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Capitolo 1-La ragazza dell'armadietto accanto:

Alcuni anni prima- In un altro universo

Gli ambientalisti di San Francisco sarebbero scesi in piazza se avessero saputo che una navicella stava spazzando via la maggior parte degli alberi presenti al Golden Gate Park.

Stava succedendo in piena notte e una navicella spaziale atterrò in mezzo all'erba.

James rivide la terra dopo anni e per un attimo gli sembrò fin troppo grande per lui.

Nick Fury lo aveva addestrato fin dalla più tenera età, dopo che Peggy Rogers aveva deciso di abbandonarlo e scegliere l'umanità al posto della famiglia.

L'uomo scese giusto insieme al ragazzo e gli consegnò alcuni documenti.- Qui ci sono i documenti, il passaporto, le chiavi dell' appartamento e quelle di un motorino, prima devi prendere la patente se vuoi un'auto.-

James annuì nervoso.- Grazie, signore.-

Fury lo fissò con l'occhio buono e lo indicò severamente.- Ti ricordi ciò che ci siamo detti?-

-Se voglio stare sulla Terra, devo andare a scuola e poi trovarmi un lavoro, ricevuto.- ripeté James.

-Bene. Non me ne far pentire e non ti mettere nei guai. Se lo farai, lo saprò.- affermò Fury, infine, prima di voltargli le spalle e andarsene.

James gli era molto grato per essersi preso cura di lui a modo suo e sapeva che si sarebbe impegnato a mantenere la promessa.

Prese un autobus per dirigersi all'indirizzo scritto sulle chiavi: era tardi ed era assonnato.

Dato che si trovava a San Francisco, aveva dovuto percorrere numerose salite, seguite da altrettante discese prima di trovare il palazzo.

L'appartamento era abbastanza grande, forse troppo per una sola persona, con due camere da letto e due bagni: il frigo era pieno, c'erano alcuni vestiti nell'armadio e i libri impilati sul tavolo.

Fury aveva pensato a tutto.

Aveva chiesto espressamente di non far sapere alla propria famiglia che fosse tornato, sopratutto alla sorella, non voleva averci niente a che fare.

Era l'ultima persona della Terra che avrebbe voluto vedere e, perciò, Fury gli diede un nuovo cognome.

Non aveva idea di come stesse Mia, non gli interessava di Peggy e Steve era morto quando era piccolo.

Perciò, non c'era alcun problema.

James indossò il pigiama e fece un veloce giro della casa.

Era molto più spazioso di quanto si immaginava e osservò che fosse vecchia, come se qualcuno ci fosse già stato prima di lui.

Per il corridoio c'era una scala a scomparsa e James scoprì che ci fosse una piccola soffitta.

Tirò giù la scala, curioso, e salì sopra.

Era molto piccola, illuminata solo da una lampadina legata al soffitto.

C'erano numerosi scatoloni pieni di quaderni dove vi erano scritti centinaia di calcoli, numeri su numeri che James non riuscì a capire.

Ma la cosa più grande della stanza era una lavagna stipata nell'angolo.

Non riuscendo a leggere che cosa ci fosse scritto per via del buio, James la trascinò verso la luce e fu in quel momento che la polvere del gesso gli entrò nel naso, facendolo tossire pesantemente.

Se la sentì entrare perfino negli occhi e allora si maledì per aver mosso quella maledetta lavagna.

Fu costretto a scendere di sotto e andarsi a sciacquare la faccia fin che il bruciore non se ne andò.

-Fanculo.-

Era già abbastanza tardi e l'indomani avrebbe cominciato la scuola, perciò pensò che fosse meglio andare a dormire e scelse la camera più piccola, con un letto ad una piazza e mezza.

Infine, si addormentò.

***

James immaginò che sarebbe stata dura dormire in un nuovo letto, invece fece sonni profondi, se non fosse stato per uno strano sogno.

Si ritrovò in quella stessa casa, solo che alcune cose erano diverse.

-Pulcina, sto venendo a cercarti!-

Sentì la voce femminile di una donna e il campo visivo che si muoveva per il corridoio.

Sembravano una bambina e sua figlia che giocavano a nascondino.

La donna entrò dentro la camera della più piccola, la stessa in cui stava dormendo James e si avvicinò all'armadio tinteggiato di rosso, con sopra alcuni sticker a forma di unicorno.

Aveva capito che la bambina si fosse nascosta all'interno dal suo ridacchiare divertita.

-Trovata!- esclamò, spalancando l'armadio e ridendo.

Poi, proprio in quel momento, si voltò verso uno specchio a parete e James poteva vederla: era una donna sulla trentina, con zigomi proropenti e lunghi capelli castani.

D'un tratto, James spalancò gli occhi e si sollevò col busto.

Chi erano quelle persone e perchè le aveva sognate?

Accese la lampada sul comodino e guardò l'armadio: c'erano dei segni che era stato ritinteggiato.

Confuso, James prese un coltello e iniziò a grattare sul legno, scoprendo, con grande sorpresa, uno sticker a forma di unicorno.

***

1 settimana dopo

James non aveva più fatto altri sogni, se non sempre lo stesso.

L'unica cosa che era cambiata dal primo sogno, era che, ogni volta che la donna si voltava verso lo specchio, comparivano strani calcoli, equazioni, numeri che James non riusciva a capire.

Ormai era a San Francisco da una settimana e la scuola era iniziata.

Come aveva promesso a Fury, si stava impegnando nello studio e rimaneva abbastanza nel suo.

Questo perchè si era ripromesso che nessuno doveva sapere chi fosse e, sopratutto, Fury gli aveva detto di non usare i propri poteri in alcun modo.

James li usava solo a casa, per raffreddare le cose e farsi un bagno di ghiaccio per rilassarsi a fine giornata.

Oltre a questo, non doveva assolutamente mostrarli a nessun altro.

Perciò, James non si era legato a nessuno, nè parlava con nessuno.

L'unica persona con la quale non ci era riuscito era la propria compagna del corso di scienze, non che vicina di armadietto.

Il suo nome era Cassie Lang, la figlia di Scott Lang, ovvero il famoso Ant Man.

Loro due parlavano solo durante le lezioni, dato che il resto della giornata la passava attaccata al proprio fidanzato.

Il suo nome era Craig ed era il capitano della squadra di LaCrosse, un grande classico.

Per tenersi in forma, anche James si era segnato in quello sport e l'allenatore lo aveva messo in porta.

Questo comportava ricevere pesanti palle da parte di Craig che gli facevano uscire continui lividi sul corpo.

Però doveva starsene zitto: meno si accorgevano di lui e meglio era.

James aprì l'armadietto per prendere il libro di scienze, quella mattina e fu allora che Cassie e Craig passarono per il corridoio.

James incrociò lo sguardo di Cassie che gli sorrise appena, mentre Craig le mise un braccio intorno al collo.

-Buongiorno James.-

-Buongiorno Cassie.- balbettò lui, facendo un cenno della testa.

Dopo averlo superato, Craig le mise le labbra sull'orecchio.- Ma quanto cazzo è strambo quello?- le sussurrò, ma James lo sentì comunque.

Non gli importò molto, dato che Cassie avrebbe potuto essere tutta sua già alla prima ora.

Il laboratorio di scienze coinsisteva da lunghi banchi con gli oggetti adatti per la lezione giornaliera: il professore era il dottor Bill Foster, un uomo di colore dalle spalle grosse e la testa rasata.

James pensava molto a Cassie e sapeva di non potersi permettere di prendersi una cotta per lei.

Però, lei era sempre molto gentile con lui e in cambio James l'aiutava in materia dato che non era molto portata.

Nonostante James volesse reprimerlo, doveva ammettere che, ogni volta che Cassie si sedeva accanto a lui, emanando quel buon profumo di fragola che proveniva dai suoi capelli, gli veniva sempre la pelle d'oca e la salivazione sulle labbra saliva a mille.

Forse si era preso una bella cotta e questo era un problema.

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