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2. IL NEMICO INVISIBILE

   Due settimane dopo abbiamo scoperto che si tratta di un virus che si chiama Covid – 19. Ormai l’ospedale è stato trasformato tutto in reparto Covid e io mi sono ritrovata sempre più spesso a lavorare con Roberto.

Lui continua a lanciarmi frecciatine e io lo ignoro, anche perché abbiamo sempre più pazienti e l’ospedale ormai è quasi pieno, quindi non ho proprio tempo di star dietro ai suoi sbalzi d’umore.

Adesso sto facendo un tampone a una paziente: le metto uno spazzolino nel naso e lo giro piano per prendere tutte le secrezioni. Quando ho finito spezzo il bastoncino che c’è sopra e ripeto l’operazione nella bocca spingendolo fino al palato.

Appena finisco porto le provette in laboratorio per farle analizzare.
Due ore dopo mi arriva il risultato: la paziente è positiva.
La porto nel reparto di terapia intensiva e la attacco al respiratore.
Passo tutta la mattina a fare tamponi e alla fine sono esausta.
- Ciao Martina, ti va un caffè? – mi chiede Alice quando ci incontriamo al bar dell’ospedale per fare una pausa.
- Sì, grazie. Sono preoccupata perché penso che abbiamo sottovalutato la gravità di questa situazione e stiamo lavorando senza mascherina. Non vorrei rischiare di contagiarmi e di contagiare Chiara.
- Potresti portarla dai nonni, lì sarebbe al sicuro. Inoltre dovresti chiamare la ditta che fornisce le mascherine. Avrebbero dovuto portarcele settimana scorsa e non si sono ancora fatti sentire.
- Lo farò stasera.
Appena arrivano i nostri caffè li beviamo in fretta e dopo aver pagato torniamo al lavoro.

La sera quando torno a casa Chiara viene subito a salutarmi. Ho pensato a cosa dirle e spero che la prenda bene. Mi dispiace moltissimo doverla portare dai miei genitori ma è la cosa giusta da fare.
- Chiara ti devo parlare. – Le dico quando ci sediamo a tavola.
- Ti sarai accorta di quello che sta succedendo in questo periodo, no?
- Certo, i telegiornali ormai parlano solo di questo virus.
- Che come ben saprai è molto contagioso. Io lavoro in ospedale quindi ogni giorno sono a contatto con i malati di Covid-19.
Pensavo di portarti dai nonni così non rischi niente.
- Ma…questo vuol dire che non ci vedremo per tanto tempo?
- Sì. Ovviamente potremo fare le videochiamate anche se mi rendo conto che non è la stessa cosa. Però al momento è l’unica soluzione, non me lo perdonerei mai se ti succedesse qualcosa.
- Va bene allora inizio a preparare la valigia. – Mi dice alzandosi da tavola con gli occhi tristi.
Io nel frattempo ne approfitto per chiamare la ditta fornitrice.
- Buonasera, scusi se la disturbo a quest'ora, lavoro all’ospedale di Milano, vorrei sapere come mai non sono state consegnate le mascherine. Se non sbaglio avreste dovuto portarcele una settimana fa. Perché non sono ancora arrivate?
- Mi dispiace ma abbiamo avuto molte richieste e siamo in ritardo con le consegne.
- Come sarebbe a dire? Lo sa che io lavoro tutto il giorno con i malati di Covid? Si rende conto che rischio di essere contagiata e di contagiare qualcun’altro? – Per il nervoso sto alzando la voce e non do nemmeno tempo al fornitore di rispondere.
- Provvederemo signora, non si preoccupi.
- Vedete di fare in fretta però.
Dopo aver chiuso la chiamata vado a vedere se Chiara ha fatto la valigia.
- A che punto sei tesoro?
- Ho finito adesso mamma.
- Bene. Domani alle otto ti porto dai nonni perciò inizia a scegliere già adesso cosa metterti.
- Ok.
Sto andando in cucina a bere un po’ d’acqua e sento un suono proveniente dall’esterno. Poso Il bicchiere sul lavandino ed esco sul terrazzo. Chiara mi raggiunge subito e quello che ci troviamo davanti agli occhi mi fa commuovere: le persone stanno cantando per farsi forza e ai balconi hanno appeso dei cartelloni con l’arcobaleno e la scritta “ANDRÀ TUTTO BENE”.
Io e mia figlia rimaniamo abbracciate ad ascoltare gli abitanti del quartiere che provano a sentirsi più vicini in questo periodo complicato.
Il mattino dopo mi preparo per portare mia figlia dai nonni. Da quando ho aperto gli occhi continuo a ripetermi che è la cosa più giusta da fare ma so già che mi mancherà da morire.
- Mi raccomando fai la brava e ubbidisci alla nonna. – Le dico quando siamo davanti al portone.
- Certo mamma. Mi mancherai.
- Anche tu piccolina.
Appena mia madre viene ad aprire do un ultimo abbraccio a Chiara e vado al lavoro.

- Allora com'è andata con tua figlia? – Mi chiede Alice durante la pausa pranzo.
- Bene. L’ho lasciata stamattina da mia madre e spero che faccia la brava.
Invece ieri sera ho chiamato i fornitori delle mascherine e mi hanno detto che sono in ritardo con le consegne. Devono sbrigarsi perché le cose peggiorano sempre di più.
- A me non sembra vero che stiamo vivendo queste cose. È come essere in un film di fantascienza.

La sera torno a casa stanchissima e appena apro la porta ho una fitta di malinconia per l’assenza di Chiara.
Mangio in fretta e decido di fare una videochiamata con lei.
- Ciao amore, com'è andato il primo giorno dai nonni?
- Bene mamma. Oggi sul gruppo WhatsApp della mia classe hanno detto che dovremo fare lezione a distanza, chissà come sarà. Spero che riusciremo comunque a studiare tutto per prepararci all’esame. Invece all’ospedale che hai fatto?
- Ormai passo le giornate a fare tamponi. Sono dei test per vedere se una persona ha il virus o no.
- Ho capito. Buonanotte mamma ci sentiamo domani.
Sto per riattaccare quando sento la musica che si diffonde in tutto il quartiere.
- Chiara devo farti vedere una cosa. – Dico girando il telefono in modo che possa guardare anche lei.
- Sono i canti di ieri sera. Che bello, mi dispiace solo di non essere lì con te.
- Facciamo così: ogni volta che le persone cantano dai balconi faccio un video e te lo mando. Va bene?
- Certo, almeno sarà come essere insieme.
Le auguro la buonanotte dopodiché vado a letto anch’io, raggomitolandomi sotto le coperte e addormentandomi subito.

Ed eccoci arrivati al secondo capitolo Freedom Writers!
Cosa ne pensate della decisione di Martina?

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