55
BRADLEY
«Kay è qui a Seattle!»
Le parole di Shannon continuano a rimbombarmi dentro la testa da diverso tempo, così tanto da sfinirmi a livello psicologico.
Me ne sto seduto sul divano, "Ness" sulle mie gambe a godersi le mie carezze. In qualche modo mi sta aiutando a sopportare il peso di una verità che potrebbe distruggere totalmente il mio rapporto con lei. Perché sappiamo tutti che al cuore non si comanda, neanche quando è stato più volte pugnalato.
Non abbiamo organizzato un vero piano. L'idea di partenza è quella di avvisare Erin quando sarà calma, ma dubito che Shannon voglia davvero farlo. Mi ha fatto intendere chiaramente che non ha voglia di vedere Erin distrutta un'altra volta. Sono molteplici le reazioni che potrebbe avere e in fondo, non ha poi così tanto torto. Anche se non dirglielo potrebbe avere l'effetto contrario. Ma quando si tratta di quella ragazza chi può dire quale sia la cosa giusta da fare?
Shannon deve amarla davvero tanto e lei continua a non capire, ad allontanarci tutti perché legata a quel bastardo che non ha fatto altro che strapparle il cuore dal petto a mani nude e gettarlo via come se non contasse niente. Come si può prendere in giro una persona in questo modo? Quanto bisogna essere egoisti per farlo?
Sin da quando ho saputo dell'esistenza di un ex, non ho fatto altro che immaginare l'esatto momento in cui lo avrei incontrato. Non sono poi così di pietra come sembra, ci sono volte in cui sento il bisogno di avere delle certezze anch'io e per come stanno andando le cose, non sono sicuro che questa storia andrà a finire bene.
Sospiro e il rumore della mia frustrazione si diffonde in questo spazio intimo che profuma tanto di fiori di campo e di mare. Un odore che non riuscirò mai a togliere facilmente da dentro perché lo sento mio. È come quando entri a casa e abbassi le spalle perché sei finalmente a tuo agio.
«Come fa a non capire che c'è chi la ama davvero?», dico ad alta voce.
"Ness" sbadiglia facendo le fusa.
Guardo l'orologio attaccato alla parete e alzandomi vado a versargli nella sua ciotola un vasetto di tonno insieme a qualche croccantino. Per tenermi impegnato taglio anche le foglie bruciate della pianta all'angolo, accanto alla lampada.
Mi piace questo posto. È semplice, niente di troppo scontato. In fondo capisco perché Erin si sente al sicuro in mezzo a queste mura e non posso biasimarla se ha preferito tornare qui anziché stare nel mio appartamento da ragazzo single.
Sono passate ore da quando ci siamo divisi con Shannon. Non deve essere andata poi così lontano. A quest'ora non dovrebbe averla già trovata?
Starmene qui a non fare niente mi fa agitare e non poco. Inizio a sentirmi inutile. Nell'attesa, ho contattato Stan per sapere come sta Samantha e mi ha detto che al momento non osa neanche parlarle perché è impegnata nella realizzazione di una torta. Questo, mi ha suggerito in parte la risposta sul suo stato d'animo attuale e fatto capire le differenze tra le due amiche. Mentre Samantha quando sbaglia o si arrabbia si dedica a qualcosa per calmarsi, Erin si autodistrugge. In cuor mio spero non faccia niente di insensato. Conoscendola almeno quel poco, però, so che cadrà in qualche errore.
Il mio telefono ronza.
Shannon: "Trovata. Siamo al "Room 74". Ti chiedo scusa in anticipo per tutto quello che potrebbe succedere tra me e lei tra poco."
Leggo e rileggo il messaggio. Che diavolo significa? Che cosa ha intenzione di fare? Erin sta bene?
Bradley: "Tieni le mani lontano da lei! Fammi sapere come sta."
Shannon: "Ubriaca. Si sta autodistruggendo."
Mi alzo con un balzo dal divano. "Ness" protesta miagolando, seguendomi infuriato. Cammino avanti e indietro guardando fuori dalla finestra di continuo. Alla fine, mi sposto nelle sua stanza per trovare una distrazione, qualcosa che non mi faccia dare di matto. Accendo la luce e mi guardo un po' intorno.
Osservo le foto che ha appese. Non sono molte ma dovrebbero avere la loro importanza se le ha inserite tutte in un unico quadro. Niente cuori, niente fiori attaccati sopra, niente di niente. Solo un quadro pieno di scatti, molti dei quali rubati.
Il suo viso a tratti diffidente, a tratti solare mi fissa da una fotografia. Erin non è mai stata una persona equilibrata perché non ha avuto un'infanzia felice o momenti che le hanno regalato più lacrime che sorrisi. Forse ha bisogno di non pensare al passato, di non rivivere continuamente quello che ha vissuto. Ma se non si apre con me come posso fare a capirla? Come posso fidarmi delle sue emozioni, di lei?
Sfioro i contorni di una foto del giorno del suo diploma. Lei al centro, tra due ragazze sorridenti, forse le sue amiche. Accanto, un'altra foto, lei insieme a suo padre. Non c'è più nessuno della sua famiglia immortalato in quel giorno di festa. Mi irrigidisco perché ha lo sguardo così triste da fare male e poi ripenso alla sua storia. Erano passate alcune settimane da quella separazione che ha visto quasi forzata, come se le avessero strappato via un organo. Quella sera stava andando a prendere la sua amica, forse una delle due immortalate nella foto, ad una festa quando un ragazzo l'ha rapita e tenuta per giorni in uno scantinato.
Erin ha vissuto così tante cose in così poco tempo da non poter essere biasimata ma ammirata per la forza e la tenacia con la quale ha continuato a vivere pur tenendo addosso i segni di ogni brutto colpo.
Dopo un tempo lunghissimo passato a fissare quella foto, sento sbattere la porta principale contro la parete e poi la sua risata riempire la casa e l'atmosfera tesa. Ma non è la solita risata cristallina e festosa. Questa che sento e che mi arriva al petto bersagliandolo di colpi in successione: è alquanto isterica, carica di tristezza.
Sto per uscire dalla stanza quando la vedo entrare in camera standosene in braccio a Shannon che ha lo sguardo strano, evita in fretta i miei occhi. Che diavolo ha fatto?
Mi agito notandola aggrappata a lui. Sbircia e mi sorride guardandomi con gli occhi di una che avrebbe bevuto anche il Mar Rosso.
«Sta bene?», chiedo avvicinandomi di un passo. Non so se posso toccarla. Non so come potrebbe reagire. So solo che sento dentro emozioni contrastanti.
Da una parte vorrei prenderla e stringerla al petto, dall'altro urlarle contro che è una grandissima stronza priva di giudizio. Non le hanno insegnato proprio niente le esperienze passate?
«A meraviglia!», risponde biascicando, prendendo la parola al posto del suo amico, apparentemente silenzioso e distante. «Ho fatto una cazzata dietro l'altra stasera ma è stato bello!», ride. «È sempre così che dovrei vivere.»
Inarco un sopracciglio guardando subito Shannon per capire che cosa ha combinato, per ottenere da lui le risposte di ogni domanda che inizia a frullarmi dentro la testa. Lui la fa sistemare sul letto guardandola come si guarda la propria donna.
Questa cosa inizia a darmi sui nervi oltre a farmi sentire di troppo in questa stanza dove il calore sembra aumentare sempre più. Ancora una volta mi ritrovo a chiedere silenziosamente spiegazioni.
«Prendo dell'acqua», dice Shannon, facendomi cenno di seguirlo con gli occhi che si spostano brevemente verso la porta.
Erin ci urla dietro: «Che cosa mi nascondete voi due?»
Sono in attesa e troppo nervoso per risponderle e siamo arrivati già in cucina per tornare indietro e urlarle contro che è una irresponsabile, che mi ha fatto preoccupare e salire la bile in bocca oggi nel parcheggio dell'ospedale. Sono pochi i momenti in cui perdo la pazienza. In queste ultime settimane è stata lei la miccia che ha innescato una forte esplosione dentro e fuori di me. Ha quel lato che mi fa scattare senza il minimo indugio.
Shannon passa nervoso la mano tra i capelli scuri. «Abbiamo fatto tardi perché ci siamo fermati a mangiare qualcosa», spiega.
Questo non mi fa sentire meglio. «E poi?»
«Non so da dove partire», dice aprendo il frigo, sbottonandosi la camicia con sguardo dapprima assente e poi di colpo nel panico.
«Inizia con il dirmi che diavolo hai fatto con lei», alzo il tono intuendo che è successo qualcosa. «E non mentirmi perché lo capisco quando c'è qualcosa che non quadra. Non sono stupido. Prima l'hai guardata in quel modo...»
Si appoggia al lavandino privo di forza. Guarda fuori poi annuisce prima di scuotere la testa. «Ho bevuto insieme a lei qualche bicchiere», parla a rilento.
«E...?»
Mi sto preparando a qualsiasi cosa. Ma non si è mai pronti e preparati davvero a tutto.
Mi guarda dritto in faccia. «Stavamo per farlo in auto. Mi sono fermato in tempo e... ti avevo detto in anticipo che mi dispiaceva perché sapevo che sarebbe successo qualcosa. Io... quando sono con lei non riesco proprio a frenare l'istinto. Non siamo andati oltre, questo posso assicurartelo. Dio, che situazione!»
Non è tanto restare feriti, quanto restare ancora con un cuore che è importante.
Non ci vedo più dalla rabbia e gli mollo un pugno in faccia colpendolo allo zigomo con la mano buona. «Sei un bastardo!», sbotto correndo in camera da lei, pronto ad affrontarla.
Sono così carico da non vedere neanche dove metto i piedi. Non trovandola in camera però, accantono per un attimo la rabbia e busso alla porta del bagno un po' brusco. Questa si apre con uno scatto, sbircio con ogni cattiva intenzione e lei sta correndo verso il water, il viso troppo pallido. Ancora una volta accantono la furia correndo da lei. Mi inginocchio accanto tenendole la fronte mentre vomita aria. Penso a qualcosa da dirle.
«Com'è che diceva Shrek? Meglio fuori che dentro?»
Mi sento subito un grandissimo idiota ma lei scoppia a ridere prima di vomitare. Tossisce provando a rialzarsi. «Non hai detto davvero una cosa del genere in un momento simile.»
Purtroppo l'ho detto ma almeno le ho strappato un sorriso.
Si abbassa di nuovo. «Shannon te lo ha detto, vero?», fa una smorfia. È arrivata in fretta al dunque. Deve avere notato la mia espressione furente.
Mi irrigidisco. Non mi aspetto mai niente, eppure sono già deluso. Guardo il polso fasciato poi la mano con cui l'ho colpito. C'è un livido che inizia a diventare sempre più viola, ma ne è valsa la pena. «Che avete bevuto e stavate per farlo in auto ma vi siete fermati in tempo?», replico aspramente.
Si appoggia contro le piastrelle abbracciandosi dopo avere tirato al petto le ginocchia. «Mi dispiace. Anzi no, non mi dispiace affatto. Sono anni che non lo faccio con nessuno, non pensare che io sia una di quelle che ogni sabato sera rimorchia qualcuno. Non sono nemmeno quella che salta addosso al suo amico di venerdì.»
«Lo so che non sei così. Non hai bisogno di spiegarmelo. Ma ho dato un pugno in faccia a Shannon per pareggiare i conti.»
Alzandomi le passo lo spazzolino. Sembra apprezzare la mia premura nonostante sia arrabbiato e deluso dal suo comportamento.
«Sul serio? E non mi dici niente? Non ti arrabbi con me? Nessuna scenata?», inarca un sopracciglio guardandomi con sospetto.
Che cosa si aspetta da me? Che mi metta ad urlare? Che la tratti male?
«Devi essere sobria per parlarmi e affrontarmi come si deve. Ma stavolta non scapperai più.»
Esce dal bagno per entrare in camera. Anche Shannon fa il suo ingresso. Non lo guardo nemmeno, l'istinto mi farebbe attaccare di nuovo la sua faccia del cazzo e, ora come ora non posso assolutamente perdere il senno e anche l'altra mano. Inoltre, sarà lui a dirle che il suo ex si trova qui per una conferenza. Ha scelto proprio Seattle e aveva altre tre città disponibili, più esplicito di così non poteva essere. Kay sta cercando di incontrare Erin e ci riuscirà, me lo sento.
Shannon le passa un bicchiere di succo di frutta e le pillole. Lei beve un sorso posando il bicchiere sul comodino.
Mi guarda con rimprovero notando il livido sullo zigomo di Shannon poi però corruga la fronte notandoci abbastanza tranquilli e non più sul punto di azzannarci, riflettendo. Ha capito che le stiamo nascondendo qualcosa.
«Perché glielo hai detto?», si rivolge proprio a lui. Sembra più stanca che arrabbiata.
Attendo anch'io una spiegazione sentendo la pelle infiammarsi al pensiero delle sue mani su di lei, della sua bocca sulla sua. Gonfio il petto. Sto per sentirmi male. Devo assolutamente uscire da qui dentro.
«Perché tu non lo avresti fatto. Il primo passo per andare avanti è essere sinceri.»
Sfila il tubino nero che indossa senza la minima preoccupazione e con disinvoltura si stende sotto le coperte abbracciando il cuscino. «Il primo passo è farsi una bella dormita», mugugna. «Adesso andatevene!», chiude gli occhi.
Shannon le spegne le lampade poste sui comodini. Le si avvicina ma notando che sto già avanzando verso di lui per fermarlo si allontana da lei mettendo le mani avanti. «Sappi che non ho paura di te, ma non sarebbe uno scontro alla pari visto che sei infermo al momento. E a me non piace vincere facile.»
Mi sento preso in giro. «Sei solo uno sbruffone. Prima o poi qualcuno ti darà la lezione che meriti», ringhio spostandomi in soggiorno più che nervoso.
Perché continuo a starmene qui dentro? Perché non me ne vado?
Lei non lo merita. Non mi merita.
Non ci vuole coraggio per andare via. Per restare invece ce ne vuole così tanto.
Metto in ordine il divano sistemandolo per accamparmi per la notte. Non permetterò a Shannon di infilarsi anche nel suo letto. Avvicinandomi al frigo prendo un bicchiere d'acqua appoggiandomi al ripiano con uno strano tremore. Inspiro ed espiro un paio di volte stringendo il pugno.
Shannon si siede sullo sgabello massaggiandosi le tempie. «Tutto ok?»
«Ti sembra che sia ok? Mi prendi in giro?», sbotto alzando la voce.
Rimane dritto sulla schiena. «Lei ci tiene a te. Non darle la colpa perché sono stato io ad assecondarla e a permetterle di bere così tanto.»
Scuoto la testa sollevando il labbro. «Mi prendi per stupido? Ho visto come vi guardate e sin dal primo istante ho solo provato gelosia per il modo in cui i suoi occhi si posano su di te. È inutile girarci intorno. Lei ti ama, Shan! Ecco perché si è lasciata andare così tanto da...»
«Non è l'amore che credi. Ama anche te a suo modo e dovresti smetterla di trattarla come una bambina. Lei sa cosa vuole. Odia dovere raccontare o rivivere di continuo quello che vorrebbe solo superare. Tu non l'hai vista in quel bar, non hai sentito quello che mi ha detto in auto.»
Poso il bicchiere dopo averlo lavato. «E di Kay invece che mi dici, eh? Pensi che non reagirà peggio quando lo ritroverà a pochi passi per una "casualità"?»
Guarda la porta socchiusa della camera di Erin come se lei potesse sentirci. «Lui ha scelto Seattle perché sa che lei si trova qui. Non so come abbia fatto a scoprirlo ma avrà collegato la presenza di suo padre a lei e avrà fatto due più due.»
Massaggio la nuca. «Ti ha contattato?»
«Si. Credimi, per me è stato un duro colpo sapere che si sarebbe presentato come se niente fosse. Ho cercato di essere coinciso e sbrigativo, fargli capire che sono impegnato e non ho tempo da perdere ma lui...»
«Lui cosa?»
Sospira muovendo le mani. «Kay ottiene sempre quello che vuole. C'è una ragione se mi ha fatto determinate domande. Lui sa che amo Erin. Sa che l'ho baciata il giorno delle mie nozze. Non ha preso bene la nostra amicizia e sin dal primo istante ha cercato di tenerci a distanza. E sa che sono rimasto in contatto con lei, che adesso lavoro con suo padre...»
«Ma si è sposato, ha una famiglia...»
«Si, si è sposato ma nel suo mondo contorto credo che lui abbia amato davvero Erin. Quando stavano insieme era geloso... una persona che finge non lo è così tanto. Quei due hanno qualcosa in sospeso, uno dei due deve lasciare andare l'altro. Mi sembra inevitabile lo scontro.»
Corrugo la fronte. «Sono passati anni! Dubito che sia ancora interessato a lei dopo avere sposato la sua fidanzata. Chi si fa scappare una donna come Erin?»
«Kay sa essere un bastardo ma non ha mai smesso di tenere a lei. Quei due erano bambini quando si sono conosciuti. Lui ha rischiato la vita per recuperare un dannato cofanetto con tutte le sue cose. Be', in realtà io ho rischiato la gamba ma questa è una storia lunga. Quello che voglio dire è che se Kay è arrivato a Seattle prima della conferenza, significa che ha tutto il tempo di cercarla e di stare con lei.»
Sono sempre più confuso. Shannon se ne accorge. Si alza avvicinandosi. «Erin ha bisogno di sentirsi al sicuro. Se dovesse incontrare Kay e vederlo di continuo, potrebbe sentirsi minacciata. Sono anni che si tiene alla larga da tutta quanta quella merda. Sono anni che tenta di dimenticarlo.»
«Che cosa mi stai chiedendo di fare?»
«Cerca di tenerla il più lontano possibile dall'ospedale in questi giorni. So che ti chiedo tanto ma è il luogo meno sicuro per lei. Lui già da domani sarà lì per assistere a qualche intervento.»
Si agita. Perché la presenza del suo amico gli trasmette una simile reazione?
«E il tuo ruolo in questa storia qual è?»
«Io mi occuperò di Kay. Non che mi elettrizzi particolarmente averlo intorno per chissà quanto tempo.»
Non sono convinto del suo piano. «Sai che troverà lo stesso il modo di vederla?»
Annuisce con una certa sicurezza. «Non sarò io a dirglielo. Non posso darle una pugnalata simile», dice nervoso. «Cazzo, che situazione di merda!»
Sospiro. «Non mi fa stare meglio sapere che sei appena saltato addosso alla ragazza che amo e che il suo ex si ripresenterà facendo chissà quale gesto plateale per lei.»
Mi guarda un attimo smarrito. «Dobbiamo lasciare Erin libera di scegliere, darle fiducia. Io sarò sempre suo amico ma tu... sei in grado di reggere il peso?»
Sono in grado? Non ne ho idea. Da quando ho saputo di Kay non faccio altro che chiedermi se sarò mai in grado di superarlo. Evidentemente nessuno ci riuscirà mai ma lui è sposato e posso sempre fare leva su questo per darmi la spinta. «Non sarà facile darle fiducia sapendo che era innamorata di uno così.»
Shannon si ammutolisce e dopo un momento lo vedo dirigersi nella camera degli ospiti. «Mi dispiace non riuscire a proseguire con questo discorso ma sono sfinito. È stata una giornata davvero pesante e ho bisogno di dormire e di ricaricarmi per il grande evento catastrofico. Sono passati anni dall'ultima volta che ci siamo incontrati, non so davvero che cosa aspettarmi.»
«Non mi aiuti affatto così. Che cosa dovrei fare?»
«Va da lei e stalle vicino o se non vuoi posso farlo io e tu affronti un ragazzo che non conosci», ghigna provocandomi.
Alzo gli occhi al cielo. «Penso si dica porgi l'altra guancia in certi casi. Sei davvero pronto ad un altro pugno?»
Sorride. «Mi hai fatto male. Ma non dire a nessuno che mi sono rammollito», strizzandomi l'occhio se ne va chiudendo la porta.
Vorrei tanto avere il suo carattere e la sua sicurezza. Abbasso le spalle premendo la fronte sulla parete. Inspiro ed espiro e prendendo coraggio entro in camera di Erin.
Ho sempre avuto la strana abitudine di aggiustare ogni cosa. Ma non sempre puoi farlo. Non con le persone che crollano davanti ai tuoi occhi. Non puoi aggiustare chi si è spezzato da tempo.
Me ne sto seduto sul divano, quello costruito sotto la finestra. "Ness" si avvicina. Gli arruffo il pelo e lui protende le labbra verso il mio mento, strofina poi la testa miagolando piano.
Erin si agita un momento sotto le coperte prima di scattare a metà busto boccheggiando. Accende la luce facendo cadere a terra il libro e per poco anche il bicchiere. Si guarda intorno, sussulta passando la mano sul petto. Lo massaggia piano. «Che ci fai lì?», chiede con voce roca bevendo un sorso di succo di frutta.
«Sto coccolando il tuo gatto. Almeno lui sembra gradire le mie attenzioni.»
Sbadiglia. Ha i capelli fuori posto e gli occhi quasi del tutto chiusi ma è bella. Come farò a starle lontano? Come farò a sopportare la presenza ingombrante di un ex ragazzo che ha amato fino a chiudersi per anni?
«Era una frecciatina quella?»
«Si, lo era.»
Si stende. «Per quanto mi terrai il muso?»
«Non so, dipende. Permetterai al tuo amico Shannon di toccarti ancora?»
Arrossisce e scatta di nuovo a metà busto. «Dici sul serio?»
«Ti sembra che io stia scherzando. Ho fatto una semplice domanda. Permetterai ancora al tuo amico di toccarti?»
Inizialmente non si muove poi sospira negando. «No. E non darò la colpa all'alcol anche perché è ancora in circolo. Non essere geloso di Shannon, Brad.»
«Ok», replico lasciando andare "Ness". Mi alzo ed esco dalla sua stanza sbattendo la porta. Va sempre peggio.
Sento i suoi passi. Mi circonda con le sue esili braccia da dietro. «Dove scappi?», chiede con voce stridula, spaventata.
Prova a tirarmi indietro ma tolgo le sue braccia dalla mia pelle voltandomi. Questa mia freddezza la fa arretrare e trattenere il fiato. «Non puoi dormire sul divano», spiega. «Nel mio letto c'è spazio e posso mettere un cuscino nel mezzo. Sempre se non ti disgusto, mi sembra ovvio.»
Detto ciò, con uno sguardo indecifrabile, torna sotto le coperte e si stende. Come un cretino privo di spina dorsale la seguo stendendomi supino accanto a lei. «Non gongolarti troppo, lo faccio solo perché ho bisogno di riposare e di non rischiare di farmi male al polso. Non so se lo sai ma corro il rischio di subire un'operazione.»
Si volta sfiorando con le dita il tutore. «Non tirare più pugni contro i muri a causa mia. Urlami addosso piuttosto.»
Fisso il tetto. Mi arrovello su cosa dire per parlare seriamente con lei, ma non c'è un modo giusto per farlo. «Non è stato a causa tua ma della tua chiusura. Perché non dirmelo, perché non parlarmi di tutto e andare avanti mettendoci sopra un gran bel masso? In fondo, ti ho solo chiesto chi sei, non voglio i dettagli, non mi interessa sapere quante volte l'hai fatto con lui o...»
Non risponde, c'è troppo silenzio e quando mi volto mi accorgo che si è addormentata. Mi viene da ridere ma trattengo tutto in un sorriso sfiorandole una guancia. «Buona notte anche a te.»
Sporgendomi le bacio la fronte poi mettendomi comodo cerco di chiudere occhio ma ciò non avviene.
Le ore passano ed io non faccio altro che ascoltare il suo respiro e i rumori esterni che rischiano di farmi impazzire.
All'alba non resisto più e mi alzo. Esco dalla stanza trovando Shannon seduto sullo sgabello dietro il bancone, una tazza di caffè tra le mani e lo sguardo altrove. Percepisce la mia presenza e si volta. Mi rivolge un breve sguardo.
«Non ti ha soffocato nel sonno, è positivo», esclama con sarcasmo bevendo.
Mi avvicino a lui prendendo un po' di caffè dalla brocca. «C'era questa possibilità?»
«Con lei tutto è possibile. Com'è andata?»
Appoggiato alla superficie della cucina guardo fuori dalla finestra scostando la tenda bianca. «Si è addormentata nel bel mezzo di una discussione. Direi bene», bevo un sorso di caffè. «Le interessava parecchio affrontarmi o quello che avevo da dire.»
Trattiene una risata. «Non ricorderà niente», mi avverte. «E se lo farà eviterà il discorso fino alla morte. Non dare troppo peso a quello che è successo, Brad.»
Prima che possa dirmi perché, recupera le sue cose. «Devo andare, inizio il turno tra poco e devo essere presentabile per l'incontro con il mio amico», mi dice avviandosi alla porta. «Buona fortuna!»
Rimasto solo mi guardo intorno inebetito. Controllo lo schermo del telefono trovando qualche messaggio dal mio amico in cui mi avvisa che Samantha sta meglio e che distribuirà torta gratis per i prossimi giorni.
Erin dovrà parlarle e capire la ragione che ha spinto la sua amica a fare quello che ha fatto.
Arranco verso il divano e mi stendo chiudendo un po' gli occhi, provando ad addormentarmi. Prendo sonno con "Ness" che si accoccola accanto a me.
Sentendo uno strano rumore in casa, scatto in piedi e guardandomi intorno circospetto, trovo lei seduta sull'isola della cucina mezza nuda, le caviglie intrecciate che oscillano e una vaschetta di gelato al cioccolato in mano. Guarda fuori dalla finestra tenendo il cucchiaio in bocca.
L'istinto mi spinge a scattarle una foto di nascosto. Mi stiracchio e lei accorgendosi che sono sveglio, con una flessione, prende un cucchiaio porgendomelo.
Accetto la sua offerta di pace facendo finta di niente. So che sta morendo dalla voglia di vedermi arrabbiato ma non sarà così che termineremo una discussione oggi. Ci comporteremo da adulti, sia quel che sia. Sono pronto a tutto, anche a lasciarla andare.
Assaggio il gelato tenendo il cucchiaio a mezz'aria. Lei mi avvicina di nuovo la vaschetta.
«Che cosa ho combinato?»
Affondo il cucchiaio sul gelato prendendone poco e fingo di pensarci. «Che cosa hai combinato, vediamo... prima hai mandato a fanculo me solo perché ti ho sbattuto in faccia la verità, poi hai dato di matto con la tua amica e infine, non per ordine di importanza, hai bevuto e sei andata a letto con il tuo amico», la metto alla prova ma dal suo sguardo smarrito comprendo che non ricorda poi così bene le ultime ore.
Scrolla la testa strizzando le palpebre. «No, non l'ho fatto davvero. Non saresti qui insieme a me adesso», lecca le labbra.
Faccio una smorfia. «Potrei essere qui per dirti in faccia che abbiamo chiuso, non credi?»
Si morde il labbro. «Davvero?»
«Che cosa ricordi?»
«Che ho iniziato a bere e poi i ricordi sono simili a dei flash continui. Quando sono arrivata a casa non ti ho detto nulla di cattivo, vero?», tiene le mani unite sulle labbra.
Nego per tranquillizzarla. «No, niente di imperdonabile. Ti sei solo addormentata nel bel mezzo di una discussione mandandomi un'altra volta a quel paese.»
Allontana la vaschetta di gelato che inizia a colare dal bordo. «Quando arriva il momento della sfuriata?»
«Adesso.»
«Bene, dimmi tutto. Sono pronta», dice incerta preparandosi.
«Sei irresponsabile», comincio guardandola negli occhi, usando un tono calmo. Qualunque parola potrebbe ferirla, ma devo essere sincero con lei. «Impulsiva. Non pensi mai alle conseguenze di ogni tua azione e non riesci a deciderti se rimanere ferma nella tua bolla tranquilla e vivere nella paura o uscire fuori e goderti il mondo.»
Stropiccia l'occhio guardandosi le mani per non incontrare i miei carichi di delusione.
«Parto con il dirti che mi dispiace davvero tanto. So che non riuscirai più a guardarmi allo stesso modo dopo quello che ho fatto e non starò qui a giustificare ogni mia azione. Voglio solo smettere di vivere ancorata nel passato ma per farlo ho bisogno di lasciare uscire fuori tutto e chiudere per sempre quella porta che è rimasta per troppo tempo aperta.»
Il suo ragionamento non fa una piega. Inizia a ricordare e non devo stare qui a spiegarle tutto.
«Quindi ammetti di amare il tuo amico?»
«Non nella maniera in cui amo te», sussurra quasi persa chissà dove. «So che nessuno comprende il mio legame con Shannon e so di avere sbagliato ma non siamo andati mai oltre. Non ci siamo mai avvicinati così tanto. Io mi fido di lui, così tanto da non avere paura», gesticola.
«E di me perché non ti fidi?»
Mi guarda come una bambina timida. «Voglio sapere tutto di te, Brad. Non voglio ritrovarmi tra un anno invitata ad una festa o ad un matrimonio e scoprire che hai una doppia vita. So che il mio ragionamento è sbagliato ma non posso permettermi una ricaduta. Sono stata male e non voglio più ferire il mio corpo in quel modo, soprattutto il mio cuore. Non me lo merito.»
Inumidisco le labbra. «Quindi fammi capire, tu pretendi trasparenza ma quando chiedo qualcosa di te ti nascondi o devo saperlo tramite terzi?»
Nega in fretta e quando mi vede pronto ad allontanarmi da lei, anche se di un passo, scende in fretta dall'isola circondandomi con le braccia intorno alla schiena. Il suo corpo così vicino al mio mi provoca un lungo ed insistente brivido.
«Voglio raccontarti tutto. Se sei pronto possiamo anche sederci adesso e parlarne.»
Non reagisco al suo tocco, anche se vorrei tanto, e lei accorgendosene si irrigidisce. «Ti faccio così schifo?»
Passo la mano sul viso. «Non potresti farmene neanche se ti vedessi dentro un cassonetto della spazzatura. Il problema qui è la fiducia, Erin. Chi mi dice che lui non proverà di nuovo a portarti a letto? Chi mi dice che non siete andati davvero oltre?»
Non riesco a guardarla e lei si immobilizza. «Non è stata colpa sua ma mia. Sono stata io a stuzzicarlo troppo e te lo giuro su quanto di più caro ho al mondo che non è successo niente a parte...»
La fermo. «Se ci tieni a me risparmiami i dettagli. Non posso sopportare altro al momento», replico stanco. «Adesso quando vi troverò insieme non farò altro che immaginarvi nella sua auto», distolgo lo sguardo e allontanandola con delicatezza da me mi sposto nel suo bagno. Apro il getto dell'acqua sciacquando il viso. Alzo lo sguardo e mi vedo arrabbiato, deluso... spezzato.
«Brad... io volevo solo», prova a giustificarsi ma la fermo.
«Sei diventata incontentabile, lo sai?»
«Anche tu lo sei! Non puoi pretendere che da un momento all'altro io sia disposta a gettarmi tra le tue braccia totalmente. Ho già fatto tanti passi avanti per te...»
«No, tutti quei passi li hai azzerati tornando indietro, andando quasi a letto con il tuo amico mentre io me ne stavo qui in pensiero per te!»
Solleva il mento. «Non ti ho chiesto io di ascoltare la conversazione.»
Capisco che in questo modo non andremo da nessuna parte. «E se per un attimo provassimo a mollare tutto?»
«Cioè?», un barlume di speranza si fa vivo nei suoi occhi.
«Smetti di pensare a te stessa, io smetto di pensare a me stesso e iniziamo a pensare a noi.»
Inizialmente non afferra il concetto, dopo qualche istante la sua testa fa su e giù. «Ok, facciamolo.»
«Niente più segreti. Niente più cazzate da quindicenni. Niente più fughe. Affrontiamo tutto, insieme. Ok?»
Deglutisce. «Si, ok.»
Le porgo la mano. Lei osserva le mie dita prima di stringerle. «Non mi bacerai più non è vero?»
La tiro a me. «Prima devo togliermi dalla mente l'immagine di te che baci Shannon.»
Arrossisce vergognandosi. «Neanche un abbraccio?»
«Stiamo negoziando?»
Me lo conferma con un breve cenno. «Dobbiamo imparare dai nostri errori, è per questo che li facciamo, giusto? Quindi se ti abbraccio ti sto suggerendo che mi dispiace, che ho capito e che affronterò insieme a te tutto. Non tenermi lontana, Brad.»
La guardo fisso negli occhi. «Quindi mi abbracci per sigillare il nostro patto?»
Indietreggio fuori dal bagno e lei mi segue con aria dispiaciuta. «Si, esatto.»
L'avvicino e poi l'abbraccio brevemente. «Ok, adesso non torni indietro», le sussurro all'orecchio. «Ora, ti riprendi, ti riposi e poi quando senti di stare meglio ci sentiamo», provo ad andarmene.
«Dove vai?», strilla quasi.
«Devo tornare a casa.»
Mi abbraccia più stretta. «Rimani. Ti preparo subito la stanza.»
«Erin, non posso restare qui.»
«Perché?»
«Perché mi viene voglia di tenerti stretta e non lo meriti.»
Spalanca gli occhi. «Andiamo a prendere "Tildo" e "Lady black" e vieni a stare qui per qualche giorno. A "Ness" farà piacere rivederli e a me avervi qui intorno. Per favore», piagnucola.
«Perché?»
«Perché così non commetterò più nessuna cazzata. Perché con te mi sento più al sicuro e mi dispiace per averti mandato a quel paese e per essermi comportata da ragazzina e pazza isterica.»
Non resisto e l'abbraccio inspirando il suo profumo.
Vorrei dirle che è bella lo stesso, anche quando si protegge con una corazza fatta di incertezze. Vorrei dirle che è una ragazza di quelle che pur vedendola subito non la noti perché è vistosa ma lo fai perché la sua bellezza ti attira con violenza a guardarla. Vorrei dirle che lei, più di ogni altra, ha qualcosa che mi sconvolge la mente, che mi innalza la temperatura, che mi mozza il respiro e mi fa battere forte il cuore. Vorrei dirle che mi terrorizza averla tra le braccia e non avere voglia di lasciarla andare perché potrebbe farsi ancora male. Vorrei dirle che per me è una cosa rara, ma trattengo tutto dentro.
«Non voglio invadere il tuo spazio.»
«Ma lo voglio io! Ti voglio qui!»
La sua sincerità mi disarma e mi confonde allo stesso tempo.
«Rimani», si agita.
«Rimango solo se chiami la tua amica.»
Fa una smorfia. «Non oggi», replica guardando da un'altra parte. «Oggi voglio farmi perdonare almeno un po' da te.»
La fermo quando prova ad allontanarsi. «Prima c'è una cosa che devi sapere.»
Se Shannon non è in grado di dirle la verità lo farò io. Ma adesso che ho pronunciato queste parole mi sento male per lei, perché non so come reagirà.
«Parleremo dopo di tutto. Adesso mi preparo e andiamo a casa tua a fare le valigie.»
«Erin, aspetta», freno il suo entusiasmo. «Perché mi vuoi davvero qui?»
«Perché non voglio perderti. È il mio modo per chiederti scusa.»
«Puoi sempre venire a trovarmi. Non necessariamente dobbiamo stare insieme.»
Si intristisce. «Mi stai dicendo che non mi vuoi più?»
«Ti sto dicendo di andarci piano. Non è facile neanche per me. E tu... non vuoi correre.»
Nega più che testarda. «Ho bisogno di stare con te. Voglio farmi conoscere e farti capire che provo davvero qualcosa.»
«Puoi sempre farlo davanti un caffè o...»
«No. Ho bisogno di averti qui perché è qui che ho iniziato ad andare avanti. Tu sei il mio presente e voglio costruirmi nuovi ricordi positivi.»
«Sai che possiamo sempre affittare un appartamento e viverci? Così se va male non sarai costretta a trovare un altro posto.»
«Non se ne parla. È ancora un po' presto e non possiamo fare un passo più grande della gamba. Allora, mi lasci andare così vado a prepararmi?»
Mollo la presa dal suo braccio sentendomi sempre più sotto pressione. Sapere la verità e non avergliela ancora rivelata mi fa sentire un traditore. «Erin...»
Posa l'indice sulle mie labbra. «Abbiamo tutto il tempo.»
🖤
♥️ Team Sharin o Team Brarin? ♥️ Lo volete un capitolo dal punto di vista di Shannon?
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