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4 - Fragile

«Quel coglione non risponde neanche alle chiamate» Tommaso allontanò il telefono dall'orecchio quando la voce robotica si fece sentire.

Lucio nel frattempo aveva abbassato il volume della musica, fungeva da sottofondo alle loro chiacchiere e imprecazioni.

«Cugino, lo sai perché non risponde...» lo ammonì.

«Se tra mezz'ora non arriva ce ne andiamo, non ho intenzione di aspettare ancora».

«Ma dove vuoi andare che sei ubriaco!» Michele rise, anch'egli rosso in volto dall'alcol.

«Ce ne andiamo con i motori, compare». Pareva serio, ma era palesemente alticcio: gli occhi lo dimostravano.

«Oh Tommaso, assettiti!» esclamò divertito Lapo.

Lo ignorò.

«Ma poi dico io,» sbuffò e si sedette colto da un leggero capogiro «é il suo compleanno. Almeno oggi avrebbe potuto evitare!»

La discussione cadde, troppo ubriachi quasi tutti per sorreggerla.

Lapo finì per ignorare le loro chiacchiere, la sua attenzione era totalmente rivolta a Desiderata, la giovane invece aveva la mente ad altro.

Prima di tornare in Paese, aveva ricevuto una chiamata da parte di Veronica, unica amica sua d'infanzia; le parole che lei le rivolse furono batoste per Desiderata, che già sofferente, veniva schiaffeggiata dal menefreghismo dell'amica.

«Quando torni?» chiedeva la voce dall'altro lato del telefono.

«Non so se torno» Desiderata era affacciata alla finestra da cui si poteva ammirare il verde della pianura e il cielo sereno che quell'estate donava. Le sue unghie, tuttavia, a infrangere quel dolce dipinto, affondavano nel palmo della mano pronte a nascondere nelle carni il dolore.

«Avevi detto saresti tornata oggi...» rispose incredula Veronica.

«È vero. Mi hai dato buca qualche giorno fa, ricordi? Non ho motivo di tornare». Il volto di Desiderata era inchiodato su una collina e da lì non si muoveva. Gli occhi erano immobili e lei pareva disconnessa dalla realtà.

Sarebbe tornata anche per lei, ma, lei, improvvisamente aveva cambiato i suoi piani: l'aveva di nuovo messa al secondo posto.

«Torna, Pippo compie gli anni, mi ha detto che ti ha invitato alla stappata», sospirò.

«Non so se torno. Nel caso in cui dovessi farlo, non so chi potrebbe accompagnarmi alle ventitré e trenta di sera al lungomare. Lo chiamerò domani e gli farò gli auguri» la voce di Desiderata era un gelo composto pronto a nascondere le lacrime dovute al pungo che Veronica le stava sganciando nel petto.

«Gian non ha posti in macchina, non possiamo portare anche te», le aveva risposto.

«Nella macchina non ci entri e poi non so nemmeno se ci andiamo, io e Gian, alla stappata», aveva continuato, come a giustificarsi.

«Come non andate? Tu e io non dovevamo vederci? Eravamo rimaste che appena tornavo ci saremmo viste, è da mesi che non torno Vero... Adesso questa novità del compleanno... Pensavo ci saremmo incontrate là almeno...»
«Un passaggio lo trovi. Poi non so se devo andare a casa sua, se ci porta sua mamma o la mia o se andiamo con la sua macchina...» erano tutte cazzate e lo sapevano bene entrambe.

«Non ti preoccupare, se tornerò, farò in modo di esserci» chiuse così la chiamata Desiderata.

La voce di quella ragazza la feriva, il suo disinteresse era il male che le faceva: quello era il potere che suo malgrado aveva.

Erano anni ormai che pensava solo a se stessa, la giovane ne era stanca e delusa.

La ragazza quindi tornò, ma non per lei.

A mezzanotte di quella sera, si trovava in un garage logoro, con gente ubriaca che non conosceva, ad aspettare un ragazzo che probabilmente non sarebbe arrivato e che non le avrebbe permesso di passare da Pippo entro la mezzanotte. Era uscita con quei ragazzi solo per riuscire ad andare a quella stupida stappata e per dimostrare a se stessa e alla sua amica (Come avrebbe dovuto definirla, poi?) che non aveva bisogno di lei. Si sentiva sperduta e stupida per aver dato agio alla rabbia e all'orgoglio al fine di fare uno spregio a lei, che però forse - ancora non poteva affermarlo -, le si stava rivoltando contro.

Tra gli schiamazzi dovuti al divertimento e il nervosismo incitato dal ritardo dell'amico dei giovani, Desiderata chiamò Veronica.

Uscì dal garage e fece partire la chiamata.

«Pronto? Dove sei?» le aveva risposto l'amica.

«Sono in paese, ma non riesco a venire. Sono con dei conoscenti, sono tutti ubriachi. Stiamo aspettando arrivi un loro amico con la macchina per arrivare al locale. Mi senti? Non credo di farcela in tempo. Fai gli auguri a Pippo da parte mia. Hai capitolo? Lo chiamo domani, digli», spiegò Desiderata cercando di farsi sentire: Veronica era immersa nella musica assordante.

«Va bene, okay, ho capito, glielo dico. Ciao», disse, e Desiderata chiuse la chiamata.

A stravolgere la giornata di Alexander non era stato proprio un bel nulla.

Il sole stava calando, la solita Mustang nera era parcheggiata al molo e lui se ne stava seduto lì dentro con il volto corrucciato, le gambe divaricate e una mano posta fuori dal finestrino pronto a bearsi la quiete del luogo. In lontananza s'udivano solo le voci dei pescatori che sui loro pescherecci si dirigevano al largo.

Stava ammirando la forma dell'acqua che la corrente continuava a creare, quando il telefono squillò.

Si passò una mano tra i capelli scuri e buttò un sospiro prima di prendere la chiamata.

«Dimmi», rispose.

«Ciao Ander, come stai?» chiese cercando suo malgrado di ottenere entusiasmo da parte sua. Ottenne indietro solo il disinteresse che lei gli aveva donato.

«Sto bene».

«Non mi chiedi come sto?» chiese la ragazza.

«M'importa, Anna?» Alexander mise da parte quello che credeva fosse amore, a rispondere fu quindi la rabbia che prima o poi sarebbe dovuta uscire da quel corpo immacolato: stava uscendo in quel momento, celata però dalla sua solita freddezza.

Aveva posto una domanda retorica, sperava di ferirla, ma lui non sapeva che lei, dall'altro alto del telefono, stava solo sorridendo compiaciuta all'udire il gelo delle sue parole.

«Non so, dimmelo tu: t'importa?» il tono basso e rauco della sua voce fece sbuffare il corvino.

«Cos'hai da dirmi?» tagliò corto.

«Ho bisogno di vederti... devo parlarti», spiegò.

«Quindi tu pensi che se chiami, al bisogno, io devo correre? Credi funzioni così, Anna?» tentò di mostrare calma, ci provò, ma la rabbia e la frustrazione erano così tanta che non seppe quella volta razionalizzare i suoi pensieri e le sue parole.

«Non è così che va tra di noi?»

«Cazzo! Sei assurda!» sbatté il palmo della mano sul volante.

«Per favore Alexander... ho bisogno di te».

«Non hai bisogno di me», rispose con le labbra arricciate dallo sgomento sapendo ciò che stava facendo con lui.

«Solo questa volta, okay?»

«Per favore, solo questa volta»

Lui non riuscì a rifiutare e, stupido, fragile e ancora debole, andò da lei.

Lo spazio di Cenere:

Come promesso ecco il capitolo quattro!

Abbiamo finalmente novità in più sulla chiamata citata nel capitolo uno.
Ecco cosa ha fatto star male Desiderata: Veronica, non solo, però... Tempo al tempo!
E poi c'è Alexander che deve fare i conti con una certa Anna, chissà cos'accadrà!

Come al solito, lascia una stellina se il capitolo ti è piaciuto e un commento se hai bisogno di qualche chiarimento o hai da farmi delle critiche costruttive :)

Ti chiedo di condividere su qualsiasi piattaforma il link della storia e incitarne la lettura: il passaparola è essenziale! Confido nel tuo aiuto!

Prossimo aggiornamento: giorno 10 giugno 2022

- Cenere

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