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Epilogo

22 maggio 2032

L'aria di Parigi era frizzante in quella sera di maggio. Uno scroscio di pioggia aveva da poco attraversato il cielo ed Emma si rallegrò per aver avuto l'accortezza, prima di uscire di casa nel pomeriggio, di portarsi una giacchina. Nonostante tutto, maggio rimaneva il mese dell'anno che amava di più, con le sue giornate lunghe, il profumo dei fiori che impregnava l'aria, l'attesa per l'estate che sarebbe arrivata. E come ogni anno, a maggio, nel mondo del calcio si assegnava lo scudetto e si disputavano le finali delle tre competizioni europee: Conference League, Europa League e soprattutto la più ambita ed importante, la Champions League.

Era da anni che il Milan non portava a Milano "la coppa con le orecchie", come veniva definita da commentatori sportivi e tifosi di ogni squadra, precisamente dal 2007. Emma non aveva ancora compiuto quattro anni all'epoca, ma, nonostante fosse così piccola, le erano rimaste impresse alcune immagini trasmesse dalla tv, oltre alla sensazione di tensione che si era respirata a casa sua e alla festa grande che ne era seguita.

La piccola Emma non avrebbe mai potuto immaginare che quattro anni e undici mesi dopo quel 23 maggio 2007 i suoi genitori le avrebbero fatto il regalo più spettacolare che lei avesse mai ricevuto, un fratellino. Né avrebbe mai potuto immaginare che quell'esserino indifeso sarebbe diventato un giocatore di calcio di alto livello e che a soli vent'anni avrebbe disputato da titolare una finale di Champions League.

Insieme ai suoi genitori era stata una delle prime persone a mettere piede nella tribuna vip dello stadio in cui si sarebbe giocata quella partita così importante, il Parco dei Principi di Parigi; la tensione che provava era alle stelle, aveva bisogno di distrarsi e sapeva che allo stadio quella sera avrebbe incontrato tante persone amiche, anche se per ora nessuna di loro era ancora arrivata.

"Stai bene?" le chiese sua madre, seduta accanto a lei, dopo averla sentita sospirare profondamente. Non c'era niente da fare, non riusciva proprio a non preoccuparsi per lei, anche se ormai era una persona adulta. Ma forse, considerate le sue condizioni, la donna non aveva tutti i torti.

"Sì mà, è tutto a posto, sono solo emozionata per Ricky. Come tutti noi del resto" rispose Emma con un sorriso.

"Em ciao! Come stai? Fatti guardare!" Emma riconobbe all'istante la voce di Elisa e il cuore le saltò nel petto dalla gioia; non vedeva la sua migliore amica da più di tre settimane, da quando, dopo la vittoria del Milan in semifinale di Champions, si era trasferita a Parigi per non rischiare di perdersi la finale. Si alzò in piedi e abbracciò stretta Elisa, poi salutò anche Christian che era apparso dietro di lei.

"Tutto bene dai.. diciamo..."sorrise Emma. "Che bello che siete già qui!"

"Per nulla al mondo mi perderei una partita del genere con Ricky che gioca titolare, lo sai che è un po' come se fosse anche il mio fratellino! A proposito, com'è che si chiama questo trofeo?" chiese aggrottando le sopracciglia.

"Champions League, non te lo scordare se no Ricky ti cazzia, lo sai" ridacchiò Emma. "Senti invece come stanno i miei nipotini adorati? Sono con tua madre?"

"Ovviamente! Ti pare che nonna Anna non sia felicissima di avere i suoi due gioielli tutti per sé senza quella rompipalle della loro madre in circolazione? Vai vai Eli, vatti a fare un bel weekend a Parigi con tuo marito, ci penso io a Edoardo e Cecilia" disse imitando perfettamente la voce di sua madre. "Già mi immagino quanto saranno rognosi e capricciosi per tutti i vizi che avranno preso, Edo con mille giochi e Cecilia sempre in braccio!" aggiunse in tono melodrammatico.

"Come fai a lamentarti di una santa donna che ti tiene senza fiatare un bambino di due anni e una bambina di quattro mesi? Ce l'avessi io una nonna Anna a disposizione!" esclamò una voce allegra dal marcato accento fiorentino. Emma ed Elisa si voltarono simultaneamente trovandosi davanti quella che era la loro amica da quindici anni. Nonostante si vedessero poco, considerati gli impegni di Greta prima come modella e poi come interior designer, continuavano a sentirsi tutti i giorni. La giovane donna bionda era in splendida forma, nonostante un lieve accenno di pancetta, messo in evidenza dalla maglia aderente che indossava.

"A novembre te la spedisco a Londra, vedrai che me la rimandi indietro dopo mezza giornata" ironizzò Elisa.

"Ottobre. Ti ricordo che sono gemelli, nasceranno con almeno tre settimane di anticipo" puntualizzò Greta.

"Comunque stai benissimo Gre, sei in forma perfetta!" intervenne Emma per cercare di frenare le due amiche che non avevano mai perso la tendenza a punzecchiarsi.

"Anche tu non stai niente male, sai?" commentò l'ex modella "Anche se quel pigrone di tuo figlio non vuole saperne di uscire". Si abbassò con il viso all'altezza del vistoso pancione di Emma e sussurrò "Ehi tu mi senti? Sì, ce l'ho proprio con te. Non sarebbe ora di darti una mossa? Se no come fai a vedere tuo padre e tuo zio che alzano la Champions?"

"Non mettergli strane idee in testa Gre!!!" strillò Elisa allarmata "Ci manca solo che dobbiamo portarla di corsa in ambulanza in ospedale nel bel mezzo della partita!"

"Sì ma ormai è in ritardo di otto giorni e siamo tutti qui, quale occasione migliore?" domandò Greta con un sorriso angelico stampato in volto.

"Vabbè, ormai se non partorisco entro due giorni gli daremo lo sfratto esecutivo. E credimi, preferisco quello piuttosto che aver visto nascere mio figlio il quattordici maggio come diceva il ginecologo" disse Emma stringendosi nelle spalle. In quel momento entrarono in campo i giocatori di Milan e Real Madrid, le due squadre che quella sera si contendevano la coppa con le orecchie, per iniziare il riscaldamento. Emma sorrise a Ricky che alzò due dita in segno di vittoria e a Brahim che le mandò un bacio da lontano.

Nonostante fosse tornato al Milan da ormai cinque anni dopo i quattro al Real Madrid, Emma ancora si emozionava quando lo vedeva scendere in campo con la maglia rossonera. Aveva ancora bene impressa nella mente quella pazza estate del 2023, quando lui a giugno le aveva chiesto di andare a vivere con lui a Madrid e lei aveva cercato di prendere tempo e gli aveva promesso che ci avrebbe pensato. Avevano poi passato due bellissime settimane di vacanza insieme, al termine delle quali lui era volato nella capitale spagnola per cominciare gli allenamenti con la propria squadra e lei a Milano per prepararsi per l'ultimo esame che aveva intenzione di sostenere in quella sessione. Ma vivere in Italia senza di lui era talmente strano e triste che il tre agosto, giorno del compleanno di Brahim, Emma fece le valigie, organizzò la spedizione di molti dei suoi oggetti personali e partì per Madrid. Brahim la aspettava, sapeva che sarebbe arrivata per il suo compleanno, ma immaginava che si sarebbe fermata solo per qualche settimana, non certo per sempre. Era stato un azzardo, un colpo di testa, ma Emma non si era mai pentita di quella decisione.

Naturalmente era tornata in Italia diverse volte in quei quattro anni; non aveva certo mollato l'università né tantomeno le sue ambizioni, solo aveva deciso di provare a sostenere gli esami senza frequentare i corsi. Viola l'aveva aiutata molto passandole appunti delle lezioni e dandole preziose dritte, ed Emma aveva cercato di ricambiare il favore ospitando più volte l'amica a Madrid dopo che Brahim le aveva fatto conoscere un suo compagno di squadra più giovane che aveva mostrato interesse per lei.

Emma aveva conseguito la laurea magistrale in Psicologia un anno dopo il ritorno di Brahim al Milan, voluto fortemente sia dal calciatore - che al Real Madrid, dopo alcune difficoltà iniziali, si era guadagnato sempre più spazio in squadra fino a diventare un pilastro del fronte offensivo dei blancos - sia dal club rossonero che in quegli anni non aveva mai smesso di seguirlo e aveva assistito alla sua crescita calcistica. Lei aveva quindi potuto iniziare il tirocinio a Milano e sostenere l'esame di Stato per diventare una psicologa a tutti gli effetti, mentre lui era all'apice della sua carriera nel mondo del calcio. Aveva vinto molto, ma la Champions League rimaneva ancora un sogno che quella sera era ben determinato a realizzare.

Un brusio concitato strappò Emma ai suoi ricordi di gioventù ed accompagnò l'ingresso in tribuna di Rafael Leão. L'ex calciatore del Milan, che da qualche tempo giocava in Premier League e viveva a Londra con quella che, tra alti e bassi, tra accese discussioni e riappacificazioni appassionate, era la sua fidanzata da quasi dieci anni, aveva ancora un debole per la sua ex squadra e sperava di vederla trionfare sugli spagnoli.

Subito dopo Rafa, altri esponenti del mondo del calcio presero posto nella tribuna vip del Parco dei Principi, in particolare tre ex calciatori si avvicinarono ad Emma per salutarla: Ante Rebic, arrivato apposta dalla Croazia per vedere Ricky, Zlatan Ibrahimovic il cui figlio Maximilian giocava titolare nel Milan, ed Olivier Giroud accompagnato dalla moglie e dai quattro figli.

"Oh mon dieu... quanto è cresciuta! Come stai Emma?"

A parlare era stata la voce soave e delicata di Jade Giroud. La ragazza, ormai diciottenne, si era stabilita da qualche anno in Italia, dove il padre continuava ad abitare per motivi di lavoro dopo aver dato l'addio al mondo del calcio diversi anni prima. Fin da bambina, Jade era rimasta affascinata dalla cultura, dalla storia e dalle bellezze artistiche dell'Italia e, terminate le scuole medie, aveva chiesto ai genitori di poter frequentare una scuola europea in Italia. Nel mentre si era messa d'impegno a studiare l'italiano che ormai parlava quasi perfettamente. Da quando viveva in Italia aveva incontrato spesso Emma e Riccardo, con il quale aveva instaurato un bel rapporto di amicizia, anche se la sorella di lui sospettava che ci fosse anche dell'altro.

Tra gli ultimi ad arrivare allo stadio francese ci furono i genitori e le sorelle di Brahim - le più grandi con mariti e figli al seguito - ed i cugini di Emma e Ricky, Filippo e Francesco, insieme al più grande dei due fratelli di Greta, Federico. La partita fu fin dall'inizio molto combattuta e tutt'altro che noiosa, le due squadre si affrontavano a viso aperto e senza eccessiva prudenza. Entrambe crearono occasioni da goal fin dai primi minuti, ma fu Maximilian Ibrahimovic a portare in vantaggio il Milan dopo soli diciotto minuti di gioco con una spettacolare rovesciata su cross del capitano Sandro Tonali, anche lui tornato da alcuni anni tra le fila dei rossoneri dopo l'esperienza al Newcastle.

Emma si sentiva sempre più tesa e agitata; il Real cominciò ad attaccare con crescente intensità alla ricerca del pareggio, ma i rossoneri seppero difendersi bene. Il primo tempo terminò con il Milan in vantaggio per 1-0, ma era ovvio che nel secondo tempo i blancos avrebbero provato a mettere ancora più in difficoltà gli avversari.

Ci vorrebbe un altro goal... Forza Ricky, forza Brahim... pensò Emma tra sé.

Un goal arrivò in effetti, ma fu quello del pareggio del Real Madrid al nono minuto del secondo tempo. Il Milan sembrò riprendersi bene da quella batosta e creò diverse azioni da goal, senza però riuscire a concretizzarne nessuna. Gli incubi peggiori di Emma si realizzarono purtroppo a undici minuti dalla fine della partita, quando uno dei giocatori più pericolosi dei blancos riuscì a recuperare un pallone nella propria metà campo e diede il via a un contropiede. Dopo aver dribblato un paio di difensori rossoneri, passò la palla a un compagno che era sopraggiunto dalla destra. Dragan, il portiere del Milan, si avventò sul pallone ma prima di prenderlo toccò il piede dell'avversario che cadde a terra in piena area di rigore. L'arbitro si avvicinò con il cartellino rosso in mano indicando il dischetto del rigore, ed il successivo check al VAR confermò la valutazione del direttore di gara: a dieci minuti dalla fine, il Milan era in dieci uomini e sotto di un goal.

Emma si prese la testa tra le mani sconsolata ma l'urlo di Greta, seduta dietro di lei, la fece sobbalzare.

"Oddio oddio oddio non ci posso credere! Mio fratello gioca la finale di Champions!!!" strillò indicando il giovane ragazzo dall'espressione tesa che faceva il suo ingresso al posto di uno dei centrocampisti rossoneri e andava a posizionarsi tra i pali.

È una tragedia, avrebbe voluto dirle Emma. Non tanto perché in porta ci sarebbe stato Luca che era un ottimo portiere, anche se avrebbe potuto farsi sopraffare dall'emozione di giocare in un palcoscenico così importante. Era una tragedia perché c'era davvero poco tempo per recuperare e in dieci uomini sarebbe stato ancora più difficile. Senza contare che se anche il Milan fosse riuscito a pareggiare, poi avrebbe avuto i due tempi supplementari da giocare ed eventualmente i rigori... Emma non voleva nemmeno pensare a quell'eventualità, così lasciò perdere e preferì non spegnere l'entusiasmo dell'amica.

Gli ultimi minuti di gioco sembrarono interminabili ad Emma che non aveva mai trovato le poltroncine di uno stadio tanto scomode; il bambino dentro il suo pancione si muoveva parecchio nonostante avesse ormai pochissimo spazio ed il suo cuore batteva con una furia tale che ad un certo punto temette che le sarebbe schizzato fuori dal petto.

Il Milan con la forza della disperazione provò a buttarsi in avanti ma il Real Madrid seppe difendersi molto bene e ripartire in contropiede, al punto che Luca fu subito impegnato in una parata acrobatica. Tre minuti prima del novantesimo, Maximilian riuscì anche a segnare un goal che però venne annullato per fuorigioco

Al termine dei novanta minuti regolamentari, l'arbitro ne concesse altri sei per recuperare almeno in parte il tempo perso nella seconda frazione di gioco, sia per le varie sostituzioni, sia soprattutto per verificare al VAR i due episodi che avevano condotto al rigore e all'espulsione del portiere del Milan e all'annullamento del goal del possibile pareggio rossonero.

Al quarto minuto di recupero, al Milan fu concessa una punizione nella propria metà campo: il difensore incaricato di batterla passò la palla a un compagno che verticalizzò in modo perfetto per Riccardo che, appena fuori dall'area di rigore avversaria, lasciò partire un tiro che si andò ad insaccare sotto l'incrocio dei pali, dove il portiere dei blancos non avrebbe mai potuto arrivare.

Emma sentì un piccola fitta nella parte bassa del ventre quando scattò in piedi per esultare al goal del fratello, ma non ci fece troppo caso, probabilmente si era mossa in modo troppo brusco e repentino e il piccolo là dentro se ne stava lamentando.

Il primo tempo supplementare iniziò dopo alcuni minuti e proprio in quel momento Emma sentì un'altra fitta nello stesso punto, al che iniziò ad avere il sospetto e il terrore che potesse trattarsi di contrazioni. Iniziò a respirare profondamente cercando di mantenere la calma, il suo ginecologo le aveva sempre detto che solitamente con i primogeniti possono passare anche molte ore dalla prima contrazione al momento del parto e lei si fidava ciecamente di lui. Non era sicuramente quello il momento di partorire.

Cercò di concentrarsi sulla partita augurandosi che finisse ai supplementari senza arrivare ai calci di rigore. Non sapeva quanto avrebbe potuto resistere perché le fitte, seppure non troppo ravvicinate, non erano il massimo da sopportare durante una partita di calcio in uno stadio affollato all'inverosimile.

Nel frattempo il match continuava con gli stessi ritmi dei novanta minuti regolamentari. Le squadre si davano battaglia a suon di azioni e contropiedi ed Emma si domandò come facessero Brahim, Ricky, i loro compagni ma anche gli avversari che erano in campo dal primo minuto a continuare a correre come se avessero le ali ai piedi, come se non sentissero affatto la stanchezza.

All'inizio del secondo tempo supplementare, il risultato era ancora fermo sul 2-2. Fin dalle battute iniziali, Emma ebbe l'impressione che la furia agonistica delle due squadre si fosse placata, i ritmi erano calati rispetto al primo tempo supplementare, come se rossoneri e blancos si fossero rassegnati a veder assegnare la coppa con le orecchie solo ai calci di rigore.

Emma represse una smorfia di dolore all'ennesima fitta: Brahim aveva rubato palla a centrocampo ed era partito in contropiede affiancato da Ricky. Tutti intorno a lei si alzarono in piedi per incitare meglio i propri beniamini mentre lei continuò ad osservare l'azione restando immobile, come se nel suo corpo in quel momento gli occhi fossero l'unico organo funzionante. Dalla destra lo spagnolo servì un rasoterra per il compagno che, per evitare l'uscita del portiere, cercò il pallonetto per scavalcarlo. Peccato solo che un difensore avversario riuscì a sventare il goal spedendo la palla verso l'alto. Ma l'azione non era ancora finita: sulla ribattuta Brahim si avventò con un salto schiacciando la palla in rete. Un goal su colpo di testa come quello contro il Tottenham negli ottavi di finale di Champions nel 2023 che aveva dedicato ad Emma.

Ovviamente lo spagnolo corse ad esultare sotto la tribuna insieme a Ricky e agli altri compagni. Emma nel frattempo si era alzata in piedi ma non riuscì a trattenere un'altra smorfia di dolore. Nessuno intorno a lei pareva essersi accorto di nulla ma la sua espressione sofferente non sfuggì a Brahim, anche se lei si affrettò a tranquillizzarlo sollevando il pollice per fargli capire che andava tutto bene. Il gioco riprese e i blancos si lanciarono disperatamente in attacco alla ricerca del pareggio. Mancavano solo sette minuti alla fine del secondo tempo supplementare quando Luca riuscì a compiere un autentico miracolo salvando la porta rossonera da un violento tiro di un attaccante del Real Madrid; il giovane portiere, con un riflesso degno dei più grandi portieri della storia, si distese in tuffo e riuscì a deviare in angolo, negando il pareggio agli avversari.

Sugli sviluppi del calcio d'angolo Theo Hernandez, agli ultimi anni di una carriera calcistica quasi tutta in rossonero e da poco subentrato al terzino sinistro titolare, lanciò lungo per Ricky, unico giocatore al di fuori della propria metà campo. Il giovane attaccante si trovò davanti due difensori: ne dribblò uno e superò l'altro con un elegante pallonetto, dopo di che con un preciso rasoterra filtrante centrò l'angolo alla destra del portiere per il definitivo 4-2.

Lo stadio parigino esplose al triplice fischio dell'arbitro. I tifosi rossoneri presenti quella sera erano moltissimi e il loro entusiasmo era alle stelle. Diverse persone, anche famose, presenti in tribuna andarono a congratularsi con i genitori di Emma per la strepitosa prestazione del figlio, lei, invece, rimase in disparte. Tutto quel baccano e quella confusione cominciavano a darle alla testa, ma voleva assolutamente assistere alla premiazione, per nulla al mondo avrebbe rinunciato a vedere Ricky e Brahim alzare al cielo il trofeo più prestigioso d'Europa.

"Em non vuoi andare in ospedale? È da un po' che ti osservo, hai le contrazioni già abbastanza regolari e poi tutto questo caos non ti fa certo bene" suggerì saggiamente Elisa che era stata l'unica, fino a quel momento, ad essersi resa conto dello stato in cui si trovava l'amica, la quale scosse la testa risoluta.

"Non ci penso nemmeno, è da una vita che aspetto questo momento e mai avrei immaginato di vederlo con Ricky e Brahim come protagonisti. Partorisco qua dentro piuttosto" rispose con decisione.

"Uffff sei sempre la solita testona" sbuffò Elisa che già scalpitava dalla voglia di conoscere il futuro migliore amico dei suoi due bambini.

"Ci vorranno ore prima che nasca, ti sei già dimenticata quanto ci hai messo tu con Edo?" ribatté Emma massaggiandosi il pancione.

"In effetti... se fai come me potresti stare qui fino a domani mattina" ridacchiò Elisa "ma comunque meglio non rischiare, appena finita la premiazione fili dritta in ospedale, ok? Già è stato un azzardo decidere di venire a partorire a Parigi quando durante la gravidanza sei sempre stata seguita a Milano, figuriamoci farlo dentro ad uno stadio anziché in ospedale!"

"Agli ordini mamma, promesso!" ironizzò Emma che per la verità aveva sempre adorato la tendenza di Elisa a prendersi cura di tutti. "E comunque fa figo che il figlio di un'italiana e di uno spagnolo nasca a Parigi, non ti pare?" concluse strizzando l'occhio all'amica.

Finalmente le squadre tornarono in campo per la premiazione, al termine della quale Emma poté lasciare lo stadio e raggiungere la clinica parigina in cui aveva deciso di far nascere suo figlio. Leonardo Alberto Sufiel Diaz si fece attendere ma non eccessivamente, venendo alla luce all'alba di domenica 23 maggio. Emma e Brahim avevano scelto da tempo per lui un nome che fosse uguale sia in italiano sia in spagnolo e come secondi nomi quelli dei loro rispettivi padri.

Dopo aver lasciato un po' di tempo ai genitori insieme al neonato, Leonardo fu portato nella nursery per dare modo alla neo-mamma di tornare nella sua stanza e riposare un po'.

"Niña sei stata veramente forte e coraggiosa" le disse Brahim che l'aveva accompagnata in stanza. La fece stendere sul letto e le stampò un bacio delicato sulla fronte. "Adesso cerca di dormire un po' però, serás destruida".

"Un po'. Ma non so se riuscirò a dormire dopo tutte queste emozioni. A proposito, complimenti vincitore della Champions League. Se quella coppa così prestigiosa arriva a Milano è in gran parte merito tuo che a trentatré anni corri ancora sulla fascia destra come quando ne avevi dieci di meno. Lo sai, vero?" Lui scosse la testa.

"No, è merito di tutta la squadra. Della parate di Dragan e poi di Luca, della difesa che ha saputo resistere molto bene agli attacchi degli avversari. Del centrocampo che ha saputo ripartire e costruire azioni. E poi sì anche di noi in attacco, di Ricky soprattutto, è un campione destinato a grandi traguardi. Non è da tutti segnare una doppietta in una finale di Champions a soli vent'anni, ma lui è speciale, proprio come te" rispose Brahim sedendosi sul letto accanto ad Emma e circondandole le spalle con un braccio.

"Ti amo folletto mio" disse lei appoggiando la testa sulla sua spalla per godersi quel momento magico e perfetto che mai avrebbe potuto sperare di vivere dieci anni prima, quando il Milan era diventato campione d'Italia per la diciannovesima volta e lei aveva appena subito la prima grande delusione della sua vita. Ma il destino aveva avuto in serbo altri piani per lei e per quel dolcissimo ragazzo che era ormai diventato un giovane uomo, anche se poi si era divertito parecchio a metterli alla prova. E Brahim ed Emma le prove le avevano superate tutte, tra un colpo di testa di lui sul campo da calcio e uno di lei nella vita, per poi ritrovarsi, a distanza di dieci anni, più felici e innamorati che mai.

⚽️ FINE ⚽️

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