono più alto io di lui, e anche di molti altri ragazzi, se devo dirla tutta, eppure lui è incredibilmente più forte. Sono certo che non avrà problemi ad entrare in squadra.

Siamo molto amici, io e lui, anche se siamo come il giorno e la notte. Lui è una di quelle persone a cui basta fare un sorriso, anche uno piccolo, per catturare l'attenzione della gente. È splendente in ogni cosa che fa. È bello, simpatico, e intelligente, malgrado non gli piaccia molto studiare. La mamma dice che ricorda vagamente Leonardo Di Caprio. Ed è buono, sopra ogni cosa. Averlo come vicino di casa è stata la cosa più bella che potesse capitarmi; è grazie a lui e alla piccola Malia che la mia infanzia è stata più bella, o meno brutta, a seconda delle prospettive.

Poi ci sono io. Uno di quelli che fanno parte della schiera dei grigi. Siamo a metà, né bianchi, né neri. Non facciamo parte di alcuno schieramento. Insomma, se ci siamo, oppure no, non gliene importa un fico secco a nessuno. Tranne quando qualche troglodita trova comodo guardarci per prenderci in giro e farsi due risate sulla nostra pelle.

Non sono mai stato bello. Ci sono volte in cui, guardandomi allo specchio, reprimo a stento l'istinto di tirare un pugno alla mia patetica immagine riflessa. Mi chiedo perché non abbia preso nemmeno un briciolo della bellezza di mamma. Da lei ho preso i colori, ma tutto il resto proprio no. Eppure, anche quel mostro era piuttosto avvenente. Un uomo bello, una donna bella, un figlio brutto. Forse la mostruosità di lui è finita sul mio aspetto. Ma è un prezzo che sono disposto a pagare, se ne è rimasto contagiato solo il fuori e non il dentro.

Tuttavia, riconosco di avere anche delle qualità. Mi piace come la mia testa lavori alla velocità della luce il più delle volte; come riesca a ritrovare subito il sorriso dopo un momento brutto, come la mia altezza mi permetta di raggiungere con facilità gli scaffali più alti della libreria. A volte mi diverto a sistemare alcuni dei libri che più mi piacciono sulle mensole più alte. So che non dovrei farlo, ma non posso farci niente.

Io e Tay parliamo del più e del meno, soprattutto di ragazze, in realtà. Da ormai un paio di anni, sono diventate il suo argomento preferito. Bello com'è, lo capisco. Sa cosa significhi ricevere delle occhiate di apprezzamento sin da quando andavamo alle elementari. Mi domanda se ne abbia già adocchiata qualcuna, o se abbia ancora Malia nella testa. Gli do una gomitata in risposta, eludendo la domanda. Non ci capisco niente di ragazze e non sono pienamente certo di volere che qualcuna inizi a piacermi. Già con Malia è stato tutto piuttosto difficile. Non ha mai saputo nulla della mia patetica cotta, ma dubito l'avrebbe potuta ricambiare.

Poi entriamo a scuola.

Da qualche giorno ho fatto la conoscenza di un ragazzo biondo, Adam, uno di quelli che fanno parte della schiera dei bianchi. Quelli popolari, fighi e compagnia bella, insomma. Mi chiamo spesso 'amico' e ammetto che i tipi che ti chiamano 'amico' quando ti conoscono da due secondi non mi piacciono, ma forse è anche questo uno dei motivi per cui, se non fosse per Tay, sarei completamente solo. Pongo l'attenzione su troppe cose.

Non ho mai catturato l'interesse di persone come lui, se non per i motivi sbagliati, eppure lui sembra un bravo ragazzo.

Ci saluta da lontano, sorridendoci.

Ricambiamo il saluto e ci avviamo verso la palestra.

–Allora, sei pronto? – mi domanda il mio amico, quando siamo vicini alla bacheca degli annunci.

–Sì... – mi schiarisco la voce.– diciamo di sì. Ma non sono affatto sicuro del risultato.

–Forza, Holden. Un po' di fiducia. Ne abbiamo già parlato, devi avere fiducia in te! – mi fa l'occhiolino.

Mi dico che per lui è facile parlare in questo modo, ma quando capisco che c'è una punta di invidia nei miei pensieri, mi affretto a scuotere la testa come se così facendo potessi allontanarli da me. Non ha nessuna colpa se ha un fisico più robusto del mio.

Ci avviciniamo con passo esitante, poi, prima di puntare gli sguardi verso quei nominativi scritti in verde, con una calligrafia alquanto sgraziata, ci guardiamo un'ultima volta negli occhi.

Deglutisco a vuoto, sentendo il cuore battere più veloce.

Dall'alto verso il basso. Dal basso verso l'alto. I miei occhi fanno su e giù per quattro volte consecutive.

Niente.

Il mio nome non c'è.

C'è quello di Taylor, invece.

–Congratulazioni! – gli sorrido, sinceramente felice per lui.

Mi abbraccia di slancio, beccandosi un'occhiataccia e un fischio da un gruppo di idioti che trovano divertente vedere due ragazzi che si abbracciano.

Ricambio la stretta.

–Non è detta l'ultima parola. Potresti farti mettere in panchina, e nel frattempo continueremo ad allenarci come matti così che l'anno prossimo tu sia dei nostri. – mi dice, allentando la stretta.

Annuisco, abbozzando un sorriso.

–Va bene! Provo a vedere cosa mi dice il coach.

***

Niente da fare.

Sono troppo magro, troppo gracile, troppo debole, e bla, bla, bla. Però sono alto, molto alto, quindi l'anno prossimo potrò riprovarci.

Nel frattempo, ho il permesso di stare in panchina, ad osservare e altro bla, bla, bla che non mi sono impegnato troppo ad ascoltare.

Quando esco dalla palestra, Taylor è appoggiato alla parete di fronte all'entrata. Tuttavia, il mio sguardo lascia subito la sua figura non appena urta quello di una ragazza.

È una questione di secondi. Lei abbandona il mio pochi istanti dopo, tornando a rivolgere le sue attenzioni a quelle di una ragazza al suo fianco.

Non so cosa mi prenda, ma sento d'improvviso molto caldo, così tanto che percepisco gli occhi inumidirsi e sono costretto a sbattere le palpebre velocemente per non far appannare la vista.

–Ohi! Beh, che ti ha detto il coach?

Sento la voce di Taylor, ma risulta ovattata.

Vorrei rispondergli, ma la bocca mi si fa all'improvviso molto secca. Riesco solo a pensare agli occhi grandi e scuri di quella ragazza.

Curioso come abbia pensato solo poche ore fa al mio non volere che qualcuna mi piacesse, e come ora invece un paio di occhi bruni si siano incollati al mio cervello.

–Ti sei incantato?

Una mano mi passa davanti agli occhi.

–Uh, ma stai guardando una ragazza! Chi è, quella con la carnagione caramello?

–Quella con lo zaino viola. – biascico.

–Ah, quella pallidina. La trovi carina?

–È bella. – quasi non mi accorgo di dirlo.

Ha un sorriso davvero dolce.

–Guarda che dovrebbe avere diversi corsi in comune con noi. Mi pare di averla già vista. Ho notato più la sua amica, quella con le labbra carnose, in realtà.

–Davvero?

–Sì, ha delle labbra bellissime. Peccato al momento voglia godere della mia libertà!

–Ma no! Intendevo se sia vero che abbiamo dei corsi in comune con lei! Con la ragazza con lo zaino viola.

Mi sento d'improvviso molto felice. Non me ne importa più niente di non essere stato preso in squadra.

–Certo che è vero! Se non passassi tutto il tempo a fissare il quaderno, forse te ne saresti accorto! Perché non vai a presentarti? – mi dà una leggera spinta.

Scocco la lingua contro il palato.

–Una così avrà una fila di pretendenti e avrà già posato gli occhi su qualcuno. Qualcuno decisamente più bello di me.

–Beh... non voglio fare il superficiale, ma è carina, nulla di più! Ma se ti piace, che ti frega dei pretendenti. Devi buttarti, fratello! – mi dà una pacca sulla spalla.

Non gli rispondo.

I tipi come Taylor possono buttarsi tutte le volte che gli gira. Troveranno sempre e comunque un materasso comodo a pararne l'eventuale caduta. Quelli come me si frantumano e basta se lo fanno.

***

Kathleen Foster.

Il professore di matematica, Mr. Clarke, sbatte alquanto rudemente il test sul banco della ragazza, dicendo a voce alta il suo nome e il suo cognome.

Kathleen.

Che suono dolcissimo.

Lui le dice delle parole poco carine, usando un tono di voce diverso da quello che ha usato con me, poco fa.

Lei si limita ad annuire, ma mi accorgo di come le sue labbra tremino e di come i suoi occhioni scuri si riempiano di lacrime.

Conosco a malapena il suo nome, eppure vorrei andarle vicino, dirle che siamo solo agli inizi del primo anno e che andrà tutto bene. Non c'è bisogno di piangere per uno stupido voto.

Ma ovviamente non lo faccio.

E non faccio niente neanche nei giorni a seguire. Anzi, qualcosa la faccio. La guardo. Di nascosto, ma la guardo. È più forte di me. Appena entra in classe, o la veda nei corridoi, il mio corpo si esalta, mandando degli strani segnali al cervello. È qualcosa che non riesco a controllare.

Neanche con Malia ho provato queste cose. Con lei è stato tutto diverso. Mi sono accorto di trovarla più bella del dovuto in modo graduale. Ci siamo conosciuti bambini e ci siamo salutati ragazzini. È stata la prima ragazza che mi sia piaciuta, ma ciò che sentivo per lei era imparagonabile a ciò che senta per questa ragazza. Non la conosco, eppure me ne sento incredibilmente attratto. È strano. Bello e brutto nello stesso momento. Mi fa sentire vulnerabile. Sono una persona alquanto ermetica, ma quando lei mi passa davanti mi sento "scoperchiato".

Un giorno, un tizio che le siede sempre dietro, credo che si chiami Jack, tarda ad arrivare. Così prendo il suo posto. Taylor non si mostra troppo dispiaciuto della mia scelta.

Kathleen è così seduta di fronte a me. I nostri banchi non sono troppo lontani e da qui riesco a sentire il profumo di vaniglia che emanano i suoi capelli scuri. Sono piuttosto lucenti e mi fanno provare lo stupido desiderio di toccarli. Sono costretto ad intrecciare le dita delle mani per non fare sciocchezze.

La sento parlare con la stessa ragazza bruna che le è sempre accanto. Mi pare si chiami Pamela. Da quel po' che riesco ad ascoltare prima che inizi la lezione, stanno parlando di un animale, un gatto forse. Kathleen dice che mangia troppo e che ha preso la strana abitudine di guardare serie tv. Non riesco a capire se sia il suo animale domestico. So solo che mi ritrovo a sorridere come uno scemo quando ascolto i suoi racconti. Anche la sua risata, proprio come quella della mamma, ha un bel suono.

Scopro, come mi aveva anticipato Taylor, che abbiamo altri corsi in comune, oltre a quello di matematica. La vedo, infatti, anche nel corso di biologia, di chimica, di letteratura, e di arte. La vedo, ma lei non vede me.

Durante una lezione di inglese, Miss Parker, l'insegnante, ci chiede di parlare del concetto di libertà. Non ci pone paletti. Vuole che parliamo a ruota libera. Contrariamente alla matematica o alle scienze, per cui nel mio cervello tutto trova immediatamente un senso, quando si tratta di letteratura, tutto si spegne. Come se qualcuno premesse un interruttore.

Se penso alla libertà penso a quella che io, Phoebe e la mamma abbiamo strappato alla vita con i denti e con le unghie. Non riesco a pensare a dei libri o a delle poesie. Non conosco ancora tutta la poetica di John Keats e non ho ancora letto abbastanza libri, per quanto ami leggere. C'è un libro che mi fa proprio drizzare i peli sulle braccia. È Il giovane Holden. È il libro preferito della mamma, oltre che il motivo del mio nome. Il personaggio di Holden mi fa ridere e piangere nello stesso momento. Fa l'adulto, ma in realtà è solo un ragazzino che ha perso un fratello e che ama sua sorella più di quanto ammetta. Un ragazzino con dei grandi vuoti dentro.

Kathleen, invece, sembra ben ferrata su ogni argomento. La chiusura mostrata durante le lezioni di Mr. Clarke cede il posto a una parlantina che mi fa venire la pelle d'oca sulle braccia.

Parla di libertà intesa come negazione della alienazione. Afferma, con voce solenne, che un uomo può essere libero anche con delle catene ai polsi, se non ha perso sé stesso e la sua essenza, cosa che succede solo quando non priva della vita o della libertà un suo simile. Cita Il conte di Montecristo, Le ali della libertà e Piccole donne, con riferimento al personaggio di una tale Jo. Una ragazzina di quattordici anni che parla di alienazione. Mi fa venire i brividi.

Credo che dovrei leggere molto di più. Romanzi, poesie, opere teatrali. Tutto ciò che possa farmi avvicinare in minima parte al suo mondo.

Anche la professoressa la guarda ammirata. Ha una luce negli occhi che si spegne quando interroga me e si accorge che non riesco proprio ad essere sintetico.

È che a me parlare è sempre piaciuto. Anche se lo faccio solo durante le interrogazioni, quando sono a scuola. La parola è l'unica arma in mio potere per mostrare al mondo chi sono. Chi è Holden, il ragazzo brutto che riesce a fare i calcoli alla velocità della luce. Il mostro odiava questo lato di me. O meglio, odiava tutto di me. Tuttavia, più mi metteva in punizione quando parlavo come una macchinetta e più uno strano difetto nel mio sistema mi spingeva a parlare ancora e a farlo di più, sempre di più.

Le settimane passano tramutandosi in mesi e non passa giorno in cui non rimanga colpito da Kathleen. Da qualche tempo, lei e la sua amica hanno preso a parlare con una ragazza pelle e ossa, dai capelli rossi. Taylor dice che delle tre, la ragazza dalla pelle caramello è la più attraente e che continua a trovare Kathleen decisamente anonima. Mi arrabbio quando dice così. Come può non accorgersi della bellezza di quella ragazza? Emana una luce che la rende speciale.

Il suo armadietto non è troppo lontano dal mio. La becco da sola. Ha un paio di cuffie fucsia sulle orecchie e muove la bocca a ritmo di qualche canzone. Ad un certo punto arrotola un quaderno su sé stesso e lo avvicina alle labbra a mo' di microfono. Qualcuno ridacchia alla scena, io ne rimango intenerito.

Chissà cosa succederebbe se mi facessi avanti. Potrei dirle "Piacere, sono Holden! Sì, quello che prende sempre A+ in matematica. Sì, quello che durante le interrogazioni parla troppo, ma che nemmeno ascolti. Sì, quello bruttino che si siede in fondo alla classe e che non guardi mai."

–Che ne diresti di agire, invece di rimanere a guardarla come uno stoccafisso?

Taylor mi cinge le spalle con un braccio, puntando lo sguardo di fronte a sé.

–E cosa dovrei fare?

–Non so... avvicinarti, magari? Invitala a prendere una limonata o una cavolata del genere.

–Facile per te! – do voce ai miei pensieri.

Mi dà una gomitata. – Smettila! Tu sei mille volte meglio di me, Holden.

Non c'è esitazione nella sua voce.

Voglio proprio bene a questo ragazzo.

–Non dire scemenze! Sei bello come il sole e hai una personalità per cui le ragazze farebbero carte false.

–Non hai idea di quante frecce abbia al tuo arco! – insiste.

–E quali frecce avrei?

–Sei intelligente, divertente, gentile, autoironico. Devo aggiungere altro?

–Sì, aggiungi che sono brutto.

Mi dà un'altra gomitata.

–Non aspettarti che ti dica che sei attraente, fratello. Io non faccio complimenti ai maschi. Però, mia nonna dice che hai il fascino dell'intellettuale.

Devo avere un certo ascendente sulle donne anziane. Una signora, che abita poco distante da casa mia, ha chiaramente un debole per me. E ammetto di avercelo anch'io per lei. È tremendamente divertente e ha una passione smodata per i film e per i libri. Tra un "Ho una nipote carina. Si chiama Leen!" e un "Dovresti conoscerla!" mi presta una miriade di libri che hanno fatto di me, ormai, un vero intenditore.

–Oh oh! Ora sì che mi sento un gran figo. – mi scappa una risatina.

Ride anche lui.

–Dico sul serio! Dovresti almeno provarci.

–Ho paura. – confesso. – Non mi sento abbastanza sicuro da approcciarmi ad una come lei.

Sono un fifone.

–Paura di cosa?

–Di rimanerci troppo male se non dovesse volermi dare nemmeno una possibilità.

–A quel punto, troverai il modo di prendertela da solo questa possibilità! Le ragazze vanno fatte innamorare.

Non rispondo. Penso di nuovo che sia facile per lui parlare in questo modo.

–Se vuoi fare colpo sulla pallidina ci riuscirai ad occhi chiusi, okay? Se non è una tontolona, saprà che sei un ragazzo fenomenale.

–Forse un giorno! Adesso non sono ancora pronto.

Sospira, dandomi una spinta scherzosa.

Nei mesi seguenti, la situazione Kathleen rimane stabile. Ci scontriamo un paio di volte nei corridoi, ma niente di che. Sono invisibile ai suoi occhi. Totalmente invisibile. Ed io non faccio nulla per rendermi visibile.

Credo che le piaccia qualcuno, oltretutto. L'ho vista ridacchiare imbarazzata di fronte ad un gruppo di ragazzi. C'era anche Adam tra questi.

Adam che è sempre più strano con me.

Credo che non sia chi io creda.

***

Arrivato al mio ultimo anno di scuola, sono ancora più alto, un po' più muscoloso, mi si è abbassata ulteriormente la vista e sugli zigomi ho qualche lentiggine in più.

E sono ancora cotto di Kathleen Foster.

È cresciuta anche lei, penso quando la vedo passeggiare con le sue amiche. Ha qualche curva più accentuata e ha i capelli più lunghi.

Per me rimane sempre la più bella del mondo intero.

Sapere che questi siano gli ultimi mesi in cui possa provare a farmi vedere mi fa provare un buco all'altezza dello stomaco.

Credo nel destino, ma credo anche nel fatto che siamo padroni delle nostre anime, come diceva il caro Withman. Per questo, questa estate ho rimuginato sul fatto che mi basti un segno, un solo minuscolo segno e mi farò avanti. Devo far uscire tutto ciò che è di buono in me. Il mio cervello, la mia parlantina, le mie conoscenze, sempre più vaste. Devo darle modo di capire che dietro questi occhiali e questo sorriso difettato c'è un ragazzo che la trova molto bella e che vuole vederla felice, anche se la conosce così poco.

Qualcuno dall'alto deve ascoltarmi.

Il segno mi casca sotto il naso quando entro in palestra, per i consueti allenamenti, e la becco seduta in panchina insieme ad una delle sue amiche. Per poco non mi cade la mascella per terra.

Ha la mia stessa divisa. Solo che a lei va molto più grande e la porta sopra una maglietta, proprio come me.

Non la definirei una ragazza minuta, ma con quella canottiera sembra un pulcino.

La guardo per minuti interi, osservando i suoi sguardi sempre puntati verso Adam Johnson.

Credo che le piaccia quell'idiota. Lo guarda nello stesso modo in cui vorrei guardasse me. Le iridi castane le si riempiono di luce quando lo fissa.

Ad un certo punto il coach la sgrida. È così imbambolata a vedere l'idiota da non aver visto che la palla è andata fuori gioco.

La raccoglie con imbarazzo e la riconsegna ad Adam con fare impacciato.

Per un momento mi distraggo anch'io. Vorrei tanto che lei e tutti gli altri vedessero ciò che c'è dietro la bella faccia di Adam. Ma, di nuovo, sono troppo debole per essere io a smascherarlo. La sola idea di poter perdere il controllo e diventare come il mostro, ha favorito il mio ermetismo anche in queste situazioni.

Quando l'allenamento finisce, io e Taylor facciamo in modo di essere gli ultimi ad usare la doccia e a uscire. Non ci piace stare con Adam e con i suoi cagnolini.

–Allora, sei pronto? Guarda che me l'hai promesso, eh? – fa Tay, dandomi una spallata. – Guarda! – si prende una ciocca bionda tra le dita. – Mi sono venuti i capelli bianchi ad aspettare che "fossi pronto". – mima le virgolette.

–È facile...

–Per me, – mi interrompe. – lo so, lo so! – alza gli occhi al cielo. – Conquistala! – allunga gli indici nella mia direzione.

Poi se ne va.

Rimango qualche altro secondo a fissare il vuoto.

Mi sento ancora tremendamente vulnerabile (vorrei avere i miei occhiali da sole, adesso!) e anche un po' patetico. Sono certo che Kathleen non sappia neanche chi sia. Se ci sei, ma nessuno ti vede, è come se non esistessi. Immaginarmela davanti mi fa tremare le mani, ma temo di non avere più tempo. Ho due alternative: o mi butto, e provo a conquistarla con tutto ciò che di bello (si esclude la faccia, ovviamente!) ho, oppure lascio che la paura mi inghiottisca e di me rimanga solo qualche osso e qualche illusione su quello che sarebbe potuto essere. Temo che in entrambi i casi, mi romperò. Ma preferisco che sia lei a farlo, piuttosto che farlo da solo.

Faccio un bel respiro e poi colgo un altro segno.

C'è un pallone vicino alla porta dello spogliatoio.

Lo prendo tra le mani, stringendolo al petto neanche ne valesse la mia stessa vita.

Trovo Kathleen preda di uno strano balletto. Solleva il pallone con entrambe le braccia e gira su sé stessa, urlando qualche "Yu-hu!". Per un momento le mie preoccupazioni spariscono, lasciando il posto a una risatina che soffoco in qualche istante.

Quando finisce di ballare, si inginocchia in punto non troppo lontano dall'entrata. Sembra in difficoltà con alcuni palloni.

Deglutisco tre volte consecutive, poi faccio un altro bel respiro.

Andiamo, Holden!

Attiro la sua attenzione evidenziando il fatto che non abbia fatto caso a questa palla. Quando si volta a guardarmi, il suo sorriso si spegne e capisco che non si aspettasse di incontrare me.

Ho deluso le sue aspettative. Glielo dico, ma finge che non sia così. Probabilmente aspettava Mr. Muscolo. Se le piace un tipo come lui, deve trovare la mia faccia, e non solo, davvero inguardabile.

– Mi chiamo Holden. Holden Morris. E preferisco mi si chiami per nome.–  le dico con una sicurezza di cui vado fiero.

Il cognome è tutto ciò che mi rimane del mostro. Io sono Holden. Non sono Morris.

Mi guarda in modo strano per tutto il tempo. Le sue occhiate mi fanno capire che non mi abbia davvero mai visto né tantomeno considerato. Per un momento mi sento quasi un impiastro. Uno stupido che sta provando a farsi notare da una ragazza che dice chiaramente di non voler fare nuove amicizie.

Però non voglio mollare. Voglio smettere di essere il secchione nell'ombra. Io non sono solo il ragazzo a cui piacciono i numeri, io sono tanto altro e posso dimostrarlo.

Osservo il suo viso e mi sento incredibilmente fortunato alla sola idea di poterle essere di fronte. Non sta andando un granché, ma le sto parlando.

Sto parlando a Kathleen Foster. Le sto rivolgendo la parola. Mi porto una mano dietro la schiena e ne pizzico il dorso, per accertarmi di non star sognando.

Ha delle sopracciglia lunghe e scure che incorniciano degli occhi tondi e luccicanti. Svettano su un viso piccolo, dalle guance all'apparenza soffici. Sì, Kathleen Foster è bella. Tanto bella. Bellissima.

Il suo modo di rispondermi è sgarbato, a tratti acido. Dovrebbe scoraggiarmi, invece per una qualche strana ragione mi fa divertire. Mi rendo conto che preferisco scontrarmi con lei, piuttosto che continuare a vivere di fantasie.

Incredibile come la mente abbia lo straordinario talento di cucire personalità su degli estranei, facendo il più delle volte due cose: le idealizza o le mortifica. La personalità che ho cucito su Kathleen è diversa da quella che mi sta mostrando. Ha carattere, decisamente. Un carattere scontroso che fa vacillare per un momento le mie certezze. Quelle misere che ho, si intende.

Dato però che non mi aspettavo di essere accolto con troppe cerimonie, non ci rimango troppo male. Non sono attraente e probabilmente diffida di chi non conosce. Chissà, però, come si comporterebbe se al posto mio ci fosse Adam.

Devo risultare insistente, perché alla fine si decide a cedere e a presentarsi.

Quando le nostre pelli entrano in contatto, nel momento in cui le nostre mani si stringono, so che devo darmi almeno una possibilità.

La devo all'Holden che ha questo interesse folle da tre anni e un mese.

– Bene... Leen. Ti chiamerò così se non ti dispiace.–  allontano la mia mano dalla sua.

La signora Cecily deve avere su di me un impatto maggiore di ciò che pensassi. Il nome di sua nipote mi rimbomba in testa e fa sì che adesso sfidi la ragazza che mi piaci chiamandola in un modo che, data la sua faccia, non le va molto giù.

Ma vabbè.

Se c'è qualcosa che mi hanno insegnato i libri, è che i protagonisti più affascinanti sono quelli che non hanno paura di essere chi sono.

Sono Holden Morris e no, non ho paura di essere chi sono.

BONUS MEME per farvi sorridere

Ciao girasoli! Come state? Spero benissimo!❤️

Eccoci qui con il primo dei due speciali dal punto di vista del nostro caro Holden. Ero indecisa se pubblicarlo oggi o venerdì, ma nel sondaggio che ho inserito sul mio Instagram avete votato per oggi!

Come vi avevo anticipato, con questo speciale abbiamo visto come è cominciato tutto. Quando un Holden quattordicenne ha visto Kathleen per la prima volta e quali siano stati i suoi pensieri su di lei. Abbiamo poi sbirciato in parte sulla sua vita a casa e sul suo rapporto con il bel Taylor. Abbiamo anche scoperto perché preferisca essere chiamato per nome, soprattutto dalla ragazza che gli piace da troppo tempo, e perché, come aveva già ipotizzato Leen, non abbia la forza di smascherare Adam.

Voi che mi dite? Vedere Holden da vicino vi ha in qualche modo deluso? Vi aspettavate di vederlo diversamente?

Vi confesso che non mi sento molto a mio agio nello scrivere dal punto di vista di un protagonista maschile, perché mi sembra sempre di "femminilizzare" i suoi pensieri. Mi auguro, perciò, che questo speciale vi sia piaciuto.

L'epilogo della storia è in corso, per cui non mi resta altro che finirlo e scrivere il secondo capitolo speciale, di cui devo ancora decidere l'argomento. Per il momento dovrebbe essere in vantaggio l'idea di scrivere di Halloween e perciò del primo bacio tra Kat e Holden. Domani vi chiederò, sempre su Instagram, di votare in un sondaggio quale idea, tra questa e quella di riscrivere l'ultimo capitolo (l'altra proposta più gettonata) preferiate. Nel frattempo, sarò super curiosa di leggere la vostra su questo 'speciale'. So che lo aspettavate tanto! ❤️

Grazie, come sempre, per tutto!❤️

A presto,

Rob

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