Capitolo 45 - Christian
Chris
Sono due giorni che sono teso, sferro un ultimo pugno al sacco da boxe nero davanti a me che oscilla violentemente in avanti, il respiro si spezza per il poco ossigeno, il cuore non riesce a pomparne abbastanza verso i muscoli, questi bruciano.
Forse ho esagerato.
Ho chiesto scusa nuovamente a Sara per il mio comportamento, ieri sono andato da lei per parlarle, l'aria era comunque tesa, non per la scenata di gelosia, sappiamo entrambi che sono stato solo un idiota per la storia di Francesco, bensì ciò che la ferisce è la mia reticenza a renderla partecipe dei miei guai con Gabriella.
Fin'ora ho cercato in tutti i modi di sfuggire all'argomento, per fortuna Sara non mi ha fatto molte domande sulla madre di mia figlia in questo tempo, credo le faccia troppo male affrontare l'idea di me legato in qualche modo ad un'altra donna per sempre, l'idea di una donna che ci ha separati.
Sono solo due mesi che siamo di nuovo una coppia, so che è solo questione di tempo e arriverà l'ora x in cui ci siederemo intorno ad un tavolo e dovrò scoprire le mie carte, lei vorrà sapere e non avrò scampo.
Dovrò anticipare i tempi purtroppo.
Sarà giusto raccontarle tutta la verità e so che lei vorrebbe sapere, mi avrebbe riempito di domande per dissetare la sua curiosità conoscendola se non si trattasse di una ferita aperta e sanguinante.
Temo quel momento dal giorno in cui ho avuto una minima speranza di poterla riavere, perché ho sempre saputo che se mai lei fosse stata in grado di perdonare il mio comportamento e accettare Stefany, non sarebbe stata in grado poi di capire anche che...
Non mi crederebbe mai e stavolta la perderò davvero.
Butto i guanti da boxe nell'angolo di questo sgabuzzino angosciato da questi pensieri ed esco da qui, vado in bagno e tolgo la maglia con qualche difficoltà per via del tessuto appiccicato alla pelle sudata, mi spoglio del tutto e mi infilo sotto la doccia.
L'acqua bollente batte sui miei muscoli ancora doloranti e tesi, poggio entrambe le mani sulle piastrelle davanti a me e vorrei ci fosse lei in questo spazio vuoto.
Sospiro frustrato, ormai convivo con un senso di angoscia costante, so che devo affrontare il discorso, essere sincero, è l'unica possibilità che ho per sperare di non perderla, ma temo non mi crederà.
Sferro un piccolo pugno sulla piastrella schizzando l'acqua un po' ovunque, scenari di lei che reagisce nei modi più disparati si susseguono nella mia mente, ma tutti finiscono allo stesso modo, con Sara che va via.
Devo andare da lei.
Parcheggio davanti la clinica dove lavora Sara, dovrebbe finire fra mezz'ora ma non riuscivo a stare a casa, osservo l'ora e distrattamente mando un messaggio a Sergio che doveva vedersi con un amico in centro.
Qualcosa mi dice che questo amico ha lunghi capelli pieni di treccioline e un bel sorriso, spero per loro che non li scopra Carlo, perché altrimenti li fa fuori entrambi, anche se non è un comportamento corretto che sta avendo Sergio verso il nostro amico, prevedo guai.
Per caso alzo lo sguardo verso l'ingresso e quasi mi cade il telefono dalle mani, di scatto apro lo sportello e scendo di corsa dall'auto, non so neanche se l'ho chiuso poi o meno, possono anche rubarmi l'auto, non me ne frega ora, sono già su per le scale.
Entro dalle porte a vetro scorrevoli che quasi apro io di forza, non posso attendere, sono troppo lente e devo essere veloce, ignoro la ragazza alla reception e vado a destra, davanti a me la sala d'aspetto semi vuota ormai data l'ora prossima alla chiusura.
Un ragazzo con il braccio fasciato, una signora anziana con la stampella accompagnata credo dalla figlia, data la somiglianza, infine una suora con una cartella clinica fra le mani.
Vorrei chiederle di contattare il suo capo ai piani alti perché al momento avrei davvero bisogno del suo aiuto urgentemente.
Dietro il box non c'è nessuno e comunque non mi sarei fermato, a passo svelto mi infilo nella porta blu che conduce a tutte le stanze dove si fanno le terapie, proprio dove l'ho fatta io.
Mi guardo intorno, il corridoio per fortuna non è deserto, chiedo subito di Sara dicendo di avere un appuntamento con lei, mi portano direttamente alla sua postazione, ringrazio prima di entrare.
Varco la porta con timore, il cuore quasi mi schizza in gola, non so bene cosa aspettarmi di trovare dietro questa porta.
Sarebbe la fine trovarla con...
Non può andare tutto a puttane così.
Mi faccio coraggio e quasi trattenendo il respiro di scatto apro la porta, i suoi occhi scattano nei miei, Sara è in piedi che finisce di sistemare degli strumenti, il suo sguardo è sorpreso, credo che il mio sia ancora terrorizzato.
Richiudo subito la porta dietro di me, lo stomaco è talmente in subbuglio che credo stia per vomitare, sarebbe stato un colossale disastro, l'avrei persa per sempre se solo...
Impercettibilmente alzo gli occhi al cielo e ringrazio un'entità superiore, chiunque ci sia in ascolto, perché qui, deve essere per forza intervenuto qualcuno.
Tutto questo mi spinge a dirle subito la verità, deve saperla da me, non così, ma non qui, non ora.
Tiro un sospiro di sollievo, almeno fino a quando lei non parla.
"Che ci fai qui? Allora eri tu che mi stavi aspettando nella stanza quattro."
Capisco, da questa frase di essere arrivato appena in tempo, ancora una volta sono disposto a mentirle, ancora una volta sono disposto a tutto pur di salvare questo amore.
"Si, che ne dici se ce ne andiamo? Vorrei passare un po' di tempo insieme."
Mi avvicino e la stringo forte, come se stesse sparendo dalle mie braccia proprio in questo momento, e so che purtroppo potrebbe essere così.
Stringo forte gli occhi perché non voglio pensare ad una possibilità simile, stavolta, dopo averla riavuta, dopo aver sperato in un futuro insieme, non potrei sopravvivere nel perderla.
"Stai bene?"
Sara preoccupata nota le mie stranezze, impossibile non farlo, cerco di abbozzare un sorriso annuendo.
"Mi dispiace ma devo andare a scegliere il vestito da damigella con le ragazze, Emma ci sta facendo impazzire per questo matrimonio, te ne avevo parlato."
Mi sembra dispiaciuta, io invece ne sono sollevato, non sarei riuscito a mascherare questo stato d'animo.
"Tranquilla, è colpa mia, l'ho dimenticato."
La accompagno fuori fino all'auto e per fortuna ha parcheggiato sul retro quindi all'interno della clinica facciamo un'altro percorso, ma ad ogni passo ho il terrore di non essere soli, ma so che il mio incubo è nella stanza numero quattro.
Per fortuna Sara è uscita prima proprio per via di questo impegno con le ragazze, lasciando gli ultimi tre pazienti nelle mani degli altri due colleghi presenti in clinica, la vedo immettersi nel traffico ed andare via.
Non mi aspettavo una mossa simile, questa volta sono arrivato in tempo, ma non posso sfidare il destino.
Stropiccio la faccia con entrambe le mani per poi farle scrivolare sui capelli fino al collo, seguo il marciapiede andando verso la mia auto, guardo le porte della clinica, so che fra non molto vedrò la sua figura apparire lì, qualunque cosa dirò sarà inutile e servirà a poco perché se ha deciso di sfidarmi a tal punto da venire a parlare con la mia ragazza, significa che vuole distruggermi.
Il momento della verità con Sara è arrivato, non posso attendere ancora o la perderò, so solo questo.
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