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Capitolo 2

Chissà dove ho lasciato
il mio cuore...

Valentina
Stories
@malveri_valentina
                                 14.23


Guardo la foto postata sulla storia venti minuti fa, mentre sono appoggiata al box di Dzackson, il quale, in uno dei suoi soliti "momenti coccolosi", si sporge con il muso e lo posa sulla mia spalla.
Mi giro verso il mio cavallo e gli scocco un bacio sul grande muso, per poi accarezzargli il naso.
«Ciao patato.» sorrido accarezzandolo.
Dzackson è parecchio grosso: è alto un metro e ottanta al garrese. Ha il manto baio, ovvero con il pelo marrone e la criniera e la coda neri, e una stella, cioè una macchia bianca a forma di rombo, sulla fronte. Ha dieci anni, ed è di mia proprietà da cinque: l'ho addestrato io al salto ostacoli, con l'aiuto del mio istruttore, ovviamente. Inizialmente, ero titubante nell'acquistarlo per via delle spese che avrebbero implicato le sue cure e quelle dei finimenti, ma mi sono subito ricreduta: è un cavallo fantastico, con cui ormai sono in sintonia e lavoro bene. So capire quando è nervoso, so cosa preferisce mangiare, dove preferisce essere accarezzato... e lui capisce me. Gli animali non ti giudicano, come purtroppo alcune persone fanno, perciò a volte mi ritrovo a parlare con Dzackson come una scema.
Dzackson sbuffa e tira avanti le orecchie, restando appoggiato a me; solo con me fa così: difficilmente si dimostra affettuoso con gli altri, soprattutto se a lui estranei. Insomma, ha un carattere tutto suo.

Sentendo il mio telefono vibrare per un messaggio, lo tiro fuori dalla tasca dei pantaloni e guardo il messaggio su Whatsapp.

Camilla Galli
Vale, io e Alessia passiamo a prenderti tra un'ora😘

Sorrido al messaggio: sono contenta che venga Alessia, una mia cara amica con cui ho passato varie vacanze natalizie, soprattutto in quel periodo della mia vita...
Meglio non pensarci.

Valentina Malveri
Okay😘 a dopo

Metto via il cellulare e prendo il mio cap, per poi girarmi verso Dzackson.
«Ci vediamo domani, Jack.» sorrido baciandolo sul muso, mentre Dzackson tiene le orecchie in avanti.

Afferro il borsone con dentro i miei vestiti da equitazione e mi incammino, sistemandomi la tracolla della borsa in spalla.
Mentre cammino incrocio Arianna, una ragazza più grande di me di tre anni che fa equitazione da quasi tutta la vita: ho legato molto anche con lei, perciò, quando non può venire al maneggio, cosa molto rara, monto uno dei suoi due cavalli per non farli stare fermi per troppo tempo.
«Ciao, Vale!» mi sorride, sistemandosi i capelli biondi e lisci in una coda alta.
«Ciao, Ari.» ricambio il sorriso.
«Vai già via?»
«Già: devo andare a vedere degli allenamenti di calcio.»
«Non sapevo ti piacesse il calcio!»
«Infatti non mi piace! Ci vado solo perché mi hanno obbligata!»
Arianna ridacchia, posizionando meglio gli occhiali da vista sul ponte del naso.
«Buon divertimento, allora.» mi augura con tono dolcissimo.
«Grazie, a te buona lezione.» sorrido. «Ci vediamo.» aggiungo riprendendo a camminare.
«Ciao!»

Esco dal maneggio ed imbocco una stradina parallela alla tangenziale per tornare a casa. Il maneggio dista a soli quindici minuti di cammino da casa mia, perciò non prendo mai la macchina per venire qui: non ho nemmeno voglia di perdere tempo e parcheggiarla. Nemmeno quando vado agli allenamenti di atletica guido io, pur avendo la patente: è mia madre a portare me e mio fratello al campo. Per non parlare del fatto che guidare in piena Milano mi metta ansia: troppo traffico.
Guido solo quando vado in discoteca con le mie amiche, visto che sono sempre io a riportarle a casa, possibilmente vive.

Una volta arrivata davanti alla villetta bifamiliare dove vivo, prendo le chiavi di casa dalla tasca dei pantaloni ed apro il cancelletto. Vengo subito raggiunta da Cinkue, che si mette tra le mie gambe scodinzolando e muovendosi peggio di un'anguilla.
«Ma ciao!» ridacchio e mi chino ad accarezzargli il muso, mentre il mio cane mi lecca la mano.
Mi tiro su per entrare in casa e chiudere la porta alle mie spalle, per poi posare il borsone ed andare a farmi una doccia.
Esco dopo neanche venti minuti, per poi asciugarmi i capelli e pettinarli.
Impreco per i nodi che entrano in contatto con la spazzola, tirandomi i capelli.
Dopo essermi sistemata, vado subito in camera mia con il corpo avvolto nell'asciugamano ed apro l'armadio per guardare i vestiti e decidere cosa mettermi.
Ma cosa me ne frega: sto andando a vedere un allenamento di calcio, mica al Met Gala.
Tiro fuori i primi vestiti che mi capitano e li metto. Se mi sono vestita con i primi indumenti che ho trovato, figurarsi se mi trucco pure. Non ho assolutamente voglia di mettermi la matita e il mascara.
Tanto, chi mi deve vedere ad un allenamento di calcio?

Mi allaccio la cintura nera e m'infilo due anelli, uno nell'indice sinistro e uno nell'anulare destro, nelle dita, poi mi giro sentendo la porta di casa aprirsi.
«Vale, sono a casa!» esclama mia madre dall'ingresso.
Mi sporgo dalla porta di camera mia, notandola posare le borse della spesa.
«Ciao mamma.» la saluto prima di tornare nella mia stanza.
Sento il telefono suonare per un messaggio e lo prendo.

Da: Camilla Galli
Sono qua fuori😌

Metto il telefono nella tasca dei jeans.
«Mamma, esco.» dico andando verso la porta di casa.
«Okay!» sento rispondere da mia madre mentre chiudo la porta.

Noto l'Alfa Romeo di mia cugina accostata davanti alla mia casa ed apro il cancelletto per uscire.
«Ma come siamo fighe, Vale!» esclama Camilla sporgendosi dal finestrino.
Sorrido e salgo in macchina davanti, chiudendo la portiera.
«Esagerata!»
Camilla parte subito.
«Marzo, Alessia e gli altri sono già là.»
«Chi viene oltre a noi?»
«Degli amici di Marzo che non conosco neanche io.»
Parliamo del più e del meno, tra risate varie e battute, e prima che me ne possa accorgere siamo già arrivate al Centro Sportivo Suning.

Guardo fuori dal finestrino, notando subito che è immerso nel verde, essendo circondato da un boschetto. È carino, devo ammetterlo.
Osservo le bandiere dell'Inter che costeggiano il vialone che, credo, porti al campo dove si allenano i calciatori. Bandiere blu si alternano a bandiere nere, formando i colori della squadra.

Sbuffo: ma chi me lo ha fatto fare? Spero almeno che Camilla o Alessia non siano troppo impegnate a guardare gli allenamenti, altrimenti mi annoierò.
«Dai, Vale! Sarà divertente!» esclama Camilla scendendo dalla macchina.
Scendo anche io e chiudo la portiera, notando subito Alessia ed il mio amico Davide, detto Marzo.
Vedo la chioma bionda e riccia di Alessia avvicinarsi di corsa a me, prima che la mia amica mi salti addosso abbracciandomi stretta. La stringo a me prendendola al volo e sorrido.
«Ciao Vale!» urla quasi.
«Ciao Ale!» rispondo mettendola giù. È più bassa di me di dieci centimetri, anche se è più grande di me di tre anni.
«Ehilà Vale!» mi saluta Marzo con un sorriso a trentadue denti, accompagnato da un abbraccio.
Ricambio l'abbraccio, salutandolo a mia volta.
«Meno male che siete venute anche voi: non sopporto già più questo posto!» aggiunge esasperato.
«Era ovvio che venissi, Marzo. Non lascio mai sola la mia squadra!» esclama Camilla gonfiando il petto e portando una mano al cuore.
Mi fa morire: come fa ad essere così appassionata di calcio?
«Entriamo? Gli altri sono già al campo.»
«Va benissimo!» risponde Alessia prendendomi a braccetto ed iniziando a camminare.

Mentre percorriamo il vialone, mi guardo intorno ed osservo i vari edifici: ci sono un bar e addirittura un albergo. Non sapevo che i giocatori avessero pure un dormitorio dove dormire: credevo stessero a casa e tornassero qui ogni giorno. Insomma, se la prendono comoda i figli di papà.
Non sento neanche i lamenti di Marzo, poiché intravedo un campo più grande degli altri che ho visto percorrendo il viale.
«Dovrebbe essere questo.» commenta ancora Marzo.
Camilla passa in testa al nostro gruppo e si avvicina al campo, sporgendosi per guardare.
Anche Marzo raggiunge mia cugina, e Alessia quasi mi trascina da loro.

Mi appoggio alla sbarra di ferro più alta del recinto che circonda tutto il campo e mi giro a guardare le tribune, occupate da dei tifosi: avranno all'incirca trecento posti. Per essere un campo di allenamento è ben attrezzato.
Ah, giusto: nel calcio si guadagna, anche senza fare nulla.
«Sto per sboccare.» scherza ancora Marzo, ricevendo solo delle prese in giro dai suoi amici interisti.
Se fossimo a vedere gli allenamenti della Juventus, sarei più contenta: almeno vedrei Ronaldo.

Sento le persone che sono venute a vedere l'allenamento applaudire e sposto lo sguardo sul campo, notando tre giocatori, almeno credo lo siano, entrare in campo.
«Quelli sono i portieri: Handanovič, Padelli e Berni.» mi spiega Camilla.
Annuisco, anche se sono disinteressata. Cerco tuttavia di non darlo a vedere: non voglio rovinare il pomeriggio ai miei amici.
Con la coda dell'occhio, noto gli altri calciatori fare il loro ingresso nel campo.
Sta per iniziare l'allenamento.

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