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ERIN

Lo senti forte e chiaro il momento in cui ti liberi, seppur non completamente, dal dubbio, dall'incertezza, dalla paura. Lo senti, dritto nel petto, quello sguardo che ti raggiunge come un dardo e non puoi evitarlo. Lo senti, forte sulla bocca dello stomaco, la sensazione di avere delle falene o delle api assassine pronte a librarsi nell'aria. Lo senti, nel cuore, il rumore di ogni battito che si sprigiona quando sei in sintonia con qualcuno.
Lo sento, il momento esatto in cui tutto è cambiato mostrandosi ai miei occhi appannati dal passato. È stato forte, diretto, prepotente. Mi ha lasciato senza via d'uscita. Mi ha fatto sentire viva. Così viva da volerlo urlare. Ma continuo a sorridere come una stupida, a sentirmi euforica per essere riuscita ad avvicinarmi dopo così tanto tempo a qualcuno che non conosco, ad un ragazzo che è piombato nelle mie giornate con irruenza.
Non riesco a staccarmi dall'abbraccio. La sua pelle emana un buonissimo odore di pace, oltre al sentore di quello che gli provoco, riscaldando la sua pelle sotto lo strato di tessuto a separare la mia guancia. Le sue braccia sono forti, i muscoli sodi che ho immaginato che fossero quando mi ha salvata lanciandosi su di me per farmi da scudo.
Inspiro ancora una volta rimanendo ad occhi chiusi. Assaporo la pace, la serenità di un momento che sto avendo come in regalo dopo anni di sfiducia nelle persone, di disinteresse verso le relazioni sociali.
Non è stato facile tenersi a distanza da tutto questo. Soprattutto avendo Sammy accanto, pronta a dirmi cosa stavo sbagliando e cosa mi stavo perdendo. Mentre lei passava da un ragazzo all'altro per divertirsi, io vivevo con la costante ansia addosso di dovere rivedere e rivivere quei momenti quando qualcuno mi avrebbe toccata.
Quando qualcosa ti segna nel profondo tu non riesci a strapparla via dai pensieri. Continua a vivere in te come un virus di cui non si conosce la cura ma che riappare dopo mesi o anni.
Sono rimasta nel mio luogo sicuro usando banalissime scuse per tenermi a distanza. Ma con lui qualcosa deve essersi rotto. È riuscito a dare un colpo abbastanza forte su quella superficie da romperla. Ha spezzato quella patina ghiacciata insinuandosi da una crepa.
Bradley, si sta rivelando una bellissima scoperta. Non è solo dolce ma è anche prepotente a modo suo. Tende inoltre ad assumere il controllo e questa sua particolarità mi piace, soprattutto perché mi spinge a dargli filo da torcere. E non sembra preoccupato, anzi, ha visto che so essere forte e non mi sta trattando come se dovessi rompermi da un momento all'altro rivelando ogni mia reale debolezza. Sta dimostrando di essere rispettoso, attento e interessato. Sta facendo qualcosa che nessuno, in otto anni, è stato in grado di fare: affrontarmi, spronarmi, stuzzicarmi.
Il suo tocco non mi provoca quello che avevo sempre temuto.
«Non pensi mai di uscire da questa forte corazza?»
Il suono pacato e profondo della sua voce che spezza il nostro silenzio, mi regala l'ennesima scossa fredda. Mi piace come riesce a farmi formicolare la pelle senza neanche toccarmi, con una sola parola o frase.
Alzo il viso. «Intendi in senso pratico?»
«Anche. Non pensi che bisogna uscire di tanto in tanto senza armatura?»
Stringo le labbra. I suoi occhi non smettono di fissarmi. «È pericoloso», replico.
Strizza l'occhio sinistro. «Ne sei sicura? Pericoloso per te o per gli altri?»
Sollevo le spalle. Non lo so. Non so se sono sicura. È da tempo che ho perso la fiducia. Forse mi preoccupa avere una brutta reazione. Ferire gli altri è l'ultimo dei miei pensieri.
«Non sei stanca di proteggerti, di proteggere gli altri da te stessa? Ti credi davvero un pericolo solo perché hai vissuto qualcosa di difficile che ti ha imprigionata in te stessa?»
Annuisco. Non posso negarlo. È evidente il fatto che mi preoccupa mostrare quello che fa ancora male. «Molto. Sono molto stanca.»
Abbassa il viso. «Allora perché quando sei con me non provi ad aprire almeno una porta? Decidi tu quale e dove portarmi, cosa mostrarmi. Ma non chiuderti. Tanto lo so che sotto quell'armatura nascondi un bell'abito da principessa.»
Sorrido. «Una principessa che non si aspetta di certo di essere salvata.»
Adesso è lui quello a sorridere. «Una principessa con l'armatura, a me piace. Però vorrei conoscere tutto di lei, non solo lo strato esterno. Non voglio solo proteggerla ma vivere un'avventura lunga standole accanto.»
Si è appena dichiarato?
Mordo il labbro. «Non c'è molto da dire su di me, sai?»
Non è d'accordo. Il suo viso mostra il primo segno di disappunto. «Lascia giudicare me. Non devi per forza iniziare dalle cose che ti fanno ancora male.»
Ha ragione. Il primo passo per fidarsi reciprocamente è avere fiducia.
«Va bene, ma non adesso.»
«Perché?», ghigna.
Sa benissimo la ragione. Gli piace proprio mettermi alle strette, stuzzicarmi. Gli piace condurre il gioco a modo suo.
«Perché mi stai abbracciando», chiudo gli occhi. «Ed è il primo abbraccio che ricevo da qualcuno che non conosco.»
Sento le sue labbra sulla mia fronte. La tensione farsi palpabile intorno a noi. L'aria che si mescola con i nostri respiri creando una lieve colonna sonora piena di battiti che aumentano.
«Ok, allora voglio rendere indimenticabile il tuo primo abbraccio.»
Trattengo il fiato. Apro gli occhi per capire e lui mi sorride in modo dolce premendomi al petto senza soffocarmi. Poi la sua mano porta una ciocca, sfuggita dallo chignon disordinato che ho fatto prima di uscire di casa, dietro l'orecchio indugiando su una piccola porzione della guancia che accarezza per un brevissimo attimo. Sposta subito la mano senza darmi il tempo di abituarmi all'invadenza di un tocco che non conosco ancora ma che so per certa che mi provoca una piacevole sensazione di benessere.
Mi solleva il mento ma non fa nessuna mossa azzardata. Passa semplicemente il pollice sulle mie labbra facendo pressione su quello inferiore. Infine riporta la mano dietro la mia schiena iniziando ad oscillare.
Formicola. La mia pelle non smette un solo istante di bruciare e formicolare.
Inspiro di scatto gonfiando il petto, cibandomi della sua stessa aria, imprimendo tra i miei nuovi ricordi questo momento. Un regalo che non dimenticherò perché è già indelebile sulla mia pelle fredda.
«Grazie», sussurro ad occhi chiusi, il labbro che ha toccato tra i denti.
«Sssh, è tutto nostro. Questo momento è solo nostro e non devi ringraziare perché siamo in due a volerlo.»
Riapro gli occhi e i suoi sono già lì, pronti ad incastrarsi, a reggere il peso delle lacrime che non ho versato, delle cose che ho visto, vissuto e provato. Sono lì a ricordarmi quello che mi sono persa in tutto questo tempo: la magia, la passione, la dolcezza. Sono lì a non giudicarmi. Sono lì a cibarsi di ogni sensazione che mi provoca con un solo abbraccio, con il suo respiro che mi si posa sulla pelle come un tenue profumo.
Stringo la presa intorno al suo collo e lui mi solleva da terra girando intorno piano, mostrandomi il mondo in maniera diversa. Rimetto i piedi per terra solo quando si ferma, prima scivolo lungo il suo corpo ritrovando il suo viso vicino al mio. Le mie dita sulle sue guance coperte dalla barba, morbida al tatto.
Il cuore in questo momento si sta sforzando di non schizzare fuori dal petto. Le mie ginocchia reggono a stento il mio peso.
È una sensazione strana. Mi sento come se tante ali di farfalla stessero battendo all'unisono accarezzandomi il corpo mentre le sue dita scivolano sulla mia pelle fredda. Ogni cellula del mio essere si rinnova e il sangue sembra scorrere velocemente raggiungendo i punti più sensibili e visibili dandogli un tocco di colore. E mi viene voglia di vivere, di essere ancora forte se non per me per il mio cuore malridotto che merita ancora di battere per amore. Voglio ritornare ad amare, sentire quella tenerezza addosso, in ogni atomo di me, del mio corpo, dare tutto ciò che c'è ancora di buono e intatto. Voglio condividere la mia solitudine.
I suoi occhi si appannano. Carichi di lussuria che non può uscire, che deve trattenere. Prende subito fiato, si ricompone immediatamente.
«Adesso devo riportarti a casa o il tuo ospite si arrabbierà. L'hai lasciato solo con il tuo gatto.»
Rido staccandomi, seppur a malincuore. Ma apprezzo il suo modo di riportare entrambi alla realtà. «Chi è più in pericolo secondo te? Shannon o il mio gatto?»
«Il tuo amico direi.»
Glielo confermo. «Non è aggressivo. "Ness" invece, deve solo fidarsi.»
Nasconde un ghigno. «Mi ricorda tanto qualcuno.»
Gli mollo un colpetto sul petto e lui afferra il mio polso facendo scivolare le dita tra le mie. Una spinta dal basso ventre mi fa quasi ansimare.
Devo assolutamente calmarmi. Sto impazzendo.
«Posso offrirti un caffè?»
«Non vuoi tornare a casa?»
Guardo intorno. «È così bello qui. Ma se sei stanco non ti trattengo. Anzi, scusami se ti sto togliendo ore di sonno.»
Mi guarda in modo strano. Il suo non è un rimprovero. «Scherzi? Ti avevo detto che non mi sarei perso neanche un momento. Ho tutto il tempo per una dormita.»
Tiro la sua mano. «Allora sbrighiamoci.»
Lo porto fuori dal parco. All'incrocio c'è sempre un camioncino aperto. Pago due caffè senza zucchero con caramello e un pezzo di cioccolato fondente.
Bradley assaggia dubbioso poi emette un verso di apprezzamento. Notando che ha un alone sulle labbra passo in fretta l'indice portandolo in bocca.
Il gesto lo fa fremere. Stringe la presa sul bicchiere dilatando le narici. «Ti piace nuotare in mezzo agli squali?»
Sorrido. Sento in bocca il sapore delle sue labbra. Mi ricompongo. «Sto facendo amicizia con uno di loro. Magari non mi morde», gli strizzo l'occhio godendomi il caffè e la passeggiata tra le strade silenziose che conducono verso casa.
Ad un tratto lascia la mia mano. Si ferma davanti un altro camioncino prendendo un cornetto al cioccolato bianco con granella al fondente e miele sopra. «Un concentrato di zuccheri? Ne sei proprio sicuro?»
Mi avvicina il pezzo alle labbra. «Io ho assaggiato il tuo intruglio ed era come mangiare un cioccolato con caffè e caramello dentro.»
I suoi occhi mi suggeriscono di fidarmi perché non me ne pentirò. Do un piccolo morso masticando lentamente. Spalanco gli occhi. «Hmm, buono.»
Lecco le labbra e lui si concentra sul mio gesto prima di dare un morso al cornetto che dividiamo strada facendo continuando a scambiarci sguardi complici e sorrisi di nascosto.
«Come ti comporterai?», chiede ad un certo punto.
«Quando?», mi fermo davanti il cancello rimasto aperto.
«Tra qualche ora.»
Fingo di pensarci su. «Come mi comporto solitamente nel mio ambiente di lavoro? Non so, che cosa intendi di preciso?»
Guarda la finestra. Le luci sono tutte spente. «Farai finta di non conoscermi?»
Il pensiero mi turba. Vuole mantenere il segreto per qualche assurda ragione?
«Vuoi giocare così? Facendo finta di niente?»
Nega in fretta. «Tu, che cosa vuoi fare?»
«Io... mi limiterò a guardarti con ammirazione ed entusiasmo come tutti mentre ci dimostri come metterci al sicuro in caso di incendio.»
Circonda la mia vita con un braccio. Non mi fa irrigidire il gesto spontaneo. Neanche quando mi avvicina a sé. «E io tenterò di non perdere la concentrazione.»
Mi lascia andare. Barcollo un po'. Adesso chi dorme più?
«Allora ci vediamo dopo?»
«Contaci!»
Indietreggio strofinando le mani. Lo vedo pronto ad avviarsi all'auto, non si aspetta niente da me. Questa cosa mi fa sentire più sicura. Mi spinge a fare qualcosa per lui.
Scrollo via tutti i pensieri che si affollano dentro la mia testa avvicinandomi a lui. Sembra sorpreso ma continua a non fare nessuna mossa. Lo abbraccio. «Buona notte, Bradley», alzandomi sulle punte gli poso un bacio sulla guancia. «Dormi bene.»
Lui rimane imbambolato poi scuotendo la testa saluta con la mano e un sorrisetto entrando in auto.
Sorrido anch'io come una stupida aprendo la porta di casa. Tolgo le scarpe facendo il minimo rumore e avanzo a passo felpato verso il soggiorno per raggiungere la porta della mia stanza.
La luce del soggiorno si accende e sobbalzo cacciando fuori un urlo. Il primo istinto è proprio quello di sollevare la lampada sul comodino. Ma quando mi rendo conto di chi è stato, provo a controllare ogni istinto e la paura.
Shannon, se ne sta seduto sulla poltrona, tiene sulle gambe "Ness". Lo accarezza guardandomi con un sorrisetto.
«Dio, mi hai spaventata!»
«Dove sei stata?»
Se ne sta a petto nudo, i tatuaggi in evidenza che evito di guardare per non cadere in quel vagone pieno di ricordi, e attende curioso e divertito.
Sbuffo. «A prendere un caffè. Non riuscivo a dormire. Tra poco esco a correre. Vuoi unirti a me?»
Arriccia il naso. «Ed io che pensavo che fossi scappata nel cuore della notte con quel tizio con cui hai pranzato prima del mio arrivo per concludere quello che avevate iniziato», replica sempre più divertito.
«Non ti dirò niente», alzando il mento mi sposto in camera mia dove non mi spoglio per tenermi addosso ancora un po' dall'odore di Bradley.
Shannon mi segue rimanendo appoggiato sulla soglia. «Devo controllare se ha precedenti penali?»
Rido. «Ne dubito fortemente. Forse qualche attacco di furia al lavoro e qualche richiamo da parte del suo capo, ma ha la fedina penale pulita, più della tua e della mia.»
Gratta il mento nascondendo il sorriso. «In effetti. Vuoi comunque che faccia le mie indagini su di lui? Per essere sicuri...»
Nego stendendomi sotto la coperta. «No, non agirò alle sue spalle. E non lo farai neanche tu per conto mio. Devo imparare a fidarmi o non uscirò più dal bozzolo. Inoltre non so se ti ricordi ma... ho anch'io qualcosa da nascondere.»
Mette le mani avanti. «Ok, ok. Controllerò solo che non abbia una doppia vita.»
Lo guardo male. Dentro di me però si sgretola qualcosa. «Shan!»
Ride. «Ha proprio stuzzicato il tuo appetito...»
Gli lancio un cuscino colpendolo alla gamba. «Smettila. È una persona autentica. Non sembra avere chissà quale segreto e per la prima volta l'istinto mi dice di non sbagliarmi su di lui. E soprattutto di non dovere scappare a gambe levate.»
Annuisce avvicinandosi. Spegne la luce baciandomi la guancia. «Per la cronaca, anche se non sembra, mi piace quel tizio. Ha la stoffa e ti rende di nuovo te stessa. Direi quasi di avere visto più sorrisi sul tuo viso, da quando è comparso. E anche se ne sono geloso, non nego che sa come farti stare bene. Non allontanarti troppo perché hai paura, mi raccomando. Notte, Erin», chiude la porta.
Mi sento come un fiore mai sbocciato. Strappato via troppo in fretta dalla terra con tutte le radici. Come quelle di un albero spoglio. Sto attendendo la primavera. E so che prima o poi tornerò a fiorire come un mandorlo nel mese di marzo.
Stringo la coperta e sorrido addormentandomi con la piacevole sensazione di essermi liberata da qualcosa, forse da un peso enorme che per un lungo tempo ha continuato a schiacciarmi forte il petto.
Da tempo mi chiedevo se un giorno sarei stata ancora capace di sciogliermi, ad essere una persona meno apatica, dura con se stessa... normale. Da tempo mi chiedevo se sarei stata ancora in grado di emozionarmi, di provare qualcosa.
Forse sto iniziando ad ottenere delle risposte. Anche se ho paura sono curiosa di vedere come si evolveranno le cose tra di noi. Bradley è arrivato con la sua determinazione dimostrandomi che a volte essere testardi non è poi così sbagliato e che dopo una brutta delusione, si può ricominciare. A respirare. A sorridere.

L'alba è arrivata in fretta. Mi sento riposata, nonostante le poche ore di sonno. Mi ritrovo in tuta, pronta proseguire lungo il sentiero, a percorrere la mia solita strada, di corsa fino a rimanere senza fiato, senza saliva e con i polmoni che bruciano provocandomi una bellissima sensazione. Oggi mi sento meno spenta.
Fisso in alto un aereo che lascia la sua scia. La giornata sembra limpida. Non c'è troppo caldo e il cielo azzurro va a sfumarsi al grigio dei palazzi in lontananza e all'oceano.
Controllo l'orologio, mancano pochi minuti al ritorno a casa.
Shannon questa mattina mi ha lasciato la colazione sul ripiano ad attendermi e un bigliettino in cui mi ringraziava per l'ospitalità e mi chiedeva di trarre il meglio da questa giornata. Un gesto carino da parte sua e un messaggio particolare e diretto.
Torno a casa, prendo la posta controllando bene quello che è appena arrivato poi faccio una doccia per togliermi di dosso il sudore.
Trovo "Ness" ad attendermi in camera. Se ne sta seduto dritto e fiero su un cuscino, davanti lo specchio rettangolare alto. La coda a muoversi frustando da una parte all'altra sul tappeto morbido. Ma i suoi pozzi azzurri continuano a fissarmi. Non mi giudica, ma si sta chiedendo anche lui che cosa indosserò e come mi comporterò quando rivedrò la persona che mi ha fatto stare bene questa notte.
«Devo comportarmi come sempre. Non è cambiato niente», esclamo gesticolando tenendo in mano una gruccia con un vestito.
"Ness", miagola ripetutamente avvicinandosi, soffiando.
«Si, hai ragione. Qualcosa è cambiato ma non posso comportarmi come una ragazzina. Devo essere professionale oggi. Si tratta solo di lavoro.»
Prendo una camicia nera leggera con dei disegni sopra color caramello e alcuni dettagli leopardati, pantaloni neri e tacchi. Lego i capelli con un fermaglio lasciandoli sulle spalle, mi trucco poco e quando mi sento pronta, recupero la borsa, il bicchiere di caffè ed esco di casa.
In auto ascolto i soliti messaggi vocali lasciati dai nonni e da mia madre, tornata dal weekend di "fuoco" con Harvey. Quei due sono davvero innamorati. Alla fine hanno preferito un matrimonio intimo, niente di esagerato e a quanto pare la cosa gli ha portato fortuna. Ho rivalutato molte cose nel corso del tempo. Ho smesso ad esempio di essere troppo dura con lei. In fondo neanche papà le tiene ancora il muso. I due hanno anche iniziato a parlarsi e sono tornati quelli di un tempo. Hanno un rapporto pacifico e lo fanno anche per me.
Rispondo con un messaggio vocale per ciascuno e concentrandomi sulla strada, ascoltando le notizie del giorno, raggiungo l'asilo.
Nel parcheggio trovo già i primi pompieri all'opera, qualche genitore come rappresentanza più che eccitato al pensiero di mettersi in mostra, Grant accanto al preside, in attesa dell'arrivo di Maddie e tutti gli altri componenti dello staff e della scuola in fermento.
Posteggio uscendo dall'auto mostrandomi serena. Raggiungo Grant e con un breve cenno del capo saluto il preside. Non smette mai di fissarmi. A volte è inquietante. Per fortuna non sono mai andata nel suo ufficio da sola.
I bambini sembrano tutti in attesa quando entriamo in classe. Sono eccitati e indossano una tuta davvero graziosa.
Anch'io ne ho una e mi affretto ad andarla ad indossare. Prima di raggiungere il bagno però, vengo fermata e afferrata da una mano che si artiglia sul mio polso tirandomi dentro una classe vuota.
Il rumore dei miei tacchi rimbomba insieme a quello del mio cuore. Emetto un verso stridulo. Ma quando lo vedo, ogni paura si dissolve e chiudo la bocca mordendomi la lingua. Poi sorrido tenendo stretta al petto la divisa e gli scarponi dentro la busta insieme al casco.
«Buongiorno», mi saluta guardandosi intorno prima di avvicinarsi dandomi un bacio sulla guancia.
Mio Dio, è davvero sensuale oggi. Indossa già la sua divisa e ha quello sguardo da rapace. Come diavolo farò a resistere per tutta la durata delle esercitazioni?
«'Giorno», replico con un sorriso e la voce tesa.
«Come hai dormito?», prova a mettermi a mio agio.
«Bene, tu?»
«A meraviglia», fa un passo indietro guardandomi. «Va a cambiarti prima che possa anche solo fare scattare l'allarme per errore e scappare con te caricata sulla spalla.»
Rido. «Ti rendi almeno conto che sei tu quello illegale oggi?»
Lasciandolo come uno stupido corro in bagno. Qui dentro trovo Maddie. Si sta cambiando davanti lo specchio. Freno la mia euforia per non dare troppo nell'occhio.
«Giornata di fuoco oggi?», chiede con un sorrisetto.
Poso le mie cose sul ripiano di marmo. Ha visto con chi ero?
«A quanto pare», dico vaga.
Sistema i capelli. «Tu e quel pompiere...»
Arrossisco infilandomi i pantaloni della divisa dandole le spalle. La misura è perfetta, per fortuna non sembrerò un sacco di patate.
«È solo una conoscenza.»
Sorride intuendo. «Allora farò finta di non avere visto niente prima. Tu hai coperto noi l'altro giorno. E si, me ne sono accorta che hai trascinato tutta la classe via.»
Chiudo la cerniera della giacca. «Allora siamo pari. E comunque mi piace vedere Grant felice.»
Si guarda allo specchio con occhi pieni di emozione. «Anche a me», risponde sventolandosi. «E se posso permettermi: bel colpo, Erin! Ti ci voleva proprio una ventata d'aria fresca. Eri come dire... un po' grigia.»
Le mie guance si imporporano. Le rispondo con un cenno della testa percorrendo in silenzio insieme a lei il corridoio.
«Buona giornata!»
«Anche a te, Maddie.»
Entro distratta in classe. Qui dentro trovo proprio Bradley insieme al suo amico, Stan. Stanno parlando con i bambini e uno dei genitori presenti.
L'istinto mi dice di contattare Sammy. Non abbiamo ancora parlato della sua cena con Stan. In realtà non mi ha ancora mandato alcun messaggio. Devo preoccuparmi?
Scocco un'occhiata a Stan. Appare a suo agio, rilassato. Deduco sia andata bene.
Saluto tutti sedendomi in mezzo ai bambini. Ascolto la breve spiegazione del capo dei pompieri, Preston.
I bambini, super entusiasti dell'evento, ovviamente, partono a raffica con le domande più disparate. Stan insieme a Bradley sono preparati e ben lieti di rispondere, anche a quelle più assurde e divertenti che escono fuori.
Durante le prove e le dimostrazioni, i bambini ridono e si divertono imparando qualcosa di nuovo. Sono anche molto curiosi e qualcuno chiede di salire sul furgone per vedere cosa c'è dentro.
Stan e Bradley sono una coppia affiatata, divertente, rendono questo momento leggero, nonostante l'importanza, e si dimostrano dei gran giocherelloni con loro.
Ad un certo punto iniziano a giocare e mi ritrovo a ridere e a riprenderli e rimetterli in riga quando creano un certo baccano.
Durante la pausa, mentre i piccoli fanno merenda, Bradley si avvicina. «Che te ne pare?», getta il bicchiere vuoto di caffè dentro il cestino vicino.
Gli porgo una fetta di torta alle more. Samantha, ha deciso di partecipare fornendoci un banchetto pieno di dolciumi. Sono anche riuscita ad inviarle una foto di Stan in mezzo ai bambini mentre spiegava loro quello che volevamo sapere. Il suo messaggio è stato un criptico: "dolce".
«Spero che le mie pesti non vi facciano perdere la pazienza con le loro domande. E spero che alla fine ci sia uno zero in più sul vostro assegno perché ve lo meritate.»
Rifiuta la torta prendendo un dolce con la crema pasticciera e la frutta. «È un extra. Ci pagano anche per questo. E le tue pesti sono divertenti. Adesso capisco perché ti piace stare qui dentro e vedo come ti guardano. Pagherei per tornare all'asilo e avere te come maestra.»
«Be', ti è piaciuto fino a quando non ti hanno chiesto come fai a salvare la tua principessa in caso di incendio su una torre e tu hai come esitato», arriccio il naso.
Ride. «Già. In quel momento pensavo di dare loro una dimostrazione pratica ma ti avrei solo messo in difficoltà o in ridicolo. Mi hai anche scritto un messaggio specificando di non metterti in imbarazzo.»
Pulisco le labbra bevendo un sorso di succo di frutta. È piacevole il modo in cui ricorda i dettagli di me. Mi domando se riuscirò mai a ricambiare. «Non provarci neanche. Potrei metterti al tappeto e dimostrare loro che le principesse possono salvarsi da sole e scappare anche da una torre senza aiuto.»
Mi scocca un'occhiata furba. Indietreggio mettendo l'indice davanti a lui. «Sei avvisato.»
Torno dai piccoli sentendo il peso dei suoi occhi chiari addosso. Ad ogni movimento.
Dopo ben sei ore, si conclude finalmente questa prima giornata di corso. Sono solo tre giornate previste, ma ho imparato davvero tanto sul trovare ogni possibile via di fuga in caso di incendio. E so già che dopo oggi sentirò un po' la mancanza. Avere intorno Bradley mi piace. Non è mai invadente e mantiene gli spazi svolgendo il suo lavoro senza problemi. Non è affatto una distrazione, anche se di tanto in tanto ci siamo guardati furtivamente, come due ragazzini. Ma è stato eccitante.
Saluto gli ultimi bambini e vado a cambiarmi. Apro la porta del bagno e sussulto. Se ne sta appoggiato alla superficie del lavandino, a braccia conserte.
«Il bagno degli uomini è l'altro, non questo», abbasso la cerniera della giacca. Tiene davvero al caldo questa tuta o forse sono io quella che oggi ha una temperatura diversa. Adesso più che mai sto andando a fuoco per il modo in cui mi guarda.
«Ho sbagliato di proposito», ghigna.
«Oh, non ne dubito», entro nella piccola cabina dove c'è il water e uno spazio di circa due metri, per cambiarmi. Le pareti sono pallide piastrellate fino a metà. Il tutto color champagne chiaro. Direi adatto ad un bagno.
«Hai impegni?»
Sono distratta da questi inutili dettagli per rendermi conto che la sua voce è vicina.
«No, devo solo vedere Sammy per il pranzo. Non ci vediamo da sabato.»
Spunta da sopra la porta. «Quindi possiamo unirci a voi? Credo che Stan l'abbia già avvertita.»
Mi copro con la camicia scoccandogli un'occhiata minacciosa. «Hai un secondo per allontanarti prima che io apra questa porta e ti faccia male.»
Ride mettendo le mani avanti. La sua risata riecheggia intorno e spero vivamente che non ci sia nessuno nei paraggi ad assistere a questo scambio.
«Non imbarazzarti», mi provoca.
Esco dal bagno appena sono pronta. «Non abbiamo ancora raggiunto quel grado di intimità.»
Mi fermo davanti il lavandino guardandomi allo specchio. Lavo le mani poi frugando dentro la borsa, dopo avere sistemato i capelli, recupero il balsamo per le labbra alla ciliegia. Lo metto per ammorbidirle, uso il dito per spalmarlo meglio agli angoli.
Mi volto di poco percependo il suo calore vicino. Bradley afferra la mia mano passandosi il mio dito sulle labbra.
Sono morbide e seguo ogni movimento famelica.
«Mi piace quando arrossisci e adesso so che sapore hanno le tue labbra», mi sussurra uscendo dal bagno, dopo avermi mandato un bacio volante e avere strizzato l'occhio.
Mi appoggio al ripiano aspettando un momento per riprendermi. Quando sono sicura di riuscire a reggermi sulle gambe esco fuori. Sono pronta ad affrontarlo. Ma lui è già sul mezzo. Poco prima di avviare il motore, lo vedo ghignare.
«Ci vediamo da Samantha», mi urla Stan fuori dal finestrino del camion dei pompieri con un ampio e sardonico sorriso.
Entro in auto e dopo avere ripreso la piena concentrazione, raggiungo il locale della mia amica.
Samantha, per l'occasione ha tenuto alzata la saracinesca del locale, chiuso solitamente il lunedì, preparando per tutti il pranzo, dopo avere saputo della compagnia dei due con cui ci ritroveremo a breve sedute a tavola.
Non appena mi vede, mi abbraccia forte lasciandomi entrare prima di mettere il cartello con la scritta a caratteri cubitali: "CHIUSO", per quelle persone che credono che oggi la pasticceria sia aperta.
Ormai qui mi è tutto familiare e spostandomi in laboratorio, oggi la cucina, mi siedo, contro il suo volere, sul ripiano in acciaio sulla quale ci si può specchiare. Attorno c'è odore di pasta allo zucchero, glassa e limone. Ma c'è anche odore di cibo salato come pasta, carne, pane e pizze.
«Allora, com'è andata ieri sera?», vado dritta al punto. È già tanto strano che non sia stata lei ad iniziare il discorso.
Arrossisce visibilmente. Non riesco a capire dove inizia l'attaccatura dei suoi capelli e dove finisce il suo viso, tanto è rossa. I suoi occhi scappano e comprendo in fretta. Così, decido di indagare ulteriormente per non avere dubbi sull'esito della serata passata insieme a Stan.
Tamburello con le dita sul ripiano oscillando con le gambe. «Non dirmi che ha deluso le tue aspettative e intendi troncare tutto», avvicino un mini rollino con il prosciutto dentro.
Picchia la mano sul dorso della mia guardandomi male, ma non demordo assaggiando lo stuzzichino. Ho fame. Oggi mi si sono prosciugate le energie. Mi sento ancora accaldata ed eccitata.
«Stan è fantastico», ammette con un sospiro e un tono di voce che mi fa quasi saltare dal posto.
Rimango con il boccone pieno in bocca. «E qual è il problema?», biascico.
Morde il labbro prendendo tempo e fiato. Infine sbuffa. «Nessuno. È questo il problema. È troppo perfetto per essere reale e vero.»
Rido e lei mi picchia con uno strofinaccio. «Non è divertente, Erin. C'è qualcosa che non va. È davvero perfetto, in ogni senso. Non ha neanche cercato di toccarmi. E non ha un difetto che odio, anzi: mi piace proprio tutto di lui. Troppo.»
«Sammy, ti rendi conto che Stan ha superato le tue aspettative e tu non ti sei ancora lasciata andare del tutto? Stai vivendo in un universo parallelo. Dove lui si trattiene e tu vuoi tutto.»
Incrocia le braccia al petto inarcando la schiena, smettendo di agitare lo strofinaccio per colpirmi. «Lo so. Che cosa faccio? Magari sono io quella che non va bene per lui. Non so che cosa pensa di me. Vorrei solo che non stesse fingendo. Non voglio troncare con lui.»
«Indagherò per te. Ma smettila di comportarti così e torna in te. Torna la mia Samantha! Stan sta solo seguendo le regole del corteggiamento. Lo sta facendo per te. Gli piaci davvero. Senti, se proprio vuoi che sia subito fuoco con lui, fa la prima mossa. Magari ha solo bisogno di capire quello che vuoi tu.»
Mi abbraccia. «Devo andarci a letto», dice risoluta. «Ecco cosa voglio. Stan mi piace davvero. Lo vedo solo un po' frenato. Hai ragione, forse sono io che non mi lascio andare e che non gli mando un segnale.»
Tengo per me i pensieri e anche una risata. Vedere così Sammy mi fa uno strano effetto. Inoltre, quando si mette qualcosa in testa non gliela toglie nessuno. Quindi inutile dissuaderla.
Sentiamo bussare al portone adiacente alla saracinesca alzata e si ricompone sfoggiando un ampio sorriso. Deve avere dato i dettagli a Stan, altrimenti avrebbero provato ad entrare dal locale. Ha in mente qualcosa, me lo sento.
Corre ad aprire ed io rimango nel mio angolo ad ascoltare.
«Chi abbiamo qui?», li accoglie mentre io continuo a starmene sul ripiano della cucina, nascosta dai due che si stanno spostando al tavolo apparecchiato.
Li sento parlare con Sammy poi la musica accesa e i passi di qualcuno che entra in cucina, ma sono distratta per accorgermene.
«Allora è qui che ti rifugi.»
Sussulto. «Bradley!»
Si è cambiato. È bello e si sta avvicinando.
«Sammy mi ha sussurrato dove trovarti così... sentendo la tensione che c'è tra quei due, ho deciso di raggiungerti. Spero di non invadere il suo ambiente. Non volevo sentirmi il terzo in comodo della situazione.»
Gli faccio subito spazio e si siede accanto a me. Metto il vassoio pieno di calzoni al prosciutto al centro.
Ne prende uno. «Sembri pensierosa, che ti succede?»
«Ho appena parlato con la mia amica. Abbiamo avuto una strana conversazione», inizio spezzando il calzone lottando un po' con la mozzarella filante. «Crede di non essere adatta a Stan. Sta iniziando a farsi le paranoie perché ha capito che si è solo frenata. Un po' come lui.»
Deglutisce. «Stan è pazzo di lei. Non la smette di agitarsi e di parlare di lei, su quanto sia fantastica e su quanta paura abbia di deluderla.»
«E lei è pazza di lui. Sono proprio perfetti.»
Sentendo un silenzio improvviso, ci sporgiamo entrambi. Si stanno baciando come due ragazzini in preda ad una crisi ormonale. Ad un certo punto si spostano persino dal tavolo.
Tappo la bocca poi ridendo afferro qualcosa dal vassoio infilando tutto dentro un sacchetto insieme a due bottigliette d'acqua e i tovaglioli. Recupero la mia borsa e tiro il polso di Bradley che al contrario li osserva divertito.
«Andiamo!»
Si ferma. «Non vuoi sapere come va a finire?»
Arriccio il naso. «No, grazie. Mi hai fatto immaginare abbastanza e ho troppa fame per perdere l'appetito proprio ora.»
Ghigna lasciandosi guidare fuori dalla porta che conduce sul retro, in un cortile isolato.
Bradley, come se conoscesse meglio di me la zona, mi guida verso il parco più vicino. Qui ci sediamo sul prato e mangiamo sotto il sole, immersi nella natura, tra suoni e odori.
«Eri turbata solo per quello?»
Bevo un sorso d'acqua. «E se non riesco a lasciarmi andare del tutto?»
Preme un dito sulla mia tempia spingendomi la testa. «E se invece non riesci più a frenarti? Il tuo reale problema è qui. Hai vissuto troppo a lungo da sola. Adesso ha paura che qualcuno invada il tuo spazio.»
Faccio una smorfia. «Non voglio che hai troppe aspettative su di me. Non ho intenzione di deluderti ma non posso neanche farti delle promesse. Ho vissuto da sola perché è così che mi sento ma non è sempre brutto come si pensa.»
Ascoltiamo il silenzio osservando le coppie presenti e qualche bambino che rincorre delle farfalle seguito dallo sguardo attento dei genitori.
«A nessuno piace stare da solo», riprende il discorso.
«Vivere nella propria solitudine non è facile. Lo so. Ma con il tempo ci si abitua.»
«Si vive bloccati nella propria solitudine perché a nessuno piacciono le delusioni. Ma bisogna pur ricominciare da qualche parte. Ritrovare la fiducia persa.»
Finiamo di pranzare e lui si sdraia. Lo osservo per qualche istante e faccio lo stesso. Mi lascio scaldare dai raggi del sole rimanendo per qualche attimo ad occhi chiusi.
Dopo un momento mi avvicina al suo petto. Lo fa senza malizia in un gesto spontaneo. «Non voglio correre e capisco ogni tua perplessità o dubbio. Ma dobbiamo conoscerci. Se non ti apri, non so se sarà possibile continuare a farlo. Magari scoprendo che ho chiamato un pesce tropicale "Lady black", ti renderai conto che in realtà sono un cretino e che non ti piaccio per questo inutile dettaglio.»
«Hai chiamato così un pesce tropicale?»
Me lo conferma con un breve cenno della testa e un sorrisetto grazioso. «E non so ancora se quel pesce sia un maschio o una femmina.»
Rido sollevando la testa. «Magari ti renderai conto tu che di me odi il fatto che devo avere ogni singola cosa in ordine.»
«Ho notato e non mi spaventa. In realtà piace anche a me avere tutto sotto controllo.»
Rimango ad ascoltare il suono del suo cuore. «Sai che prima o poi parleremo del passato?»
Passa una mano sulla mia schiena e accorgendosi che mi sono un po' divincolata smette.
«Sono pronto. Che cosa vuoi sapere?»
«Hai uno scheletro nell'armadio?»

🖤

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