Capitolo 1
"I sogni colorano il buio"
- Ma questa dove mai l'hai sentita? - chiede Maddi. - Sul serio, non è neanche su Tumblr.
- Da quando tutte le citazioni devono essere su Tumblr? - le rispondo poco convinta. E poi, non è una citazione qualsiasi. Rappresenta esattamente quello che sono: l'idea di una sognatrice che vuole dare colore alla sua vita.
- Ehi? Pronto? - Kalen mi "risveglia" bruscamente dal mio tentativo di sognare a occhi aperti. - Tutte le citazioni sono su Tumblr!
Maddi e Jennifer annuiscono, ma io le lascio fare anziché contraddirle. Non avrebbe senso mettere in discussione la parola di tre Tumblr-dipendenti. Io, al confronto, sono decisamente in minoranza. Decido di stare zitta.
- Ehilà! R.J.? Hai intenzione di reagire o cosa? - La voce fastidiosa e irritante di Kalen comincia a darmi sui nervi. Non solo per la questione delle citazioni, ma anche per la sua persistente insistenza. A un certo punto stanca. Deve assolutamente capire che non può andare avanti ad assillarmi. Ma come?
- Sai che c'è, Kalen? Tu e le altre mi state stancando! Come potete essere così superficiali? Questa è una citazione di Carl Jung, uno dei grandi discepoli di Freud, ma anche uno tra quelli che più si sono distaccati dalla dottrina del maestro. E, poi...
Realizzo subito che le altre mi stanno ignorando, decidendo poi di andarmene. Restare mi farebbe solo stare male. Non ho bisogno di tre Tumblr-dipendenti come amiche. Voglio delle amiche che mi ascoltino, ma come faccio a ottenere tutto ciò? Non ho la bacchetta magica e gli amici non crescono sugli alberi. L'unica cosa che posso fare è sperare che quelle tre maturino, perché farmi nuovi amici non è mai stato il mio forte, né lo sarà mai.
Il problema, però, è che loro non sono semplicemente tre persone con cui passo il tempo a chiacchierare del più e del meno, fantasticare sui ragazzi e, perché no, scambiarci i vestiti. Sono anche le mie colleghe di lavoro.
Dover sopportare la loro superficialità e ignoranza già nel negozio dove lavoriamo è già abbastanza, considerato che un negozio di prodotti di bellezza non è esattamente un luogo dove avere conversazioni di un certo spessore culturale.
Il problema, però, si pone soprattutto fuori dall'ambito lavorativo. Sono irritanti e monocordi a lungo andare, soprattutto perché parlano sempre e solo delle stesse cose: moda, fitness, gossip e, ahimè, amore.
Sì, quello. Una cosa in cui ho creduto sempre e continuerò sempre a crederci, ma insiste nel non voler mostrarsi nella forma che desidero. Quella di un ragazzo con cui condividere i miei sentimenti e le mie passioni, con cui mi trovi bene, con cui... vivere bene.
Invece, nella mente delle altre, il ragazzo ideale deve essere qualcuno che le accontenti e che le coccoli, che sia sempre premuroso e faccia tutto quello che chiedono loro, senza sconti. Peccato che nella vita le relazioni di coppia non funzionino così, ma guai a farglielo notare...
Non appena noto con la coda dell'occhio che le mie "amiche" non sono tornate indietro, tiro un sospiro di sollievo. Le adoro, ma quando si tratta di avere una conversazione profonda non sono esattamente le prime persone a cui rivolgerei volentieri la parola.
Finalmente, posso tornare a casa senza troppi pensieri, soprattutto perché sono stanca e perché vorrei tanto passare il resto della serata davanti alla TV e con una vaschetta di gelato formato gigante. Solo io. Senza altri a rompere le scatole.
***
Si dice spesso che la notte porti consiglio. E non solo, di solito porta anche bei sogni, piacevoli illusioni, risveglia fantasie che altrimenti resterebbero chiuse a marcire in qualche cassetto della nostra mente. Eppure, non posso dire che sia questo il mio caso.
Anzi, per tutta la notte spiacevoli ricordi hanno riaffiorato la mia mente. Ricordi ovviamente legati alla persona che, invece di sostenermi, mi ha affossato, facendomi sentire inadeguata ogni volta che poteva.
Sì, proprio lui. Marc. L'uomo che ha cercato in ogni modo di rovinarmi la vita. L'uomo che, ogni volta che ne avesse la possibilità, mi accusava ripetutamente di tradirlo alle sue spalle quando lui in realtà era il primo a mettersi in contatto con decine di altre ragazze.
Inoltre, tanto per cambiare, le mie cosiddette "amiche" (se proprio dovrei definirle così), invece di sostenermi e aiutarmi a ripartire, hanno preferito fregarsene, lasciandomi sola a combattere contro il fantasma della persona che mi ha fatto quasi dimenticare cosa sia l'amore.
Dovrei veramente smetterla di parlare di lui, però, altrimenti mi farò solo del male. Non me lo merito, così lui non si merita affatto la mia considerazione. Quel che è successo ormai è successo e io vorrei andare avanti con la mia vita.
***
Sono ancora in negozio, sola nel mio angolo a piegare magliette e felpe e disporle nei rispettivi espositori. Ogni tanto ricevo qualche occhiata cattiva da parte degli altri miei colleghi, ma li ignoro, non avendo né il tempo né la voglia di affrontarli.
Penso a tutte le cose più piacevoli che mi sono successe nell'ultimo periodo... peccato che siano decisamente poche! Sul serio, sta andando tutto storto e, quel che è peggio, nessuno fa molto per aiutarmi o sostenermi. Avrei veramente bisogno di una vacanza!
All'improvviso, noto che Maddi e Jennifer si stanno avvicinando lentamente a me. Dallo sguardo sembrano pentite di come si sono comportate ieri. Non avrebbero voluto trattarmi in maniera superficiale, avrebbero preferito condividere i loro pensieri con me in maniera profonda.
- Per caso hai avuto qualche altro incubo? - mi chiede all'improvviso Maddi, preoccupata. Odio quando ogni tanto fa l'oca, ma apprezzo ogni volta in cui dimostra di sostenermi. - Sai, non vorrei che quello lì ti stesse ancora perseguitando. - Onestamente, avrei preferito che non ne facesse menzione, anche se si è sforzata di non pronunciare il suo nome.
- Ti prego, non parlarmene... se ci penso mi vengono ancora i brividi... - le rispondo, cercando di essere il più educata possibile. Eppure nel mio tono si percepisce chiaramente una nota di nervosismo che non sfugge alla mia amica.
- Possiamo parlarne, se vuoi - insiste lei, ma io alzo una mano, facendole capire che preferirei cambiare del tutto argomento. Lei si limita ad annuire e torna al suo lavoro, seguita a ruota da Jennifer.
Mentre mi immergo nuovamente nei capi d'abbigliamento, intenta a piegarli e a riporli nei rispettivi scaffali o appenderli nei vari stand, noto con la coda dell'occhio che un ragazzo sulla ventina mi sta rivolgendo lo sguardo. Indossa una camicia nera e pantaloni dello stesso colore, con un paio di scarpe da ginnastica, anche quelle nere.
Si avvicina lentamente e non posso fare a meno di sudare. La divisa da lavoro color rosso acceso e i pantaloni abbinati si confondono con la tonalità della mia faccia, che ormai sembra il contenuto di un tubetto di ketchup.
Che imbarazzo! A saperlo avrei scelto dei pantaloni neri! Tutto questo rosso sicuramente gli darà fastidio, si nota dal modo in cui mi sta squadrando, non c'è che dire.
Spero soltanto di non fare un'altra figura di merda.
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