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Epilogo - Totalmente, incondizionatamente




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Epilogo

Totalmente, incondizionatamente

Charlie Brown: Pensi mai al futuro, Linus?
Linus: Oh, sì... sempre
Charlie Brown: Come pensi che vorresti essere da grande?
Linus: Vergognosamente felice!

(Peanuts–  Charles M. Shulz)


A scuola c'è un casino tremendo.

I corridoi pullulano di studenti di ogni anno che, vicini agli armadietti, ai bidoni della spazzatura, e in ogni dove stanno sparlando di qualcosa che deve aver mandato la scuola in fibrillazione. È tutto un bisbiglio. Qualcuno ride, perlopiù i maschi, qualcun altro, specialmente alcune ragazze, hanno facce tristi e dispiaciute. Tre ragazzine, del primo anno forse, stanno addirittura piangendo.

Questo è il prezzo da pagare quando si entra alla seconda ora.

Mi stranisco, però, quando delle occhiate corrono anche nella nostra direzione.

D'improvviso mi manca il mio anonimato.

–Ma che sta succedendo? – fa Chas.

È strano ascoltarla. Da quando ha tolto l'apparecchio ai denti, non solo ha un bellissimo sorriso nuovo di zecca, ma ha anche una voce diversa.

–Deve essere successo qualcosa di grosso... – aggiunge Pam, avanzando con Taylor al suo fianco.

–Ci importa davvero saperlo? – dice Holden, stringendomi la mano.

È da una settimana che varchiamo la scuola mano nella mano, e ogni giorno è sempre come il primo. Quando le nostre dita si intrecciano e i nostri palmi si toccano, il mio cuore reagisce sempre allo stesso modo.

–Certo che sì, Holden! Non conosci me e Chas da tempo, ma devi sapere che amiamo il gossip.

–Diciamo pure che siete delle ficcanaso. – dico io.

–Come se non lo fossi anche tu! – ci tiene a precisare Pam.

–Giusto un po'. – sposto l'indice e il pollice di qualche centimetro.

–In effetti queste tre donzelle sanno sempre tutto di tutti! Tuttavia, la mia Pamela è un vero segugio. – continua Taylor.

Holden si mette a ridere, mentre Pam è costretta a far morire sulle sue labbra la sua risposta, quando Molly Dolly ci passa davanti, lasciando dietro di sé e le altre cheerleaders, al suo fianco, una scia di profumo dolciastro e un po' stucchevole.

–Molly! – la ferma Pam. – Cara, che succede? – le domanda.

Molly si ferma di scatto, prendendo a guardare la mia amica come se venisse da un altro pianeta.

–Tesoro, ma davvero non sapete niente?

Le altre cheerleaders ci guardano con gli occhi spalancati.

–No, cara. Ti va di dirci tutto?

Eccola, la parola magica. La sua espressione cambia. Sembra d'improvviso più eccitata, come se non vedesse l'ora di spifferare tutto a qualcuno.

–Certo! Ma, acqua in bocca, mi raccomando! Questa faccenda doveva rimanere riservata.

Ci lanciamo tutti un'occhiata, trattenendo le risate. È divertente come Molly che fino ad un attimo fa era stranita dal fatto che fossimo all'oscuro di qualcosa che chiaramente è già noto, adesso finga di non notare che questo qualcosa lo sappia già tutta la scuola.

Tuttavia, annuiamo nella sua direzione.

–Adam Johnson è stato espulso e Priyanka ha dato di matto, dicendo che cambierà scuola. – sputa fuori Jenny, precedendo Molly.

Molly le lancia un'occhiata torva, scontenta di aver perso l'occasione di fare pettegolezzi.

–Un attimo. – dice Taylor. – Cosa?

–Sì, praticamente... – comincia Jenny.

–Praticamente, – la interrompe Molly. – pare che oggi siano venuti alcuni ispettori. Sapete, quei tipi inquietanti con poco gusto nel vestire che vengono a ficcare il naso negli affari della scuola per vedere che tutto sia a posto. Beh... pare che durante la visita di controllo, abbiano beccato Adam litigare con Henry del Giornalino...

–Voci di corridoio dicono che lo stesse tenendo per il colletto della maglietta e che lo avesse sollevato contro il muro. – dice Jenny.

–Sapete che Henry ha pubblicato quell'articolo, no?

Certo che lo so. E lo sanno anche i cassieri del supermercato dove va mia nonna, i suoi parrucchieri, le sue estetiste, i suoi amici del club del libro e parte del vicinato.

Annuiamo, tutti visibilmente esterrefatti.

–Beh... chiaramente a Johnson non è andato giù. – riprende Molly. –  Sapete che è sceso di ben dieci posti nella classifica dei ragazzi più popolari sulla app di Patricia? Ormai Kevin Park, il ragazzo mezzo coreano del terzo anno, ha preso il suo posto.

Non sapevo neanche che sulla app di Patricia fossero presenti questo tipo di classifiche. Ma dovevo immaginarlo. Probabilmente c'è qualcosa del genere anche per le ragazze. Sicuramente il mio nome neanche figura.

–A proposito, Chastity... complimenti! Sei diventata la prima nella classifica delle ragazze.

Ci voltiamo tutti a guardarla. Chas schiude la bocca e allarga gli occhi.

–Cosa? – strilla.

–Non lo sapevi? Da quando hai gettato il cibo della mensa sui capelli di Priyanka, ti sei fatta un bel pubblico.

–Ci sei anche tu, Kathleen. Sei la terza, dopo Alyssa Brown. E anche tu, Morris. Mi pare che tu sia secondo in quella dei ragazzi. Park ti ha soffiato il primo posto per il bel faccino!

È il mio momento di spalancare occhi e bocca. Ma che sta succedendo?

–E... perché? Cosa ho fatto di tanto... eclatante? – chiedo.

Porca vacca.

–Ed io, invece? – Holden quasi urla.

–Ma l'avete letto l'articolo di Horwitz? Nel paragrafo "Johnson, fatti un po' più in là!" voi due venite descritti come due eroi.

Okay, questo non era previsto.

Boccheggio per qualche secondo, presa alla sprovvista.

Taylor stempera la tensione mettendosi a ridere. Poi è il turno di Pam e anche di Chas.

Ci lasciamo coinvolgere anche io e Holden, ridendo più per l'incredulità che per altro.

–Per tornare a noi, – riprende Molly. – Johnson ha provato a calmare le acque, ma Henry lo ha messo in cattiva luce davanti agli ispettori, dicendo loro un sacco di altre cose brutte su di lui. Morale della favola: il preside ha prima preso la decisione di sospenderlo, poi Adam ha continuato a non calmare i toni e allora si è visto costretto ad espellerlo.

Wow.

–E... Priyanka? – domanda Chas.

–Ve l'ho detto, ha perso la testa! – Jenny sgrana gli occhi verdi. – Appena lo ha saputo, si è chiusa nell'ufficio del preside. Ma...

–Ma non c'è più niente da fare. – interviene Monica. – Il preside non può più ritrattare data la presenza degli ispettori. Priyanka sta dicendo che se ne andrà.

Gli occhi di Chas si illuminano. –Ma dai! Mi piange il cuore... – dice.

Sono certa che potrebbe svenire dalla felicità.

–Probabilmente finiranno questi ultimi mesi in una scuola privata. – conclude Molly.

Wow.

– Comunque, la prossima settimana saranno in stampa i biglietti per il ballo di fine anno.  – riprende, come se fosse già stanca di queste chiacchiere. –Il tema è Cinema vintage. Insomma, il dress code prevedrà che vestiate come qualche personaggio, a vostra scelta, di un qualche film del passato. È considerato vintage fino agli anni Ottanta, eh! Per le macchine e tutto il resto, sapete a chi chiedere. – ci strizza l'occhio, prima di andarsene.

La ringraziamo, poi ci scambiamo un'altra occhiata.

–Oh mio Dio! – quasi urlo, entusiasta.

–Gesù, siamo diventati famosi! – dice Chas.

–Adesso voglio vedere se ci siamo anche io e Taylor. – aggiunge Pam.

Sfila dalla tasca dei suoi jeans il cellulare e prende a smanettarci.

–Ci siamo! Gossipapp vede Taylor decimo e me settima. Pensavo meglio!

Porca vacca! – esclamo. – Horwitz merita un premio grosso quanto una casa.

La giustizia ha un sapore dolcissimo.

–Basta che il premio non consista in un bacio sulle labbra, eh! – mi risponde Holden, con un sorrisetto.

Irradia contentezza da ogni poro.

–Beh... potrei pensarci. Che vuoi che sia un bacetto sulle labbra. – lo prendo in giro.

A quel punto mi abbraccia da dietro, stringendomi le braccia attorno alle spalle e scoccandomi un bacio sulla guancia.

–Non ci provare. – mi soffia nell'orecchio, facendomi ridere.

Mi blocco sentendomi tre paia di occhi addosso.

Pam, Chas e Taylor ci guardano con la stessa faccia che ho quando passo il pomeriggio davanti a video di gattini e cagnolini. Occhioni da cucciolo e labbra piegate in dei sorrisi ebeti, per intenderci.

–Ho sempre fatto il tifo per te! – Taylor allunga l'indice nella mia direzione. – Da quando Holden si incantò a guardarti come un pesce lesso il primo anno!

–Ma la finisci! – lo rimprovera Holden. Nella voce c'è un'evidente traccia di divertimento.

–Certo che no! Ho una sfilza di cose da dire a Kathleen. Per esempio, lo sai che Holden ha tappezzato il suo armadietto di vostre fotografie? Che si imbambola a guardarle e che per poco non le sbaciucchia?

–Cos'è questa storia? – sollevo lo sguardo per incrociare il suo. – Però adesso mi spiego perché questa settimana hai voluto scattare tante foto. – sorrido.

–Nulla di nuovo. Te l'ho già detto: mi piaci dal primo anno, Leen! Per le foto, beh... adesso il mio armadietto è più bello. – si abbassa per scoccarmi un bacio sulla fronte.

Non gli dico che anch'io ho tappezzato il mio diario di sue foto.

–Okay, mi sa che è il momento di ritirarci. – Chas si schiarisce la voce. – Ma avete visto che bello quel pavone di cartapesta che hanno fatto le matricole?

–Bellissimo! È il tuo animale guida, Pam. – risponde Taylor, facendoci ridere.

Poi si allontanano.

Rimango a guardarli per qualche istante. È strano vedere come un singolo evento possa cambiare tutto. Prima eravamo due gruppi: io, Chas e Pam da una parte; Taylor e Holden dall'altra. Pam e Tay erano un anello non abbastanza forte da tenerci insieme come unico gruppo. Adesso che io e Holden formiamo un secondo anello, tutto è venuto da sé. Siamo diventati un'unica compagnia amica e affiatata.

Smetto di guardarli quando sento gli occhi di Holden su di me. Mi scrutano furbescamente.

–Che c'è?

–C'è che dopo queste belle notizie, ho voglia di festeggiare.

–Ah sì?

Annuisce, prendendo a giochicchiare con le dita della mia mano.

–E come?

–Ti voglio tutta per me.

–Abbiamo lezione fra meno di dieci minuti, Holden. – ridacchio.

–Per fare quello che voglio fare, sono più che sufficienti. – ammicca.

–E cosa vuoi fare?

Mi dà modo di scoprirlo, prendendomi per mano e portandomi a passo veloce verso la biblioteca.

–Delle ragazze ti stanno guardando. – gli dico, beccando delle ragazzine lanciare delle occhiate civettuole verso di lui.

–Chi? – sembra sorpreso.

–Quelle tizie. – rallento il passo.

Quando le superiamo, le vediamo salutare Holden muovendo le dita delle mani.

Holden trattiene una risata, mentre io gli stringo la mano con maggiore possessività.

Tzè! Basta che tu sia entrato in quella classifica per far venire gli occhi a cuoricino a certe persone. – bofonchio.

–Che vuoi farci! Alcune ragazze sono molto superficiali. – mi dà una spallata.

Gli faccio una linguaccia in risposta. Questa era una frecciatina nei confronti della sottoscritta bella e buona.

–A quest'ora non viene mai nessuno e la signora Carmen è sempre presa dai suoi romanzi d'amore. – dice, quando entriamo in biblioteca. – L'altro giorno mi ha detto che è ferma al punto in cui Harry chiede a Karol di sposarlo, per cui sarà molto impegnata.

Ci voltiamo entrambi nella direzione della bibliotecaria, adesso presa a mordicchiarsi con fare nervoso l'unghia del pollice dipinta di rosa. Con l'altra mano sorregge un libro molto voluminoso. Deve essere una storia d'amore molto intricata.

Carmen solleva lo sguardo su di noi.

–Oh, salve! Ho saputo da mia madre che Karol all'inizio rifiuta Harry perché...

La bibliotecaria gli intima di fare silenzio, scacciandolo con un gesto della mano.

–Funziona sempre! Le ho detto che mia mamma sta leggendo il suo stesso romanzo.

–E com'è che si chiama? Ora voglio leggerlo anch'io!

–Non ne sono sicuro, ma mi pare che il titolo sia: "Come innamorarsi di Harry Malkovich". Anzi, no. Forse è: "Come (non) innamorarsi di Harry Malkovich". Il 'non' credo sia tra parentesi.

Sarà il mio prossimo acquisto.

Poi mi trascina verso le ultime file e mi fa scontrare contro una parete di libri, tuffandosi sulle mie labbra alla velocità della luce.

Mi stringe il viso nelle sue mani mentre le sue labbra prendono a giocare con le mie con sempre maggiore intensità.

È tutto così veloce, da togliermi il respiro.

–Ma che ribelle! – mi fingo sorpresa, quando ci separiamo.

Ho le guance bollenti e il cuore che batte al ritmo delle ali di un colibrì.

–Trovate troppo sconveniente ciò che è accaduto, Miss Foster? – stringe il labbro inferiore tra i denti.

– Molto sconveniente, Mr. Morris. Baciare una ragazza a scuola. Non si fa! – scuoto la testa, teatralmente.

–Non una ragazza, ma la mia ragazza, Miss! Non è colpa mia se avete una cattiva influenza su di me.

– Quindi è ufficiale?

– Cosa? – mi guarda negli occhi, mantenendo le sue mani sul mio viso.

– Che sono la tua ragazza e tu sei il mio ragazzo.

–Beh, mi sembra ovvio, no? – solleva le sopracciglia.

–Lo è! Volevo solo sentirtelo dire. – sorrido, riprendendo a baciarlo.

Io, Kathleen Foster, ho ufficialmente un ragazzo.

Lo guardo.

Mi guardo.

Ci guardo insieme e mi sento la ragazza più fortunata del mondo. Ho passato interi anni della mia adolescenza a fantasticare su un idiota che adesso è stato espulso, a dedicargli cornicette di lettere intrecciate, a far finta che la sua leggerezza fosse divertente, a sognare un futuro insieme. Mi chiedo se i miei desideri fossero diventati realtà. Se Chas non avesse cambiato aspetto, se Adam non ci avesse provato con lei, se per chissà quale cattiva sorte io e lui ci fossimo messi insieme. La mia vita sarebbe stata come quella della nonna o della mamma?

Non mi importa. Non esiste e non esisterà mai quel "se" perché la realtà è questa che sto vivendo, che sto toccando con mano giorno dopo giorno. Quella che vede me e questo ragazzo stupendo insieme. A tenerci per mano. A sorriderci tra una pausa e l'altra. A baciarci sulle labbra ad ogni occasione. 

–So come dobbiamo vestirci per il ballo. – mi distrae dai miei pensieri.

–A cosa hai pensato? – gli passo le dita nei capelli neri. Sono morbidi e setosi.

–Possiamo vestirci da George e Mary de "La vita è meravigliosa". Quel film che abbiamo visto nel periodo natalizio. Ricordi?

Annuisco. – Quale scena in particolare?

–Quella successiva a quando cadono nella piscina e in cui George le dice che lei è la più carina della città e che se lei volesse la luna, lui gliela prenderebbe a laccio.

–Ma in quella scena Mary non indossa solo un accappatoio?

–Per questo te l'ho proposta. – solleva ritmicamente le sopracciglia.

–Diventate sempre più sfacciato, Mr. Morris! – gli do un piccolo pugno sulla spalla.

–Con voi lo sarò sempre di più! Mi diverte stuzzicarvi, Miss Foster. – mi fa un occhiolino.

–Ci conto, allora!

Poi mi cinge la vita con un braccio e mi conduce verso l'uscita.

–Aspetta! – mi fermo, trascinandolo per mano verso un'altra corsia.

–Che c'è? – solleva le sopracciglia, sorpreso.

–Citami qualche verso di John Keats.

–Perché? – mantiene le sopracciglia tese verso l'alto.

–Perché la prima volta che andammo insieme in una biblioteca, me lo citasti. Ma quel giorno...

–Mi dicesti anche che ero attraente come un cactus lo è per un palloncino. – finisce per me.

–Già! – sospiro. – Voglio avere un ricordo più felice legato al tuo poeta preferito.

Sorride. – Allora te ne farò due di citazioni. Sono tratte da alcune lettere che John ha scritto per la sua amata Fanny. La prima fa così: "Ti amo ancor di più in quanto credo di esserti piaciuto per quello che sono e null'altro." – mi prende di nuovo il viso tra le mani, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Ti amo.

Non me l'ha ancora detto. Cioè, ora l'ha fatto. Ma la sua è stata solo una citazione. Non che ce ne sia il bisogno. Non è importante che qualcuno ti dica di amarti se lo dimostra con i gesti. Holden mi dice ti amo con gli occhi, con le labbra, con le mani con cui mi scosta i capelli dalla fronte o con cui mi accarezza le guance. E non lo fa solo da questi giorni. Però... mi chiedo cosa proverei se me lo dicesse. Se me lo dicesse come Holden Morris e non come John Keats.

Poi prende a baciarmi le guance.

–E l'altra? – gli stringo la camicia tra le dita, per tenerlo il più vicino possibile.

Mai ho sentito la mia mente riposare con gioia totale e serena su alcuna cosa, su alcuna persona tranne te. Quando sei nella stanza, i miei pensieri non fuggono mai dalla finestra: tutti i miei sensi si concentrano su di te. – poggia le sue labbra sulle mie.

Lo bacio di nuovo, sentendomi incredibilmente felice.

–Comunque ci sto! – gli scocco un ultimo bacio veloce prima di entrare in aula.

–A cosa?

–Ad interpretare Mary!

Il suo sguardo si accende.

–Che cosa vuoi, Kathleen? Puoi dirmelo! Vuoi la luna? Se la vuoi, io la prenderò al laccio per te. Sì, sì, è una buona idea: ti darò la luna, Kathleen. – recita una frase del film, sostituendo il nome della protagonista con il mio.

–Non ricordo la battuta di Mary. – gli bisbiglio all'orecchio.

–Devi dire: "L'accetto. E poi?" – bisbiglia anche lui.

–L'accetto. E poi? – dico allora.

–Si dissolverebbe in te, e infiniti raggi d'argento brillerebbero nei tuoi occhi, nei tuoi capelli, ti inonderebbero di luce e... ho forse parlato troppo? – recita ancora.

Amo come ricordi perfettamente le battute dei film. Ha una memoria pazzesca.

–Tu parli sempre troppo, Holden. – questo non fa parte del film.

La sua risatina si disperde nell'aria.

–Holden.

–Sì? – torna serio.

–La luna puoi lasciarla al suo posto. Per essere meravigliosa la mia vita ha bisogno solo di te.

Sorride.

Lo faccio anch'io.

***

L'ultimo giorno da raccattapalle.

Non ci avrei scommesso un dollaro, eppure mi sento triste, vuota, spenta.

Pensare che qui sia partito tutto tra me e Holden, mi fa salire un magone che mi costringo ad allontanare deglutendo un paio di volte.

È assurdo il modo in cui l'ultimo anno di scuola della propria vita sia quello che passi più in fretta. Come se il tempo sapesse contro quali porte debba bussare più veloce. Per il gioco "Se fosse una persona", il tempo sarebbe un signore con impermeabile e Borsalino in testa, con gli occhi troppo grandi, infossati, simili a palle da golf, e le labbra troppo sottili. Picchierebbe l'indice contro il polso, circondato da un orologio, continuamente. Spalancherebbe gli occhi giganti contro ogni ragazzo in procinto di finire il liceo e gli direbbe di sbrigarsi, che lui, il tempo, non può più aspettare, deve far correre più in fretta le sue lancette.

– Ne hai dimenticato uno.

Mi blocco, con un pallone tra le mani.

– Ah sì? Pensavo che...

Mi volto, sorridendo.

– Oh... Morris, sei tu.–  sto al gioco.

– Scusami, chiaramente ho deluso le tue aspettative.–  ride.

–Nessuna aspettativa delusa, non c'è bisogno di scusarti. Volevo dire che pensavo che tutti i palloni fossero in palestra...

– L'ho trovata negli spogliatoi. Credo sia rotolata via durante la partita. Probabilmente non te ne sei accorta...

–Non me ne sono accorta! – faccio dei passi nella sua direzione. – A volte penso troppo al mio ragazzo.

–Che ragazzo fortunato! – mi prende per mano e mi fa scontrare contro il suo petto.

Ridacchio, baciandolo.

–Vuoi una mano? – chiede, guardandosi attorno.

–No, no. Ho finito. È il mio ultimo giorno!

–Lo è stato anche per me. – mi scompiglia i capelli.

–Già... – mi scappa un sospiro.

–Tutto okay?

–Sono solo un po' triste. – scrollo le spalle.

–Ma se non ti è mai piaciuto fare la raccattapalle! – fa una faccia confusa.

–È così, però... credo che tra tutte le cose, mi mancherà anche stare seduta su quella stupida panchina. Vederti giocare in campo, chiacchierare con Pam e Chas e fare pettegolezzi, aspettare di rimanere soli dopo la partita per parlare di tutto, persino sistemare queste palle pesanti e dure.

La voglia di piangere torna a farsi prepotente.

–Ehi! – mi toglie il pallone tra le mani e mi stringe al suo petto. – Non è mica finito tutto, eh!

–Potrebbe esserlo, invece! Se capiteremo in università diverse, noi... ci vedremo molto meno di quanto facciamo adesso. Io, tu, Pam, Chas, Taylor... cambierà tutto. – abbasso lo sguardo.

Holden mi solleva il mento con l'indice. – Ho già fatto una serie di calcoli. Dall'università di Portland a Princeton ci vogliono poco più di nove ore di treno. Dalla Yale a Princeton ce ne vogliono meno di cinque. Dalla stessa a Portland ce ne vogliono meno di dodici. Per le altre, devo ancora informarmi.

–Sono tantissime... – mugugno, scostandomi dalla sua presa.

–Premettendo che è inutile fasciarci la testa prima di rompercela, dato che apriremo le lettere di amissione solo nel pomeriggio, pensi davvero che la distanza ci allontanerà? Tu e le tue amiche vi volete troppo bene e non permettereste mai che degli stupidi chilometri si frapponessero tra di voi. Idem per me e Taylor.

–E tra me e te? – gli torno di fronte.– Se... capitassimo in università diverse?

–Leen, – mi guarda negli occhi. – pensi davvero che dopo tutto quello che abbiamo attraversato per stare insieme, adesso lasci che la distanza diventi un ostacolo?

Ha la voce ferma e lo sguardo sicuro.

–Non penso che tu lo faresti e nemmeno io, però... sarà diverso, Holden. Non ci vedremo più tutte le mattine, non potremo parlarci occhi negli occhi come adesso, non ci baceremo più, non... – lascio cadere il discorso.

–Hic et nunc. – dice.

Lo guardo interrogativa.

–Non mi era mancato nemmeno un po' il tuo latinorum. – mi scappa un sorrisetto.

–Vuol dire "qui e adesso". – mi accarezza una guancia. – Adesso, ora, in questo preciso istante, siamo insieme, Leen. Il futuro è una grande incognita e non ci sono formule matematiche che possano servire. Te lo giuro. Ne ho letti di libri di matematica in questi anni e no... il futuro è una 'x' che non ha soluzione. – fa un mezzo sorriso. – Però so una cosa.

–Cosa?

–Che nel mio futuro vedo te e me insieme, felici, malgrado ogni naturale ostacolo che la vita potrà metterci di fronte. Non sono stato abbastanza convincente nel farti capire quanto tu sia importante?

–Lo sei anche tu. Sei tanto importante per me, Holden.

–E allora sta' tranquilla. Andrà tutto bene.

Tra le sue braccia, gli credo.

Poche ore dopo, siamo tutti sazi di yogurt e ciambelle.

–Okay, siete pronti?

Ormai le giornate sono più lunghe e per l'occasione abbiamo deciso di stare all'aperto. Di sederci sull'erba, sotto un lampione, e di lasciarci accarezzare la pelle dal vento primaverile.

Tra le mani stringiamo le nostre lettere di ammissione, o di rifiuto, al college. Un pezzo di carta che ha il potere di decidere delle nostre vite. Del nostro futuro.

Tra tutti, Chas mi sembra la più in ansia. La sua voglia di prendere il volo e di lasciare quel nido che troppe volte ha voluto tarparle le ali, è dipinta sul suo volto, ormai privo di quel trucco nero che tanto le stava bene, ma che le nascondeva la delicatezza dei tratti.

Poi ci sono Taylor e Pam, uniti anche, se non di più, in questa circostanza. Si stringono le mani, sperando che l'università che hanno scelto li abbia presi entrambi, per poter continuare a vivere il loro legame anche nei prossimi anni. Quelli più importanti, forse. O forse no. Chi decide quali sono i momenti più importanti della vita? Di certo, però, sono quelli in cui si decreta la propria posizione sociale, il proprio ruolo all'interno di un mondo già costruito, ma che ognuno di noi prova a plasmare a proprio piacimento.

Holden è l'unico più rilassato. Ha un sorriso gigante a piegargli le labbra e negli occhi brilla una sicurezza che lo rende più bello. Così fragile in ciò che riguarda il suo corpo; così forte in ciò che riguarda la sua mente brillante.

Ed infine, io.

Ho paura.

Stringo tre lettere tra le mani: una speditami dalla Portland University; una dalla Yale, e una da Princeton.

A prescindere da come andrà, costruirò il mio posto nel mondo. Deve essere così. Una parte di me bisbiglia Princeton ad ogni angolo della mia testa. È l'università che mi ha suggerito la Parker; quella che ha un ottimo dipartimento di letteratura; quella in cui sicuramente andrà il mio Holden. Quando l'ho visitata per il colloquio ho sentito in qualche modo di appartenerle già.

Ci fissiamo tutti negli occhi per qualche altro secondo, poi con un cenno della testa, apriamo le buste bianche.

Per qualche istante c'è solo il fruscio della carta a spezzare il silenzio. Abbiamo gli occhi puntati sulle lettere, su quelle scritte nere che ci stanno dicendo se nel futuro prossimo occuperemo un posto a cui tanto abbiamo pensato, o se dovremo cambiare i nostri piani.

Finiamo di scrutare affamati le nostre lettere nello stesso momento.

Solleviamo gli sguardi e ci guardiamo. Sorridiamo. Chi in modo più entusiasta, chi in modo più modesto.

–Al mio tre. – dice Pam.

Capiamo subito che quando avrà finito di contare dovremo dire a voce alta in quali università siamo stati presi. O almeno quelle in cui siamo stati presi e in cui vorremo andare.

I secondi volano e così ci troviamo a parlare in sincrono.

–Yale.

–Western Oregon University

–Yale.

–Princeton.

–Princeton.

Rimaniamo di nuovo in silenzio.

–Complimenti agli Ivy Leaguer! – parla Taylor, abbassando subito dopo lo sguardo.

Pam gli si butta tra le braccia, senza dirgli nulla. È l'unico del gruppo che vivrà da solo l'esperienza universitaria.

–Sapevo che sarebbe andata così! – delle dita si intrecciano alle mie.

Holden mi guarda con un luccichio negli occhi che mi fa battere il cuore più veloce.

Andremo a Princeton. Io andrò a Princeton. Non posso crederci.

–Non importa quali strade percorreremo, ragazzi. – mormora Chas, dopo un po'. – Troveremo sempre il modo di farle incontrare.

Sorrido, sentendo una lacrima rigarmi una guancia, seguita poi da un'altra e un'altra ancora.

Fino a pochi mesi fa, noi tre eravamo sicure che saremmo andate al college insieme. Avevamo pensato a Yale. Yale che non ha accettato la mia richiesta. Yale che adesso vedrà solcare i suoi pavimenti da solo due di noi tre.

Anche loro due devono pensare la stessa cosa, perché i nostri occhi si incontrano.

Ci guardiamo in silenzio, scambiandoci dei piccoli sorrisi che valgono più di mille discorsi. Non ne abbiamo bisogno. Sappiamo già.

Holden ha ragione. E in parte ce l'ho anche io. È vero, da oggi cambieranno tante cose. Ma sono certa che niente e nessuno mi terrà lontana da queste ragazze. Dalla loro amicizia calda e sempre presente; dai loro sorrisi avvolgenti; dalle loro risate; dalla voce troppo squillante di Pam; dalla sua passione per il trucco e per i bei vestiti; dai suoi occhiali da sole colorati,; dalla sua forza; dal modo in cui trova sempre il modo di fare la mamma chioccia e di proteggerci; dalla piccola Chas, che tanto piccola adesso non è più; dai suoi capelli rossi che profumano di camomilla; dalle sue lentiggini; dalla sua incredibile forza; dal suo infinito coraggio; dal suo modo di essere sempre la più saggia di noi tre. Dai nostri litigi, i nostri abbracci, i nostri pigiama party. Dalle loro raccomandazioni, i loro consigli, il loro amore incondizionato.

La sola idea che nei prossimi mesi non vivremo più la nostra quotidianità insieme, mi fa male. Io e Pam ci conosciamo dai tempi dell'asilo. Come trio, invece, ci siamo conosciute che eravamo delle ragazzine problematiche, pelle, ossa e troppe fantasie per la testa. Adesso saremo costrette a dirci 'arrivederci!' e a farlo da piccole donne, sempre problematiche, sempre con troppe fantasie per la testa forse, ma più consapevoli, senza alcun'ombra di dubbio, di quello che siamo, di quello che vogliamo.

Mi mancheranno.

Tremendamente.

Totalmente.

–Ha ragione, Chas! – Taylor scosta leggermente da sé Pam. – Non importa dove andremo. Siamo amici e siamo tutti uniti da qualcosa di forte.

Prende la bottiglia di aranciata alle sue spalle e riempie un bicchiere di carta, sollevandolo nella nostra direzione, ricordando davvero tanto Leonardo Di Caprio nei panni di Jack Dawson nella famosa scena in cui solleva il calice di champagne davanti a sé.

Holden mi cinge le spalle con un braccio, sorridendomi.

La sola idea che frequenteremo lo stesso college mi fa scoppiare il cuore dalla felicità più estrema.

                                                                         ***

Siamo a maggio, ho da poco compiuto diciotto anni e il vagone su cui noi diplomandi viaggiamo sembra sfrecciare alla velocità della luce.

C'è la cerimonia di premiazione, la consegna dei diplomi e il ballo di fine anno.

La mamma e Bob, mano nella mano, mi guardano emozionati. La nonna mi saluta mandandomi dei baci volanti con il suo solito savoir–faire elegante. Tutti hanno gli occhi pieni di lacrime quando mi stringono tra le loro braccia per congratularsi.

Sono orgogliosi di me. Io sono felice.

Ho tagliato il primo di tanti traguardi che spero la vita mi darà modo di raggiungere e sono circondata da chi mi vuole bene. Sono fortunata.

Durante il ballo, con il mio vestito festoso chiuso da un accappatoio, e i capelli pettinati in modo tale da ricordare quelli della bellissima Donna Reed, non posso fare a meno di fotografare con gli occhi ogni centimetro della mia scuola.

Queste pareti sono imbevute dei miei sogni, delle mie speranze, delle mie illusioni, delle mie paure, della mia disperazione quando un brutto voto mi faceva sentire un'incapace, della tristezza quando ripensavo a mio padre, del mio infinito orgoglio quando Miss Parker mi guardava come se per lei fossi davvero la più brava di tutti. Le immagini della Kat che piange, che ride, che si imbarazza, che si emoziona per le sue prime "A" in matematica, che scarabocchia i quaderni e che odiava il cibo della mensa si affiancano le une alle altre, formando un collage di ricordi che porterò sempre nel mio petto.

Osservo poi il ciondolo a forma di cuore che il mio Holden mi ha regalato per il mio diciottesimo compleanno. Luccica insieme a quello del libro e di Elizabeth e Mr. Darcy sotto le tante luci della palestra.

Tutto è un tripudio di colori, vestiti eleganti, tacchi alti e lustrini. Chas balla stretta nelle braccia di Tony, quel ragazzo spagnolo che l'ha conquistata con un solo sguardo e che le ha promesso di non lasciarla andare. Pam bacia Taylor, dandogli quell'amore intenso che li terrà insieme anche se saranno lontani.

–Non devo dirti di nuovo qualche frase in latino per farti sorridere, vero?

Holden.

Il mio splendido, meraviglioso, bellissimo Holden.

È vestito come James Stewart nei panni di George Bailey ed è così bello da togliermi il respiro.

Faccio di 'no' con la testa, stringendomi al suo petto. Andremo al college insieme. Non riesco ancora a crederci.

D'improvviso iniziano a scorrermi nella mente una serie di immagini, simili a fotogrammi. Ripenso ai suoi primi approcci, ai suoi modi di fare che tanto mi infastidivano ma che in qualche modo già mi intenerivano, più di quanto volessi ammettere. Ricordo quando scoprii che era il fratello di Phoebe, le giornate trascorse a lavorare su "Orgoglio e Pregiudizio", alla sua gentilezza anche quando una definizione non voleva proprio entrarmi in testa, ai suoi sorrisi quando Miss Parker gli diceva che stava diventando un vero portento in letteratura.

Stiamo insieme da pochi mesi, ma sono stati senza alcun dubbio i più belli della mia giovane vita.

–Sai, pensavo a una cosa. – spezzo il silenzio.

–A cosa? – sembra curioso.

–Pensavo che nella nostra rivisitazione di "Orgoglio e Pregiudizio", abbiamo decritto tre finali. Nel terzo è Elizabeth a tornare da Darcy e a fare il primo passo. Il primo passo dopo il rifiuto di lei, si intende.

–Vero! E quindi?

–E quindi... ho pensato che anche per noi due sia stato così. Sono io che, dopo aver capito i miei sbagli, sono tornata da te.

Mi stringe più vicino a sé.

–Vorrà dire che siamo gli Elizabeth e i Mr. Darcy della situazione.

–Mi piace!

–Anche a me.

Sorrido.

–Andiamo fuori, ti va?

Annuisco, stringendo la mia mano alla sua.

Mi conduce al gazebo che hanno montato vicino al campo di atletica. È tutto così bello che sembra uscito direttamente da Pinterest. Lucine e fiori colorati lo rendono uno scenario da sogno.

–Mi concedete questo ballo, Miss Foster? – Holden, un braccio dietro la schiena e l'altro teso verso di me, fa un inchino nella mia direzione.

Si cala bene nei panni del Mr. Darcy della situazione.

–Solo perché siete voi, Mr. Morris. – ricambio l'inchino, sollevando i lembi del mio accappatoio e prendendogli la mano.

Poi balliamo, dondolandoci dapprima lenti, al ritmo di una canzone anni '50 che tanto si abbina ai nostri costumi. Ci mettiamo poco a rendere i nostri movimenti più frenetici.

Mi fa girare su me sé stessa. Quando gli torno di fronte, al terzo giro, mi guarda felice.

–Ciao. – mi dice.

–Ciao. – rispondo, ricambiando il sorriso.

Mi coglie di sorpresa quando le sue mani si fermano sul laccio che tiene legato il mio accappatoio.

–Che stai facendo? – gli domando.

–Niente. – fa un sorriso sornione.

Il suo 'niente' consiste nello sciogliere il fiocco che mi tiene coperta. Malgrado sotto abbia il mio vestitino, i suoi movimenti lenti e precisi, uniti ai suoi occhi fissi nei miei, mi fanno venire la pelle d'oca. Holden ha lo straordinario potere di accendere ogni parte di me semplicemente sfiorandomi. La sensualità dei suoi sguardi e l'eleganza dei suoi gesti compiuti dalle sue mani marmoree mi scuotono nel profondo, mandando a fuoco il mio intero essere. Il calore delle sue dita attraversa il tessuto del mio corpetto quando si pongono sulla mia vita, avvicinandomi a sé, petto contro petto.

Holden è tante cose.

È intelligenza. È dolcezza. È tenerezza. È malizia. È passione. È furbizia. È amore.

Prima che ci mettessimo insieme non avevo mai pensato a come sarebbe stato essergli accanto, essere la sua ragazza. In generale, non avevo idea di cosa significasse essere di qualcuno. Giorno dopo giorno, però, lui mi ha dimostrato che non occorre un manuale per queste cose. Tutto succede in modo spontaneo. Ci basta la reciproca vicinanza per essere felici e non desiderare null'altro.

–Ti ho già detto che sei bellissima? – dice, ad un soffio dal mio viso.

–Solo cinque volte, nell'ultima ora. – gli passo le dita nei capelli. Ho scoperto che mi piace troppo farlo.

–Male! Dobbiamo arrivare almeno a cinquanta entro la fine della serata.

–Inizio a contare.

Si mette a ridere.

–Anche tu non sei male questa sera. – continuo.

–Solo? Mi hai già detto che sono un gran figo al pari di James Stewart, non puoi più ritrattare.

–Ah no?

–Vuoi ritrattare?

Scuoto la testa. – Sei più di un gran figo, Holden.

Sorride, avvicinando le mie mani alle sue labbra e baciandone i dorsi. Chiudo gli occhi.

–Ho ricevuto la risposta alla mia lettera da Malia.

Li riapro. Non posso farci niente. Appena sento il suo nome una piccola parte di me continua ad irrigidirsi.

–Ce ne ha messo di tempo! – osservo.

–Ce ne ho messo anch'io per scriverle. Mi ha mandato due lettere. Una è stata spedita nello stesso periodo in cui le ho inviato la mia.

–Beh? Cosa ti ha scritto?

–Nella prima lettera mi ha scritto qualcosa di molto simile a quello che le ho scritto io. Si è scusata per il... – abbassa lo sguardo. – bacio e per il nostro successivo litigio.

–E nella seconda? – lo guardo.

–Mi ha scritto che sono sempre il solito perché non c'era bisogno che mi scusassi. Poi si è congratulata per... per la mia felicità con te e...

–E? – lo incito ad andare avanti.

–Ha lasciato un "P.S" per te.

–Ah sì? – allargo gli occhi, sorpresa.

–Ha scritto che deve delle scuse anche a te e che d'ora in poi ti lascerà sempre la porta aperta perché non ha alcun diritto di tenerti fuori. Ne sai qualcosa? È un messaggio in codice? A proposito, mi racconterai mai quello che è successo tra voi due?

Ripenso subito al dialogo che avemmo quella giornata in cui andammo alla casa–famiglia.

–Tranquillo, non c'è nulla da raccontare! È una cosa nostra. Sono contenta abbia scritto anche a me. In questi giorni voglio ricambiare. – sorrido.

Annuisce, tenendomi sempre stretta a sé.

–Va bene! Comunque, - si schiarisce la voce. - credo che tu abbia qualcosa nelle tasche.

Aggrotto la fronte, confusa.

–Ti sbagli, non ho nulla! Ho controllato che fossero vuote prima di indossarlo. Sai, mia mamma si dimentica sempre dei dischetti struccanti. – ridacchio.

–Fidati! Qualcosa c'è.

Dal luccichio nei suoi occhi grigi capisco che abbia combinato qualcosa.

Scosto la mano dal suo petto.

–Quale tasca? – gli chiedo.

–Credo la sinistra. Quella in direzione del cuore. – mi fa un occhiolino.

Sorrido, infilando con lentezza la mano nella tasca che mi ha detto.

Ci metto qualche secondo a sentire qualcosa di piccolo e duro sfiorarmi i polpastrelli.

Poi lo stringo tra le dita e lo tiro fuori.

–Ma questo è l'anello... quello... – quasi boccheggio, osservandolo sul palmo della mia mano.

–Quello che ti ho comprato il giorno in cui mi sono dichiarato e che si era rotto. – continua per me.

Me n'ero quasi dimenticata.

Lo guardo con gli occhi sgranati, osservando la cura maniacale con cui Holden ha incollato ogni pezzo del cuoricino e della fascetta.

–Mi spiace se ci ho messo tanto tempo per ripararlo, ma alcuni pezzi ho dovuto recuperarli da un anello di Phoebe. A proposito, se dovesse chiederti se sai qualcosa del suo anello azzurro, tu menti. Dille che qualche fatina l'ha preso in prestito.

Sorrido. – Sarà fatto! – prometto.

–Purtroppo, adesso non è più regolabile, perciò spero ti entri senza problemi.

Lo prende dalle mie mani e prova ad infilarmelo all'anulare sinistro.

Scivola alla perfezione, abbracciando delicatamente il mio dito.

Sarà anche un anello giocattolo, ma vale più di qualsiasi gioiello costoso.

–È bellissimo. – dico, senza smettere di guardare il luccichio che emanano le linee dei contorni di quei piccoli pezzi che fino a qualche mese fa versavano distrutti sulla mia scrivania.

Adesso sembra un piccolo mosaico. Pieno di crepe, imperfetto, dai contorni sbeccati. Ma è qui. Forte, nonostante ogni rottura. Proprio come chi me l'ha regalato. Proprio come noi.

–Sono contento che ti piaccia! Avevo paura che l'effetto finale fosse alquanto scadente. Non è stato facile incollare i pezzi più piccoli.

Me lo immagino seduto alla sua scrivania, stanco dopo il lavoro e dopo i compiti, chino su frammenti di plastica microscopici con solo la luce di una lampada. Nella stessa identica posizione in cui immagino mi abbia preparato tutti gli appunti di matematica, settimana dopo settimana.

–Grazie. – gli getto le braccia al collo, ispirando a fondo il suo profumo di bucato e di shampoo per bambini.

–Per così poco. – ride contro la mia pelle, stringendomi forte.

–Non solo per l'anello. Per tutto, Holden. Per essere entrato nella mia vita. Per non avermi lasciato perdere quando lo avrei meritato. Per essere semplicemente te stesso.

Rimane in silenzio per qualche istante di troppo, preoccupandomi che possa aver detto qualcosa di sbagliato.

Sto per aggiungere altro, ma mi precede.

–Ti amo, Leen. – dice.

Lo fa con la sua solita spontaneità. In modo puro, semplice e genuino.

Sussulto, colta di sprovvista. Le farfalle nel mio stomaco fanno delle capriole.

–Davvero? – è l'unica cosa intelligente che riesco a dire.

Cosa? – si scosta da me, confuso. – Certo che sì. Non mi credi? – corruccia la fronte.

–No... cioè sì, sì, ovvio che ti creda. – farfuglio. – Solo che... non me l'avevi mai detto. – confesso.

Sgrana per un momento gli occhi, quasi sorpreso. – Sul serio?

Annuisco.

–Ma se ogni volta che ti vedo penso che ti amo da diventarci matto! Com'è possibile non te l'abbia mai detto?

Scrollo le spalle, sorridendo.

–Allora dovrò recuperare! Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti a...

Lo fermo, posando la mia bocca sulla sua.

–Ti amo anch'io, Holden. Da diventarci matta. – mi allontano, riprendendo la sua frase.

–E così sono davvero riuscito a farti innamorare di me!

–Ci sei riuscito. Sono innamorata di te, Holden.

Annuisce, sollevando gli angoli della bocca.

–Ti sei innamorata di me, ti sei innamorata di me... – inizia a cantilenare, allungando le 'e'.

Ormai ho imparato a leggere i suoi occhi. Da quando mi ha lasciato indossare i suoi calzini più brutti, sembrano ancora più chiari. Quasi privi di quelle nuvole che è sempre stato bravo a nascondere. Adesso è sereno. Proprio come me. Credo anch'io di avere gli occhi più chiari. Certo, il passato non si cancella, ma come mi ha ricordato in più occasioni quello che conta è l'oggi, il presente. Stiamo insieme. Siamo uniti. E sappiamo di poter contare l'uno sull'altra. E viceversa.

–Ora non ti montare la testa. – picchietto con l'indice contro il suo petto.

–Oh, sì che me la monto! Me lo merito. – gonfia il petto.

–Te lo concedo.

–Bene. – gongola, facendo un sorriso soddisfatto.

–Bene. – ripeto.

Ci sorridiamo.

–E adesso? – continuo.

–Cosa?

–Dico, e adesso che facciamo?

–Intendi in questo momento o nel futuro prossimo?

–In entrambi.

–Domanda difficile. – fa un'espressione pensierosa. – Ci sono!

–Sono tutta orecchi.

–In entrambi propongo di baciarci verso l'infinito e oltre. E poi...

–Uh, utilizzi anche tu questa frase? Io la uso sempre quando parlo del Signor Shirley, il nostro vicino. Sai, lui ristruttura casa sua ogni giorno. Adoro questa frase perché "Toy Story" è il mio cartone preferito e...

–Ma da quando parli così tanto, tu? – è il suo turno di bloccarmi, inarcando un sopracciglio.

–Da quando sto con te. – gli rispondo, ridacchiando.

–Ah.

–Già. E poi?

–E poi... cosa?

–Prima stavi dicendo, – mi schiarisco la voce, provando ad imitare la sua. – in entrambi propongo di baciarci verso l'infinito e oltre e poi... poi ti sei interrotto. – torno alla mia voce.

–Ah, sì. E poi propongo di essere felici. Totalmente, incondizionatamente. Ci stai?

Lo guardo negli occhi, facendo vagare le mie pupille nelle sue.

–Ci sto.

–Bene. – ripete.

–Bene.

Poi iniziamo a mettere in pratica il primo proposito. D'altronde dovremo pur cominciare da qualcosa.

Per il secondo ci impegneremo ogni giorno per concretizzarlo.

Essere felice.

Totalmente. Incondizionatamente.

Essere felice insieme ad Holden Morris.

In ogni luogo. In ogni tempo.

Non sarà affatto difficile.




Non poteva mancare la pagina di diario finale ❤️

Per questo angolino, non mi dilungo.

Voglio dedicare un capitolo a parte per salutarvi e ringraziarvi come si deve, dato tutto il supporto e la dolcezza che avete riservato a me e alla mia storia.

Nel frattempo, dirò solo una cosa: grazie, di vero cuore!❤️

Rob

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