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Tutte le fiamme prima o poi si spengono, l'acqua dura per sempre


 E amore mio grande amore che mi credi

Vinceremo contro tutti e resteremo in piedi

E resterò al tuo fianco fino a che vorrai

Ti difenderò da tutto, non temere mai

E amore mio grande amore che mi credi

Vinceremo contro tutti e resteremo in piedi

E resterò al tuo fianco fino a che vorrai

Ti difenderò da tutto, non temere mai



Ci volle circa un mese prima che Sasuke riuscisse effettivamente a trovarmi dopo avermi visto tramite il falco, gli dissi di venirmi a sfidare in quello che era stato il covo segreto degli Uchiha, ora finalmente aveva i miei stessi occhi e il momento era giunto, proprio come avevo previsto. Avevo scelto quel posto perché non potevo tollerare alcun intervento o intrusione da parte di terze persone, nemmeno la tua. Lasciando stare che si trattava di una questione unicamente tra me e lui, il fatto che avessi indotto il mio fratello minore ad odiarmi di proposito mi faceva sentire ancora più un mostro a parte tutto quello che già c'era di abominevole nel mio passato. Dovevo ammettere che ero finito col distruggere la sua infanzia e parte della sua giovinezza, e il giustificarmi di continuo dentro di me ripetendomi che non avrei potuto agire diversamente, non serviva a farmi sentire meno disonorevole. In verità temevo che il mio cuore potesse cedere ancora prima di iniziare il combattimento vero e proprio, solo leggendo tutto il male che gli avevo inflitto sul suo viso, in quel caso potevo solo sperare che, complice l'assenza di testimoni, si sarebbe comunque diffusa la notizia che ad uccidere il traditore era stato lui da solo con le sue mani, diventando così un eroe. A dire la verità quello che ha rischiato più di tutti di farmi esplodere il cuore prima del tempo sei stato tu. Hai pianto ininterrottamente tutti i due giorni precedenti alla mia battaglia, non facevi altro che tenermi sulle tue ginocchia stringendomi in abbracci che potevano durare anche per delle intere ore, le tue lacrime mi bagnavano la divisa, mi baciavi con quel viso umido, è stato uno strazio non sapevo più come consolarti. Ti lasciavo fare, hai goduto sempre di tutta la mia comprensione, anche se spesso non te lo davo a vedere, ti lasciavo sfogare la tua sofferenza, ne avevi il diritto. Veniva da piangere anche a me, in fin dei conti era a causa mia se ora tu stavi così male, mi avevi conosciuto per puro caso, e per mia debolezza ti avevo permesso di affezionarti a colui che ti avrebbe fatto tanto soffrire. Mi sentivo tremendamente in colpa, finivo sempre per rovinare la vita di chiunque venisse in contatto con me, tuttavia tenevo per me questo strazio, tu avevi già il tuo e tanto bastava, non permisi a nessuna lacrima di scendere dai miei occhi. Singhiozzavi dicendo che all'acqua per volare non basta il ricordo della sua fiamma, ma debba averla sempre vicina. Cercai di risponderti che a te ormai non serviva più nessun aiuto e che avevo piena fiducia in te poiché, ora che avevi imparato a volare, potevi farlo anche senza di me o con quella piccola parte del mio cuore che sarebbe rimasto dentro al tuo per tutta la vita, tutto ciò che dovevi fare era unicamente avere fiducia in te stesso; te lo dicevo sorridendo e accarezzandoti il viso, mi stavo impegnando per essere forte ancora una volta come avevo sempre saputo fare io, tenendo tutta la negatività, l'angoscia e i dolore legati a doppia mandata in fondo al mio stomaco affinché tu non li scorgessi scaturire dal mio sguardo. Forse non te ne eri accordo ma nell'ultimo mese, dal giorno in cui il cielo si era colorato di rosso, eri visibilmente dimagrito, le tue guance si erano fatte scavate, sebbene tu fossi muscoloso per tua natura, le costole avevano iniziato ad affiorare sul tuo torace, ma la cosa che mi faceva più male di tutte, era stato capire che l'argento dei tuoi occhi si era un po' spento. Provavo in tutti i modi a tirarti su il morale, per la prima volta in vita mia, mi sono sforzato di parlare e sorridere il più possibile, come vedi, anche tu mi avevi cambiato. Mi consolavo pensando che tra poche ore nessuno avrebbe più sofferto a causa mia, il tempo sarebbe finito con il placare il tuo dolore mentre la voglia di volare ti sarebbe rimasta per sempre. Avevo deciso di non rendere la separazione ancora più dolorosa del dovuto per cui, la mattina dello scontro, alle prime luci dell'alba, mentre tu stavi ancora immerso in quel sonno che eri riuscito a conquistare con tanta fatica, piangendo e cullandomi ancora, decisi di alzarmi, indossare il mantello che tu avevi sempre detestato tanto su di me, e avviarmi in silenzio verso il luogo dello scontro. Era stato già detto tutto, pronunciare altre parole strazianti non avrebbe cambiato le cose. Potevo fare a meno del tuo intervento per bloccare la squadra di Sasuke che si sarebbe presentata al completo, il risultato non sarebbe comunque cambiato. Stavo per imboccare un sentiero sterrato in mezzo agli alberi quando ti trovai in piedi dritto davanti a me, non ti nascondo che rimasi infinitamente sorpreso dalla tua velocità e da quando eri stato silenzioso, molto probabilmente non ti eri mai addormentato ma stavi solo fingendo mentre osservavi tutti i miei movimenti. Riuscii a non trasalire e a nascondere la mia sorpresa, arrestati semplicemente i miei passi con molta calma. Tu, invece apparivi agitato, mi hai dato dell'incosciente ricordandomi che stavo troppo male per affrontare una battaglia, hai concluso affermando che se non mi fossi fermato di mia spontanea volontà lo avresti fatto tu con la forza. Non mi sono mosso di una virgola, ho fatto un passo avanti per mostrarti la mia intenzione ad andare fino in fondo. Mi lanciasti contro i tuoi Squali Famelici come se io fossi stato il tuo peggior nemico, li ho disintegrati lanciando loro addosso una manciata di kunai esplosivi senza spostare il mio corpo, mi bastò un veloce movimento di polso, ma, dall'acqua che ricadde sopra di noi come una gigantesca fontana, ne presero vita molti di più. Non riuscivo a capire, preferivi forse uccidermi tu stesso piuttosto che lasciarmi combattere contro Sasuke? Oppure stavi sperando di essere proprio tu quello che ci avrebbe rimesso la vita? Io non avrei mai potuto ucciderti, nemmeno per errore o nel caso in cui me lo avessi chiesto tu per qualche validissima ragione. Mi stavi gridando che non avrei mai potuto evitare quel grappolo di squali d'acqua, almeno non nello stato in cui ero, invece lo feci, sparii dalla tua vista più veloce della luce lasciandoti interdetto. Scorgevo il tuo sguardo preoccupato mentre ti guardavi intorno disorientato cercandomi, sicuramente temevi di avermi colpito e di avermi fatto male. Lo stesso valeva per me, ecco perché quando mi colpisti con Samehada, dopo che ero riapparso a poca distanza, incassai parandomi solo con un piccolo kunai, la tua spada era a pochi centimetri dalla mia faccia ma né tu né lei stavate facendo sul serio in quel momento. Hai riso dicendo che anche Samehada era felice per avere finalmente l'occasione di battersi con me, una curiosità che entrambi avevate sin dall'inizio. La tua arma liberò qualcuna delle sue squame viola dalle bende graffiandomi leggermente il viso, mi toccò appena, non uscì neanche sangue, ma tu l'hai ritirata immediatamente mentre io mi allontanavo volteggiando con una capriola. Era tutta una finta, non avevo mai visto un combattimento puramente dimostrativo come quello, forse stavi cercando di farmi perdere tempo per non farmi arrivare alla base degli Uchiha, magari si trattava di un disperato tentativo di prolungare la mia vita, fino a che fossimo rimasti lì a sfoderare le nostre mosse una dopo l'altra mi avresti visto ancora vivo. Sentii gli occhi diventare lucidi a questo pensiero ma non potevo permettetemelo, tu non avevi certo bisogno che io mi mettessi a piangere in quel momento. Ti guardavo sorpreso mentre ti prendevi una lunga pausa forse stupendoti del fatto che io, in quell'occasione, non fossi più inespressivo come d'abitudine. Passarono forse cinque secondi, un'infinità per due come noi, prima che tu ti decidessi a scagliarmi contro il tuo enorme Squalo Proiettile, riposi soffiandogli addosso la mia Palla di Fuoco Suprema provocando esattamente ciò che che avevo previsto: una nuvola di vapore gigante, la foschia ci avvolse immediatamente. Era vero che tu nella nebbia ti muovevi più agilmente essendo circondato da tuo elemento, ma allo stesso tempo il mio Sharingan non avrebbe riscontrato problemi sebbene la mia vista ormai fosse così precaria. O magari la mia intenzione era stata semplicemente quella di farti capire che dovevi deciderti a volare come era successo al tuo grande squalo d'acqua, una volta superata la paura del decollo, ti saresti reso conto di quanto avresti potuto ancora sentirti libero e felice. Ti prego, vola, fallo per me, non ha importanza quello che mi succederà, tutte le fiamme, prima o poi, sono destinate a spegnersi, come ha fatto la mia palla di fuoco incontrandosi con il tuo squalo, ma l'acqua dura per sempre, cambia forma, cambia stato, ma resta, è presente sulla terra già dalla sua nascita e nessuno la può distruggere. Con quella mossa avevo voluto spiegarti tutto questo, se lo avessi detto a parole sono certo che sarei caduto in ginocchio con la faccia tra le mani a singhiozzare. Ti arrivai alle spalle puntandoti il mio kunai alla gola, ma tu sciogliesti la copia acquatica con cui mi avevi anticipato puntando Samehada al mio di collo. Abbassammo le armi, le nostre mani ci caddero sconsolate lungo i fianchi, mentre i miei occhi tornavano neri.


Kisame strinse forte Itachi a se, gli baciò i capelli, non poteva fare a meno di godere del fatto che fossero sciolti: "Io lo avevo capito, sai mascalzone? I tuoi occhi hanno sempre gridato tutto quanto, anche in quel momento quando il loro bagliore aveva iniziato a spegnersi, non ho mai dubitato del tuo amore, nemmeno un istante, neanche quando facevi il duro, i tuoi sforzi per essere forte per me fino all'ultimo sono stati prova del tuo immenso altruismo che hai mantenuto fino alla fine, senza mai chiedere niente in cambio. Non vergognarti mai più di essere un eroe, lo sei stato anche per me."

Itachi lo guardò sollevando il viso candido e sorridendo: "Io non mi sono mai vergognato di niente con te, sei stato l'unico capace di farmi stare veramente a mio agio e che non mi abbia mai giudicato o invidiato, non oso immaginare quanto tu abbia sofferto per la mia perdita, se sono stato distaccato era perché, erroneamente, credevo di farti patire un poco meno se tu non ti fossi affezionato tanto, ma è stato impossibile dal momento che io per primo ti ho sempre amato. Alla fine ho ceduto."

A Kisame sorrise sinceramente rallegrato: "In quel combattimento nessuno dei due ha fatto sul serio, soprattutto tu, se avessi usato i tuoi occhi speciali mi avresti lasciato stramazzato in terra in un secondo a subirmi le torture più atroci, mentre tu, magari, ti allontanavi tranquillamente e fischiettando, io non sono mai riuscito ad evitare di guardarti negli occhi, sono così belli che sarebbe un crimine"

A Itachi venne da ridere, soprattutto ripensando all'immagine di se stesso che si allontanava fischiando: "Effettivamente sì, in quel caso ti saresti dovuto accontentare di guardarmi solo i piedi"

"Beh, anche loro sono belli, mi sarei sentito appagato comunque."

Risero entrambi mentre Itachi scompigliava scherzosamente i capelli a spazzola del compagno.


Dopo aver sfoderato qualcuna delle nostre mosse migliori, le quali ci avevano tolto dagli impicci un sacco di volte, rimanemmo a guardarci negli occhi accaldati e ansimanti. Non so quanto sia trascorso, quello fu uno di quei casi in cui si perde completamente la cognizione del tempo. Fui riscosso dalla tua voce, ti stavi rammaricando di avermi prosciugato troppe energie togliendomi ogni speranza nel combattimento contro Sasuke. I tuoi occhi divennero di nuovo lucidi mentre mi chiedevi perdono per quella messinscena, lanciasti Samehada per terra mentre ti inginocchiavi con la testa tra le mani, esattamente l'immagine che mi si era formata nella testa relativamente a me stesso poco prima. Ti afferrai per le spalle facendoti alzare dolcemente, ti guidai le mani per fartele togliere da viso mentre ti asciugavo le lacrime. Qualunque parola sarebbe stata superflua in quel momento, ti sorridevo. Contrariamente a quanto si possa pensare ero davvero sereno, andare incontro alla propria morte, quando si è consapevoli della sua inevitabilità, la si vive come una sorta di liberazione. Era il tuo dolore in quel momento a farmi male. Ti presi a braccetto spiegandoti che il tuo unico errore, se poteva definirsi tale, era stato quello di legarti a uno come me. Ci incamminammo lentamente, sapevi esattamente dove eravamo diretti ma eri ancora con me, al mio fianco fino alla fine. Ti tenevo ancora a braccetto e ti guardavo, ti avevo voltato anche troppo le spalle ma ora volevo riempire i miei occhi offuscati di te. Tu iniziasti a parlare di cose apparentemente senza senso e scollegate tra loro, forse per allontanare da te la pesantezza di quell'ultimo giorno, ma era la nostra ultima occasione di stare insieme, avevo la certezza che era per questo che cercavi di essere più naturale possibile. Mi hai parlato della tua infanzia, mi raccontavi che per causa dei tuoi tratti da squalo eri stato vittima del bullismo dei tuoi compagni fino all'età di tredici anni. Anche all'epoca il tuo corpo era molto più grande e forte di quello degli altri, ma la tua infinita bontà e onestà ti avevano sempre impedito di prendertela con chi era più debole e piccolo di te. Semplicemente ignoravi chi ti offendeva, ecco perché, mi spiegasti quel giorno, i miei silenzi ti avevano sempre messo così tanto in crisi, eri terrorizzato dall'eventualità di avermi offeso in qualche modo. Scendesti per la prima volta nei dettagli del giorno più infelice della tua vita, quello in cui hai dovuto prendere la decisione di eliminare i tuoi compagni. In quella squadra era presente una ragazza, raccontavi, le piacevi e faceva di tutto per attirare la tua attenzione. Eri giovane allora, neanche vent'anni, il bullismo che avevi subito pochi anni prima ti condizionava ancora, per quello stavi distaccato dal resto del gruppo fino al punto che evitavi di mangiare pur di non unirti a loro, tu che quando hai fame diventi così ingestibile! Avevi il terrore di un rifiuto sia da parte della ragazza che da parte del resto della squadra. I tuoi racconti erano di una dolcezza e spontaneità disarmante, tanto che a tratti chiudevo persino gli occhi per gustarmeli meglio. Ti soffermasti a narrare anche piccoli particolari di noi, minuzie che sarebbero sfuggite all'attenzione della maggior parte delle persone, come il fatto che tu abbia sempre odiato lo smalto blu scuro che eri costretto a usare per Akatsuki, ma evitavi di dirmelo perché sapevi come io trovassi adorabile quel colore su di te, si intonava perfettamente alla tua pelle. Eri al corrente del fatto che la mia collana fosse un regalo di Sasuke, ma quel giorno mi confessasti che ti eri sempre chiesto per quale incomprensibile motivo mio fratello mi avesse regalato una cosa che assomigliava a tre bulloni, per il mio collo elegante tu avresti scelto qualcosa di più fine, mi hai addirittura domandato se Sasuke l'avesse costruita a mano usando i pezzi di un motore smontato. Mi facesti ridere talmente forte che fui costretto a fermarmi, mi hai guardato, il tuo viso sembrò illuminarsi, probabilmente quella è stata la prima volta che hai visto una reazione del genere su di me. Saltavi da un argomento all'altro senza farci quasi caso, felice che io non ti rimproverassi più di parlare troppo ma, al contrario, provavo un'immensa gioia ora sentirti riempire il mio silenzio. Mi raccontasti del tuo addestramento ricevuto da bambino quando avevano capito che eri portato per memorizzare e decodificare numeri e codici, ti formarono per diventare una spia senza che tu inizialmente ne fossi consapevole, sì, contrariamente a ciò che avevo sempre pensato io, potevi essere anche infinitamente paziente aspettando giornate intere. Tuttavia, tu avevi sempre odiato le spie per cui la tua carriera prese inevitabilmente un'altra strada, diventasti uno spadaccino, il più abile di tutti nel tuo villaggio nonostante tu non avessi ancora l'aiuto di Samehada, ritenevi di essere stato il miglior proprietario che lei avesse mai avuto. Ti ascoltavo con immenso piacere, la mia anima era pacata, guardavo intensamente il tuo viso assorbendone i più piccoli particolari per poterli portare con me, sentivo di non averne mai abbastanza. Giungemmo nei pressi del covo degli Uchiha senza rendercene nemmeno conto. Ci siamo ammutoliti di colpo attraversando quel quartiere deserto dagli edifici diroccati, ero stato io a renderlo tale. Le mani responsabili di questo iniziarono a tremare un poco pur senza allentare la stretta sul tuo braccio. Il viadotto che stavamo percorrendo, privato per anni della manutenzione, era crollato interrompendosi improvvisamente, ci arrestammo su quel ciglio compiendo l'ultimo passo all'unisono. Sotto di noi il verde assoluto, cime di alberi a perdita d'occhio, un mare smeraldo che riempì i nostri sguardi, il posto in cui ero diretto era là, sullo sfondo, semi sommerso dalla vegetazione. Un osservatore esterno avrebbe sicuramente pensato che ci stavamo godendo il panorama assaporando il vento che si insinuava tra i nostri capelli.

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