1. Lettera dalla città del vento
Cheryl
Negli ultimi anni ho passato tante notti seduta per terra con le gambe strette al petto, come se così il cuore facesse meno male. E se il dolore si alleviasse davvero in questo modo?
Amo la notte: l'aria fresca mi aiuta a respirare meglio rispetto al giorno e osservare i particolari intorno a me, che mutano in assenza della luce, mi diverte. La pozza d'acqua non è più limpida, ma è nera come la pece e riflette il bagliore della luna, il rifugio non è più trafficato, ma deserto, gli elefanti non barriscono, ma dormono stanchi della giornata e le nuvole lasciano il posto alle stelle, che, timide, si affacciano nel chiarore del cielo.
«Cheryl!»
La voce di mia madre è sempre più vicina.
«Cheryl» grida esasperata quando finalmente mi trova: «Sapevo che ti saresti rifugiata qui» sussurra sedendosi accanto a me.
«Ha gli occhi tristi» sospiro accarezzando il piccolo Murphy. L'ennesimo elefantino strappato alle cure della madre, uccisa dai bracconieri.
«Li hanno tutti» sospira rattristandosi.
Ha dedicato gli ultimi dieci anni a questi animali fondando la Dumbo Volounteer, un'associazione di volontari che si occupa dei cuccioli di elefante rimasti orfani, qui in Kenya. Il bracconaggio si è accanito sempre di più su questi poveri animali per il loro oro bianco: le zanne d'avorio. Il suo contrabbando lascia spazio ad una futura estinzione, nemmeno troppo lontana, di questi esemplari unici in natura.
Faccio le ultime carezze a Murphy, che ormai si è tranquillizzato, e faccio cenno a mia madre di seguirmi fuori dal recinto coperto.
«Come mai mi cercavi?»
«È arrivata una lettera per te, da Chicago» dice mostrandomela.
Alzo il sopracciglio confusa.
«Credi...» comincia, ma la fermo prima che possa continuare.
«Non penso sia positivo, sono passate solo due settimane dalla telefonata con papà. Se un'azienda risponde subito è perché non è interessata» affermo con un filo di delusione nella voce. Avevo inviato abbastanza candidature da conoscere le tempistiche delle aziende. Troppo presto equivale a silurata, troppo tardi a dimenticata.
Durante l'ultima telefonata, mio padre mi aveva informata che sarebbe partito per un progetto segreto. Per politica aziendale, chi partecipa a questo tipo di missioni, non può avere accesso al cellulare o ad altri mezzi di comunicazione. Sarebbe partito con dei colleghi, per dar vita ad un progetto su un nuovo aeromobile.
Aveva anche avuto un'accesa discussione con mia madre, durante la quale era riuscito a convincerla a lasciarmi inviare il curriculum alla LAC. Pare si sia aperta una posizione per la quale io sarei la candidata perfetta.
La Lawson Aviation Company è una delle aziende pioniere nella progettazione e costruzione di velivoli.
Sin da piccola, sono sempre stata affascinata dal lavoro di mio padre, ma mia madre non ha mai permesso che io andassi a trovarlo in azienda. Aveva paura combinassi qualche guaio e io non volevo di certo causare problemi. Quando poi iniziai gli studi, decisi che mi sarei dedicata al mondo della moda e così è stato, per qualche anno. Ho lavorato presso Vogue e Cosmopolitan. Organizzavo eventi, sfilate, after party e shooting, ma, già dopo un paio di anni, avevo capito che quel mondo, tutto luci e paillettes, in realtà non faceva per me.
Volevo di più: lavorare per un'azienda che si impegnasse tutti i giorni nel migliorare la vita di tutti, e la LAC rientrava sicuramente tra queste. Per questo, dopo la telefonata di mio padre, mi ero decisa a spedire il curriculum.
Osservo meglio la busta e il timbro del mittente è quello della LAC, così, dopo un attimo di esitazione, mi decido ad aprirla.
Mia madre non mi stacca gli occhi di dosso e, come me, resta con il fiato sospeso.
«Avanti, Cheryl. Leggi cosa c'è scritto, mi stai facendo salire l'ansia con tutte quelle espressioni accigliate» sbotta impaziente tanto quanto me.
Noi Miller siamo ambiziosi e non tolleriamo i fallimenti.
«È dell'amministratore delegato della LAC.»
Avevo conosciuto John Lawson, una volta. Un uomo austero, uno di quelli che sembrano non avere sentimenti, eppure mio padre lo venerava. Erano amici dai tempi del liceo, poi John aveva investito la fortuna di famiglia per fondare la sua azienda e mio padre era andato a lavorare per lui.
Tuttavia, nonostante fossero così amici, non avevamo mai avuto rapporti con la sua famiglia.
«Mi hanno presa» spalanco la bocca incredula «Vuole che vada a Chicago» sbatto le ciglia più e più volte.
Avevo deciso di lasciare Chicago dopo che la mia ultima relazione aveva distrutto i miei punti fermi ed il mio cuore. Prima di partire per l'Africa ero nervosa e triste, ma soprattutto non avevo più fiducia negli uomini.
Così mi rintanai in mezzo alla natura e agli elefanti. Lasciai credere a tutti che volessi solo staccare la spina, ma la verità era che stavo fuggendo dal dolore e speravo sinceramente che non mi avrebbe seguita.
Mia madre spalanca la bocca e, dopo lo shock iniziale, caccia un urlo che fa saltare in aria me e, credo, anche gli elefanti nel raggio di cento metri.
Poso una mano sul petto: «Mamma, ma dico, sei impazzita? Mi farai venire un infarto! Accidenti».
«Cheryl! È la tua occasione, devi accettare! Lo scintillio che vedo nei tuoi occhi pieni di aspettative mi dice che devi andare».
Se c'è una cosa in cui mia madre è bravissima, è proprio cambiare idea rapidamente sulle cose. Il giorno prima è bianco, quello dopo nero.
«Mamma!»
«Devo chiamare subito Akil, deve trovarti un volo domani mattina stesso e...»
«Mamma» provo ad interrompere il suo flusso di coscienza senza riuscirci.
«Poi devo avvisare Baba che ti accompagnerà in aeroporto.»
«Mamma!»
«Cos'altro? Ah sì, devi farmi sapere quali erano le attività previste per le prossime settimane così che...»
«Katherine Wanda-Sophia» esclamo esasperata elencando tutti i suoi nomi, il che funziona perché smette di parlare «Uno: non ho detto che accetterò. Due: non hanno menzionato alcun colloquio, non ti sembra strano? E poi non posso partire in quattro e quattr'otto, mi serve tempo. Tre: mi serve tempo!» sbotto spazientita.
Non è una decisione che si prende così su due piedi, di fronte alla tenda di un rifugio per elefanti. Sono sempre stata molto libera e poco razionale sulle decisioni, ma sento che stavolta questa potrebbe cambiare la mia vita per sempre.
«Tesoro, hai ragione, ma non hai bisogno di alcun colloquio! Il lavoro che hai svolto per Vogue e Cosmopolitan in passato è noto a tutti e hai studiato per fare di più che organizzare aste di beneficenza ed elemosinare aiuti dai governi per un'associazione di volontari nel lontano Kenya» dice posandomi le mani sulle spalle «È la tua occasione per tornare in ballo» mi accarezza dolcemente.
Ammiro molto mia madre. Nonostante il divorzio con mio padre, ha preso in mano la sua vita e ha trasformato la sua passione per l'Africa in una vocazione. Non ho mai capito come fosse riuscita a perdonare mio padre per aver distrutto il loro matrimonio. Io non sono riuscita a perdonare Austin e guarda fin dove mi ha portata? Ho cambiato più che uno Stato, ho cambiato continente!
«Ti chiedo solo stanotte per pensarci su.»
Mi posa un bacio sulla guancia e mi abbraccia: «D'accordo tesoro».
Poi mi lascia sola di fronte alla tenda di Murphy.
Ho passato le ultime notti a girarmi nel letto senza chiudere occhio. Ho calcolato tutti i pro e i contro della mia scelta e valutato ogni alternativa: nessuna al momento sembra essere migliore di questa.
L'aeroporto è gremito di gente in partenza dopo la fine delle ferie estive, mentre io sono pronta per il viaggio di ritorno che cambierà la mia vita.
«Cheryl, che succede? Sono le cinque del mattino» biascica assonnata la voce della mia migliore amica.
«Prie, scusa. Maledetto fuso orario.»
«Uhm, dimmi. Che succede?» riesce a chiedermi tra uno sbadiglio e un altro.
«Sto tornando.»
«Uh, brava. Sei andata di nuovo in cerca di rinoceronti?»
«Elefanti, Prie. E no, non parlo dell'accampamento. Sto tornando a Chicago.»
Quello che segue la mia rivelazione è prima un silenzio tombale e poi un tonfo sordo: deve esserle caduto il telefono.
«Cos? Cheryl! Ommioddio, stai tornando? Non ci credo!» grida lei riuscendo a farsi sentire anche da quelli che sono in fila con me al gate.
«Prie sei impazzita?» squittisco ridendo. È matta come quando l'avevo lasciata. Sono contenta che, nonostante io non sia più la stessa di due anni fa, alcune cose non siano cambiate.
Un'altra voce si lamenta in sottofondo: «Amore sono le cinque del mattino, sei evidentemente isterica e oddio cosa sono quei bigodini in testa? Sembri mia nonna il giorno del matrimonio dello zio Uberto. Questo è un attentato alla mia professione, Gesù! Ecco perché non sono etero, voi donne mi farete diventare matto».
«Nigel» esclamiamo noi due in coro.
È uno dei due coinquilini di Prie e mentirei se dicessi che non adoro anche loro.
«Ha ragione, cosa urli!»
«Cosa urlo? Stai tornando porca di quella vacca. Miss Cheryl Miller sta tornando a Chicago dalla sua Prie dopo due lunghissimi anni. Secondo te non è un valido motivo per gridarlo ai cinque venti?»
La correggo: «Quattro».
«Quattro, cinque. Che cambia? Sempre venti sono e io voglio urlarlo!» ride contagiandomi.
La voce metallica all'altoparlante dell'aeroporto avvisa che a breve inizierà l'imbarco, così saluto la mia amica e invio un messaggio a mia madre per farle sapere che, fino ad ora, sta filando tutto liscio. La sua risposta non tarda ad arrivare: smielata e piena di preoccupazione degna di ogni mamma che si rispetti.
Nonostante io sia cresciuta, per la mia dolce mamma resto sempre la sua "bambina". Delle lacrime minacciano di lasciare i miei occhi, ma quando li poso sulla scritta "Chicago" stampata sul biglietto, la nostalgia e la malinconia lasciano posto all'euforia. Sono elettrizzata e spaventata allo stesso tempo, ma sono sempre stata convinta che i cambiamenti siano importanti momenti di crescita nella vita di una persona, e il fatto che io ora sia pronta a tornare ne è la dimostrazione.
Mi manca Chicago e quasi non ricordo più come sia vivere in città: le mille luci, il traffico, i palazzi che si stagliano nel cielo, le serate nei locali, i vestiti firmati e i piccoli monolocali. Sono riuscita a trovarne uno in una buona posizione considerando i costi degli immobili, il mio stipendio e lo scarso preavviso.
Non potevo certo tornare a vivere con mio padre a ventotto anni.
Durante l'imbarco mille dubbi e domande mi assalgono: come sarà ritrovarmi catapultata nella civiltà dopo due anni in mezzo ad elefanti e tende, come sarà stare lontana da mia madre senza mio padre vicino, come sarà lavorare in azienda?
Durante il viaggio cerco di rilassarmi immaginando il mio futuro capo, figlio di John Lawson. Il padre era certamente un osso duro. Ricordo ancora i brividi che mi assalirono la volta in cui lo incontrammo per caso. Ero con i miei genitori quando passeggiando lo incrociammo. Inutile dire che l'incontro non durò a lungo, ma la cosa strana fu lo sguardo glaciale che mia madre gli rivolse. Riuscì addirittura ad intimorirlo più di quanto lui avesse fatto con me.
Quella donna sa mettere paura quando vuole.
SPAZIO AUTRICE
Ecco il primo capitolo del mio nuovo romanzo, disponibile su Amazon in formato kindle e cartaceo.
Dicono di me su Amazon:
"Come aeroplani" è il primo romanzo che leggo di Martina e ho amato così tanto questa storia e la sua scrittura che adesso voglio recuperare i suoi libri precedenti.
L'autrice ci trasporta in una narrazione ricca di emozioni e di descrizioni che ci fanno saltare da una parte all'altra del mondo; ma proprio tra un meraviglioso viaggio in Kenya e la vita frenetica di Chicago ci saranno anche misteri da risolvere che metteranno in bilico tutte le certezze che piano piano i due protagonisti si sono dati a vicenda.
Questo storia è ricca di amore in tutte le sue sfumature, amici che tutti vorremmo e colpi di scena che mantengono sempre vivo il ritmo della lettura.
La storia è raccontata sia dal punto di vista di Cheryl sia da quello di Alexander.
Vi consiglio questo romanzo? Ovvio che sì. Se vi piace il romance dovete assolutamente leggere questo libro che vi terrà incollati alle pagine fino alla fine della lettura; non solo grazie alla storia d'amore tra i due protagonisti ma anche grazie alla bravura di Martina di saper collegare ogni singolo pezzo del puzzle per poi arrivare ad avere un quadro completo della storia.
《Noi siamo come due aeroplani, abbiamo le ali e possiamo andare dove vogliamo》
Quindi sì, leggete questo romanzo e volate con la fantasia, salite, insieme a Martina e a tutti i personaggi di questa storia, su quell'aeroplano e lasciatevi trasportare in un viaggio di pieno di emozioni.
4,5⭐
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