PROLOGO
1818
I dadi caddero sul tavolo intarsiato. Rimbalzarono un paio di volte come a voler lasciare gli spettatori ancora più con il fiato sospeso. Il ticchettio sulla superficie lucida risuonò nel silenzio della stanza. Tutti stavano a guardare, gli occhi attenti per carpire il risultato.
Il salone degli uomini era ampio e addobbato con arazzi di scene di caccia; poltrone e divani erano di un broccato dal rosso intenso, color rubino sangue di piccione. La luce era poca e concentrata sull'unico tavolo della stanza dove i due giocatori erano seduti.
Nell'aria aleggiava un intenso odore di tabacco mischiato al brandy di prima scelta. All'interno, racchiusi come in un conclave, una ventina di uomini ben vestiti era intenta ad assistere all'avvenimento che avrebbe cambiato per sempre la mia vita.
«Siete fortunato questa sera, Lord Howard...» disse con un sorriso smorzato l'uomo seduto al tavolo di fronte a mio padre. Lord Cavill, conte di Cavendish, era un blasonato generale e le medagliette splendevano sul suo torace gonfio e sodo. I lineamenti affilati, la postura eretta, il fisico prestante e i capelli color cenere avrebbero potuto renderlo un uomo attraente per alcuni. A me faceva solo venire i brividi.
Appena entrai nella sala con un leggero cigolio della porta, i suoi occhi grigi e penetranti si posarono su di me, l'unica donna nella stanza. Ero certa fosse un uomo a cui non sfuggiva neanche il minimo dettaglio. Inoltre, non avrei dovuto essere lì: le signore erano nel salotto privato di Lady Du Bois a parlare di frivolezze, gioielli e uomini, ovviamente. Io, invece, ero venuta a cercare mio padre, Lord Howard, in tutta fretta, senza badare tanto alle convenzioni; avevo bisogno di parlargli con urgenza riguardo a James: finalmente aveva chiesto di sposarmi ed io avevo detto di sì.
«O siete molto sfortunato, Lord Cavill» ridacchiò mio padre. Mi dava le spalle e stava seduto al piccolo tavolino tondo vicino alle porte a finestra che davano sul portico di marmo bianco.
Lord Cavill di tanto in tanto alzava gli occhi su di me, ma non proferiva parola. Fino a che, non abbassò lo sguardo ed uno strano sorriso gli si dipinse sul volto. Probabilmente lo scorsi solo io poiché si spense quasi subito.
«Mi sto annoiando, Charles» sospirò il generale lanciando con poca grazia un sacchetto di monete d'oro sul tavolo e poi spingendolo verso Lord Howard. Quest'ultimo ridacchiò di nuovo.
«Io per nulla, Edward. Era da tempo che non ti battevo così brutalmente a dadi» disse intascandosi quella piccola fortuna.
Sapevo che mio padre aveva il vizio del gioco, tuttavia non pensavo che sarebbe arrivato a tanto quella sera. Lord Cavill però lo sapeva benissimo: grazie alla sua esperienza sul campo di battagli aveva imparato a riconoscere, alla prima occhiata, il tipo di persona che si trovava di fronte. Nel caso di Lord Howard si trattava di un uomo semplice, ingenuo e pronto a gonfiare il petto soddisfatto per una stupida partita a dadi, piuttosto che per un successo in Parlamento.
«Non vorrai sprecare questa fortuna sfacciata, Charles! Alziamo la posta...» intervenne a quel punto in generale. Sperai che mio padre non accettasse, ma ovviamente, non si fece scappare l'offerta.
«Che cosa vuoi puntare, Edward?» chiese guardandolo incuriosito.
La risposta non si fece attendere: «Atos, il mio purosangue arabo.»
In tutta la sala si alzò un mormorio generale: quel cavallo, oltre che valere una fortuna, aveva portato in trionfo Cavill in diverse occasioni. Si trattava di un simbolo di potere inestimabile, la prova vivente dei suoi successi. Mi chiedevo se davvero se ne sarebbe mai separato. Per mio padre di certo si trattava di un'altra occasione per battere Cavill e per acquisire altro potere di fronte ai Lord.
«Accetto» rispose stringendogli la mano.
«In cambio che cosa vuoi?» chiese credendo di avere la vittoria già in pugno.
Il generale guardò la sala, mio padre e poi posò gli occhi su di me. In quel momento anche gli altri uomini presenti si voltarono verso la porta e si accorsero della mia presenza. Rimasi imperturbabile ed in silenzio, lo sguardo fisso sulla nuca di Charles Howard.
«La mano di tua figlia Lady Freya o la sua dote» rispose Lord Cavill con lo stesso tono di qualcuno che sta ordinando un bicchiere di vino al suo cameriere.
Rimasi impietrita e avrei voluto intervenire, ma non ci riuscii. Avevo perso la voce e l'uso delle gambe, come quando ti trovi in un sogno dove qualcuno ti sta inseguendo e non riesci a muoverti abbastanza velocemente per sfuggirgli. Anche mio padre rimase di stucco ed ero certa che da un momento all'altro si sarebbe messo a ridere: e mi avrebbe scambiata per un cavallo...
«La sua dote» disse infine con voce nervosa.
Le mie gambe divennero improvvisamente molli e dovetti appoggiarmi alla parete per non crollare a terra. Non potevo credere che lo stesse davvero per fare.
Ancora una volta sarei dovuta intervenire, ma Lord Cavill non me lo permise. Non poteva lasciarsi sfuggire un'occasione simile: la mia mano o la mia dote non avrebbe fatto differenza poiché nel primo caso sarei stata sua, nel secondo non sarei potuta essere di nessun altro.
Quella partita a dadi stava prendendo una piega diversa e quel gesto assomigliava più ad un regolamento di conti che a una scommessa fra due buoni amici. Sapevo che lui e mio padre avevano avuto dei dissapori in passato, anche se il motivo mi era oscuro, ma non credevo avrei dovuto espiare io le loro colpe.
Il generale, contro ogni preavviso e senza proferire parola prese i dadi e li lanciò sul tavolo. Di nuovo i cubi d'avorio rimbalzarono sul legno con una lentezza ancora più insopportabile. Alla fine però si fermarono.
Riuscii ad intuire il risultato guardando l'espressione sul volto di Lord Cavill.
«Bella mossa, Charles» disse poggiando la schiena alla poltrona con la stessa aria annoiata che aveva all'inizio. Mio padre parve smettere di respirare per un momento, rendendosi conto troppo tardi di ciò che aveva fatto.
Io in quel momento vidi il mio mondo ed il mio futuro con Lord Seymour andarono in frantumi come un vaso di cristallo che cade su di un pavimento di marmo: per quanto tu possa cercare di rimettere insieme i pezzi, sarà comunque perduro per sempre. James mi aveva finalmente chiesto di diventare sua moglie, ma io non avrei più potuto avere la dote che mi spettava e la sua famiglia non gli avrebbe mai più permesso di sposarmi. Ciò significava solo una cosa: il mio matrimonio, la mia felicità ed il mio futuro erano stati cancellati da quei dadi, come le onde del mare appiattiscono i segni tracciati sulla sabbia.
Tutto ciò mio padre lo sapeva.
«Freya è la mia unica figlia, non puoi farmi questo. Si sposerà presto... » disse a bassa voce, quasi piagnucolando. In quel momento la sua postura si incurvò e parve più piccolo e molto più vecchio dei suoi sessant'anni.
«Una scommessa è una scommessa, Charles» disse il generale per nulla intenerito.
«Non vorrai mica rimangiarti la parola... un uomo del tuo lignaggio!» la sala scoppiò in una risata silenziosa.
Mio padre batté il pugno sul tavolino: «Sono pronto a ridarti tutto! Tutto quello che ho vinto questa sera!».
«Non mi interessa, hai fatto il tuo gioco» rispose freddamente facendo strisciare le gambe della poltrona a terra e alzandosi in tutta la sua statura.
«Dimmi che cosa vuoi! Dimmelo Cavill!» esclamò mio padre in tono disperato. Era patetico e, nonostante non lo avessi mai odiato come in quel momento, mi fece pena.
«Niente può superare il valore del futuro di tua figlia, Charles. Avresti dovuto pensarci prima» concluse secco l'uomo.
In ultimo tentativo disperato, mio padre gli prese la manica della giacca fra le risate di tutti i presenti. In quel momento mi vergognai per lui.
«La tenuta di Hastings Mannor. Tutti i miei possedimenti. Scommetto la mia casa in cambio della dote di Freya» la sua voce era flebile ma riuscii a sentirla benissimo.
«Giochi con il fuoco, Charles» rispose intrigato il generale sedendosi di nuovo al tavolo. La sala era ammutolita e c'erano un paio di uomini poco distanti da me che stavano scommettendo sul risultato.
Avrei tanto voluto risvegliarmi da quella paralisi di terrore in cui ero caduta, ma non ci riuscii. Come prima Lord Cavill prese i dadi e tirò.
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