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70


ERIN

5 anni dopo...

«Mamma!»
Chiudo l'involucro di carta infilandolo dentro lo zainetto insieme alla bottiglietta d'acqua e mi sposto in camera.
Enea se ne sta in posa davanti allo specchio. Cerca di aggiustarsi i capelli scuri, come quelli di suo padre. Si volta al mio arrivo e mi annienta con i suoi occhi chiari, simili ai miei. È il perfetto mix, un equilibrio tra me e Shannon.
«Che succede?»
«Non vogliono stare in ordine. Uffa! Mi aiuti, mammina?»
Sorrido per il pasticcio che sta facendo sui suoi capelli, inginocchiandomi davanti a lui. «Fammi vedere che cosa ha che non va questo bel ciuffo di capelli.»
Protende la sua manina posandola sulla mia pancia, ormai molto simile ad un palloncino. Non ho ancora preso un kg ma la gravidanza procede, anche se mi ritrovo ancora a correre il rischio di una perdita.
La prima volta non è stato facile per me. Ho avuto paura di perdere il mio bambino quando una notte mi sono svegliata in seguito ad un forte dolore, ritrovandomi insanguinata. Per fortuna, alla fine, ho il mio miracolo qui davanti a me.
«Non devi abbassarti. Papà ha detto che non puoi», si fa serio, mi rimprovera assottigliando gli occhi, pronto a fare i capricci.
Mi sfugge una risata e mi siedo a terra a gambe incrociate. «Va meglio così?»
Annuisce alzando il mento, sulla guancia una graziosa fossetta. Un solo bacio da parte dell'angelo che l'ha salvato quella notte, insieme al tempestivo aiuto di mio padre e Shannon che, non ha perso la speranza, neanche quando tutto sembrava volgere al peggio.
«Si, adesso si. Mamma, allora mi aiuti?», sospira mettendo il broncio.
Lo avvicino aggiustandogli i capelli. Mi porge il gel e prendendone poco, per accontentarlo, gli sistemo il ciuffo.
Procedo indagando sempre più divertita dalle espressioni che continua a mostrare davanti allo specchio.
«Te lo ha detto papà di usare questo?», indico il gel.
Prova a mettere un dito in bocca poi ci ripensa e lo nasconde dietro la schiena. Ancora una volta alza il mento. «Si, dice che così faremo colpo.»
Alzo gli occhi al cielo. «Parlerò con papà appena passerà a prenderti. Sei ancora piccolo per fare colpo e sono molto gelosa.»
Ride quando lo avvicino abbracciandolo, facendogli il solletico. «Adesso sei pronto.»
Corre a prendere il cappello che indossa con la visiera al contrario, lasciando uscire il ciuffo sul davanti. «Adesso lo sono!»
Scuoto la testa. «Papà ti sta proprio plasmando a sua immagine e somiglianza», provo ad alzarmi e sento un movimento strano e a seguire una forte fitta. Faccio una smorfia e barcollo lievemente.
Enea ha lo sguardo attento, capta in fretta e avvicinandosi posa le mani sulla mia pancia. Mi guarda con il suo visetto dolce e angelico, più che preoccupato. «Mamma, stai bene?», chiede.
Sa che non sto bene perché ancora una volta mi ritrovo ad affrontare una gravidanza a rischio. Shannon gli ha detto che non deve farmi arrabbiare e che deve vegliare sempre su di me, soprattutto quando siamo a casa da soli; gli ha persino insegnato il numero delle emergenze, e ora Enea non fa altro che proteggermi, seguirmi e chiedermi di stare attenta. Uno scricciolo così agile e così dolce pronto a tutto per me. Chi lo avrebbe mai detto?
Lo amo così tanto da esserne orgogliosa ogni giorno di più. È l'amore della mia vita.
«Si, si è solo mossa la tua sorellina.»
I suoi occhi tra il verde e l'azzurro chiarissimo, si illuminano. Succede tutte le volte che glielo dico. Vede la cosa come un evento unico e straordinario.
In questi anni gli abbiamo insegnato a saper amare, a sapersi difendere, ad essere buono e giusto, a non fare i capricci e a prendersi cura delle persone che lo circondano. Gli abbiamo insegnato a sapere amare, a dimostrare affetto, a non avere paura di niente e a sapere affrontare tutto, ad essere curioso e a non imporsi mai dei limiti. So che è ancora piccolo ma rivedo me stessa quando si dimostra maturo per un bambino della sua età.
In questi anni, siamo stati dei genitori apprensivi, presenti e affettuosi. Abbiamo sempre cercato di non viziarlo, anche se spesso non è stato poi così facile, abbiamo cercato di non deluderlo, di essere sempre presenti, di incoraggiarlo senza mai obbligarlo a fare qualcosa.
Da un lato ha avuto accanto Bradley e dall'altro Shannon, che non ha mai avanzando alcun diritto in più su di lui. Abbiamo sempre fatto tutto per il suo bene, mettendo da parte ogni genere di problema. Lo abbiamo fatto crescere in un ambiente tranquillo, proprio come ho desiderato sin dall'inizio. In una famiglia che farebbe di tutto per lui, pur di vederlo felice. Perché lui è il mio miracolo e non intendo perderlo.
«Mamma...», inizia cantilenando.
«Si?»
«Starà bene?», chiede ancora, accarezza il ventre e aspetta una mia risposta.
Shannon non ha filtri con lui. Dovrebbe smetterla di farlo preoccupare per me.
Mi sollevo portandolo in cucina. Ci teniamo per mano fino a raggiungere il soggiorno. «Si», dico sedendomi sul divano dolorante.
Non sembra convinto e sedendosi accanto posa l'orecchio sulla mia pancia massaggiando con la mano il mio ventre. Il suo amore e il suo gesto, alleviano la paura che ho di perdere la bambina che tengo in grembo.
«Ehi tu, si, dico proprio a te che stai lì dentro la mia mamma e ti nascondi. Non farle male o ti faccio il solletico.»
Rido abbracciandolo. «Sai che ti amo?»
Sorride mostrando il piccolo spazio tra i denti di davanti. Ne ha già perso uno giocando a baseball, in seguito ad una caduta. Shannon in quell'occasione è andato nel panico, totalmente, ma Bradley è stato così pronto e bravo da spiazzarci tutti. Non ha spaventato il nostro bambino.
Ama Enea come se fosse suo. È un uomo unico. Ogni giorno passato insieme a lui è una continua sorpresa e, non ha fatto altro che rafforzarci. Siamo una coppia unità.
«Io di più», arriccia il naso protendendo le labbra verso la mia guancia.
«No, io più del tuo più.»
Ridacchia negando. «No, io di più del tuo di più», ribatte baciandomi la guancia, gettandomi un braccio intorno al collo.
Lo stringo ricambiando, sentendomi così fortunata e completa da essere felice. Inspiro il suo odore, quello buono che hanno i bambini.
La bimba scalcia e stringo i denti. Enea ha ancora la mano sulla mia pancia quando sente il colpo. Sgrana subito gli occhi poi ridacchia abbastanza forte da riempire la nostra casa silenziosa.
«Allora ci sei, furbetta! Sei gelosa, eh? Perché fai finta di dormire?»
Rido divertita. Adoro quando parla con lei.
Porto la sua manina sul piede della bambina. Scalcia di nuovo e lui ride. «No, non dare calci alla mamma. Ho capito, non è solo mia. Però... mentre tu sei lì dentro, io posso volerle bene più di te?»
La bambina si muove ancora e boccheggio in cerca d'aria. «Uhhh, oggi è arrabbiata», dico. «Non stuzzicarla, piccolo.»
Enea mi guarda un momento prima di appoggiare le labbra sulla mia pancia. «Non arrabbiarti. La mamma vuole bene anche te. Sbrigati a nascere, così poi possiamo giocare insieme. Ti amo Gioia», sussurra.
I miei occhi si inondano di lacrime. L'emozione è tanta quando sento pronunciare il suo nome. Non è ancora nata, mancano ancora due mesi, ma fa già parte della nostra vita.
Abbiamo scelto il nome, appena abbiamo saputo che presto una bambina avrebbe riempito le nostre giornate insieme ad Enea. Non riesco a dimenticare l'espressione di Bradley, incredulo ed emozionato e quella felice del piccolo quando glielo abbiamo detto nel panico, perché non sapevamo come annunciargli la notizia che presto non sarebbe più stato solo.
«Gli piace la tua voce», dico. «Però non dirlo a papà.»
Enea si tappa la bocca con un sorrisetto furbo. «Certo che gli piace la mia voce, sono il suo fratellone! Lei mi vuole già bene.»
Bacio la sua testa. «Va a prendere gli snack che vuoi portare dietro o farai tardi. Non metterne troppi o ti verrà il mal di pancia.»
Enea si stacca guardando dapprima la mia pancia poi me e scendendo dal divano continua a tenermi d'occhio.
È furbo, deciso, sveglio, intelligente. È tutta la mia vita.
Papà e mamma sono felici e innamorati del loro primo nipotino e non vedono l'ora di conoscere anche Gioia.
Non è stato uno shock per loro, sapere che presto un bambino avrebbe riempito le nostre giornate. Non è stato neanche imbarazzante o difficile spiegare che il padre sarebbe stato Shannon e non il mio compagno. Tutti sono letteralmente impazziti alla notizia e, il giorno dopo, si sono presentati in ospedale. Li ho trovati dietro la porta dopo avere fatto una visita, pronti a darmi una mano, a farmi sentire tutto l'amore che non ho mai creduto di meritare.
Mi sollevo raggiungendo Enea in cucina, prima che faccia qualche pasticcio.
«Ho già messo i panini dentro lo zaino e la bottiglietta d'acqua. C'è anche lo spray per le zanzare e i cerotti sono dentro la scatolina.»
«Hai fatto i toast?», indaga scegliendo tra un sacchetto di patatine e una stecca di biscotti con una tavoletta di cioccolata nel mezzo.
È piccolo ma sa già quello che vuole. Ha dei lati del carattere simili a Shannon mentre altri, li sta assimilando nel tempo da Bradley.
«Si», lo metto alla prova.
«Senza il bordo?»
«Tu che dici?»
Ci pensa. «Si, lo ricordi sempre. Sei la mamma migliore del multiverso.»
«The Flash?»
I suoi occhi vispi mi guardano complici e avanza il pugno. Premo il mio sul suo e tirandolo indietro mimiamo una piccola esplosione prima di abbracciarci.
Passiamo spesso qualche ora davanti la tv mentre aspettiamo il ritorno di Bradley per la cena e, come me, ha iniziato ad avere una passione per le serie tv dove vi sono dei supereroi e per i libri che, ci chiede di leggergli prima di andare a dormire. Bradley impazzisce quando glielo domanda e spesso si addormenta insieme a lui con quell'aria serena di sempre e le pagine di "Harry Potter" attaccate sulla faccia.
Mi piace il rapporto che hanno quei due. Sono complici in tutto. A volte bisticciano ma alla fine tutto si risolve. Ci sono momenti in cui mi viene ancora il dubbio sulla paternità, poi però ricordo il test e smetto di pensare che sia di Bradley, perché è a tutti gli effetti figlio di Shannon.
«Mamma», inizia con una smorfia.
Mi avvicino a lui. «Che succede?»
«I miei compagni a baseball mi prendono in giro.»
Corrugo la fronte e dentro di me scatta l'istinto di protezione. «Perché?»
«Perché ho due papà e dicono che non è possibile, che sono un bugiardo», scarta un cioccolato mangiandolo imbronciato.
Pulisco l'angolo del suo labbro. «Non sei un bugiardo, piccolo. Non devi neanche pensarlo. Sei fortunato ad avere due papà che ti amano e una mamma che ti proteggerà sempre da tutto. Sono solo invidiosi, perché hai due persone meravigliose accanto.»
Vedendolo pensieroso mi avvicino appoggiandomi con i gomiti sul ripiano. Lo guardo negli occhi, proprio come piace a lui.
«Loro non hanno quello che hai tu e a volte giudicano senza conoscere e senza sapere o solo perché hanno sentito gli adulti parlare tra loro. Non preoccuparti, ignorali e divertiti.»
«Mamma», inizia, insicuro lecca le labbra mordendole.
«Si?»
«Ma se io ho due papà è un problema?»
«Papà ne hai uno e ti ama alla follia, ma la tua mamma non sta con lui ma con un uomo che ti ama come se fosse il tuo papà e non è un problema, sai perché?»
Nega. «No, perché?»
«Perché non conta chi ti crea, conta chi ti cresce. Puoi avere uno o due papà ma a te importa solo: avere sempre l'amore qui dentro», indico il suo cuore. «Ed è quello che conta. Non ti curare di loro piccolo mio, non sanno cosa significa essere amati e tentano di ferirti perché loro non hanno un papà che li porta al parco o alle partite, non hanno un papà che li porta in gita fuori città, al mare o uno che anche se stanco trova il tempo per leggerti qualcosa prima di dormire.»
Abbozza un sorriso. «Sono fortunato?»
Sorrido di rimando. «Tu che dici? Non ti piace avere due papà?»
«Io sono felice di avere due papà. Mi vogliono bene e mi fanno divertire ma i bambini sono cattivi con me.»
Gli scompiglio i capelli e lui scarta un altro cioccolatino passandomelo. «Non combatterli, non ne vale la pena. Lascialo bruciare nell'invidia», gli faccio il solletico modulando la voce.
Ride tirandosi indietro per scappare. «Grazie mamma, ti amo tanto.»
Lo abbraccio. «Adesso va a lavare i denti e a mettere le scarpe. Tra poco papà sarà qui.»
Scende dal ripiano, arriva a metà strada poi torna indietro e mi abbraccia premendo le labbra sulla mia pancia. «Anche Gioia avrà due papà come me?»
«Si, e un fratello meraviglioso.»
Sorride timido arrossendo lievemente, un aspetto che ha ereditato da me.
Sentiamo bussare alla porta e lui strilla felice intuendo che il suo eroe è appena arrivato, prima di correre a lavare i denti.
Vado ad aprire. Shannon entra in casa con un ampio sorriso. È in tuta ed è eccitato per la partita che andranno a vedere insieme.
«Ciao», mi bacia sulla guancia. «Dov'è il mio piccolo mostriciattolo?», alza il tono per farsi sentire.
Mi appoggio un momento alla parete. Una contrazione, l'ennesima, mi fa perdere il fiato.
Shannon se ne accorge. «Sta succedendo di nuovo?»
Annuisco. «Ma sto bene. Sono solo contrazioni. Tengo sotto controllo la situazione.»
«Vuoi che restiamo a farti compagnia?»
«No, avete una partita da vedere. Io me la caverò.»
Inumidisce le labbra. «Sicura?»
«Si, è già passato.»
Enea sbuca dalla stanza con le scarpe slacciate e le labbra umide. «Papà!», urla saltandogli addosso con un sorriso che non potrei descrivere neanche volendo.
Shannon lo solleva senza difficoltà baciandogli le guance. «Ecco il mio piccolo campione. Hai preso il guantone?»
Mi piace vederli insieme. Vanno d'accordo e sono affiatati. Si vedono ogni giorno, a qualsiasi ora.
Shannon è stato davvero presente in ogni momento. Quando ha avuto le prime coliche e non riusciva a dormire, quando ha avuto la sua prima febbre, quando ha detto la sua prima parola che, è stato pronunciare 'Bradley' in modo distorto, quando ha iniziato a camminare. È stato un papà presente e innamorato pazzo del suo bambino.
Con Bradley non ha mai avuto contrasti. I due si sono messi d'accordo e hanno sempre messo in primo piano me e il bambino. Non hanno mai litigato, mai avuto discussioni accese davanti a lui. Solo qualche piccola differenza di opinioni, risolta con una risata, una birra e la vista di Enea pronto a metterli al tappeto con la sua bellezza.
«Vieni, allacciamo le scarpe, non vorrai perdere un altro dente», gli dice, scrutandolo con attenzione.
Si volta. «È successo qualcosa?»
Capisce al volo quando suo figlio ha qualcosa di strano. Gli si attacca come una cozza e non lo lascia andare. Un meccanismo di difesa proprio come il mio. Nasconde infatti il viso sul suo petto cercando conforto.
«Gli altri bambini...», inizio.
«Sono invidiosi che ho due papà.»
Shannon lo tiene ancora in braccio stringendolo al petto come se dovesse proteggerlo da un pericolo che vede solo lui, e mima un: «Davvero?»
Annuisco dispiaciuta. «Si. A quanto pare i loro genitori parlano ancora. E sappiamo che alcuni non sono proprio un esempio da seguire», replico, e gli faccio cenno di dirgli qualcosa.
Lui sgrana gli occhi impreparato e trattengo una risata sedendomi sullo sgabello. È divertente vederlo in difficoltà. «Io gli ho già detto qualcosa, tocca a te.»
«Se non basta sai che toccherà anche a Bradley? Lui è il più razionale tra i due.»
«Si, gliene parlerò appena torna da lavoro e parlerà lo stesso con lui. Ma adesso fa il padre.»
Sistema Enea sul ripiano accanto a me abbassandosi alla sua altezza, dopo avergli allacciato per bene le scarpe. «Ascoltami, piccolo. Non dare retta a quei piccoli stro... bambini. Sono solo invidiosi e non cresceranno bene come stai facendo tu. Non sei felice di avere me e Bradley nella tua vita? Loro non hanno e non avranno mai niente di simile.»
Enea pende dalle sue labbra. Gli getta ancora le braccia al collo e Shannon lo tiene in braccio stringendolo con tanto amore baciandogli la testa.
Mi alzo e mi avvicino a loro. «Non pensarci più. Adesso va a divertirti con papà e quando torni ceniamo tutti insieme, che ne dici? Chiamo anche Sammy e Stan?»
«Si», urla felice di vedere la sua zia preferita che lo vizia e gli porta sempre la torta al cioccolato bianco.
«Ci sarà anche lo zio?»
«Kay? Certo piccolo, verrà con noi alla partita», Shannon annuisce rispondendo alla mia domanda inespressa.
Kay è qui, presto inizierà a lavorare da queste parti e saremo più vicini.
Il rapporto con lui non è mai cambiato. Ci sentiamo spesso ed è anche il padrino di Enea. Adesso si aspetta di fare lo stesso con Gioia, ma Sammy e Stan, ancora una volta, non lo permetteranno. Quindi dovranno fare tutti e tre da madrina e da padrino alla mia bambina, perché non intendo scegliere.
«Davvero?»
Gli occhi di Enea si illuminano. Adora Kay.
«Si, dobbiamo passare a prenderlo. Recupera lo zaino, saluta la mamma e corri in auto. Non dimenticare la cintura.»
Enea balza giù facendo tutto quello che lui gli ha detto.
Lo seguiamo ad ogni movimento. Ci becchiamo a contemplarlo e ridiamo spingendoci.
«Ciao mamma!»
Mi abbasso. «Ciao piccolo, divertiti con papà e lo zio Kay.»
Li seguo fuori mentre Shannon lo tiene d'occhio fino a quando non è seduto sul sedile con la cintura inserita.
Ricevo un'altra fitta e mi lamento. «Questa era forte.»
Shannon mi massaggia la schiena. «Non farmi preoccupare come la prima volta, Erin.»
«Va o farete tardi.»
Mi osserva. «Chiama Sammy o Bradley, non voglio che stai qui da sola e me ne sbatto se devono lavorare. Potesti svenire o avere un capogiro, cadere e farti male...»
«Ok, papà.»
Ride. «Scusa ma non voglio spaventarmi come quella notte.»
Chiudo gli occhi inspirando ed espirando per non pensarci. «Si, adesso chiamo la mia amica.»
«Bene, a dopo principessa», mi posa un bacio sulla tempia.
«Divertitevi e non fargli mangiare troppe schifezze, altrimenti poi non cena.»
«Ok, mammina!»
Sorrido alzando il dito meglio.
«Dobbiamo anche pensare alla festa di compleanno a sorpresa per lui. Verranno i miei e i tuoi, li ho già contattati.»
Shannon scende dal portico chiamato da Enea, impaziente di partire. Annuisce prima di voltarsi.
«Erin, ricordi che mi avevi detto di tenere per te una cosa?»
Arriva Bradley, in anticipo. Saluta il suo campione e poi si avvicina. «Ciao», da una pacca sulla spalla a Shannon e superandolo mi posa un bacio sulle labbra mettendo una mano sul mio ventre. «Come state oggi?»
«Tienila d'occhio perché ha di nuovo le contrazioni. Sarò qui per cena e terrò sotto controllo la situazione. Se succede qualcosa chiama immediatamente e portala in ospedale.»
Bradley annuisce poi rubandomi un altro bacio corre da Enea che è già sceso dall'auto per abbracciarlo. Stravede per lui.
Li osserviamo per un lungo istante e non posso smettere di sorridere.
«Allora, ricordi?»
«Ricordo», rispondo, riprendendo il discorso. «Ero in ospedale.»
Annuisce tirando fuori dalla tasca la busta bianca. Si avvicina e sollevandomi il viso mi sfiora con il polpastrello le labbra abbassando la testa. «Sei pronta per andare avanti», sussurra.
Stringo la busta. «Grazie per averla conservata.»
«Ti ho promesso che l'avrei custodita per te.»
Gli accarezzo la guancia. «Ti amo, lo sai?»
«Lo so, grazie a te, Erin.»
Mi bacia e indietreggiando con un bel sorriso mi fissa. «Leggila. Ne parliamo stasera», mi strizza l'occhio.
«Sta attento a mio figlio!», lo stuzzico.
«E tu a mia figlia!», ghigna.
Pur sapendo che Gioia è di Bradley, si è dimostrato, sin dal primo istante in cui lo abbiamo scoperto, emozionato e pronto a crescere un altro bambino.
Solleva Enea caricandolo in spalla e salutando Bradley entrano in auto e si allontanano. Li seguo fino a quando non scompaiono.
Mi siedo un momento sul portico con la busta bianca tra le mani. La rigiro tra le dita e prendo tempo, mi preparo a qualsiasi cosa ci sia dentro.
Bradley prende posto accanto a me. È bellissimo, e siamo ancora insieme, ad affrontare un altro pezzo del mio passato.
Mi circonda le spalle con un braccio baciandomi la tempia.
«Sei tornato prima.»
«Shannon mi ha chiamato un paio di volte.»
Rido. «Davvero?», scuoto la testa.
«Si, sai quando inizia ad impartire ordini, no? Ecco. Però stavo già tornando a casa, volevo stare da solo con te.»
Indico la pancia. «Non siamo soli.»
Mostra un bellissimo sorriso. «No e non vedo l'ora di tenerla tra le braccia», posa la mano sul ventre sentendo i calci che di tanto in tanto la piccola molla.
«Che cos'è?»
«Stiamo per scoprirlo», dico aprendo la busta, tirando fuori una lettera ripiegata con una grafia ordinata.
Sulle ginocchia mi cade qualcosa. Sollevo il foglietto e una foto. Porto la mano sulla bocca per tapparla mentre l'emozione mi travolge.
«Sei tu?»
«Si», sussurro tremando.
«Vuoi che resti?»
«Si.»

"Cara Erin,
Forse tu non ti ricordi ma eri piccola, testarda e tenace quando ci siamo incontrati per la prima volta.
Io ero nuovo nel quartiere e non avevo ancora nessun amico. Non ci conoscevamo, eppure quando ci siamo ritrovati tutti insieme a giocare, tu hai mostrato subito la tua dolcezza, la tua naturale bellezza interiore, quella in grado di attirare chiunque, soprattutto me.
Forse non ricordi di quel bambino bizzarro e imbranato che odiavi perché ti faceva i dispetti, insieme ad un altro turbolento che non ti dava mai pace, ma io si, io mi ricordo bene di te, di noi. Ci odiavamo, ci facevamo la guerra ma in fondo, ci volevamo bene. Io l'ho sempre saputo, dopo che sei sparita, che prima o poi il destino ci avrebbe fatto incontrare di nuovo.
Io sono cambiato parecchio, tu sei cambiata e alla fine, ci siamo incontrati in un posto per me speciale, la radura.
Forse non te ne sei accorta ma io si, ho visto come ci guardavi tutti. Con quella tua curiosa espressione e la spavalderia a nascondere un carattere impacciato, chiuso e pacato ma coraggioso, altruista. Anche se con i capelli colorati, come potevo non riconoscerti dal viso da angelo?
Per la prima volta dopo anni, quella notte mi sono sentito di nuovo completo. Sono tornato a respirare.
Sai, non ho mai creduto alla stronzata del pezzo mancante, adesso posso dire invece di crederci, di essere certo che in due a formare un unico incastro, si vive meglio, si è più felici.
Tu non lo ricordi ma, prima di partire, mi hai chiesto perché ero sempre arrabbiato così tanto con te. Io non lo ero, ti facevo i dispetti perché era l'unico modo che avevo di vederti meno triste, silenziosa e più combattiva. Ti facevo i dispetti perché non sopportavo il sentimento che già allora mi spingeva a non odiarti e di cui mi vergognavo.
Ogni persona voleva stare con te ma tu non volevi l'esclusiva. Giocavi con tutti, parlavi e scherzavi con tutti, senza mai fare distinzioni. Forse è per questo che mi sono innamorato di te. Perché sei una persona vera e sincera ma soprattutto buona, coraggiosa e forte.
Una giorno abbiamo giocato per tutto il pomeriggio nel tuo giardino. Tuo padre aveva allestito per noi una grossa tenda e di sera ci siamo ritrovati lì dentro, a sopportare i capricci di Harper, ad ascoltare le fantasticherie di Mason. Quando si sono addormentati tutti io sono uscito fuori dalla tenda, mi sono seduto sul prato e ho continuato a fissare il cielo pieno di stelle per un paio di minuti.
Tu sei arrivata senza fare rumore e, in silenzio ti sei seduta accanto a me, assonnata. Mi hai guardato un momento poi hai appoggiato la testa sulla mia spalla e hai detto: "Scegline una".
Li per lì non ho capito. Poi tu hai specificato: "Scegli una stella". Così, mi sono concentrato e ne ho scelto una a distanza dalle altre, però la più luminosa. Tu hai sorriso vagando con i tuoi occhi vispi da tuffarcisi dentro e mi hai detto: "Adesso è tua. È il mio regalo. Puoi custodirci tutti i tuoi sogni". Più che imbambolato, ti ho chiesto di sceglierne una e hai risposto: "Quella accanto alla tua, così anche se saremo distanti anni luce, dalla terra sembrerà solo poco lo spazio a dividerci e la mia stella farà sempre compagnia alla tua".
Eri più piccola di me, ma eri matura e intelligente. E io, ero così felice per una cosa banale da non stare più nella pelle. Il giorno dopo l'ho raccontato ad un amico e mi ha preso in giro per tutto il tempo. Da allora ho smesso di rivelare i miei sentimenti, ma non ho mai smesso di volerti bene per quello che avevi fatto per me: regalarmi un po' di affetto.
Il destino ci ha fatto prendere strade diverse. Io sono partito e tu, poco prima sei sparita nel nulla. Non hai lasciato tracce. Nessun biglietto, nessun messaggio. Niente di niente.
Eppure... mi sono sempre ricordato della bambina che mi aveva regalato una stella, un desiderio, una speranza. Proprio per questo, non ho mai smesso di cercarti e, alla fine sei tornata a far parte del mio cielo, del mio universo e lo hai riempito di stelle, di luce, di vita. Lo hai riempito di desideri, di speranza, di amore.
Forse non sono stato l'uomo perfetto o quello dei tuoi sogni. Forse ti ho delusa.
E ti chiedo scusa. Scusa per le volte in cui non ti ho capita. Scusa se non sono riuscito ad ascoltare i tuoi silenzi, a regalarti tanti sorrisi. Avevo solo il bisogno di vederti felice, serena e al sicuro. Avevo bisogno del tuo amore, dei tuoi sguardi, dei tuoi gesti. E l'ho fatto. L'ho fatto senza mai chiedere niente in cambio. L'ho fatto perché sapevo che prima o poi tu ti saresti accorta di me. E l'hai fatto. Mi hai visto. Mi hai dimostrato un amore che nessuno era mai stato in grado di farmi provare e sentire così intenso nel cuore.
Tu non immagini l'effetto che hai avuto nella mia vita. Sei stata come uno di quei tramonti di cui ci si innamora al primo sguardo e si trattiene il fiato. Sei stata tutte quelle piccole ma grandi attenzioni che mi hai dato. Come quando ce ne stavamo seduti sul divano e tu mi passavi sempre l'ultimo pezzo di pizza perché eri certa che non avevo mangiato per tutto il giorno, o quando mi preparavi un panino perché non avevamo il tempo di andare in un ristorante e non volevi sprecare un minuto stando dietro una fila di persone, o quando mi aspettavi a metà strada perché dopo non volevi farmi arrivare tardi a casa, o quando mi hai organizzato una festa di compleanno, una delle poche che ricorderò per sempre con un sorriso.
Hai sempre fatto tante piccole cose per me importanti e scusami se non ti ho mai detto grazie come si deve. Scusami se spesso sono stato duro con te, un po' troppo protettivo e sincero. Scusami se mi sono ingelosito. Scusami se ti ho lasciato tra le braccia di un altro. Scusami se non sono stato bravo a tenerti stretta, ad abbracciarti o se non sempre sono riuscito a darti un consiglio. Scusami se mi sono allontanato e ho permesso ai sentimenti di prendere il sopravvento. Scusami se molte volte non ti ho ascoltato. Scusami se non sono stato un buon amico. Scusami persino adesso se non ho il coraggio di dirti queste cose in faccia e te le scrivo.
Ma... devi sapere che sono anni che cerco le parole giuste per dirti che per me sei sempre esistita in un modo che non posso descrivere, perché per farlo dovresti entrare nel mio cuore e vedere la profonda impronta che ci hai lasciato.
Forse avrei potuto essere diverso, meno insicuro, meno vigliacco. Io... ho rischiato troppe volte di perderti e non volevo più vivere con la tristezza nel cuore.
Sai, avrei tanto voluto dirti "Ti amo", dirtelo tutte le volte che ne avevo voglia, ma non l'ho mai fatto perché non ho mai avuto il coraggio.
A distanza di anni, invece, posso dire di esserci riuscito. Perché quando ami una persona devi dirglielo, e se non puoi farlo a parole perché non ci riesci, puoi farlo con i gesti. Ti ho detto ti amo tante volte ma tu hai ricambiato in un modo che non avrei mai immaginato o creduto potesse essere possibile. Mi hai regalato la felicità creando insieme una vita, una persona che farà sempre parte di ciò che siamo io e te. Mi hai regalato un piccolo miracolo dagli occhi chiari che è molto più di un "Ti amo" detto a voce o con distrazione. È la nostra stella, la nostra speranza, il nostro futuro. Mi hai regalato così tanto che non mi basterà una vita intera per ringraziarti.
Sai, avevo fatto una promessa a me stesso. Se fossi tornata io sarei rimasto al tuo fianco nonostante tutto. Spero di avere mantenuto la promessa. Spero di non averti mai delusa o ferita.
Ti starai chiedendo del contenuto della lettera di cui ti ho parlato tanti anni fa. Quando ti ho visto distrutta, ho scritto su un foglio una frase, erano semplici parole di incoraggiamento, niente di romantico o strappalacrime, anche perché sai che non lo sono mai stato uno sdolcinato.
Pensavo di aiutarti, di poter essere utile. Ma ma tu mi hai sorpreso e non hai mai voluto aprirla, non hai mai voluto leggerla. Mi hai solo chiesto di conservarla e così ho fatto. Ho conservato il foglio e anche la nostra unica foto insieme della nostra infanzia, quella scattata prima che mi regalassi una stella.
Oggi, però, non stai solo leggendo una frase, stai leggendo le parole che non ti ho mai detto, che non sono mai stato in grado di rivelarti. Mi stai leggendo dentro.
Tu non ti ricordi di me, del bambino impacciato e pestifero. Ma ricorderò io per entrambi le volte in cui abbiamo giocato insieme, litigato e fatto pace. Ricorderò ogni nostro momento, dall'infanzia ad ora, con un sorriso e l'amore dentro. Ricorderò di noi, dei nostri sguardi, delle nostre battute, delle nostre serate, dei nostri problemi, delle nostre scelte. Ricorderò tutto con emozione e con un sorriso, perché in fondo, quello che abbiamo vissuto insieme è stato magnifico, e quello che vivremo lo sarà ancora di più.
Adesso però so che sei pronta a voltare pagina e, voglio che ricordi questo:
Siamo ferite aperte sul corpo in grado di rimarginarsi con l'amore. Siamo fiori che nascono e fioriscono nei posti più impensabili. Siamo crepe sull'asfalto che si rincorrono, si dividono e si ritrovano, sempre.
Ti amo tanto, principessa.
Tuo,
Shannon."

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