3 - 23 Luglio
Desiderata alzò il capo. Improvvisamente cercava qualcosa a cui aggrapparsi. Voltò la testa, lo vide. Si alzò dalla scrivania.
Riverso sul letto, ormai sgombro dai vestiti da lavare, era solo rimasto il pacchetto nuovo di post-it che aveva comprato prima di partire, nell'edicola accanto alla stazione. Prese il pacchetto, si sedette di nuovo alla scrivania, tolse la pellicola, estrasse il piccolo blocco e con la sua penna scrisse sul pezzo di carta giallo:
"21:30 - appuntamento con Tommaso
e amici suoi.
23 Luglio".
Poi attaccò il post-it sul muro difronte la scrivania in cui era seduta.
Ammirò l'orario e la data ed, elettrizzata, incapace di contenere la gioia, sorrise. Si alzò, spalancò la finestra della sua camera, larga tre metri, alta cinque e si spostò nella stanza accanto. Aprì l'armadio e lesta scelse un vestito da indossare tra quelli che aveva lasciato a casa dei suoi genitori. Era nero, quello che aveva in mano, le arrivava a metà coscia e non era troppo scollato. "Questo va benissimo" si disse. Prese anche dell'intimo pulito.
S'infilò in bagno e si fece una doccia calda. Bollente, anzi. Amava toccare il limite o forse aveva solo una mente autolesionista.
Lo scorso anno capitò si stesse facendo un bagno caldo, ma così tanto che a un certo punto le mancò il respiro; quasi stava svenendo. In un primo momento aveva spalancato gli occhi impaurita; poi aveva aperto l'acqua fredda. Tornò a respirare solo dopo aver puntato il getto gelido sul viso accaldato e sul corpo rovente. Si sorprese a ridere quando capì che aveva tutto sotto controllo.
Si asciugò il viso prima, poi, lo stesso asciugamano se lo portò intorno al corpo, fissandolo sul petto, se ne mise uno anche ai capelli fradici.
Mentre ancora l'acqua le colava sulle braccia e sulle gambe, si mise davanti la specchiera: accentuò le ciglia con del mascara, poi diede un po' di colore agli zigomi e mise del burrocacao alla ciliegia sulle labbra. Tolse gli asciugami, indossò l'intimo, poi il vestito, le scarpe bianche con la zeppa e in fine asciugò i capelli mossi.
«Desiderata, non mangi?» la televisione faceva un gran baccano in cucina.
La giovane era in corridoio intenta a controllare se avesse preso tutto. Nella borsa bianca c'erano i fazzoletti, gli assorbenti, il portafogli e... mancava ancora qualcosa.
«Questa sera sono con Tommaso, andiamo a un compleanno, te lo dicevo pomeriggio, mamma» fece capolino in cucina e vide sua mamma Maria e suo padre Calogero mangiare insieme uno di fronte all'altra, con la televisione a far loro compagnia. Le venne istintivo accentuare e nascondere un sorriso.
«Pensavo avresti mangiato a casa», disse la madre a mo' di rimprovero.
«E poi chi manciati? Pizza? Cosi fritti? Se c'è il dolce mangialo, non fare al solito tuo», continuò Maria con un intercalare siculo, infastidita. Il padre sbuffò.
«Non lo so, probabile» rispose agitata la figlia. Erano le ventuno e trentacinque.
Si guardò per l'ultima volta allo specchio in corridoio.
«Io vado! Mi porto le chiavi, eh! Non so a che ora torno!» la sua voce rimbombò sulle scale.
«Facemula presto!» rispose suo padre di rimando.
Si chiuse il portone alle spalle e si sedette sul muretto in marmo davanti casa sua, nell'attesa. Il cielo era buio, le stelle si intravedevano e lei era intrepida.
Aspettò Tommaso. Mancava un quarto alle dieci. "Mi ha dato buca", pensò.
Gli scrisse.
"Sai dov'è casa mia?"
Certo che lo sapeva, erano praticamente vicini di casa.
"Sto arrivando", rispose. Erano le ventidue. La giovane si rincuorò appena.
Il rombo del motore si avvicinò e Desiderata guardò l'orologio: erano trascorsi altri dieci minuti.
Il ragazzo spense il motore nel cortile di casa.
«Se ci sarà una seconda volta, aspettati quaranta minuti di ritardo da parte mia, Tommaso», disse prima ancora di salutarlo.
Il tempo lo temeva, che venisse sprecato la innervosiva.
Il ragazzo si tolse il casco e sorrise imbarazzato.
«Scusami, a casa mia...» non finì di parlare che la ragazza con un cenno di mano lo interruppe. Non le interessava la causa.
Tommaso chiuse gli occhi in un sospiro, posando il casco sulla sella.
«Posso almeno salutarti?»
«Puoi salutarmi» Desiderata annuì.
Il ragazzo la cinse in vita, lei s'irrigidì.
«Ciao Desina», le disse, poi le lasciò un bacio sulla guancia. Lei fece un passo indietro il prima possibile.
Tommaso la guardò, era contento. Si sedette in sella.
«Dai, sali» le porse il casco che lei prese e indossò.
Con una mano, Desiderata, si alzò poco il vestito e con l'altra si tenne alla spalla dell'amico per facilitare la salita.
Lui accese la moto e lei dentro sé fremette di gioia. Amava l'adrenalina che la velocità le procurava, il vento sferzare in viso e il rombo del motore. Amava ancora l'idea che avrebbe vissuto la notte, che questa le avrebbe fatto compagnia e l'avrebbe resa euforica. Sapeva non avrebbe deluso le sue aspettative.
Arrivarono al compleanno: sarebbe stato festeggiato in un garage abbastanza spazioso tanto da far entrare vecchi armadi, un tavolo rettangolare al centro e delle sedie attorno. Non vi era aria di festa però.
Quando arrivarono, solo un ragazzo li accolse. Si chiamava Lapo, il garage era suo, o meglio della sua famiglia ma lo utilizzava lui. Lei lo conosceva appena, nel senso che ci aveva parlato poche volte anni fa e non avevano mai stretto un rapporto di amicizia.
Si accomodarono tutti e tre dentro e ognuno prese posto.
Poco dopo arrivò il festeggiato, Michele si chiamava. Prontamente Desiderata si alzò, si presentò e gli fece gli auguri, lo stesso fecero gli amici suoi. Era un tipo scherzoso, giocherellone, e fumava tanto, più di lei.
In quel momento si ricordò cosa si fosse dimenticata di metter in borsa: le sigarette e l'accendino. Dopo uno scambio di battute, il ragazzo gliene porse una. Lei l'accese e se la portò alla bocca.
Arrivò anche Lucio, un ora dopo: era il cugino di Tommaso.
Al garage uno dei ragazzi aveva portato delle casse per collegare il telefono e mettere la musica, l'arrivo di Lucio fu una salvezza per la giovane: era l'unico che mettesse della misura che rispecchiasse i gusti di Desiderata. I ragazzi invece facevano di tutto per cambiare e scegliere le canzoni che preferivano loro.
"Ragazzini immaturi", pensò con fervore la giovane.
Non c'era cibo, neanche snack, c'era solo alcool. Desiderata non bevve.
«Non avete prosecco?» un brindisi in onore del festeggiato era consono.
«Solo birra».
«Bevo solo prosecco» rispose lei.
«La prossima volta lo prendiamo».
Davano già per scontato ci sarebbe stata una seconda volta con lei. E lei, seppur si aspettasse un compleanno differente, si divertì: la festa la facevano quei quattro ragazzi.
Scoprì in seguito fossero cinque: ne mancava ancora uno, ma erano le ventitré e quindici e ancora nessuna traccia dell'ultimo.
Lo spazio di Cenere:
Si, esatto, è un capitolo che serve alla narrazione, il quarto sarà più movimentato. Lo prometto!
Come al solito, lascia una stellina se il capitolo ti è piaciuto e un commento se hai bisogno di qualche chiarimento o hai da farmi delle critiche costruttive :)
Ti chiedo anche di condividere con più persone possibili "Coma Matriosca". Il passaparola è essenziale. Confido in te!
(Dal capitolo cinque in poi aggiornerò una volta o due massimo a settimana; come sempre, alla fine del capitolo trovi la data di uscita del capitolo seguente.
Ah, pubblico solo nei giorni pari!)
Prossimo aggiornamento: giorno 8 giugno 2022
- Cenere
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