Capitolo 6
Dorothy
Ieri sera sono riuscita a non incontrare mio padre. Sono rimasta fuori casa fino a tarda notte, in un bar del centro, a studiare. Quando sono rincasata c'era un silenzio quasi assordante, ma ne sono stata felice. Non credo che sarei riuscita ad affrontarlo, non dopo una giornata così intensa e stressante come quella di ieri.
Quando vado di sotto per fare colazione lo vedo seduto al suo solito posto, a capotavola, mentre legge il giornale sul suo iPad, bevendo caffè.
Appena mi sente entrare nella stanza, alza lo sguardo e quando incrocia il mio provo un moto di repulsione nei suoi confronti. Lo odio!
Non dovrei provare un sentimento simile per colui che mi ha messo al mondo, ma è più forte di me, dopo quella notte nulla è più come prima. Tutto ciò in cui credevo fino a qualche mese fa, le poche sicurezze a cui mi aggrappavo in questa vita fatta di incertezze, sono state bruciate, distrutte, annientate.
«Buongiorno, piccola. Ieri hai fatto tardi? Non ti ho sentita rientrare.»
«Già, avevo da fare.»
«Cosa?» Appoggia il tablet sulla tavola e quel rumore mi fa sobbalzare. Non voglio che pensi che abbia paura di lui, ma in un certo senso è quello che provo nei suoi confronti: paura, schifo, repulsione.
«Fatti miei», sibilo tra i denti e non so se voglio che mi abbia sentito oppure no.
«Oh, non direi proprio. Si darebbe il caso che sei mia figlia.»
«Non sono una tua proprietà», sbotto.
Lui si alza e mi troneggia davanti, riesco a sentire il suo respiro sul mio viso. «Quando sono a casa pretendo che rientri massimo per l'ora di cena, si mangia tutti insieme. Fine della storia.»
Stringo forte i pugni, vorrei mollargliene uno nello stomaco, ma riesco a trattenermi. Sbuffo e gli do le spalle per preparare la colazione a me e a mia mamma. Prima che lasci la sala mi richiama. «Ah, e stasera parteciperemo tutti e tre a una serata di gala. Avvisa anche tua madre.» Alzo gli occhi al cielo e non ribatto, so che qualsiasi cosa io possa dire o fare, comunque mi toccherà andarci. Mio padre ha sempre amato far vedere agli altri che la nostra famiglia è perfetta e se fino a qualche mese fa ne ero convinta anche io, ora devo decisamente ricredermi. È solo un gioco di potere e ora né è lui il detentore.
Quando entro in camera di mia madre trovo la luce dell'abatjour già accesa, mentre lei è seduta appoggiata allo schienale del letto.
«Ho portato la colazione.»
«Eccoti, ti stavo aspettando.» Il suo mezzo sorriso mi fa sperare che finalmente sta meglio.
«Lo so.»
«Ti ho sentita parlare con tuo padre.»
«Già, stasera dovremo presenziare a una serata.»
Lei non dice nulla, annuisce e poi si mette a sorseggiare la sua tisana calda, mentre io sgranocchio del pane tostato con la marmellata.
Il sabato mattina è il nostro momento, che sia un giorno buono o nero per lei, il sabato mattina lo dedica a me, si rianima e passiamo insieme un po' di tempo.
Mia madre è una donna forte, coraggiosa, una di quelle determinate e che non si lascia scalfire dalla vita, ma purtroppo quello che è successo in questa casa due mesi fa ha sconvolto anche lei a tal punto da ridurla in questo stato. L'unico che sembra non aver risentito dei fatti di quella notte sembra essere proprio mio padre ed è per questo che non riesco a smettere di odiarlo.
«Andrà bene, staremo insieme.» Le accarezzo il dorso di una mano.
«Sempre insieme.»
Decido di passare il resto della giornata lontano da casa, siccome mio padre ha avuto la bellissima idea di non andare in ufficio e lavorare da casa. Recupero un libro, il mio computer e un quaderno, pronta per immergermi in qualche nuova avventura letteraria. Mi rintano in un bar poco distante da casa tra caffè, pasticcini e il libro che sto leggendo, la giornata sembra volare.
Pago il conto e rientro prima che mio padre si arrabbi per il mio ritardo.
Quando arrivo in camera, trovo un abito e degli accessori già pronti sul letto. Vedo tra questi un anello con una pietra rosa, lo riconosco subito, è di mia madre. Ho sempre amato quel gioiello, fin da quando ero bambina.
Mi preparo velocemente e quando torno di sotto con addosso il vestito bianco e rosa, lei mi sta aspettando seduta sul divano. La raggiungo e la abbraccio, perché voglio che lei sappia quanto è importante per me, quanto abbia bisogno di averla vicina.
«Ma sei bellissima!», esclama sorridente. Non la vedo così raggiante da un pezzo.
«Tu lo sei.»
«E l'anello...» Glielo mostro al mio dito ancora incredula.
«Voglio che lo tieni tu adesso, avrei voluto dartelo mesi fa, per il tuo compl... Insomma, poi... Ora è tuo.»
«Grazie, mamma.»
«Grazie a te per essere la figlia meravigliosa che sei.»
Non partecipiamo a una serata del genere tutti e tre insieme, da quel giorno. Sono sicura che nessuno in quell'ambiente ci farà pesare quello che potrebbe essere successo nella nostra casa. Per i presenti sono solo i soldi che contano, più ne hai, più sei osannato, anche se sei un pezzo di merda, verrai sempre difeso da questa società, soprattutto se fa comodo prima a loro.
Nell'enorme sala veniamo accolti con tanti saluti, finti sorrisi, abbracci e baci di gente di cui personalmente non conosco nemmeno l'esistenza e a essere sincera questa ipocrisia mi fa venire l'orticaria.
Mia madre mi prende sottobraccio e insieme ci addentriamo nella sala, soffermandoci a osservare qualche quadro, unico tocco di colore su quelle pareti bianche. Alla fine, decidiamo di dedicare qualche attenzione al panorama in terrazza. Il sole, che pian piano sta lasciando il posto alla luna, tinge di rosa il cielo e specchiandosi sul laghetto lo fa brillare, come se tante lucciole danzassero sul pelo dell'acqua. L'aria sembra tingersi di magia e il rosa inizia a sfumare nel rosso, mentre le verdi foglie sugli alberi danzano armoniose. Socchiudo gli occhi respiro a fondo e poi li riapro quando sento una voce pressocché familiare. «Gradite?»
Mi volto lentamente e, quando incroci quelle due biglie scure e lucide, sento il battito del mio cuore accelerare. «Damon?»
«Do-Dorothy?» Il suo sguardo mi accarezza dalla testa ai piedi e poi di nuovo dal basso verso l'alto. Deglutisco e mi inumidisco le labbra. Maledizione! Non posso negare l'effetto che mi fa e non posso nemmeno controllare le mie reazioni istintive.
«Ehm, ciao. C-Cosa ci fai qui?», gli domando, ma la risposta è ovvia, visto che ci porge un vassoio di tartine. «S-Scusa.» Scuoto la testa in imbarazzo.
«Figurati.» Mi sorride facendomi sentire meno in colpa.
«Ah, Damon, lei è Ariel, mia madre. Mamma, lui è il mio nuovo allenatore di box.»
«Piacere di conoscerti, Damon.»
«Tutto mio, signora. Gradite qualcosa da mangiare nell'attesa.»
«No, grazie.» Gli sorride dolcemente.
«Tu, Dory?»
«Ehm, n-no, grazie.» Dio, quando mi chiama con questo nomignolo quasi mi sciolgo davanti a lui. Sembro una ragazzina con una cotta per il ragazzo più grande. Sembro? Forse lo sono.
«Ok, allora buon proseguimento.»
Quando è abbastanza lontano, mia madre mi dà una leggera gomitata al fianco. «Il tuo nuovo allenatore, eh?»
«Già, non te lo avevo detto?»
«No, affatto. Mi sembra un gran bel ragazzo.»
«Mamma!», la ammonisco sottovoce e sentirla ridere mi riempie il cuore di gioia.
«Ma è la verità. Non dirmi che non ti piace.»
«Non mi... piace.»
«Sei una pessima bugiarda.» Ridacchia e mi fa un occhiolino. «Sembra anche un bravo ragazzo.»
Lo è, almeno credo. Chi mai avrebbe fatto quello che ha fatto lui per me ieri? Mi sento un'imbecille per come ho reagito, per essere esplosa in lacrime davanti a lui, per avergli mostrato le mie fragilità.
Nonostante ciò, però tra le sue braccia mi sono sentita cullata, protetta... E non posso negare che avrei voluto quel bacio mancato. Ma forse l'interesse non è reciproco.
Forse tutti questi pensieri e desideri sono solo miei e infondo va bene così, perché non mi merito un briciolo di felicità.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro