Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

X

Mi sento leggera stanotte, danzo libera nel cielo.

Cammino disinvolta verso casa. La vita è solo mia e non sarà più la stessa.

Il mio dolore, quello più intimo e più profondo, ha lasciato spazio ad una nuova consapevolezza.

Tess, ti ho detto addio, ti ho lasciata andare e so che lassù nel cielo buio della notte mi stai guardando.

Solo così ho potuto svuotarmi delle malinconie profonde, dall'aspra sensazione dell'infelicità.

Non esiste più rassegnazione.

Nessuna indomabile rassegnazione.

Quando entro in casa mia madre mi aspetta con le braccia conserte, mi fulmina con il suo sguardo arcigno e crudele.

Uno sguardo privo d'amore.

«Mi rivolgerai la parola prima o poi, Alice?»

Ti odio, ti odio per non esserci mai stata, per avermi sempre tenuta lontano, senza mai un affetto, senza partecipazione.

Ti scruto con l'odio che esplode nel petto.

«Non ho niente da dirti!»

«Nemmeno scusa?» Batti un pugno sul tavolo della cucina. Mi fai trasalire, ma non ho paura. Non più. Non temo più i tuoi scatti di rabbia perché so che, infondo, sei solo una codarda. Non ti ho mai sentita mia, non sei mai stata mia madre. Non mi interessa nulla di te, delle tue urla, dei tuoi gesti. Mi disinteresso di te come tu ti sei disinteressata di me. Dopotutto sono solo la figlia di una prostituta, hai sempre avuto vergogna di me.

«Scusa per cosa?»

«Sei sempre stata la mia dannazione!Tu e i tuoi stupidi giochetti di bambina capricciosa!»

Respiro, cercando di mantenere la calma.

«I miei stupidi giochetti? Sono stata male, sempre invisibile ai tuoi occhi!» Scandisco le parole con la speranza che tu possa capire. Ma so che non capirai. Non saprai mai del terrore che ho avuto negli anni quando tu non mi guardavi né avevi una parola o un gesto per me.

«Male. Già. Sei sempre stata piena di vizi, Alice. Sempre! Tuo padre ti ha viziata, ti ha sempre concesso tutto. Io invece no e mai lo farò. Non sei mia figlia, Alice!»

«I miei vizi sono stati il frutto della tua non curanza, del tuo distacco, del tuo menefreghismo!»

Scuoti la testa e sorridi. La tua crudeltà entra nel mio petto come un coltello affilato.

«Vai al diavolo, Alice!» Dici mentre ti versi del vino in un bicchiere. È sempre stato il tuo modo di evitarmi.

«Non ci posso credere!»

«Cosa?» Sorseggi come se niente fosse, con una calma che mi dà il voltastomaco.

«Mi hai mandata al diavolo, ancora!»

«Te lo meriti!»

«No, non credo. Sai cosa ho capito oggi? Che posso fare benissimo a meno di te. Io voglio fare a meno di te!»

«Sei solo una stupida incosciente, con i tuoi sogni e le tue illusioni! Il faro, quello stramaledetto faro!» grida ridendo sarcastica.

Sto perdendo la pazienza, la voglia di ascoltarla.

«Non parlare così del faro, del mio faro!» Grido anch'io.

«Tu finirai male, Alice Jones! Probabilmente in una fossa assieme a Teresa!»

«Non posso permettere che tu parli così di lei. Lei ..»

«È morta, Alice! Datti una svegliata!»

Sono furiosa, talmente furiosa che prendo il bicchiere e te lo lancio contro.

«Come ti permetti?!»

Tenti di darmi uno schiaffo ma io ti afferro il polso e ti guardo dritta negli occhi.

«Me ne vado. Adesso. Ora!»

Corro al piano di sopra. Rifaccio la valigia.

Non so dove andare ma qualsiasi posto è meglio di questa casa.

Quando esco è notte inoltrata, cammino trascinando il trolley. Verso chissà dove.

Poi penso a te, Pete, penso che dovrò dire addio anche a te.

Così mi decido a chiamarti.

«Pronto?»

«Pete ...»

«Alice, che fai a quest'ora della notte?»

«Me ne vado. Per sempre.»

Ci separano minuti di silenzio.

«Per sempre?»

«Per sempre, Pete. Devo fuggire... devo andarmene.»

Mezz'ora più tardi mi trovo sotto casa tua.

Salgo le scale faticosamente.

Tu apri la porta e mi fai entrare.

Lascio la valigia e ti abbraccio.

Mi guardi negli occhi, i tuoi sono lucidi, mi accogli come se nulla ci avesse mai separati, come se il tempo della nostra distanza fosse fuggito in un attimo.

Ti avvicini a me, le tue labbra sono vicine alle mie.

Ci baciamo. Impetuosamente.

Ma una fitta al petto mi blocca.

Non posso farlo, non posso andare avanti. Andy è nella mia mente, il pensiero di lui mi trascina verso l'oceano con le onde burrascose dell'Irlanda.

Andy e le sue carezze.

Andy e i suoi baci.

Sto baciando te, Pete, ma penso all'amore, al mio vero, incondizionato amore.

Mi stacco e poso le dita sulle labbra.

«Non posso, Pete ... non ..»

«Non puoi!» Ammetti sospirando.

«È solo che ...»

«Pensi a lui, vero? Lo ami?»

Annuisco.

«Alice?» Domandi confuso e sospirando.

Mi siedo sul divano e porto le mani al volto. Tu ti avvicini a me e mi abbracci teneramente.

«Diglielo, Alice!»

Scuoto la testa. Non posso. Non più.

«È così dura, Pete ....»

«Torna da lui e diglielo.»

«Dici che... ?»

«Sì, Alice. Il tuo posto sicuro e là!»

Il mio posto sicuro.

La mia casa.

«Accompagnami, Pete. Portami all'aeroporto.»

Tu sorridi indulgente. So che mi ami, Peter e per questo accetti tutto questo per me.

Forse ti senti pentito, forse anche tu hai una coscienza.

Guidi veloce.

Il viaggio è silenzioso. Non abbiamo molto da dirci.

Quando arriviamo, scendiamo dalla tua auto.

Ci abbracciamo come un tempo, come non mai.

«Stammi bene, Alice. Per sempre!»

È un addio il nostro. Un vero addio e un po' fa male. Lascio andare te così come ho lasciato andare Tess.

«Ti ho amato, Pete, ma il nostro è sempre stato un amore tossico.»

Ci guardiamo un ultima volta, poi mi volto e entro nell'aeroporto affollato.

Adesso va bene.

Adesso sto bene.

Inspiro profondamente.

Sento il profumo d'Irlanda.

L'odore del faro.


CAPITOLO 11

Contea di Antrim, Irlanda del Nord

Quando scorgo il cielo d'Irlanda percepisco un'immensa sensazione di gratitudine.

Non riesco a crederci, non posso credere di aver fatto a meno, anche se per pochi giorni, di questa magia.

Il taxi sfreccia sulle strade deserte e io mi perdo nella bellezza dei luoghi.

Deve essere questo l'incantesimo di avere una casa.

La mia casa.

Il mio sogno.

È mattina presto e i colori dell'alba si immergono nelle acque dell'oceano, creando un'esultanza di colori.

È da molto che non provo tutto ciò; probabilmente non l'ho mai provato.

Ho inseguito i miei sogni, ho creduto in essi.

Ascolto il silenzio e mi perdo.

Ascolto il battito del mio cuore.

La mia vita.

Ho una vita e non credo ancora di poter respirare senza soccombere.

Quando arrivo chiedo al taxista di aspettare.

Il faro sorge eretto sullo scoglio. Percepisco la sensazione di forza, di potenza. La natura è questa.

Il faro è la mia natura.

Busso alla porta.

Dapprima piano ma poi quando mi rendo conto che nessuno viene ad aprirmi, busso più forte.

Niente, il silenzio.

Un misto di tristezza e preoccupazione incombe su di me.

È successo qualcosa. Deve essere successo qualcosa di molto grave.

Trafelata torno al taxi.

Il faro è come se fosse morto; nessun segno di vita, né di Andy e nemmeno di Clarence.

Tutto ciò che credevo possedere, le nuove speranze, il ricordo di un amore profondo si dilegua in schegge di ricordi, solo frammenti.

«Non c'è nessuno ...» Sussurro al taxista che mi guarda indifferente. Vuole solo essere pagato. E io sono sola, mi ritrovo di nuovo sola.

Pago e il taxi se ne va.

Mi guardo attorno agitata, vado avanti e indietro.

Il mare urla attraverso lo sciabordio delle onde. Sono violente e si scagliano contro le masse rocciose.

Socchiudo gli occhi e mi concentro sul richiamo dei gabbiani che volano in alto nel cielo. Volto le spalle al mare e ciò che vedo è solo una brughiera solitaria, deserta. Mi sento sola, mi sento impotente. Il vento spira e l'erba si muove quasi come se danzasse.

Cosa può avere spinto Andy ad andarsene?

Devo raggiungere in Murlough Bay.

Non ci sono mai stata, non so neanche quanto dista, ma devo farlo.

Cammino trascinando il trolley.

Mi manca il fiato.

Sono circondata dal verde e il sole, su in alto nel cielo, brilla.

Raggiungo le prime case accaldata e sopraffatta dalla preoccupazione.

C'è poca gente per strada, sono inquietata da questa strana tranquillità.

Presumo che si debbano conoscere tutti.

Entro dal panettiere che mi guarda incuriosito. Mi vede come una forestiera, il suo sguardo penetrante mi mette a disagio.

«Mi dica, cosa desidera?»

«Io ... vorrei solo avere informazioni su Andrew e Cadence O'Brien. Vorrei ...»

«Non so niente!» Risponde accigliato.

«Ma non può neanche aiutarmi a cercarli?»

«No! Per cortesia, se non le serve niente può andarsene.» Dice secco.

Sono allibita da così tanta diffidenza.

Entro in una pescheria, in una macelleria e nessuno intende di darmi notizie. Percepisco qualcosa di insolito, di strano che mi inquieta.

Sono esausta, stremata.

Ho solo voglia di piangere. Così mi siedo su una panchina lungo il viale completamente deserto.

Ho male al petto per le pulsazioni convulse del cuore.

C'è qualcosa che non va in questo posto.

Andy e Cadence sono spartiti nell'arco di pochi giorni.

Ho un'orrenda sensazione, temo gli sia accaduto qualcosa di grave.

Andy non ha un cellulare, non lo posso rintracciare in alcun modo.

Mentre penso e ripenso a cosa possa essere accaduto, sento dei passi avvicinarsi. Alzo lo sguardo e mi ritrovo di fronte un'anziana signora dal viso smunto e dallo sguardo inquietante. Mi spavento, i suoi occhi sono abbattuti e affranti e mi guardano con una tale intensità da stravolgermi.

«Cerco Andy e Cadence ...» La signora strabuzza gli occhi e assume una posizione accigliata.

«Cercate gli O'Brien?» Domanda sorpresa con una nota acida nella voce. «Vi consiglio di tenervi alla larga... Portano solo sciagure!»

Mi alzo di scatto, lasciando cadere la valigia.

«Perché li dovrei temere? Sa qualcosa?»

La signora annuisce e mi porge la mano.

«Sono Prudence, vivo qui da sempre. Sugli O'Brien so molte cose, purtroppo cose tristi. La loro famiglia è maledetta, porta sfortuna a questo paese. Per questo motivo nessuno osa pronunciare il loro nome!»

« ... io ho soggiornato da loro e ...»

La vecchia stringe le labbra con gli occhi sbarrati.

«Se ne guardi... se è stata da loro, se ne guardi è ancora in tempo. Portano dolori, signorina! La ragazza è una folle, il fratello... quell'uomo, be' ... il suo silenzio lo abbiamo sempre temuto.»

«Ho bisogno di sapere, Prudence. Io me ne sono andata e ...»

Prudence mi zittisce alzando una mano. Sto tremando. Ho paura, questa donna mi incute paura; il suo modo di parlare, le sue parole su Andy e Clarence mi sconvolgono.

«Ascolti, signorina, che rimanga tra noi quello che ho detto, non voglio guai!»

La osservo allibita.

«Non parlerò con nessuno. Ho solo bisogno di sapere dove si trovano.»

«Si dice che Andrew O'Brien sia in coma in un ospedale di Belfast.»

Mi si inumidiscono gli occhi di lacrime, ma cerco di mantenere la calma.

«Cosa gli è successo? La prego, la scongiuro di darmi sue notizie!»

«Pare abbia avuto un incidente pochi giorni fa. La ragazza ne è uscita indenne.»

Pochi giorni fa.

Riesco solo a pensare che tutto sia successo dopo avermi accompagnata in aeroporto.

La vita di Andy è appesa ad un filo. E la colpa è mia.

La storia si ripete ancora.

Mi lascio andare sulla panchina con il respiro affannato e la mente confusa dalle parole che ho appena ascoltato.

«La ringrazio ...» Riesco solo a sussurrare con la voce rotta dal pianto.

«Mi raccomando, signorina, non si metta nei guai, mi dia retta. Gli O'Brien sono tipi da tenere lontani! La loro è sempre stata una famiglia losca, strana, isolata. Meglio che non sappia del loro passato.»

«Che tipo di passato?» Domando perplessa.

Non la ascolto, non più. Prudence mi guarda torva e poi se ne va, lasciandomi annegare nel dispiacere.

Devo andare a Belfast, anche a costo di fare il giro degli ospedali.

A Andy e Cadence devo la vita, li amo profondamente.

Mi dirigo in stazione e prendo il primo treno per Belfast. Ho perso il conto del tempo, le ore trascorrono senza che io me ne accorga.

Sono così stanca, ma non posso mollare ora. Non devo.

Acquisto una mappa della città. Di ospedali ce ne sono diversi.

Sono troppo esausta per camminare. Così chiamo un taxi.

Il traffico mi dà la nausea, la testa sta per esplodere.

Dopo avere girato un paio di ospedali mi do per spacciata.

Non c'è traccia di Andy e Cadence, ma il taxista mi regala un'ultima speranza.

«Possiamo provare a recarci in un altro ospedale, signorina. Uno ancora.»

Appoggio la testa dolorante sul finestrino e annuisco. Ho ancora una speranza, una debole speranza.

Quando arrivo chiedo informazioni ad un'infermiera. Mi sorride.

Ce l'ho fatta, forse ce l'ho fatta.

«Le è una parente?»

«No, io ...» Chi sono io per loro?

«Non credo che possa lasciarla passare.»

È stato un viaggio a vuoto. L'ennesimo nel giro di una settimana.

«Mi può almeno dire come stanno? Io ho bisogno ... ho bisogno di loro ...»

«Mi dispiace, signorina ma ...»

Mi arrendo. Non ce la faccio più.

Sono stanca, la mente non regge. Sto avendo un capogiro, quando spunta davanti a me un giovane dottore.

«Va pure, Hannah, ci penso io alla signorina.»

Il medico sorride.

«Alice Jones?»

«Sì! Sì, sono io!» Ho urlato.

«Cadence O'Brien ha parlato di lei. È una ragazza malata, lo sa bene. Ricordo che ha fatto il suo nome diverse volte.»

«Cadence?»

«È lievemente ferita, ma se la caverà. È la sua malattia che mi preoccupa.»

Deve avere preso un duro colpo Cadence. Un colpo che ha compromesso la sua salute mentale.

«Andrew ... ho bisogno di sapere anche di lui.»

Il dottore si scurisce in volto e la paura torna. Mi gira la testa.

«Purtroppo è in coma. Le sue condizioni sono gravi.»

«Posso ... posso vederlo?»

«Certo, mi segua ...»

Percorro il corridoio con l'unico scopo di vedere Andy. Non faccio caso a niente, non mi importa di nulla.

Ci fermiamo davanti alla sua camera.

E lo vedo.

Fermo.

Immobile.

Il mio cuore esplode.

Ho bisogno Andy, ho bisogno della sua sicurezza, ma mi rendo conto di essere solo una stupida egoista.

È lui ad avere bisogno di me.

E io ci sarò.

Questa volta per sempre.


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro