Epilogo
Angolo dell'autore:
Questa volta il mio angolo lo metto qui in cima. Non perchè questa avventura sia finita e neppure perchè non ci saranno altri romanzi per voi (ne ho tanti in mente, qualcuno direbbe anche troppi).
Volevo semplicemente ringraziarvi dal più profondo del mio cuore perchè, anche se capisco perfettamente i motivi per i quali questo libro non avrà il successo di pubblico di One, "Come mondi opposti" è un opera che meglio si avvicina a ciò è davvero la mia passione, pur sapendo di essere davvero lontano dalla perfezione . Per questo, tutte le lettrici di questo libro, tutte coloro che lo hanno apprezzato meritano il mio più sincero grazie, perchè apprezzando lui avete onorato me.
Ma ora bando alla ciance. Vi lascio all'ultimo capitolo di questo libro sperando possiate apprezzarlo più di quanto faccia io stesso.
Al prossimo romanzo.
« Si pregano i signori viaggiatori di allacciare le cinture di sicurezza e prepararsi per l'atterraggio. »
Odio questa parte.
Non c'è l'adrenalina del decollo, quando le turbine vanno su di giri, quando i cartelli lungo la pista sfrecciano verso la coda,quando ti senti schiacciare al sedile e senti il cuore in gola...
No.
Ora sento solo ansia, tanta ansia. Perché quando atterrerò tutto sarà più reale. Perché l'aereo che vibra, le manovre per centrare la pista, il tonfo delle ruote sull'asfalto e le mie preghiere affinchè questo coso si fermi senza schiantarsi vogliono dire solo una cosa: casa sotto i miei piedi, il mare difronte a me e Luke più vicino.
E non posso far altro che pensare a quanto il decollo assomigli alla vita che facevo qui da ragazzina e l'atterraggio, o forse "schianto" invece, al disastro che ho creato.
Ma continuo a chiedermelo: io, al posto suo, cosa avrei fatto? Avrei davvero messo una pietra sopra a tutto e dimenticato chela ragazza che amavo, al primo: "Vai via!", se ne era andata veramente?
Mi rispondo che no, non avrei mai perdonato! Mi rispondo... prima di sentirmi una merda.
Dio, che stupida sono stata! E lo sapevo in fondo. Sapevo che mi allontanava solo per non farmi soffrire. Stupida, giovane, innamorata ed arrabbiata: nulla di più pericoloso.
Già, ma poi non l'ho neppure cercato. E Dio solo sa se l'ho pensato, se ho pregato qualcuno in cui non credevo nemmeno più, pregato che Luke stesse bene... e io cosa faccio appena lo incontro dopo dieci anni? Lo accuso! Come se non avesse già sofferto abbastanza.
Stupida, giovane, innamorata ed arrabbiata... forse non sono cambiata poi cosi tanto.
Mi ritrovo in un taxi accorgendomi di quanto i miei pensieri mi trasportino più di qualsiasi scala mobile.
« Dennis Port, grazie! »
Neppure una parola. L'auto si muove ed io mi sorprendo di come sono cambiata. Un tempo avrei adorato questo taciturno autista indiano, che ingrana la marcia e parte. Ora mi domando: dovrei iniziare io una conversazione?
Ma per dire cosa?
"Sa, sto andando a Dennis Port. Voglio impedire un matrimonio che non so neppure dove si celebri. In realtà, ho lasciato lo sposo dieci anni fa alle prese con un tumore al cervello ma io me ne sono fregata ed ora vado a rovinargli la vita, di nuovo!"... forse è meglio stare zitti.
«Signorina!» mi chiama il taxista. Cavolo, devo aver pensato ad alta voce.
« S... si?»
« Volevo avvertirla che troveremo un po'di traffico per entrare a Dennis Port. A quanto ho sentito oggi si sposa una persona molto influente del paese.»
« Luke! »
«Lo conosce? »
« Mi ci porti ! »
Il taxi sgomma via lasciandomi a qualche isolato di distanza. Già da qui vedo le prime macchine parcheggiate lungo la Ocean. Il sole è già alto e cancella qualsiasi ombra gli alberi creino sulla strada.Donne eleganti mi superano accompagnate dal suono dei tacchi sull'asfalto e dei mariti che intimano loro di non fare più tardi di quanto già non sia.
Io,invece, non ho nessuno che mi intimi di correre. Anzi, qualcosa mi suggerisce di rallentare. Io che mi sono vestita come meglio potevo ma che ho dovuto affrontare un viaggio che, anche se non ho uno specchio, so mi ha provata più di quanto sento.
Infondo alla strada, davanti a casa McLoud, un parcheggiatore ingaggiato dagli sposi riceve le macchine mentre gli invitati corrono rapidamente dentro.
Ma io rimango immobile. Mi chiedo cosa ci faccio qui, con quale diritto dovrei entrare in quella casa dove forse è già troppo tardi, con quale diritto dovrei andare da lui e dirgli parole che non ho ancora studiato, ma che in realtà so da una vita.
Eppure Dio solo sa quanto vorrei.
Sento però di non meritarmelo. Sento che stavolta la Beverly della situazione sarei davvero io. Rovinare un rapporto, cercare di rubare un uomo ad una donna che, con ogni probabilità, lo merita molto più di me.
E allora, se lo facessi dove sarebbe la differenza? Quale sarebbe il punto di svolta? Dov'è Brianna se mostro ancora solo Beverly?
Mi sento osservata dalla mia coscienza che mi suggerisce che, sì questa è casa mia ma non è ne il luogo ne tempo giusto dove essere. Mi dice che ho fatto un viaggio a vuoto, che tutto ciò che sono si dimostra adesso e, se è vero che non sono più la donna che ero a New York, ora non resta che una cosa da fare.
Un altro luogo mi attende.
Giro i tacchi che non ho e compio il primo passo verso Brianna, verso me stessa e lamia rinascita, ma lontana da lui.
Lo rifarei? Avrò preso la decisione giusta?
Temo siano già domande che mi porrò spesso in futuro. Ma ora sono qui: un trolley riempito in tutta fretta e del quale non ricordo neppure il contenuto, delle ballerine per nulla adatte ad un matrimonio ed un vestito troppo leggero per questo vento che soffia dal mare.
Me ne ero dimenticata.
Profumi e carezze che ora la mia pelle ricorda mentre guardo il sole scaldarsi sempre più iniziando la sua discesa.
Ho fatto un giro per il paese. Facce sconosciute, facce conosciute, tutte comunque ignare di chi io sia.
Sono passata davanti a quella che una volta chiamavo casa. Ora ci abita un nuovo inquilino. È un reverendo alto,sulla settantina, afroamericano, calza degli occhiali squadrati con la montatura di tartaruga. Quando mi ha scoperta intenta ad osservarlo, ha chiuso il libro che stava leggendo e chiesto se lo cercavo per confessarmi.
Ironico.
È un qualcosa che dovrò fare prima o poi e che richiederà del tempo... tanto tempo.
Gli ho risposto di no, che ero di passaggio e guardavo semplicemente la chiesa. Gentile, mi ha offerto un tè. Ho rifiutato anche quello. Ho avuto paura ad entrare nuovamente in quella casa. Esistono fantasmi con cui dovrò ancora combattere.
Quando mi sono rimessa in cammino, un uomo camminava lungo il mio stesso lato della strada.
In rumore delle ruote del trolley, una macchina che transitava.
Ecco cosa ricordo del mio incontro con Toby.
Guardava a terra, perso nella sua stessa ombra. Ha alzato lo sguardo verso di me. Dio, com'è cambiato. Si è fatto crescere la barba e ora gli arriva oltre il pomo d'Adamo. Ha iniziato ad indossare gli occhiali e forse per questo ho notato i suoi occhi.
Non credo mi abbia riconosciuta. Eppure, quando mi ha sfilato vicino, ho visto il suo sguardo seguirmi, il suo volto muoversi e sentirlo anche una volta alle mie spalle. La fronte corrucciata, gli occhi socchiusi e la voglia di dire un nome.
Ma forse mi sbaglio.
Difficile riconoscermi. Ho cambiato tutto di me. E me ne vergogno.
Per questo non l'ho fermato, per questo non sono entrata in casa, per questo ho lasciato il matrimonio. Perché solo ora mi accorgo che il mio voltare pagina è stato solo infilare la testa sotto la sabbia. È stato arrendersi al pensiero che ogni uomo nella mia vita mi avrebbe solo ferita più del precedente o abbandonata più rapidamente. Per questo, prima "dell'inevitabile", ho preferito abbandonare.
Ma non si può scappare in eterno ed alla fine si ritorna sempre al punto di partenza.
Come adesso, il momento in cui penso se le rovine del faro di fronte a me meritino una mia ultima visita.
E trovo ogni scusa: dalla sabbia nelle scarpe alla trolley che affonderebbe.
Eppure merita un addio, lui, forse l'unico a non avermi mai tradita.
Come previsto affondo. Una fitta e secca erba cresce ancora in cima alle dune. Se non altro alcune cose non cambiano. A fatica lascio le mie impronte prima che il vento le cancelli e raggiungo la porta, ancora più logora di come la ricordassi.
Cigola ancora. I cardini, appena fissati al muro,escono dalla loro sede inclinando la porta verso destra.
Forse sarà stata la mia assenza. Di tanto in tanto, mi ricordo, ho fissato qualche doga della scala con dei chiodi o avvitato le viti arrugginite della porta. Ma la mia lontananza ha provato entrambi.
Mio vecchio amico. Accarezzo le sue pareti osservando che l'interno è stato bene protetto dalle mura. Qualche nido di gabbiano in più tra le fenditure delle pareti, qualche raggio di sole che si insinua tra i mattoni. E pensare che ti parlavo. Sì, come un'anziana fa col suo gatto sperando, o forse no, in una qualche reazione.
Ma tu l'hai avuta. Mi hai protetta finché hai potuto. Mi hai dato un luogo dove nascondermi, un posto nostro dove non solo i gabbiani hanno potuto costruire qualcosa.
Come una scema, giro su me stessa guardando l'intonaco azzurro scrostato del tetto aggrapparsi a brandelli combattendo un'inarrestabile forza di gravità.
Ancora cigolii mentre salgo le scale. È una vita che non li ascoltavo ed è come una folla di bambini che mi danno il ben tornata a casa.
La mano corre lungo il legno. Non mi importa se rischio una scheggia nel dito. Voglio sentirlo un ultima volta prima di tornare indietro.
Una leggera brezza si incanala dalla cime delle scale. La attraverso come si farebbe con una cascata.
E la luce mi invade. Il suo calore mi penetra la pelle ricordandomi che qui ha avuto inizio e qui finirà.
Quando i miei occhi si abituano qualcosa mi dice che la fine non è poi cosi diversa dal principio.
« Ricordi? » mi chiede. «Eri qui. Posavi la mano destra esattamente qui, dove il vetro manca,e premevi la fronte contro questo, l'unico vetro ancora integro. Non penso mi vedesti. Ma io ero qui sotto. Pensavo alla mia vita, a quanto questo paese valesse le pene che stavo soffrendo... e quanto tu le valessi.
Sai, ho imparato che quando sei incollato ad un letto e le azioni non possono parlare al posto tuo, l'unico modo è muovere questa cosa che ho in faccia e parlare. Col senno di poi,avrei dovuto imparare a farlo prima. Ci saremmo risparmiati anni di lontananza, di pensieri, di rimpianti... ma i pianti, quelli no.Quelli sarebbero solo raddoppiati o forse triplicati. Per questo non mi pento di averti allontanata, pur sapendo che mai e poi mai avrei dovuto decidere al posto tuo.
Ciò di cui mi pento è essere stato tanto cieco da tergiversare quando potevo tagliare ogni ponte con la mia vita di prima, aver atteso anni prima di rivolgerti la parola. Una parola che, mi sono chiesto un milione di volte, avrei avuto mai il coraggio di pronunciare se quel foglio, quel giorno, non mi fosse caduto tra le mani.
Mi piace pensare che sì, avrei avutola forza di dirti ciò che pensavo, ciò che provavo, dirti che le nostre vite erano sprecate lontane una dall'altra, che nulla di ciò che avrei fatto nel futuro avrebbe avuto un senso senza di te, che ogni singolo istante è un istante perso se non lo respiro con te.
E non ho sbagliato.
Parlo al presente perché il tuo ricordo, più di ogni chemio, più di ogni terapia sperimentale... tu mi hai tenuto in vita. Nonostante l'impossibilità, nonostante la probabilità, io ho sperato di rivederti un giorno, quando avrei finalmente trovato le parole per dirti che nulla è cambiato e che il tempo, per una volta, non ci ha divisi ma semplicemente uniti. »
Avvolto dalla luce mentre il sole, intimidito, si nasconde dietro lui. Una luce alla quale nessuna si sarebbe mai potuta abituare,qualcosa di nuovo eppure familiare. Il ricordo di un suono, di un odore, di un sapore.
« Luke... il tuo matrimonio... »
« Come posso? » chiese guardando la fede sul palmo della sua mano. « Ma soprattutto, perché? Continuiamo a rincorrerci, a scontrarci, a perderci ma alla fine tutto si riduce a questo. Questo luogo, questo oggetto. Ricordi? Esattamente dieci anni fa, eravamo qui fuori ed io stringevo un anello simile a questo. »
« Ma era diverso... »
«No, Bry. Non lo era. Era una scelta. Bianco o nero, senza vie dimezzo. E non ebbi alcun dubbio. Scelsi te quella volta... »
« E stavolta? »
Lo guardo gettare quella fede lontano, oltre la vetrata, oltre la riva. Lo vedo osservarla mentre il mare la inghiotte insieme alle mie ultime barriere. Lo osservo rinunciare a tutto il suo passato tranne che a me.
« Ricordi cosa ti dissi?»
La fine, l'inizio. Nessuna differenza.
« Mai, se non con te. »
© Giulio Cerruti (The_last_romantic)
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