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La Vecchia della scogliera

Finita la festa, blasfema!

Ho evitato di mettere piede in città per tre giorni, ma oggi torno a pescare. Venderò i frutti di mare al solito banco e spero che l'atmosfera nelle strade sia tornata normale, perché non la sopporterei diversa. D'altro canto ho bisogno di restare attiva, oggi più che mai.

Il mare è appena mosso, nulla di brutto, e alla prima immersione noto il tritone che pinneggia agile contro gli scogli.

Ha già raccolto parecchio, vedo. E vedo anche che si avvicina a quel confine invisibile che abbiamo tacitamente tracciato. Mi affianco a lui, lasciandogli capire che, al di qua, c'è la mia zona. Davvero, persino in acqua ha un'espressione di sdegnosa superiorità che mi fa montare la rabbia.

Lavoro, e risalgo.

Quello che lui non ha bisogno di fare.

Scendo, salgo, scendo. Non lo vedo più. Poi, il riflesso della sua pelle azzurrata lo rivela in un tratto profondo ricco di mitili. Il tempo di realizzare la cosa e la Vecchia ha colpito.

Io dico, sei un anfibio... dovresti conoscere ogni segreto del mare! E se pure non avessi l'esperienza di riconoscere possibili ingressi di tane, chiediti perché chi pesca, qui, da una vita, evita un tratto così ricco!

Sono anni che non la vedo, è diventata davvero grossa, una Murena mostruosa. Al primo morso ha letteralmente lacerato pelle e muscolo della coscia, al secondo ha afferrato l'avambraccio e al tritone è sfuggito il coltello. La Vecchia gli si è avvolta intorno e scuote il capo con decisione. Forse non rischia l'annegamento, l'uomo dalla pelle bluastra, ma pare possa sbatterlo contro gli scogli come vuole e l'acqua si sta intorbidendo di sangue.

Devo intervenire, pur a malincuore, è la legge del mare: in acqua non si abbandona mai nessuno.

Il mio coltello affonda deciso nel corpo della vecchia, che furiosa ha difeso il suo territorio dall'invasore.

Impara, oros, a lasciare in pace i luoghi altrui!

La Vecchia non si è accorta di me, nella furia della lezione che stava impartendo a lui. Quando mi si rivolta contro è tardi, l'ho ferita fin troppo gravemente.

Lascia la presa e mi spalanca la bocca davanti, impressionante, i denti che sono zanne velenose e aguzze, come pugnali.

Non si avventa, tormentata dalle ferite; minaccia ma, infilata la coda nella tana, si ritrae appena, difendendone l'ingresso.

Anche io arretro, continuando a brandire il coltello nella destra e afferrando l'oros con la sinistra. Metto spazio tra noi e la murena, e infine mi concedo di risalire, sempre con lo sguardo fisso sul temibile nemico.

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