Capitolo 19
Dorothy
Sono innamorata di Damon. Quella consapevolezza mi spaventa e mi rassicura allo stesso tempo, come se dentro di me combattessi una guerra tra ciò che sento di volere e ciò che sento di dover fare. Ma per una volta, per una sola volta, voglio essere felice e godermi quello che la vita mi sta donando.
Apro la porta nella speranza di non svegliare nessuno e mi sfilo le scarpe per non lasciare impronte per terra. Sono tutta bagnata di acqua piovana, ma sorrido. Quando mi rimetto dritta un lampo illumina la sala e vedo l'ombra di mio padre seduto sul divano.
«Porca troia», borbotto sobbalzando e portandomi le mani sul petto. Ma che cavolo!
«Finalmente, ti sembra questa l'ora di tornare?» La sua voce è dura, gelida e l'unico sentimento che riesco a scorgere nel suo tono è rabbia.
Alzo gli occhi al cielo e stringo forte i pugni. Io invece lo odio! «Mamma sapeva sarei tornata verso l'una.»
«Non me ne frega un cazzo di cosa sa tua madre!», sbraita e si avvicina con un fare per nulla amorevole.
«Questa è la mia vita, non pensi di averla rovinata già abbastanza con le tue cazzate, eh?», sputo velenosa.
Lui ride e quel suono mi fa rabbrividire. Quest'uomo mi fa paura e non è mai stato così, prima... Prima amavo mi padre, era il mio super eroe, colui che mi avrebbe salvata da qualsiasi situazione e che mi avrebbe resa felice, sempre, peccato che con il tempo sia diventato lui la ragione delle mie pessime giornate.
«Ah! Ah! Sei solo una ragazzina, come quella tua amica... è stata lei a rovinare la mia e la tua vita!»
«Non parlare così di Maddy, non meriti niente, io so la verità!» Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi e lo stomaco contorcersi.
«Non sai un cazzo!»
«Io ti ho visto!» Una rabbia cieca percorre ogni fibra del mio corpo e mi ritrovo con le mani sul suo petto per spintonarlo. «Ti ho visto!»
Lui ride ancora prendendosi gioco di me. «Cos'hai visto? Tu non sai niente.»
«Ti odio, ti odio con tutta me stessa. Vorrei non fossi mio padre!»
A quell'esclamazione sento la sua enorme mano sul mio viso, uno schiocco così forte che avverto la pelle friggere a contatto con le mie lacrime. Indietreggio, ma lui mi afferra per un polso, lo stringe così forte da farmi male, poi mi fissa dritto negli occhi. «La tua amica è una puttana.»
Vorrei urlare che non è vero, che lui è uno stronzo, che è tutta colpa sua, ma il coraggio viene a mancare ancora una volta e quando sento la sua mano lasciare la presa, corro via e mi richiudo in camera. Ho bisogno di una doccia, ma tutto quello che riesco a fare è sedermi per terra, con la schiena contro la parete e piangere tutte le lacrime che ho.
Non merito la felicità, non merito Damon, Lily e nemmeno Josh. Non merito niente, sono una fannullona, una traditrice e devo soffrire per quello che ho fatto a Maddy e che continuo a farle ogni volta che non parlo, che non dico la verità su quella dannata notte. Sono una sua complice, sono una persona orribile tanto quanto lui.
Mi rannicchio su me stessa e rimango in quella posizione a lungo.
Passo i successivi due giorni chiusa in casa, il telefono continua a squillare per le telefonate in ingresso e gli sms, ma non ho voglia di rispondere, voglio rimanere da sola chiusa in questa stanza.
Qualcuno bussa alla porta della mia camera.
«Tesoro, sono io, apri per favore? Ti ho portato il pranzo.» La voce di mia madre è un faro nel buio.
«Non ho fame.» E non voglio che mi veda in queste condizioni. Ho ancora la guancia tumefatta e un orribile segno sul polso.
«Ti lascio il vassoio qui, devi mangiare qualcosa.»
Non rispondo, ma sento il suono dei suoi passi mentre si allontana. Mi rigiro su me stessa e stringo le gambe al petto. Sono in questa posizione da così tanto tempo che mi sembra di non sentire più le gambe, le braccia, la schiena, niente.
Non so quanto tempo passi ancora, prima che mia mamma torni a bussare alla mia porta. «Tesoro, senti, di sotto c'è una visita per te.»
Una visita? Sarà Damon?
«Chi è?»
«La tua amica, Lily.»
A quella frase sobbalzo e mi metto a sedere. Come cazzo ha fatto a scoprire che abito qui? Ma cosa ci fa qui? Mi agito, avverto la paura, la tensione, l'ansia fare capolino nel mio stomaco, nella mia testa e nel mio cuore che inizia a palpitare a una velocità elevata. Mi alzo di scatto e infilo un paio di leggings e una felpa al volo prima di andare di sotto. Lily e qui, cazzo, è proprio qui. Non doveva venire, non doveva scoprire dove abito, no, no, no! È tutto sbagliato.
«Eccoti, che cavolo di fine hai fatto?», sbotta e io stringo forte le labbra. «Ti stiamo chiamando da due giorni e non rispondi, dannazione, ti sono venuta a cercare ovunque, anche a casa tua.» Smorza una risatina ironica.
«Lily, io... Mi... Mi dispiace, non sto tanto bene.»
Lei assottiglia lo sguardo e mi scruta. «Cosa ti è successo?» Ma io scuoto la testa. «Perché non mi hai dato il tuo vero indirizzo? Credevi potessi venire a derubarti?»
«Ma che dici? No, io... No.»
In quel momento, come un'ombra malefica, sento la presenza di mio padre nella stanza e tutte le mie paure diventano realtà.
«Buonasera, tu devi essere un'amica di mia figlia.» Si avvicina come se non esistessi e questo mi manda su tutte le furie. «Piacere io sono...»
«Lei non è mia amica», sbotto interrompendolo e in quell'istante lo sguardo di Lily si posa su di me. «Non siamo amiche e non lo saremo mai», dico con un nodo in gola, consapevole di averle appena spezzato il cuore. Mi sento un mostro, ma io so che lo sto facendo per lei, per il suo bene.
«Dory...» Il suono della sua voce mi provoca una stretta al petto, ma non posso permettere a mio padre di interferire di nuovo, di far del male anche a lei.
«Mai, mai!»
I suoi occhi sono due pozzi che mi risucchiano e mi fanno sentire ancora più in colpa, ma è giusto così, penso, anche se so che non è vero, anche se so che sta soffrendo. Mi dà le spalle e scappa via, mentre sento la risata di mio padre riempire la stanza. Lo odio, odio tutto della mia vita, che senso ha continuare così... Infilo le scarpe ed esco anche io. Inizio a camminare senza una meta, con il solo obiettivo di placare questa voce che continua a ripetermi che forse sarebbe meglio farla finita. So che non devo darle ascolto, ma è così forte adesso, così prepotente. Mi sembra di impazzire. Mi porto le mani alle orecchie per zittirla, con le lacrime che mi bagnano il viso e un senso di inadeguatezza che si fa largo nella mia testa e nel mio cuore.
2 mesi prima
L'ora della fine
H: 23
«Ahi!» Mi porto una mano sulla base del collo e me lo massaggio. Mi sono addormentata con il collo piegato. «Maddy», bofonchio, peccato che lei non sia accanto a me. «Mad?» Mi stiracchio e accendo la luce in camera. Le sue cose sono ancora qui, forse è in bagno. Così mi alzo e la cerco, ma non c'è. Vado di sotto, il nulla più totale, nemmeno in giardino. Sospiro e torno di sopra. Ma dove si è cacciata? Cammino lungo il corridoio del piano superiore, la camera dei miei è chiusa, proseguo finché non vedo la luce accesa dello studio di mio padre provenire da sotto la porta. Mi avvicino e d'istinto appoggio delicatamente l'orecchio alla porta, ma sento degli strani rumori, così facendo meno rumori possibili, la apro e quello che mi si presenta davanti è orribile e devastante.
«Bas-ta, t-ti pre-go, la-scia-mi», singhiozza la mia migliore amica sdraiata sulla scrivania, mentre l'uomo che dovrebbe essere mio padre continua a spingersi dentro di lei con irruenza. Le tiene una mano sul viso, sulla bocca e con l'altra le stringe i polsi.
«Zitta, devi stare zitta!» Ringhia sul suo viso.
«N-Non vo-glio, ba-sta.»
«Shh, tra poco è tutto finito. Dio, quanto ti ho desiderata», grugnisce e io indietreggio nell'oscurità. Non è possibile, non è vero quello che ho visto. Mi nascondo appoggiando le spalle alla parete accanto alla porta e resto lì fino alla fine. Fino a quando non sento lui rivestirsi e la mia amica singhiozzare disperata. Vorrei entrare, abbracciarla e rassicurarla, ma resto impietrita e quando sento i passi di mio padre avvicinarsi alla porta scappo via e mi richiudo in camera, mi rannicchio nello stesso modo in cui mi sono svegliata e inizio a dondolarmi. Non può essere vero, deve essere un sogno, anzi un incubo. Sì, è decisamente così, domani mi sveglierò e mi renderò conto che non è la verità, che la mia amica non è stata appena stuprata da mio padre, la sera del mio diciottesimo compleanno.
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