Come Amore e Psiche
Stare insieme ad Eliott mi ha insegnato quanto sia importante ogni attimo. Adesso mi prendo il tempo che mi spetta, per ogni cosa, in ogni momento. Se il me di qualche anno fa mi vedesse qui, impalato davanti ad un quadro da più di dieci minuti, sicuramente mi darebbe dello stupido.
In realtà non sono poi così tanto concentrato sul quadro, ma su Eliott, che invece sembra come rapito da ciò che ha davanti. Osservo il suo profilo cercando di capire cosa gli sta passando per la testa; credo in questo momento stia cercando un senso. Lui cerca sempre di dare un senso ad ogni cosa.
-Che ne pensi?- mi chiede prendendomi totalmente alla sprovvista. Girando la testa nella mia direzione mi trova a fissarlo. Sorride, riuscendo così a farmi arrossire. Lo trovo assurdo che dopo tutto questo tempo mi faccia ancora questo effetto, proprio come quando avevo diciassette anni.
-Penso...- inizio a dire, finendo però col mordermi il labbro, in cerca delle parole giuste. Decido di dare un'altra occhiata al quadro: una confusione di colori e forme riempiono la tela, riuscendo quasi a farmi girare la testa.
-D'accordo, andiamo a vedere Amore e Psiche- mi propone, prendendomi la mano e trascinandomi con lui. Siamo stati svariate volte al Louvre e ogni volta Eliott ha cercato di insegnarmi qualcosa di nuovo sull'arte, con pessimi risultati purtroppo.
Una delle poche cose che riesco ad apprezzare veramente è la scultura di Amore e Psiche, che in foto può sembrare cosi imponente, ma dal vivo è delicata e piccola, così piccola da chiedere protezione. Mi soffermo ad osservare la maniera urgente ma al tempo stesso dolce, con la quale Amore avvolge le mani attorno a Psiche. La sovrasta, con le sue grandi ali, pronto a proteggerla da ogni male di questo mondo. Il loro è un atto intimo, quel momento pieno di trepidazione ma al tempo stesso che mette paura, che si vive prima di un bacio. Perché i baci, anche se dati sempre alla stessa persona, alcune volte hanno il sapore del primo bacio.
-Cosa ti piace così tanto di questa scultura?- mi chiede lui, incrociando le braccia al petto e inclinando leggermente la testa, come a voler vedere ciò che vedo io da un'altra prospettiva. Mi metto dietro di lui, alzandomi leggermente sulle punte dei piedi, così da poter appoggiare il mento contro la sua spalla. Punto l'indice davanti a me, così che lui possa seguirmi.
-Guarda la mano di Amore, la maniera in cui le dita accarezzano la guancia di Psiche. Non credo di aver mai visto niente di simile, un semplice gesto ma che riesce ad esprimere tutto il bisogno che hanno l'uno dell'altra. La maniera in cui la mano si piega, quasi avesse paura di poterla ferire ma consapevole che se anche fosse vero, non potrebbe farne a meno. –
Spostando lo sguardo dalla scultura al viso di Eliott, noto i suoi occhi di un blu liquido analizzare attentamente il dettaglio in questione. Gli ci vogliono almeno altri venti secondi prima di girarsi verso di me, passandomi le braccia attorno al collo e accarezzandomi con la punta delle dita i capelli, sparsi in maniera disordinata.
-Ti meriti un premio, oggi l'allievo ha superato il maestro.-
-Un premio?- chiedo curioso e lui annuisce. Prima che possa chiedere chiarimenti, mi da un bacio, appoggiando delicatamente le labbra sulle mie.
-Decisamente un premio gradito. – ammetto, lasciandogli altri baci sulla guancia.
-Uhm...non mi stavo di certo riferendo a questo. – sussurra contro il mio orecchio, allontanandosi subito dopo e ponendo della distanza tra di noi. Lo rimango a guardare contrariato, mentre lui tira fuori il telefono dalla tasca. – Sono quasi le quattro, alle cinque non hai Mozart? –
Non fidandomi molto di lui, anch'io tiro fuori dalla tasca il telefono, dovendo però confermare ciò che ha detto. Mi chiedo come sia possibile che quando siamo insieme il tempo passi così velocemente, come se in sessanta secondi si consumassero cinque minuti.
Sbuffo, avvicinandomi a lui, così che mi possa passare un braccio attorno alla spalla. Ci avviamo insieme verso l'uscita, oltrepassando l'enorme fila di turisti che stanno aspettando di entrare. Fuori è una frizzante e piacevole giornata di primavera, ma non per uno con mille allergie. Eh già, sto parlando proprio di me! Dannato polline.
-Quando avrò il mio premio? – chiedo mentre siamo fermi ad un semaforo rosso. Altre persone, proprio come noi, stanno aspettando di attraversare la strada. Il rumore dei motori delle macchine è quasi assordante, quindi lui si sporge verso di me, riuscendo così a farmi attorcigliare lo stomaco.
-Molto presto. Non essere così impaziente. -
-Ehi, ti ricordo che apro i regali di Natale il ventiquattro sera. Lo sai che sono dannatamente impaziente! -
-Con me hai sempre molta pazienza.- nota.
-Non quando sporchi i vestiti appena lavati con i colori! –
- Uhm...mi farò perdonare anche per questo. –
Finalmente il semaforo diventa verde, Eliott si muove prima che lo faccia io, girandosi però nella mia direzione e sorridendomi. Io mi immobilizzo per un secondo, inghiottendo a vuoto; perché oggi il mio ragazzo sembra essere più sexy del solito?
-Perché Mozart viene di sabato pomeriggio? – chiede non appena entriamo in casa, riferendosi ad uno dei ragazzi che viene a lezione di piano da me. Il suo appellativo è dovuto al fatto che non vuole suonare altro se non Mozart.
Lui lascia cadere le chiavi nel vaso posto sul tavolo in sala, mentre io mi tolgo la giacca, prendendo subito dopo anche la sua e appendendola.
-Lunedì ha il saggio di piano e vuole assolutamente ripassare. –
-Ma è stato più qui che a casa sua nelle ultime settimane. –
-Già, lo so... -
-Beh, se avessi un maestro di piano come te...probabilmente anch'io sarei qui tutto i giorni. – dice, spingendomi ad alzare gli occhi al cielo. -Quando alzi gli occhi al cielo mi viene voglia di sculacciarti. –
- Tieni a bada il tuo Christian Grey interiore Demaury! – sbuffo, mentre lui si avvicina a me, lasciandomi un bacio sulla guancia.
- D'accordo! Vado in mansarda. Ci vediamo dopo. – mi avvisa, beccandosi una pacca sul sedere prima di sparire dall'appartamento.
- Non sporcare le scale ritornando giù! – urlo, ma non sono sicuro che lui mi abbia sentito. E se anche mi avesse sentito, le possibilità che ritorni indietro senza nemmeno una chiazza di colore addosso sono praticamente nulle.
Sorrido, felice di dovermi preoccupare di questi piccoli problemi e non di altri, più grandi e difficili da gestire. Siamo in un buon periodo da alcuni mesi, credo sia il lasso di tempo più lungo da quando stiamo insieme. Spesso mi dico che magari potrebbe essere così per sempre, se lui continuerà a prendere le sue medicine. Però, la parte più razionale di me mi spinge sempre a pensare che un giorno potrebbe non avere voglia di alzarsi, di uscire e andare al lavoro, di avermi vicini per più di un minuto.
La moltitudine dei miei pensieri viene interrotta dal suono del citofono. Mi affrettò ad andare a rispondere, ritrovandomi subito dopo sulla porta Jules, il ragazzo di otto anni al quale do ripetizioni di piano.
-Lucas, credo di poter avere un esaurimento nervoso da un momento all'altro! – mi dice passandomi davanti e andandosi a sedere su uno dei due sgabelli che tengo davanti al piano. Chiudo la porta, sconcertato dalle sue parole: ha solo otto anni, ma che ne vuole sapere di esaurienti nevosi?! Con uno dei miei migliori sorrisi, mi metto a sedere vicino a lui e alzo la copertura dei tasti.
- Cosa ti preoccupa tanto? – chiedo, e lui mi guarda da dietro le grosse lenti degli occhiali da vista che indossa. Gli scivolano leggermente sul naso, quindi li rimette a posto, sospirando rumorosamente.
- In alcuni momenti, durante il brano, mi sembra di non ricordare più come si faccia a muovere le mani sui tasti. Capisci? –
- Hai solo un po' di ansia, guarda che è normale avere ansia...anche se questo non è il tuo primo saggio. Non ti era mai successo. –
-Beh...ci sarà anche Anne. – sussurra, abbassando lo sguardo imbarazzato. Mi lascio sfuggire un sorriso sotto i baffi, tornando serio quando alza lo sguardo su di me. Mi schiarisco la voce, consapevole che sta aspettando un qualche consiglio da parte mia. Ma dai?!
- Chi è Anne? –
- Viene a scuola di musica con me. Lei suona il violino ed è davvero, davvero brava! Una volta l'ho sentita mentre suonava Le nozze di Figaro. – Wow! Ma che danno da mangiare a questi ragazzini?! Io alla loro età sapevo a malapena le scale, ma forse perché ero io a non volermi impegnare troppo. Forse.
- Jules, dovrai far finta che lei non ci sia. So quanto possa essere difficile suonare per qualcuno che ti piace. La prima volta che ho suonato per il mio ragazzo avevo le mani che mi tremavano, però è andata alla grande...infatti adesso è il mio ragazzo! –
- Ma come hai fatto a smettere di tremare? – Uhm...ero completamente fatto, ma questo non posso dirlo ad un ragazzino di otto anni.
- Ho suonato con il cuore. Quando si suona con il cuore, non si sbaglia mai per davvero. Anche se magari le tue dita vanno per conto loro, ricordati che il cuore sa esattamente cosa sta facendo. – Jules non sembra molto convinto, quindi io temendo altre domande su quella prima volta che ho suonato con Eliott, mi affretto a prendere gli spartiti della Suonata per pianoforte n. 16.
Ripassiamo insieme il pezzo, anche se non credo che lui ne abbia davvero bisogno. La sua è solo paura di fallire davanti alla ragazza che gli piace, sta tutto nella sua testa, non nelle sue mani. Spero le parole che gli ho detto possano aiutarlo, in caso contrario comunque non me la prenderei con me stesso, insomma...io che do consigli d'amore ad altri? Ma che ne so io in fondo dell'amore?
-Mozart è appena andato via. – dico ad Eliott appena lo vedo rientrare.
-Lo so, mi ha salutato mentre scendeva. – mi informa, raggiungendomi in cucina, che è a vista sulla sala. Quando lui tenta di abbracciarmi, io allungo il braccio, appoggiando il palmo della mano contro il suo petto.
- Stai fermo lì! – Lui mi guarda aggrottando la fronte, facendo apparire subito dopo un sorriso sulle labbra.
- Stasera ti aspetto in mansarda...per darti il tuo premio. – mi informa, indietreggiando di qualche passo. Io rimango immobile, ritrovandomi subito dopo a sorridere come un cretino. Solitamente la mansarda è il posto di Eliott, va lì quando vuole stare un po' da solo con la sua arte. Con l'accordo di tutto il condominio è riuscito a farsi cedere la mansarda, allestendo lì il suo studio. Ci sono stato poche volte, quindi attribuisco a questo il fatto che in questo momento il cuore mi batte così forte nel petto.
Inutile dire che fremo di entusiasmo per il resto del pomeriggio: mentre cucino la cena, mentre mangiamo ascoltando un po' di musica e anche mentre sbrogliamo e laviamo i piatti, uno vicino all'altro.
-Quindi...andiamo? – chiedo mentre lui si siede sul divano, probabilmente intenzionato ad accendere la televisione. Gira la testa verso di me, dandomi una lunga occhiata.
- Hai intenzione di venire vestito così? – chiede a sua volta. Abbasso lo sguardo sui miei vestiti: un paio di jeans chiari e una felpa grigia. Cosa c'è che non va?
Annuisco, anche se per niente convinto, quindi lui si alza dal divano.
-D'accordo. – dice aprendo la porta di casa e facendomi cenno con la testa di seguirlo. Non me lo faccio ripetere due volte, quindi esco e mi assicuro io di aver chiuso la porta. Nel mentre, Eliott ha già fatto una rampa di scale, spingendomi a corrergli dietro.
Trovo la porta della mansarda aperta, eppure decido di fermarmi sull'uscio, dando una veloce occhiata a ciò che mi sta attorno. Ci sono parecchie tele, alcune appoggiate contro il muro, altre messe ordinatamente in fila. Sul cavalletto invece c'è una tela completamente bianca. Sulla sua scrivania ci sono dei fogli sparsi, alcune matite e un grosso libro del quale non riesco a leggere il nome. Sul tavolino vicino alla postazione di lavoro, c'è un vecchio barattolo della Nutella pieno d'acqua e al suo interno ci sono in ammollo alcuni pennelli.
-Non entri? – mi chiede, facendomi annuire. Faccio due passi avanti, chiudendo la porta alle mie spalle. Facendo scricchiolare il parquet mi avvicino a lui, rimanendo davanti alla piccola finestra che ha vista sul campo da calcio che c'è vicino a casa nostra. Una folata di vento, quasi pungente, mi fa rabbrividire. Eliott, probabilmente notandolo, appoggia la mano contro la base del mio collo e mi accarezza la pelle infreddolita.
-Qual è il mio premio? – chiedo e mi rendo conto di non aver fatto altro per tutto il pomeriggio. Comunque è tutta colpa sua, si diverte a tenermi sulle spine. Che stronzo!
-Ti insegnerò ad usare gli acquarelli. –
-Oh...-
-Sembri...deluso. – osserva, andando a prendere un secondo sgabello da mettere di fronte al cavalletto. Si siede sul suo, sbattendo il palmo della mano sull'altro e invitandomi con un sorriso a raggiungerlo.
-Sono solo...sorpreso. – dico, prendendo posto vicino a lui. – Lo sai, dipingere non fa per me. Quindi, non so...potrei rimanere qui e guardarti mentre lo fai tu. – Eliott scuote la testa e mi basta una veloce occhiata per capire che è irremovibile.
- Quello che mi hai detto oggi, mentre eravamo davanti ad Amore e Psiche, tutte quelle emozioni che ti ha trasmesso la statua...prova a buttarle sulla tela. – Sospiro, avvicinando lo sgabello ancor di più alla tela e sporgendomi in avanti, così da prendere uno dei pennelli e la tavolazza di acquarelli.
La mano mi trema leggermente appena la avvicinò alla tela, quindi Eliott si posiziona esattamente alle mie spalle e appoggia le dita attorno al mio polso.
-Da dove vuoi iniziare? – mi sussurra contro l'orecchio. In realtà questo ancora non lo so, pensavo che mi sarebbe venuta l'ispirazione una volta iniziato, il che lo so...non ha senso!
-Credo di voler iniziare da...dallo sguardo che si scambiano, però non saprei rappresentare uno sguardo così profondo, così intimo. –
-Chiudi gli occhi Lu, perché continuando a guardare una tela bianca non riuscirai mai a trovare l'ispirazione giusta per dipingere un sentimento. –
-Però tu non lasciarmi la mano, okay? – chiedo abbassando le palpebre.
-Non lo farò nemmeno per un secondo. – mi promette e infatti la sua mano rimane chiusa attorno alla mia per tutto il tempo. Facciamo danzare i polsi insieme, io seguendo delle linee ben precise nella mia testa, lui probabilmente curioso di sapere come sarà una volta finito.
Con il blu, che man mano diventa sempre più sfumato, traccio una serpentina che si divide alla fine in due code. Poi, con il rosso faccio la stessa cosa, facendo però attorcigliare le due serpentine. Anche le code di quella rossa di sdoppiano, andando a loro volta ad attorcigliarsi con quelle della blu. Ed è proprio così che si fa spazio nella mia testa quello sguardo che si scambiano: uniti, in ogni parte, dalla punta dei capelli fino alla punta dei piedi. Trovo quello sguardo più intimo del sesso, più profondo di qualsiasi parola. Per me quello sguardo è una promessa ad appartenersi.
Aprendo gli occhi, noto che ormai la mia mano non si muove più da sola ma è Eliott a farlo al posto mio. Seguendolo, mi rendo conto che sta facendo l'immagine speculare di ciò che ho dipinto io.
-Se quello che hai fatto tu è lo sguardo di Psiche su Amore, questo è quello di Amore su Psiche, perché si guardano esattamente allo stesso modo. Non trovi assurdo che due persone si possano amare allo stesso modo? – chiede. Incurvandomi nelle spalle, provo ad allontanare la schiena dal suo petto, però lui mi tiene stretto, avvicinandomi per quanto possibile, ancora di più a lui. – Alcune volte mi chiedo se mi ami tanto quanto ti amo io. – sussurra.
La verità? Ho sempre creduto che tra i due quello ad amare di più sia sempre stato io. Forse perché mi ha fatto soffrire tanto, quindi mi dico che se non lo amassi completamente e incondizionatamente, probabilmente non starei con lui. Ma come faccio ad essere sicuro che l'amore di Eliott per me non sia di uguale intensità, o magari anche più grande?
-E quanto mi ami? – chiedo. Sento il suo cuore battere forte contro le mie costole. Lascia andare il pennello, posandomi la mano contro il collo e accarezzandomelo piano, in una stretta quasi impercettibile.
-Perché non lo scopri da solo? –
-E come? – La mia domanda esce in una risata.
-Come Amore e Psiche: guardandoci negli occhi. –
La sua presa si fa man mano più debole, il suo corpo di allontana dal mio ed io capisco di potermi finalmente girare. Finiamo a pochi centimetri di distanza, faccia a faccia.
I suoi occhi blu cercano i miei, acchiappandoli; è intenzionato a non lasciarli più andare finché non saprò rispondere alla sua domanda. Un sorriso fa capolino sulle sue labbra, distraendomi non poco. Quindi, appena sposto lo sguardo, in un gesto veloce e quasi urgente, Eliott si sporge in avanti e mi prende il viso tra le mani. Appoggio la fronte alla sua, poi si sfiorano anche le punte dei nostri nasi. Ormai ogni parte di me sa di lui, così come ogni singolo angolo delle mie iridi si mescola con ogni singolo angolo delle sue. Siamo come le due serpentine: insieme, uniti da qualcosa che va ben oltre il contatto fisico.
Sei in ogni mia cellula. Come se potessi vedermi coi tuoi occhi, e sai cosa vedo? Esattamente ciò che vedi tu. Dannazione, ti amo così tanto che nemmeno te lo so dire. Scusami se resto zitto, saprai comunque leggermi...vero?
In un secondo mi ritrovo le sue labbra sulle mie, ci scambiamo un bacio rude e urgente. Lui mi morde il labbro inferiore, tirandomelo finché non mi sente gemere e subito dopo lo accarezza con la lingua, come a volermi chiedere scusa. Io, come paralizzato, rimango con la bocca socchiusa, la testa leggermente buttata all'indietro e le guance in fiamme.
Sento le mani di Eliott farsi strada sotto la mia felpa, all'altezza dei fianchi. Li stringe tra le dita, spingendomi contro il suo corpo. I nostri bacini si scontrano, il che porta entrambi a gemere, l'uno sulle labbra dell'altro. E grazie a questo semplice contatto, una fiamma si accende dentro di me, un bisogno che non conosco ma che mi guida in tutti i movimenti.
Stringo le braccia attorno al collo di Eliott, lasciando scivolare le dita tra i suoi capelli e rendendomi conto troppo tardi di averglieli sporcati di colore. Il ricordo di noi due, spalmati contro il muro della sala comune, completamente colorati e incuranti di ciò, mi invade ogni angolo della mente. Ricordo il modo in cui Eliott mi ha preso, facendomi passare le gambe attorno alla sua vita e stringendomi forte a sé.
Mi ha sempre amato senza riserve, facendomi sentire quanto mi volesse. Anche in questo momento riesco a sentirlo, forse dalle sue unghie infilzate contro i fianchi, o dal modo in cui la sua lingua accarezza la mia.
-Torniamo a casa? – chiedo in un sussurro.
-Hai trovato una risposta alla mia domanda? – chiede a sua volta, spostandomi una ciocca di capelli dalla fronte.
-Sì e te lo voglio mostrare. – dico, spingendomi ancora tra le sue braccia e baciandolo.
Cominciamo a muoverci alla cieca fino ad arrivare alla porta. Inizialmente lo schiaccio contro, spalmando il mio corpo al suo; la mia gamba destra leggermente sollevata, all'altezza del suo fianco sinistro, le sue mani contro il mio sedere, in una stretta salda.
-Ma che ti prende? – mi chiede ridendo.
-Ti amo. – sussurro contro le sue labbra, sposandole poi contro la sua mascella e facendole scivolare lungo il collo, fino a sfiorare il colletto della maglietta che indossa. La mia mano si fa strada tra i nostri corpi, fermandosi sul cavallo dei suoi pantaloni. Lo sento, attraverso la stoffa leggera della tuta che indossa, in tutta la sua durezza e capisco che ha bisogno di me adesso, in questo preciso istante.
Mi piego sulle ginocchia, sotto il suo sguardo curioso. Le sue dita abbandonano solo per un secondo i miei capelli, insinuandosi poi più prepotenti di prima. Sento la sua presa mentre gli faccio scivolare via i vestiti lungo le gambe, ritrovandomi dinanzi la sua erezione pulsante. Con la punta della lingua, in modo lento, gli percorro l'intera lunghezza, fermandomi sulla punta. Gli stuzzico il glande con movimenti circolari, che diventano sempre più veloci e precisi, tutti concentrati in un unico punto. Lo sento gemere piano il mio nome, con quel tono che si usa quando si vuole qualcosa. E io sono bene che cosa vuole, e lo voglio anch'io perché il suo piacere è anche il mio.
Alzando lo sguardo, nel modo in cui solitamente alzo gli occhi al cielo, voglio quasi sfidare la sua pazienza. So che ci sto mettendo troppo, che non ho ancora iniziato a succhiare con decisione. So che ormai lui è al limite, eppure...ancora un attimo. Esattamente...un...
-Lucas, ti prego. – sibila, appoggiando saldamente la mano contro il mio collo, proprio tra l'attaccatura dei capelli e le spalle.
...attimo.
Comincia a muovere il bacino nella mia direzione, spingendo i fianchi avanti ritmicamente. Io lo assecondo, facendo scivolare la sua erezione nella mia calda bocca, accarezzandogli l'asta con l'interno delle guance e dando leccate rudi ogni tal volta che arrivo alla punta. Quando le sue mani abbandonano i miei capelli, facendomi capire che vuole che sia io a decidere come e quando farlo venire, gli lascio un'occhiata veloce, trovandolo però ad occhi chiusi, con una smorfia sul viso che potrebbe farmi venire nelle mutande, per quanto è sensuale.
Succhio con maggior veemenza, ma al contempo con cura, lasciando danzare la punta della lingua come farebbe lui con il pennello sulla tela.
Sei la mia opera d'arte Eliott.
Raggiunge l'orgasmo tra le mie labbra, ansimando rumorosamente e credo fermamente che questo sia il suono più bello che abbia mai sentito.
Mi rimetto in piedi, pulendomi l'angolo destro della bocca con le dita, quelle stesse dita che un secondo dopo finisco tra le sue labbra. Le succhia, una ad una, appoggiando poi il mio palmo contro la guancia, come in cerca di una carezza. Ma sa che basta chiedermele le carezze, perché non farei altro che accarezzare ogni centimetro del suo corpo, per il resto dei miei giorni.
Non appena si risistema, tirandosi su velocemente i pantaloni, apre la porta, scostandosi quanto basta per farmi uscire per primo. Sento la sua presenza alle spalle, ritrovandomelo poi addosso non appena arriviamo di fronte alla porta di casa nostra. Le sue mani si fanno strada sotto la mia felpa, rendendomi difficile, se non impossibile, anche un gesto semplice come aprire la porta. Ma alla fine ci riesco e lo tiro dentro insieme a me, prendendogli la mano e portandolo direttamente in camera da letto.
Le nostre labbra si uniscono nuovamente, in baci ora passionali, ora dolci, il tutto mentre ci togliamo di dosso i vestiti, lasciandoli volare sul pavimento. I nostri corpi nudi sfregano tra di loro e sentire il suo sesso nuovamente duro contro il mio, ormai dolorante, mi spinge a gemere contro la sua spalla.
Mi spinge sul grande letto matrimoniale, così finisco con la testa sul cuscino, il suo per la precisione, che ha un profumo così forte e buono da farmi girare la testa: il suo profumo. Con una mossa veloce mi si mette di sopra, sporgendosi in avanti e bloccandomi i polsi sopra la testa con la mano sinistra. La destra invece, la infila tra i nostri corpi, afferra sia la mia che la sua erezione e comincia a sfregarle insieme. Con il suo sguardo attento addosso, giro la testa di lato e cerco di attutire i gemiti contro il cuscino.
-Ehi, guardami. – mi intima, ma io scuoto la testa, chiudendo gli occhi. In questo momento non potrei mai guardarlo, non senza sentirmi annegare nei suoi occhi. Che poi, già sto annegando, in un mare fatto dal piacere che mi dona, toccandomi.
-D'accordo, se non ti va di guardarmi... - dice scostandosi leggermente da me e quindi smettendo di toccarmi. Alzo leggermente la testa, allarmato, ma prima che io possa far domande, mi fa girare, finendo così a pancia sotto contro il materasso. Le sue dita percorrono dolcemente la mia schiena, fermandosi all'altezza dei fianchi; mi intima ad alzare leggermente il bacino, passando un braccio attorno alla mia vita.
- Ma che...ah, ma che...Eliott! – mi lamento non appena una sonora sberla mi colpisce il sedere. La pelle mi brucia, ma smetto subito di pensarci, visto che Eliott si abbassa fino alla mia entrata, cominciando a leccare e penetrandomi ripetute volte con la punta della lingua. Io, con la testa nel cuscino, il cuore che mi batte a mille e le dita dei piedi piantate contro il lenzuola, cerco di capire se abbia intenzione di farmi impazzire. Non appena sento due delle sue dita dentro di me, pronte a spingersi in cerca di quell'unico punto che mi fa contorcere, mi perdo completamente nel piacere che mi dona. E smetto di aver paura che i miei gemiti si sentano, anzi ormai non mi do più limiti.
-Ho voglia di sentirti urlare il mio nome mentre ti scopo. – mi sussurra Eliott contro l'orecchio, aggiungendo nel mentre un altro dito dentro di me.
-Lo farò, quindi scopami! – lo intimo, quasi esasperato da ciò che sta succedendo. Adesso è lui a giocare con me, a farsi desiderare, a divertirsi nel farmi aspettare. Purtroppo, a differenza sua, sono una persona poco paziente e so anche fin troppo bene come spronarlo. – Voglio sentirti dentro di me adesso...ti prego. – gemo supplichevole, alzandomi leggermente e appoggiando i gomiti contro il cuscino. Girando la testa, con la coda dell'occhio lo vedo sorridere. Le sue dita abbandonando il mio interno e, poco prima di scendere dal letto, mi lascia una seconda pacca contro il sedere.
Non faccio nemmeno in tempo a girarmi completamente, trattenendomi dall'insultarlo, che me lo ritrovo nuovamente addosso. Sul membro, in totale erezione, si srotola la protezione in lattice, invitandomi poi ad aprire di più le gambe, così da potersi mettere su di me. Lo accontento, accogliendolo in me poco alla volta, mentre lui rimane leggermente sollevato, con i palmi contro il materasso e le braccia tese. Le mie braccia invece, finiscono attorno al suo collo, in una stretta che si fa più decisa non appena comincia a spingere. In un primo momento mi mordo il labbro, soffocando quel dolore misto al piacere che si prova all'inizio. Una seconda spinta, più forte e precisa della seconda, mi porta a torturarmi il labbro fino a farlo sanguinare.
Eliott si ferma, rimane dentro di me facendomi sentire tutta la sua presenza, ma si ferma e mi guarda con rimprovero.
-Avevi detto che avresti urlato il mio nome. – mi fa notare, abbassandosi tanto quanto basta per riuscire a passare la lingua sul mio labbro inferiore, che brucia ancora. – Ma io non ti sto sentendo urlare. – dice muovendo il bacino avanti e indietro, dandomi una terza spinta. Questa volta socchiudo le labbra, facendo uscire un gemito che dovrebbe ricordare il suo nome. Le spinte si fanno sempre più frequenti e la loro intensità aumenta, sempre di più ogni tal volta che io chiamo il suo nome.
Prendiamo a muoverci insieme, spingendo nella stessa direzione, con una foga che non ci appartiene ma che non disprezzo. Anche Eliott chiama il mio nome, in una maniera lasciva e credo sia proprio questo a portarmi al limite. Senza che lui mi tocchi, mi riverso tra i nostri corpi, inarcando la schiena ma continuando a stringerlo dentro di me, così che anche lui possa venire. E infatti, raggiunge l'orgasmo subito dopo, lasciandosi cadere sul mio petto sudato e appoggiando la testa all'altezza del cuore. Le mie dita tremanti si fanno strada tra i suoi capelli bagnati, glieli tiro leggermente, spingendolo ad alzare lo sguardo su di me. Gli sorrido, ricevendo in risposta un sorriso.
-Dovresti vederti in questo momento: sei davvero bellissimo. – mi dice.
-Lo so, perché lo sei anche tu. – rispondo. – Sarò la tua immagine speculare finché vorrai essere il mio riflesso. –
-Come Amore per Psiche? –
-Come Amore e Psiche. – preciso.
***
Angolo autrice: Non ho molto da dire. Li amo e si lo meritavano. Non importa quante altre storie io abbia in corso, perché il mio cuore mi diceva di scrivere di loro. Ed io ascolto sempre il cuore.
Spero vi sia piaciuto.
Un bacio,
-Ale.
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