Il tempo di capire...
Tutto sta precipitando! Alcuni Oros si sono già infiltrati, il grosso attaccherà, presumibilmente, appena scenderà il buio. Incrocio mio padre mentre corro al posto assegnatomi.
Non c'è tempo per un vero congedo, ma forse sto andando incontro alla morte e lui lo sa.
Mi ha imposto un nome della sua terra, un paese dove può accadere di nascere schiavi; lo ha scelto affinché io ricordi, sempre, e ami con tutto il cuore Liberia, dove tutti possono vivere liberi.
"Padre, è tempo che ricambi questa città. Il mio nome, Miwaka, vado a farlo conoscere agli Oros. Essi ci disprezzano, ma impareranno che chi usa la forza, con la forza sarà schiacciato".
Mi tende un oggetto, in silenzio.
Poco dopo, nel ventre d'una nave volante, parlo con Fay, mostrandole il ciondolo che porto al polso.
"Mio padre crede che il potere di questa pietra l'abbia salvato, quando la nave in cui viaggiava da schiavo naufragò; spera che mi proteggerà. Se qualcosa dovesse accadermi, portagliela: saprà d'esser stato il mio ultimo pensiero".
L'uccello gira il capo fissando il ciondolo, poi allarga le ali scuotendole, come dica: 'lascia fare a me'.
"Non che intenda farmi accader nulla, Silverwing. Ho provato molte volte questa manovra... ma farlo in allenamento è diverso".
Taccio. Ancora poco, e le navi volanti risulteranno invisibili contro il nero profondo della notte, i motori elettrici, silenziosi, non ci denunceranno.
Brilla, infine, sotto di noi un segnale. Scatto in piedi, controllo la cintura, la balestra ben salda nella sinistra, e trattenendo il respiro mi tuffo nel vuoto. Conto fino a dieci, poi tiro la corda e sento sopra di me il sibilo della cupola di tela nera sfilare e aprirsi, gonfiandosi d'aria. Lo strappo ruvido delle cinghie dell'imbracatura, e immediatamente rallento, scendendo dolcemente. Incocco l'arma e sento l'aria spostarsi al passaggio di un'ombra rapida. Silverwing, penso. Chissà che avrà pensato, vedendomi buttare! Intorno, invisibili nel buio, scendono gli altri. Continuo a contare, ed ecco, le luci della città bassa si accendono simultaneamente. Benedetto Nick, e Lucinda col suo desiderio di luminarie... gli Oros appaiono in bella vista. Mormoro una preghiera per i miei nemici e scocco il primo dardo.
È una discesa lunga, e la mia squadra mette a segno ogni freccia. Non sono i soli, gli Oros, a conoscere i veleni, e anche le ferite di striscio immobilizzano rapidamente i colpiti, facendo loro perdere i sensi. Purtroppo sono tanti, se ne stanno riversando nelle strade da più ingressi. Quando infine tocchiamo i tetti, ne avremo bloccati non più di un terzo, giudico. Comando a gesti la squadra, e nel fracasso di scoppi che fanno tremare ogni cosa, certo esplosivi Oros, di tetto in tetto accorriamo dove pare infurino gli scontri più feroci.
In una grande piazza sono confluiti gli Oros, capeggiati dal Re, e con orrore riconosco l'armatura della regina Genevieve che, affiancata dal Luogotenente, si batte alla testa delle nostre truppe. Tra i civili terrorizzati dal caos, distinguo incredula una sagoma minuta e riconosco Violet, la bambina perduta, correre tenuta per mano da una oros. Punto la balestra. Un liberiano si slancia verso le due brandendo un coltello, evidentemente per liberare la bambina, ma la straniera, temendo che colpisca Violet, si sposta facendole da scudo. Gelo: l'oros sta proteggendo la piccola, ma il coltello è invece per lei! Scocco, e il tempo inspiegabilmente rallenta.
Vedo la donna chiudere lentissima gli occhi, rassegnata, la punta del coltello raggiungerla, la prima goccia di sangue.
Ho tutto il tempo di pensare che è sbagliato, questa guerra un abominio, una vergogna, un fallimento! Poi la freccia raggiunge il bersaglio, e il coltello vola via.
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