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BRADLEY

1 anno dopo...

Non c'è niente di più bello dell'avere una donna straordinaria tra le braccia, rannicchiata sul tuo corpo, pronta ad affidarti anima e cuore.
«Non vedo l'ora di tornare a casa», sorride abbassando il mio viso che tiene tra i suoi palmi sempre freddi.
Sfioro le sue labbra prima di darle un bacio sul naso. «Siamo stati fuori quanto? neanche tre giorni e tu e mia nonna avete dato di matto per ritornare a casa perché a lei mancavano la casa, le sue cose e le sue amiche e a te gli animali rimasti da Sammy. Sai che Stan si starà solo divertendo a sentirla urlare come una pazza di fermare "Ness" quando avrà affondato le unghie sui cuscini.»
Ride. «No, "Ness" è educato ed è il male minore per Sammy, fidati. Mi preoccupa di più "Tildo"», esclama, ripensando al modo in cui è entrato in casa della sua amica ringhiando ad una pianta di banano per tutto il tempo, be', fino a quando lei non è stata costretta a toglierla dall'entrata.
Gratto sotto il mento guardando il mare a poca distanza, il porto, le navi e le barche che escono a largo, dal giardino di nonna che, se ne sta in cucina a preparare da bere per la visita che le faranno a breve le sue amiche. Quando hanno saputo che avrebbe passato il weekend insieme a noi, le hanno chiamato ogni giorno per spettegolare, per sapere come stesse andando. Oggi non sarà da meno.
Dalla finestra aperta alle nostre spalle, sento la sua voce intonare un motivetto sentito prima alla radio.
«Si, tra poco torneremo tutti a casa e vedrai, li rimetteremo in riga quelle due pesti.»
Si solleva dalle mie ginocchia e mi abbraccia mettendosi seduta, rimanendo su di me. «È stato bello visitare un posto nuovo con te e tua nonna. Ci siamo divertite e abbiamo riempito la memoria della macchina fotografica. Farò stampare le foto più belle e comprerò dei quadri, così ne regaleremo uno anche a lei», dice cercando le mie labbra.
Le sfioro una coscia e preme le dita sulla mia pelle baciandomi con più passione.
«Andateci piano voi due», ride nonna uscendo in giardino, posando sul tavolo di vimini che abbiamo davanti, un vassoio pieno di stuzzichini e bicchieri colmi di mojito.
«E tu vacci piano con l'alcol. Sei appena tornata a casa e vuoi già ubriacarti?», rispondo contrariato.
Nonna mi dà una pacca sulla spalla, molto simile ad un ceffone affettuoso sedendosi sulla poltrona. «Le mie amiche avranno sete e vorranno sapere come va tra di voi e come mi sono trovata durante la vacanza insieme a voi due. Saranno scontente quando gli racconterò che sono stata per tutto il tempo con tua moglie, anziché lasciarvi da soli a crearmi un erede.»
Erin sorride mordendosi il labbro. Con questo gesto, so che sta nascondendo invece la tristezza. Non ha ancora avuto modo di prendere coraggio e provare, ma so che presto succederà spontaneamente e sarà un bellissimo miracolo. Il nostro piccolo miracolo.
È stato un anno intenso ed entrambi abbiamo messo davanti a noi altro. Non abbiamo fatto progetti ma abbiamo vissuto alla giornata traendo sempre il meglio, divertendoci e regalandoci un nuovo ricordo positivo. Siamo più uniti che mai e ci capiamo al volo. Qualche volta litighiamo ma poi tutto si dissolve con un abbraccio, un bacio o una sorpresa, gesti che alleviano la tensione spazzando via il cattivo umore.
Da quando Erin è tornata a Seattle da Oakville, quando ha scoperto di amare suo cugino, non ha più parlato del disastroso viaggio. So che ha chiarito con Kay e so che di tanto in tanto si scambiano qualche messaggio. Ma, so anche che per lei è stata dura andare avanti, cercare di non mollare o crollare davanti a me. Ho cercato di parlarle ma ha sempre superato il discorso con una battuta, rassicurandomi sul fatto che non tornerà mai indietro sui suoi passi. La sua preoccupazione principale nell'ultimo anno è stata reggere e dare forza a suo padre che, ha avuto come una crisi di identità e si è un po' abbattuto. Ma lei è stata così presente e forte da tirarlo su e, alla fine, William, adesso sembra stare meglio.
Le cose tra me ed Erin sono abbastanza serie, anche se ho accantonato la mia proposta per non metterle addosso altra pressione. Non ho neanche fatto parola riguardo questo argomento, quello che a lei fa più paura: avere un bambino.
Le sto dando del tempo e la mia fiducia e lei non sta sprecando un solo secondo, regalandomi attimi felici e sereni, soprattutto dopo avere saputo che sto bene.
«Crearti un erede?»
Nonna si siede accanto a noi. Indossa un prendisole bianco con dei tulipani rossi, un cappello di paglia bianco con un fiocco rosso e occhiali da sole. Non ha mai smesso di essere elegante e bella, proprio come lo era un tempo, quando era un po' più giovane e meno testarda.
«Certo, ho già messo per iscritto tutto nel mio testamento. I miei averi, il mio denaro, tutto quello che ho andrà ai miei nipoti e a voi due. Ho anche dato qualcosa ai tuoi fratelli e ai tuoi genitori, ma la fetta più grossa spetta a te e non mi importa se non la accetterai per come hai fatto con quello che ti ha regalato il nonno, sarà lo stesso tutto tuo e suo.»
Erin prende un bicchiere bevendo un lungo sorso nascondendo dietro il bicchiere l'espressione sgomenta.
Quando qualcuno pronuncia la parola "testamento" è inevitabile per lei ripensare a quel giorno e soffrire ancora.
Vorrei tanto abbracciarla e rassicurarla ma so già che rifiuterebbe il gesto per mostrarsi forte.
Lecca le labbra arricciando un po' il naso. A quanto pare nonna ci è andata giù pesante con il rum. Infatti mette subito in bocca un dolce al limone.
«Possiamo provare», mi stuzzica dopo un attimo di silenzio.
Nonna appare divertita nel vedermi in difficoltà e leggermente accaldato per il modo in cui mi sta guardando la donna che mi ha cambiato la vita.
È impossibile non amarla. È impossibile starle lontano, perché mi attrae come una calamita, e come un pianeta, gira intorno alla mia orbita senza controllo.
«Si, perché no? Magari adesso ti porterò al piano di sopra e faremo sentire alle sue amiche che anche noi andiamo a letto e non stiamo facendo voto di castità», brontolo. «E che ci so fare.»
Ride spingendomi. Anche nonna lo fa prima di voltarsi quando si sentono delle voci provenienti dall'entrata. Si alza pronta ad accogliere le sue amiche che, sono arrivate armate di borsette piene di cibo e bottiglie.
«Sono arrivati i rinforzi!», urlano gioviali.
«Ciao tesoro.»
Ci salutano portando tutto in casa, riempendo l'ambiente di voci e risate, soprattutto dei loro racconti per aggiornare nonna Gio', su chi ha lasciato chi, chi ha tradito chi e chi ha incontrato chi. Sembrano proprio delle pettegole.
Attiro Erin sulle mie gambe. «Vuoi salire di sopra?»
Mi abbraccia. «Niente programmi e niente aspettative. Ma... siamo pronti, vero?»
«Non abbiamo ancora divorziato quindi direi di si.»
Il suo sorriso è un regalo pieno di emozioni nuove. Il mio cuore potrebbe scoppiare in questo preciso istante, tanto sta battendo forte e senza controllo per lei.
«E se ci fermassimo prima a casa, da soli...»
«Che cosa hai in mente piccola selvaggia?»
Ride. «Posso dimostrartelo quando saremo soli, a casa...»
Le mordo il collo. «Ci sto!»
Nasconde il viso sotto il mio mento. «Sono stata bene. Mi sono divertita e rilassata.»
Le massaggio la schiena con il palmo facendola mugolare. So quanto le piace quando la tocco senza avere paura di una sua brusca reazione. Dal primo istante in cui ci siamo incontrati molte cose sono cambiate. Noi siamo cresciuti e stiamo continuando a farlo insieme, mano nella mano.
A volte penso di non meritarla, perché è davvero meravigliosa, soprattutto attenta e amorevole mentre io, ci sono giorni in cui sono così distratto da non darle le attenzioni che merita. Poi mi basta guardarla negli occhi per capire che sono fortunato ad averla al mio fianco perché ha deciso lei di esserci, di stare con me. E allora faccio del mio meglio per non deluderla.
«Anch'io, piccola.»
«Quando lo rifacciamo? Non abbiamo mai tempo ed è stato divertente, emozionante e rilassante, soprattutto siamo stati insieme per più di qualche ora. Inoltre, tua nonna è pazzesca e sa come divertirsi.»
Bacio la sua testa. «Lavoriamo troppo. Che ne dici se ogni weekend ci organizziamo e troviamo qualcosa da fare?»
Mi guarda speranzosa e, allo stesso tempo un po' scettica. «Davvero?»
Confermo con un breve cenno del capo. «Sarebbe divertente e ci permetterà di avere più tempo da passare insieme.»
Schiocca piccoli baci sul mio collo risalendo verso l'orecchio. «Prenderai dei giorni o chiederai le ferie?»
Assottiglio le palpebre. «Se me lo dici alludendo a qualcosa in particolare... si.»
Gioca con le mie labbra. «Bene, affare fatto maritino», mi ruba una bacio.
«Voi due che cosa combinate?», scherza mia nonna cogliendoci alla sprovvista. «La camera è di sopra», continua uscendo in giardino insieme alle sue amiche che si siedono sulle poltrone circondandoci.
«Allora, come va ragazzi?»
«Bene, stavo dicendo ad Erin che tra poco andremo via per lasciarvi ai vostri discorsi e alla vostra serata.»
«Rimanete a cena!»
«Si, rimanete. È sempre bello avervi qui con noi.»
Nonna ha già deciso e corre festosa in casa ad aggiungere due posti a tavola.
Erin si alza e la segue. Non le piace essere servita e, a quanto pare neanche a nonna. Ecco perché quelle due vanno molto d'accordo. Una sera eravamo sdraiati nel letto ed Erin mi ha detto che le vuole bene e che è tanto felice di averla conosciuta, perché nonna Gio' la fa sentire a suo agio. Mi ha anche rivelato che sta recuperando il tempo perduto in ambito affettivo, che è come una mamma per lei, visto che la sua l'ha tenuta a distanza per anni. Questa cosa mi ha riempito il cuore di una felicità inimmaginabile. È appagante vedere le due persone più importanti della mia vita sostenersi e andare d'accordo.
Sbircio dalla vetrata e le vedo impegnate e divertite. Sorrido come uno stupido.
«Bradley, come mai non hai ancora sposato in via ufficiale Erin?»
Ritorno al presente e il mio sorriso diventa una smorfia abbastanza evidente.
«Conviviamo e non abbiamo bisogno di altro.»
«Ma siete giovani, dovete sposarvi e godervi davvero il matrimonio. Andate così d'accordo e siete così belli insieme, di cosa avete paura?»
Torno a guardare Erin, la mia bellissima stella solitaria. No, non è pronta per il matrimonio e Shannon aveva ragione, lei non lo sarà mai. Ma a me sta bene anche così, perché è come se fossimo sposati. Non abbiamo bisogno di una cerimonia o un contratto per appartenere l'uno all'altra.
«Dai, non pressare il nostro ragazzo con questo discorso. Secondo me fate bene a non legarvi così tanto. Alla fine è solo un contratto e certe storie non durano oltre il primo anno di nozze. La vostra storia sembra solida e non vi serve un matrimonio per stare insieme.»
Le tre iniziano a parlare e a battibeccare tra loro come al solito. Così, mi alzo e scusandomi entro in casa.
Erin se ne sta in cucina ad assistere nonna mentre prepara i gamberi fritti, la sua specialità.
Se ne sta seduta sullo sgabello e quando la circondo con le braccia intorno al petto, posa una mano sulla mia pelle sussultando prima di sorridermi ampiamente e poi appoggiarsi al mio petto mentre osserva mia nonna che, ha quasi riempito una pirofila coperta dalla carta assorbente di gamberi.
«Ho la ricetta», dice entusiasta.
Nonna Gio' le lancia uno sguardo più che complice e le due si sorridono.
«Bene, perché sarà il nostro pranzo della domenica per i prossimi anni», esclamo divertito.
Erin afferra al volo la battuta. «Non ho paura, accetto la sfida.»
Abbasso il viso premendo la guancia sulla sua. «Guarda che non ti liberi di me se mantieni la parola.»
Ridacchia silenziosamente. «Non sottovalutarmi. Mi piace quando i tuoi occhi si accendono e mangi tutto ciò che cucino senza mai lamentarti.»
Gratto la tempia. «Perché sai cucinare divinamente.»
Si gongola dinanzi al mio complimento con un sorriso compiaciuto. «Bene, perché altrimenti ti avrei preparato minestrone surgelato per i prossimi cent'anni.»
Rido e anche nonna che non ha smesso un momento di osservarci.
Le sue amiche entrano in casa dandosi subito da fare e in breve in cucina c'è un gran via vai, un piacevole vocio e per i canoni di Erin, un po' troppo caos.
Vedendola un po' in disparte, le bacio la guancia. «Per la cena ci vorrà ancora un po', ti va di salire di sopra?»
Lei annuisce e sotto lo sguardo malizioso di nonna e delle sue amiche, saliamo nella mia piccola stanza dove lei, lasciando andare la mia mano, si siede subito sul letto abbracciando il cuscino.
«Perché siamo qui a fare credere a quelle tre matte che stiamo facendo qualcosa di inappropriato?»
Mi siedo accanto a lei togliendole il cuscino. Le prendo le mani e le bacio. «Che importa? Che pensino quello che vogliono. Volevo solo averti per me due minuti. Domani starò tutto il giorno al lavoro e ti vedrò al mio ritorno e di sicuro ti troverò addormentata sul divano, perché come al solito mi aspetti fino a tardi, e non avrò modo di parlarti.»
«Mi piace aspettarti. Non mi va di stendermi nel letto e sentirmi sola. "Ness" da quando c'è "Tildo" non mi fa più compagnia.»
Inarco un sopracciglio. «Prima eri single e dormivi tranquillamente tutta sola, anche senza il tuo gatto.»
«Lo so, ma adesso ci sei tu e non mi va di restare sveglia e sentire l'altra parte del letto vuota.»
Sorrido e lei mi spinge. «Mi hai fatto scoprire che in due nel lettone si sta meglio.»
L'abbraccio. «Mi aspetterai anche domani?»
«Contaci!»
«Potrei anche fingermi malato, così dormiremo per più di qualche ora insieme e riuscirò a salutarti al risveglio, magari anche a prepararti la colazione anziché lasciarti solo un biglietto e sentirmi in colpa per essere scappato al lavoro.»
«Domani avrò il raffreddore. E non sentirti in colpa perché salvi ogni giorno delle vite e non potrei essere più orgogliosa di te.»
Rido. «Non te lo dico spesso e so che a te sta bene, ma ti amo.»
Sfiora le mie labbra prima di posarvi le sue e poi sistemarsi a cavalcioni su di me.
Mi stendo e lei tenendomi il viso continua a baciarmi. «Non lo dici spesso ma quando lo fai mi provochi così tante cose da farmi emozionare.»
«Ed eccitare», la stuzzico.
Ridacchia sulle mie labbra. «Si, anche. Tu lo sei già... eccitato», sussurra muovendo i fianchi.
Ansimo bloccandola. Il mio corpo si è acceso come un fiammifero. «Erin...»
«Dobbiamo essere credibili. Secondo te sono dietro la porta ad ascoltare?»
Rido tappandomi gli occhi con un braccio. Lei fatica a toglierlo e torna a baciarmi il viso, appropriandosi delle mie labbra.
«Voglio tornare a casa, stendermi sul letto e lasciarmi coccolare da te.»
Non abbiamo avuto il tempo e lo spazio. Non è stato male tenersi un po' a distanza. La voglia tra di noi c'è sempre e non mi dispiace aspettare per poi offrirle tutto il mio amore senza controllo.
«Coccolare... come?»
La lascio scivolare sotto il mio peso e poi attacco il suo collo. Inarca la schiena stringendo le dita sulle mie braccia quando le mordo la gola.
«Ho qualcosa in mente», sussurro.
Ansima e il bacio diventa eloquente poi spietatamente eccitante.
Mi sollevo offrendole la mia mano aiutandola a rimettersi in piedi, prima di perdere il controllo. Aggiusta la maglietta e i pantaloncini sventolandosi, legando i capelli che le sono cresciuti parecchio.
«Torniamo di sotto», le dico trasognante e con la voglia di prenderla qui e perdermi nel suo amore sconfinato.
Si avvicina circondandomi la schiena con le sue asili braccia. Appoggia la guancia sul mio petto e chiudendo gli occhi inspira ed espira gonfiando il petto.
Il silenzio aleggia intorno a noi riempendo le pareti di promesse, battiti e pensieri. L'aria è satura d'amore, il nostro.
«Ti amo.»
Detto ciò scappa al piano di sotto lasciandomi inebetito e accaldato, così tanto che ho bisogno di un momento per riprendermi.
Quando mi sento calmo e meno eccitato, scendo di sotto e le trovo tutte impegnate a portare il cibo a tavola. Lei mi aspetta insieme a nonna Gio', che la guarda e sorride quando si accorge dei suoi occhi che vibrano di vitalità e dolcezza.
Mi avvicino e drizza impercettibilmente le spalle trattenendo il fiato, mi sorride poi lascia che le sposti la sedia e quando siamo vicini, afferro la sua mano tenendola in grembo.
Nonna ringrazia insieme alle sue amiche che, sembrano su di giri. Hanno scolato quei drink come acqua e anche una bottiglia di vino durante l'attesa. Direi che hanno un problema con l'alcol, ma so che si concedono serate così solo una volta a settimana e lo fanno per sfogarsi, per divertirsi e allontanarsi da tutto.
Erin mi riempie il piatto, un gesto che non ha mai smesso di fare nonostante le mie proteste. Posso farlo anche da solo.
Un giorno le ho chiesto perché e mi ha risposto che si sente parte della mia vita quando fa delle cose che all'apparenza sembrano banali ma che per me, al contrario, sono gesti autentici, intimi e pieni di amore. È un suo modo di dimostrarmi che mi rispetta, che mi ama.
Sporgendomi le poso un bacio sulla guancia per ringraziarla e lei arrossisce davanti alle donne che, continuano a guardarci come se avessero davanti chissà quale film d'amore.
Ceniamo chiacchierando del più e del meno poi ci posizioniamo davanti la tv. Qui giochiamo ai quiz mentre Erin e nonna mettono in ordine la cucina seguendo il tutto da lì.
Stanco ma felice, mi avvicino a lei abbracciandola. «Faccio io», le dico togliendole dalle mani lo strofinaccio.
Nonna ci lascia soli in cucina per raggiungere le tre che adesso litigano per una risposta che secondo loro è sbagliata.
Asciugo i piatti mettendoli sul ripiano e lei mi osserva prima di guardare un po' assorta fuori.
Passandole accanto le sfioro una guancia e si volta di scatto.
Mi fermo. «Tutto bene?»
«Si», corruga la fronte.
Dentro di me inizia ad agitarsi qualcosa, un istinto, quello di proteggerla da qualsiasi minaccia stia tentando di strapparle dal suo bellissimo viso quel sorriso che mostra raramente. «Allora che cosa ti turba?»
Sospira massaggiando la fronte. «Niente, sono solo paranoica. Tutto qua», abbozza un sorriso.
Mi sistemo davanti a lei incastrandola all'angolo della cucina. «Spiegami.»
Si morde il labbro prima di strofinare i palmi sul mio petto.
Afferro i suoi polsi fermandola. «Erin?»
«Ho il timore che tutto questo sia un sogno. Ho paura che questa serenità venga spazzata via. Non so, sarò paranoica ma non ci credo, non credo che la vita mi stia offrendo così tanto da non togliermi qualcosa», sospira. «Scusami, la smetto... non devo essere negativa dopo avere passato dei momenti fantastici.»
Nego. «Ho paura anch'io, sai.»
Alza gli occhi e finalmente ritrovo la mia dolcissima donna. «Affronteremo qualsiasi cosa insieme?»
Annuisco senza esitare. «Te lo prometto.»
Mi avvicino e le sue mani si spostando sul mio collo prima di intrecciarsi dietro la nuca. Si solleva sulle punte dei piedi e cerca le mie labbra.
Mi premo contro di lei baciandola piano, senza fretta, facendo aumentare in lei la voglia, il piacere e quella spinta in grado di farla ansimare.
Le mie mani si spostano in basso, lungo la sua schiena e poi sulle sue natiche che strizzo premendola contro di me.
Muove i fianchi continuando a ricambiare il mio bacio ad occhi chiusi.
Una voce si schiarisce, intorno c'è troppo silenzio e noi ci stacchiamo ricomponendoci.
«Mio nipote non sarà concepito proprio qui nella mia cucina. Salite in camera se proprio non resistete.»
Ridiamo tutti ed Erin si sposta in soggiorno con le guance in fiamme, dove prova a concentrarsi, a partecipare alla gara.
Io invece apro il frigo prendendo una birra e appoggiandomi al ripiano tento di frenare ogni bollore.
Nonna Gio' mi raggiunge. «Eravate così altrove prima, da farmi ripensare ai bei tempi insieme a tuo nonno. Eravamo come voi due», sospira. «Quanto mi manca!»
L'abbraccio. «Grazie per avere accettato Erin, nonna.»
Mi spinge affettuosamente. «Come fai a non volere bene ad una creatura così meravigliosa? Tienila stretta o qualcuno te la soffierà da sotto il naso. E soprattutto, trattamela bene perché ti ama. Non ho mai visto nessuno amarti così come fa lei, a parte me.»
Rido. «Lo terrò a mente.»
Nonna mi vede distratto. «Che succede?»
«Ha paura che qualcosa possa distruggere tutto quanto.»
Fa una smorfia. «Allora fate sempre in modo che non ci sia niente di negativo a separarvi. Trovate sempre quella luce di speranza che vi unisce. Sai, è normale avere paura quando vivi qualcosa di speciale e unico.»
Guardo Erin che si volta nello stesso istante rivolgendomi il suo sorriso timido.
La osservo ammaliato. Nonna Gio' mi molla una gomitata. «Lei è pronta, ragazzo mio. Tu non lo sei?»
Alzo le spalle. «Spero solo di non perderla per una sciocchezza. Sto bene insieme a lei. La amo alla follia e farei di tutto per lei.»
Mi posa una mano sulla spalla. «Lei non ti ha chiesto di annullarti. Ti sta chiedendo di amarla e lo stai facendo. Quindi smettila di pensare al domani e di avere paura.»
Passa la mano sul petto voltandosi verso le sue amiche. Sorride grata prendendo una ciotola. D'improvviso le mani le tremano. Si volta verso di me con un'espressione strana. Sembra confusa, distante.
Corrugo la fronte. «Nonna?», alzo un po' il tono. «Ti senti male?»
«Vi voglio bene», prova a sorridere ma non ci riesce. La ciotola le cade dalle mani schiantandosi in mille pezzi, sparpagliando il contenuto dappertutto. In breve anche lei è a terra.
Le sue amiche corrono verso di noi, dopo l'urlo carico di paura che si innalza in mezzo a queste pareti atterrendomi.
La chiamo più volte e lei non mi risponde. Allora guardo Erin spaventato e lei, coraggiosa come sempre, prendendo in mano la situazione, recupera il telefono chiamando aiuto. Questo suo gesto, mi dà la carica per fare qualcosa, per muovermi tempestivamente.
Sistemo mia nonna sul pavimento, ascolto se c'è il battito e non sentendo niente inizio a farle il massaggio cardiaco.
«Nonna? Ti prego no, andiamo. Andiamo svegliati! Nonna?»
I miei occhi iniziano a riempirsi di lacrime. Le piccole mani di Erin allontanano le mie quando in casa piombano dei paramedici tra cui suo padre e Shannon e i lampeggianti tingono le pareti di rosso.
Erin mi abbraccia ma i miei occhi sono fissi su mia nonna. Gli occhi chiusi, lo sguardo sereno, il corpo rigido. Non si muove più, non si riprende più.
Erin mi tiene più stretto mentre intorno non vola una mosca e l'unica cosa che si sente è solo il defibrillatore e un suono che preannuncia l'imminente ed enorme vuoto con cui dovrò convivere nella mia vita.

Le cose succedono. Succedono e non puoi farci niente proprio perché ci sono eventi, attimi, momenti che sono imprevedibili. Ma non conta quello che fai nel mentre quanto quello che fai dopo. Non conta quello che senti, conta come reagisci, come ti rialzi.
Ma quando perdi una persona importante come puoi rialzarti? Come puoi reagire e affrontare la vita se senti dentro solo un enorme vuoto?
Il problema è che non puoi scappare via da te stesso, non puoi sedare il dolore che ti lacera dentro. Non puoi decidere di smettere, di spegnere il rumore che fanno i ricordi dentro la tua testa. E ti aggrappi ad essi perché sono quello che resta quando qualcuno se ne va, quando qualcosa svanisce. Puoi solo fissare il vuoto e sperare che tutto passi, che prima o poi tutto si risolva.
La vita è imprevedibile. È dolore. È sofferenza. È una continua corsa contro il tempo. La vita è un attimo, un brivido, un battito che vola via, che si spegne come un faro nella notte più buia e tempestosa.
Nonna Gio' se ne è andata. Si è spenta per sempre davanti ai miei occhi e a quelli delle sue migliori amiche. Se ne è andata circondata dalle persone che le volevano più bene. Se ne è andata circondata dalla famiglia. Se ne è andata e mi ha lasciato solo, senza più una guida e un punto di riferimento su cui fare affidamento.
Sono stati i quattro giorni più lunghi e duri della mia vita. La morte improvvisa e inaccettabile. Il funerale in una chiesa piccola, confortevole, quella in cui aveva sposato il nonno tanti anni fa. L'elogio, il ricevimento in suo onore. Le mani da stringere, i discorsi da ascoltare, tutto è passato senza che me ne accorgessi.
Ricordo solo di avere sentito le ultime parole di mia nonna e poi tutto si è spento intorno a me risucchiandomi nel buio, nel dolore.
Adesso me ne sto qui, da solo, nel mio posto tranquillo a fissare tutto quello che mi circonda, ma che non mi fa emozionare come al solito.
All'alba, stanco di fissare il soffitto, ho preso l'auto e senza avvisare sono scappato per cercare un po' d'aria pulita, un momento per potere piangere e disperarmi senza essere osservato da nessuno. O peggio: senza essere biasimato. Non voglio impietosire nessuno. Solo io so che cosa sto provando e in quale quantità. Solo io so quanta voglia ho di piangere, di sfogare tutto. Ma, le lacrime non scendono, il dolore non si allontana e io non riesco a respirare. Non riesco a placare questa rabbia che sento dentro. Mi ha abbandonato. Se ne è andata. Non ci ha pensato un solo istante a lottare per restare. È come se avessi perso un arto, un pezzo importante del mio corpo.
Il destino mi ha strappato via la persona più importante della mia intera esistenza. Non la rivedrò più. Non rivedrò i suoi occhi vispi, i suoi sorrisi spensierati e coinvolgenti e non sentirò più la sua risata, la sua voce. Non potrò più ascoltare i suoi consigli utili e speciali, le sue battute piene di spirito. Non riceverò più i suoi abbracci, le sue rassicurazioni e le sue sfuriate. Non ci sarà più niente. Solo io e queste braccia che rimarranno vuote.
Se ne è andata. È svanita davanti ai miei occhi a causa di un aneurisma cerebrale. Non c'è stato niente da fare, niente da riparare. È come se avessero spento di colpo la luce e lei fosse svanita nel buio.
Sospiro passando il palmo tra i capelli fissando il mare.
Non ho neanche avvisato Erin. È stata lei ad organizzare tutto mentre io ero altrove, distante e arrabbiato. Si è comportata da adulta, nonostante il dolore.
Ha contattato i miei genitori, ha ordinato i fiori più belli, scelto la bara. Ha organizzato il funerale seguendo le istruzioni di nonna. Ha cucinato per i presenti, aiutata da Sammy. Ha letto un discorso breve ma che ha fatto commuovere persino mio padre e Stan e poi mi è rimasta accanto senza mai dormire o dire niente, senza mai piangere, anche se nei suoi occhi ho letto più volte la tristezza, il senso di perdita che le ha bucato il cuore, proprio come il mio. Ha rispettato il mio silenzio, il mio dolore senza pretendere o senza arrabbiarsi quando non sono riuscito a fare niente e sono rimasto immobile.
Ma oggi, avevo bisogno di stare da solo, per pensare, per decidere. Voglio davvero tutto questo? Lei merita di vivere così? Merita di vedermi in questo stato dopo tutto quello che ha passato?
Sbuffo sentendomi un vigliacco, ma sono così arrabbiato con la vita da fare pensieri strani, da avere bisogno di un distacco totale da tutto per decidere. Allo stesso tempo, sono confuso e frastornato. Mi sembra di vivere in un incubo senza fine.
Sento il rumore di un'auto che si ferma accanto alla mia, poi dei passi e infine lei che si siede accanto affannata.
Si guarda intorno ma non è come la prima volta. C'è qualcosa di diverso persino nell'aria che, non riesce ad alleviare un bel niente.
«Ti ho lasciato spazio perché comprendo la tua perdita e il tuo dolore, ma non puoi allontanarmi da te in questo modo, Brad», finalmente esprime il suo parere. «Non puoi sparire senza avvisare dopo essere rimasto immobile per quanto? Due settimane?»
Dio, sono passati così tanti giorni? Devo essere ridotto uno schifo se ho vissuto solo quei quattro lunghi giorni e non essermi accorto di averne persi altri.
In questo momento, con il senso di colpa che si fa strada dentro di me, non riesco a guardarla. Rimango a fissare le onde sperando che mi portino via.
Che cosa ho fatto? Dove sono stato in queste due settimane?
«Ti ho cercato dappertutto e ho avuto paura», dice con voce stridula, tremando. «Poi ho pensato che potevi essere solo in un posto e sono venuta a controllare. Adesso mi spieghi perché non mi parli?»
Stropiccio gli occhi passando un dito sotto il naso. Inspiro ed espiro.
Erin mi spinge. «Vuoi parlarmi? Anch'io ho bisogno di te! Non hai perso solo tu una persona importante, dannazione!»
Mi volto e lei smette di piangere. Drizza la schiena e quando mi alzo, fa lo stesso, pronta ad affrontarmi.
«Spiegami che ti succede? Di cosa hai bisogno? Lo capirò, siamo adulti, Brad.»
«Di spazio.»
Rimane senza fiato ma vedo nei suoi occhi come ho appena spezzato il suo cuore. Non riesco a sentirmi in colpa per come vorrei. Al contrario, mi sento un verme per ciò che le sto per dire, per la promessa che sto per sciogliere.
«Spazio? È questo che vuoi? Per questo non mi hai rivolto la parola e questa mattina all'alba sei scappato dal divano dove hai dormito per giorni?»
«Si. Voglio che mi lasci in pace. Voglio stare da solo.»
Incassa le mie parole. «Quindi? Che cosa farai? Non tornerai a casa e andrai nel tuo appartamento? Vuoi che ti prepari la valigia?»
«Si, lascia pure tutto fuori dalla porta. Passerò a prenderlo e toglierò il disturbo.»
Mi spinge con rabbia. «Sei uno stronzo, lo sai?», urla. «Non è così che supererai tutto. Non è così che accetterai la morte di tua nonna. Sai che non è colpa tua. Non è così... Brad. Non è così...»
Rimango impassibile. «Ho solo bisogno di tempo e di spazio per capire.»
«Capire che cosa?», chiede con esasperazione.
«Se voglio tutto questo. Se supererò tutto questo e non ti farò del male con la mia tristezza.»
«Mi stai lasciando?»
Asciuga le lacrime aspettando una mia risposta. Vedo come si palesa la rabbia nel suo sguardo ma anche la delusione e la paura.
So che mi ama e io amo lei ma non ce la faccio. Non voglio pensare a niente per ora. Non voglio essere un peso nella sua vita. Voglio solo prendere consapevolezza di tutto questo enorme momento pieno di dolore e sofferenza che continua a schiacciarmi il petto. Voglio riprendere il controllo, ma non posso farlo se lei continua a guardarmi in quel modo.
«No.»
«E allora... cosa?», le si spezza la voce.
«Ti sto solo chiedendo un po' di tempo per riprendermi», alzo il tono facendola sussultare. «Ti sto chiedendo di non pressarmi, di non guardarmi come se fossi un cucciolo ferito. Ti sto chiedendo di non compatirmi. È morta mia nonna non una persona estranea ma un pezzo del mio cuore, della mia vita. Non ti ho mai chiesto niente e credo che questo puoi anche accettarlo. Puoi fare qualcosa per me una volta tanto.»
Stringe i pugni in vita sempre più ferita, ma mantiene il controllo. «E quanto dovrebbe durare questo tempo di cui hai bisogno, Brad?»
Guardo il mare. «Non lo so. Voglio solo stare da solo, non pensare a niente se non a me stesso. Non voglio pensare ai problemi, non voglio pensare al mio futuro senza bambini, non voglio continuare a pensare al matrimonio che non avrò mai. Non voglio pensare. Non chiedo poi così tanto.»
Singhiozza abbastanza forte da spezzarmi l'ultimo pezzo di cuore che mi è rimasto.
Sono stato duro con lei, lo so. Ma era l'unico modo per allontanarla da me, per non infettarla con la mia sofferenza.
Quando mi avvicino per darle un bacio mi spinge con rabbia scansandosi. «Sei proprio come tutti gli altri», sibila e scappa via.
Non la seguo. So che capirà il mio bisogno. So che mi aspetterà e, anche se non lo farà mi starà bene lo stesso. In fondo, l'ho voluto io, e mi prenderò ogni conseguenza dovuta alle mie azioni.
Adesso voglio solo riparare questo cuore che sente troppo.
Troppo freddo.
Troppo vuoto.
Troppo dolore.

🖤

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