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2 - Bevi, Desuccia

Aveva aspettato il bus urbano alla fermata posta qualche metro lontano dalla stazione del paese. Il mezzo era arrivato, lei era salita, aveva pagato il biglietto e si era sistemata in uno dei sedili scomodi in plastica dura. Il tragitto durò mezz'ora, poi Desiderata scese.

Si trovava nella casa in cui aveva trascorso la sua giovinezza.

Maria, sua madre, le aveva aperto il portone di casa e l'aveva accolta con un timido sorriso. Gli occhi anziani della donna erano caratterizzati da rughe che si formavano alle loro estremità; ma quelle erano rughe gentili, perché, quando sorrideva, si piegavano anche loro in quelli che sembravano secondi sorrisi.

«Ciao, mamma» la frustrazione di Desiderata si affievolì, gli occhi si addolcirono e il tono di voce si abbassò.

«Ciao, bentornata» rispose la donna impacciata.

Desiderata sorrise e si rifugiò tra le braccia della madre. Fu un abbraccio caldo e materno nel quale entrambe trovarono conforto. Finalmente respirarono il profumo dell'altra che tanto era loro mancato.

«Com'è stato il viaggio?» posò le mani sulle braccia della figlia per allontanarla leggermente da sé così da poter ben osservarla in viso.

Guardava gli occhi sinceri e amorevoli della madre e si emozionava. Accadeva ogni volta che tornava. Aveva paura di dimenticarli, ne aveva il terrore, quindi, a ogni suo ritorno, li osservava come fosse stata l'ultima volta che li avrebbe visti.

«Tutto bene, c'era poca gente», rispose chiudendosi il portone alle spalle.

Desiderata si sedette al tavolo posto al centro della piccola e accogliente cucina, arredata con mobili in legno vecchi quarant'anni.

«Bene... bene. Hai sete? Vuoi dell'acqua? Bevi, Desuccia, oggi è una giornata molto calda». Sorrise alle parole della madre che, senza neanche darle il tempo di rispondere, aveva già riempito per metà un bicchiere d'acqua e glielo aveva posto dinanzi.

«Tieni, ecco. Bevi» le aveva detto.

«Grazie, mamma» alzò gli occhi sulla madre, portò il bicchiere in vetro alle labbra e bevve con piacere l'acqua fredda appena uscita dal frigo. Chiuse gli occhi mentre si beava di quella frescura. Quando finì, poggiò il piccolo calice sul tavolo e sospirò.

«La nonna come sta? Sta bene?» chiese la giovane.

«Sta bene. Dovresti andare a trovarla, uno di questi giorni», propose la madre.

«Domani vado a farle visita» acconsentì Desiderata.

«Lo sai che ci tiene», ribadì Maria.

«Sì, mamma. Ci vado».


«Dopocena faccio una passeggiata in paese» aveva detto Desiderata mentre le due si godevano il lieve venticello che arrivava dalle porte finestre spalancate della cucina.

La sua era una casa a tre piani, ma solo il secondo era allestito e da loro abitato. Le stanze erano abbastanza spaziose, per loro andavano bene, tuttavia d'estate erano fin troppo calde. Quando soffiava lo scirocco si stava meglio con le porte finestre chiuse così da evitare che l'aria calda entrasse in casa. Non si erano mai decisi a installare un condizionatore e, in quell'estate fin troppo afosa, rischiavano di soffrire davvero tanto le temperature elevate.

«Ci vai da sola? Potresti andare con Ver-»

«No, mamma. Con lei no» alzò il capo e puntò gli occhi severi in quelli della madre. Quelli di quest'ultima guizzarono confusi.

«Avete litigato?» chiese sottovoce la donna spostando la sedia vicino quella della figlia come se stesse spettegolando o condividendo un segreto.

«Non lo so, mamma» sospirò sconsolata voltando il viso di lato. La madre la guardò per qualche istante. Sua figlia aveva gli occhi spenti, constatò. Un brivido le fece accapponare la pelle, in quella giornata tremendamente calda, poi spostò la sedia lontano dalla giovane: la discussione era terminata.

Desiderata prese la borsa che si era portata dietro e riversò sul letto della sua piccola stanza i pochi vestiti che possedeva: avevano bisogno d'esser lavati.

Prima, però, si sedette alla scrivania e compose un numero.

«Senti, hai impegni per questa sera?» con la mano sinistra manteneva il telefono all'orecchio mentre con l'altra scarabocchiava un foglio bianco con un inchiostro nero.

«Ciao, Desiderata» era certa lui avesse un sorriso sul volto. Forse uno piccolo, appena accennato.

Non ricambiò il saluto. Il fatto che lo avesse chiamato significava già tanto.

«Non cambi mai, eh?» chiese divertito al suo silenzio.

"No, non cambio mai", pensò.

Immaginò Tommaso passarsi una mano sulla barba - lo faceva spesso - e mettersi composto prima di rispondere con tono meno ilario: «No. Perché me lo chiedi?» Lui non aveva nulla a che vedere con Desiderata, proprio nulla.

Un attimo di silenzio e un mezzo sospiro di lei fece scattare la perspicacia dell'uomo.

«Sei tornata? Non è possibile!» la sua voce non riuscì a trattenere l'entusiasmo. Euforia che per Desiderata fu una seccatura poter cogliere. Per lei non era una festa esser lì, di conseguenza per gli altri non sarebbe dovuto esserlo in ugual suo modo. Tuttavia un accenno di piacere fece addolcire i suoi occhi e gli angoli della bocca.

«Solo per poco, temo» no, non temeva, aveva mentito.

«Capisco...» ci fu un attimo di silenzio seguito da un sospiro, poi Tommaso disse:

«Non so se riesco a liberarmi, ti faccio sapere al massimo tra un ora».

«Chiamami», concluse la chiamata Desiderata.

Aveva voglia di vagare nella notte e diventare un tutt'uno con essa. Non desiderava altro per distrarsi da quella sua stupida e infame tristezza.

Nell'attesa di ricevere novità da Tommaso, lavò i suoi vestiti e un'ora dopo circa i panni fradici ma puliti furono appesi al filo.

Fu proprio quando il padre di Desiderata mise piede dentro casa che il giovane chiamò, ma Desiderata rifiutò la chiamata e con calma salutò il padre.

Il cuore le batteva forte. Lo guardò negli occhi - osservò quei pozzi azzurri, severi e buoni, che lui aveva deciso sua figlia non meritava d'indossare - certa avrebbe visto contentezza nel rivederla. Inaspettatamente così fu. Il suo cuore fece un salto di gioia e i suoi occhi si piegarono ancor di più dalla felicità.

«Te lo avevo detto! Te lo avevo detto! Stupida tu che non mi dai mai ascolto. Hai visto cosa ti perdi?»
«Stai zitto, cuore mio. Taci».

Tommaso dopo pochi minuti chiamò di nuovo.

«Novità?» gli chiese mentre si chiudeva la porta della sua camera alle spalle e si poggiava contro essa. Non si aspettava molto.

«Qualche giorno fa ho ricevuto un invito di compleanno. Mi era passato di mente...» Desiderata catturò distrazione in quelle parole. Sembrava sincero.

Aspettò pazientemente il seguito delle sue parole: «Prima di chiamarti ho chiesto se fosse un problema aggiungere un posto all'ultimo minuto. Michele mi ha detto che sarebbe bello conoscerti», concluse.

«Va bene intrufolarmi al compleanno di qualcuno che non mi conosce?» chiese divertita.

«Perché no? Sei con me», disse tranquillamente. Desiderata ci pensò un attimo, poi annuì: più per convincere se stessa che per altro. Chiese che regalo avesse gradito il festeggiato: portare qualcosa sarebbe stato il minimo, ma Tommaso insistette dicendo che non ve ne era motivo, Desiderata allora sospirò e acconsentì.

«Ti vengo a prendere alle nove e trenta», disse in fine il ragazzo.

«Sii puntuale», si raccomandò lei.

«Non posso garantirlo, mi conosci».

«Già».

La chiamata s'interruppe e Desiderata, seduta alla scrivania con quel pezzo di foglio tra le mani e la biro che scalpitava tra le dita, sorrise conscia che la notte stesse per arrivare, che avrebbe bussato alla sua porta e l'avrebbe implorata di tenerle compagnia in quelle folli ore che precedevano l'alba. E lei, di certo, non le avrebbe permesso d'inginocchiarsi. "Alzati, mia amata, il mio tempo è tuo", le avrebbe detto.

Lo spazio di Cenere:

Come promesso, ecco il secondo capitolo :)
Desiderata é arrivata, ha visto la mamma, il papà; vedrà Tommaso e, in seguito, altri ancora. Ti ho suscitato un po' di curiosità?

Spero di averti regalato qualche emozione come a me le garantisce: questo capitolo è molto importante per me, ci sono legato. Non essere troppo duro con i protagonisti, per favore.

Se il capitolo ti è piaciuto lascia una stellina, un commento invece se hai da farmi qualche critica costruttiva o qualsiasi domanda. Ti aspetto!

Ti chiedo anche di condividere letteralmente ovunque (!) la storia, il passaparola è essenziale. Grazie per il tuo aiuto!

- Cenere

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