Capitolo 17
"Ehm, salve volevo un'informazione"
"Mi dica".
"Accettate donazioni per la vostra struttura?"
Il tono della signora dall'altro lato della cornetta si fa più dolce e sembra quasi che stia trattenendo l'entusiasmo. "Certo, abbiamo sempre bisogno di fondi qui"
"Anche se non si tratta di cifre esorbitanti?"
"Certo. Chiunque ha il buon cuore di condividere qualcosa con noi, è ben accetto, indipendentemente da quanto si può permettere".
"La ringrazio, allora passerò in mattinata. Arrivederci".
Ripongo la cornetta dopo aver sentito ricambiare il mio saluto e prendo un respiro profondo. Spero di non dovermi pentire della decisione che ho preso. Vado nella mia stanza per cambiarmi e scelgo i capi da indossare limitandomi ad una maglietta a maniche corte con sopra una camicia di jeans e un pantalone di tuta grigio, dal cavallo basso.
Vado in bagno e mi lavo velocemente, non ho tempo per un bagno ed è in questi momenti che rimpiango il fatto di non avere una doccia.
Alzo i miei capelli in uno chignon: il mio intento era di renderlo il più ordinato possibile ma i miei capelli mossi e ribelli, limitano molto il risultato. Sbuffo davanti allo specchio aggiustando i ciuffi più corti con delle forcine e poi prendo il portafogli e il regalo di Isaac pronta a tornare da Carol.
Apro la porta e vedo che stanno ancora tutti dormendo.
Ne approfitto per preparare la colazione: latte, caffè e pancake. Cerco di fare meno rumore possibile ma non passa molto prima che la testa bionda della mia migliore amica faccia capolino in cucina.
"Giorno"
"Giorno. Dormito bene?"
"Mmh" mi risponde con un verso davvero poco femminile che mi fa scappare una risata.
"Ho preparato la colazione, serviti pure. Posso usare il tuo pc nel frattempo?"
"Certo ma che devi farci?" mi chiede mentre si versa del caffè.
"Devo trovare un acquirente per un nuovo iPhone"
"E da quando in qua ne hai uno?"
"Da quando l'ho trovato davanti alla mia porta poco fa"
"È il regalo di Isaac?"
"Si"
"E vuoi venderlo"
"Si"
"E con i soldi che otterrai che hai intenzione di farci?"
"Farò una donazione anonima alla struttura in cui è ricoverata la madre di Isaac. Non voglio che spenda tutti quei soldi per me e so che se gli restituissi di nuovo il pacchetto, non ne farebbe comunque buon uso"
"Sei sicura di non offenderlo?"
"Perché voglio aiutarlo?" chiedo stranita.
"No, perché non vuoi farti aiutare da lui. Sai, i maschi ci tengono molto a questo fatto del prendersi cura delle proprie donne e bla, bla, bla. Spesso ci considerano come le principesse da salvare dalla torre del drago cattivo"
"Ferma, ferma: io non sono la sua donna"
"Certo, continua a negare l'evidenza e costruirti mura di cinta tutt'intorno" mi risponde alzando gli occhi al cielo.
"Allora posso usarlo o no il tuo pc?"
"Fa pure, ma sappi che per me stai sbagliando. Potresti farlo arrabbiare davvero, questa volta."
"Magari è proprio quello che voglio" borbotto.
"Alle volte sai essere davvero cogliona. Senza offesa"
"Perché questo complimento gratuito?" chiedo leggermente infastidita.
"Perché stai cercando di allontanare quel ragazzo per un motivo che sembra valido solo ai tuoi occhi. Non mi sembra che ti abbia tradito, che ti abbia preso in giro o cercato di portarti a letto contro la tua volontà. Cavolo, non ti ha neppure baciata! E tu cerchi di stargli lontana neanche avesse la peste".
"Ma.." cerco di interromperla ma mi zittisce con un'occhiata di fuoco".
"NO! Adesso mi fai parlare. Ieri sera non mi hai lasciato aprire bocca dopo avermi raccontato tutto dal tuo punto di vista. Ma ora devo dirtelo che stai sbagliando. Sono tua amica! Ho capito che ci sei rimasta male perché con te si è dimostrato molto più chiuso che con Marissa ma non puoi sapere i motivi della sua scelta o cosa lo ha spinto a cambiare. E non mi sembra che tu vada in giro a raccontare i fatti tuoi: ti ricordo che io e mia madre ci abbiamo messo mesi per farci raccontare qualcosa di te". Sbotta. Dal colorito delle sue guance, sembra piuttosto arrabbiata.
E io sono dispiaciuta. Non era questo il mio intento; non volevo farla innervosire ma allo stesso tempo vorrei che qualcuno capisse il mio punto di vista. Cerco di mordermi il labbro il più forte possibile per evitare che il tremolio che lo accompagna possa far presagire le mie lacrime.
"Ti prego Ver, non piangere. Non volevo essere brusca. Ma ti voglio bene e non voglio che butti via una cosa bella perché hai paura"
"Non piango per colpa tua. Semplicemente sono confusa: non capisco perché un ragazzo come Isaac possa volersi interessare a me. È vero, ti ho descritto Marissa ma le mie parole non le rendono giustizia. E poi oltre ad essere bellissima, ha anche un carattere fantastico per quel poco che l'ho conosciuta..."
"Ecco! Hai detto bene, per quel poco che l'hai conosciuta. Chi ti dice che la sua non sia tutta apparenza?"
"Presumo che Isaac non sarebbe rimasto in buoni rapporti con lei se non fosse stata una persona sincera"
"E allora se lei è tanto perfetta perché si sarebbero lasciati?"
"Beh... questo non gliel'ho chiesto in realtà" borbotto.
Carol si avvicina a me e si abbassa alla mia altezza stringendomi le mani tra le sue.
"Ver smettila di sopravvivere. Vivi. È vero, magari con Isaac potrà non andare bene, ma ci avrai provato. Dovresti concedergli almeno il beneficio del dubbio e smettila di screditare te stessa. Sei bella così come sei e quando riesci ad aprirti a qualcuno e farlo entrare nel tuo mondo, diventi irresistibile."
"Non so se sono pronta"
"Mi prometti che almeno ci penserai su?"
"Si"
"Hai sempre intenzione di vendere il cellulare che ti ha regalato Isaac?"
"SI, non posso accettare questo cellulare. Ho visto quanto deve lavorare per racimolare la cifra sufficiente per mantenere la madre in quella struttura e non posso permettere che sprechi tanti soldi per qualcosa di cui non ho neppure bisogno. Risparmiare un po' di soldi, questo mese, gli farà bene".
"Sai che sei parecchio testarda?"
"Lo so, lo so" le rispondo prima di pubblicare un annuncio su Ebay. Descrivo il modello del cellulare, specifico che non è mai stato usato e che se decidono di acquistarlo entro un'ora, avranno uno sconto del 5%. Non è molto, però non posso sprecare troppi soldi, nonostante la mia fretta di venderlo. Specifico che abito a Londra ed il quartiere in cui vivo e dopo qualche minuto, mi risponde una ragazza che è interessata e mi dice che possiamo incontrarci tra un'ora ad un bar di cui non ho mai sentito parlare. Chiedo a Carol dove si trova e lei mi dice di conoscerlo dandomi anche le indicazioni per raggiungerlo.
Chiarisco gli ultimi dettagli con la ragazza e intanto Carol va a preparare Erik che entra in cucina come un uragano attaccandosi alla mia gamba.
"Giorno gnomo" lo saluto scompigliandogli i capelli. "Pronto per passare tutta la mattina in giro?"
Lui annuisce e la madre lo mette seduto nel seggiolone per fargli fare colazione. Beve il suo latte e sgranocchia qualche biscotto anche se la maggior parte ricade sul tavolo come briciole. Quando finalmente è pronto, Carol mi porge una borsa con tutto l'occorrente in caso di emergenza, compresi i pannolini; Dio voglia che Erik lasci l'incombenza di cambiarlo alla madre.
Scendiamo le scale e spiego ad Erik qual è il nostro piano per oggi. È eccitato all'idea di essere coinvolto in una missione da grandi e non riesce a smettere di sorridere e saltellare. Arrivati all'ingresso, prendo il passeggino che Caroline e Phil tengono parcheggiato lì per evitare di portarlo su per le scale ogni volta e vi faccio sedere Erik, allacciandogli la cintura. Metto sul retro la borsa con tutte le cose di Erik e il pacchetto e partiamo.
È bello andare in giro con un bambino: guarda tutto quello che lo circonda con gli occhi pieni di meraviglia e la sua curiosità ti permette di riflettere su cose che prima neppure tu avevi preso in considerazione. Certo, Erik parla davvero tanto e qualche volta preferirei che si fermasse per fare un pisolino, una siesta o qualunque cosa mi permetta di apprezzare un attimo di silenzio, però anche a me un giorno piacerebbe avere un bambino, magari più di uno, che mi riempia la vita in questo modo.
Arriviamo puntuali all'appuntamento e ben presto trovo la ragazza che mi aveva contattata su Ebay: è impossibile non notare le ciocche verdi tra i suoi capelli. Mi fermo davanti alla sedia di fronte a quella occupata da lei e la scorgo masticare la gomma in modo rumoroso, poi la prende tra pollice e indice e la tira in avanti formando una specie di filo che poi si ricaccia in bocca. Che schifo!
"Ciao" saluto.
"Hai la roba?" mi chiede alzando il viso verso di me e noto che ha anche un piercing al naso e uno al labbro inferiore. I suoi occhi sono contornati da un pesante strato di trucco e probabilmente porta delle lentine colorate perché i suoi occhi sono di un colore molto strano.
La guardo sbigottita per un attimo mentre la ascolto.
"Guarda che devo venderti un cellulare, mica della droga"
"Fa lo stesso – mi risponde con una scrollata di spalle- ce l'hai o no?"
"Certo e tu hai i soldi?"
Non mi risponde ma pesca dalla tasca un mazzetto di banconote. "Contali pure se non ti fidi"
"Se non ti dispiace, lo faccio" le dico ironica. Per fortuna ci sono tutti. Le porgo il pacchetto e lei mi guarda come a dirmi <<toh, me lo ha anche incartato>>.
Toglie la carta blu e lo guarda per bene, apre lo scatolo e controlla che sia tutto a posto e poi lancia sulla superficie piana del tavolo una sim che scorre fino a posarsi davanti alle mie mani che stringono ancora le banconote.
"C'è tutto –dice alzandosi- è stato un piacere fare affari con te" mi dice e senza neanche salutare va via.
Stringo la sim tra le dita: forse solo ora che mi sono davvero liberata di quel cellulare, inizio ad avere dubbi su quello che ho fatto. Purtroppo non si può tornare indietro, quindi mi alzo e dopo aver comprato un lecca-lecca ad Erik, esco da quel bar.
Solo ora mi viene in mente che non so come arrivare alla clinica dove è ricoverata la madre di Isaac così sono costretta a chiedere informazioni. Provo con una signora ma lei non sa darmi una risposta e lo stesso con una ragazza che deve aver avuto su per giù la mia età.
Alla fine credo che l'unica soluzione sia prendere un taxi pagando con una piccola parte della cifra che ho appena <<guadagnato>>. Ne fermo uno al volo e il tassista mi aiuta a mettere il passeggino nel bagagliaio mentre io tengo Erik in braccio.
"Dove la porto signorina?"
"Al centro St.Jones" rispondo per poi mettermi a giocare con Erik. Non ci mettiamo molto ad arrivare ma probabilmente la passeggiata deve essere stata faticosa perché Erik mi si addormenta in grembo. Il tassista ancora una volta mi aiuta a riprendere il passeggino e metterci dentro il bambino. È stato davvero gentile e mi dispiace non lasciargli la mancia ma è come se questi soldi non fossero miei...
Sfrutto la pedana per disabili per portare su il passeggino e entro grazie alle porte scorrevoli che si aprono davanti a me. L'ambiente interno è di un bianco accecante e il pavimento in marmo. Le porte sono color mogano e ci sono ampie finestre che permettono alla luce di infiltrarsi all'interno. Mi avvicino al box informazioni e vi trovo una signora sulla cinquantina; ha i capelli mori raccolti in una treccia ordinata ed è vestita come un'infermiera. Dalla targhetta che porta sul petto, a sinistra, scorgo che si tratta di Anne. È molto impegnata a leggere dei documenti, tanto che non si accorge neanche della mia presenza finché non mi schiarisco la voce.
"Buongiorno. Io ho chiamato stamattina per la donazione".
"Ciao! ti aspettavo" mi accoglie con un sorriso radioso e penso a quanto coraggio ci voglia per lavorare in un posto simile senza lasciarsi prendere dallo sconforto ma anzi, avere sempre un sorriso e una buona parola per tutti.
"Ecco i soldi" dico tirandoli fuori dalla tasca e mettendoli davanti a lei.
"Tesoro, non li avrai rubati, vero?"
"Cosa? Certo che no. Ho venduto una cosa su Ebay un'ora fa e mi hanno pagata con questi" affermo inorridita.
La sua espressione si rilassa velocemente e mi rivolge un altro sorriso.
"Scusami, è solo che non capita tutti i giorni che qualcuno di così giovane decida di fare una donazione per questo centro".
"Beh vede è un po' complicato. La mamma di un mio amico è ricoverata qui. Lui mi ha fatto un regalo costoso che io non voglio accettare e sapendo che lui non me l'avrebbe data vinta, ho deciso di fare a modo mio".
Anne, mi fa firmare tutti i moduli per le donazioni e quando ho finito le chiedo se è possibile usare questi soldi per un solo paziente scalandoli dalla parcella mensile.
"Certo che è possibile ma dovresti dirmi il nome del paziente"
"Va bene il nome del mio amico?"
"Non lo so ma magari lo conosco e possiamo risolvere tutto in un minuto"
"Isaac..." e prima che io possa finire la frase vengo interrotta.
"E tu che ci fai qui" sento alle mie spalle. Non c'è bisogno che io mi volti per capire di chi si tratta anche perchè il suo profumo arriva subito alle mie narici. Rabbrividisco per il tono duro con cui si è rivolto a me e non ho il coraggio di guardarlo negli occhi. Stringo solo la presa sul passeggino: il mio piano non prevedeva questo intoppo. Merda.
Guardo Anne in cerca di aiuto e lei passa alternativamente gli occhi da me a lui.
"Isaac che piacere vederti. Devi fare visita a tua madre? Sono sicura che ti sta aspettando". Isaac mi supera con una spallata e poggia entrambe le mani sul bancone stringendo il bordo fino a farsi sbiancare le nocche.
"Potresti andare da lei e dirle che torno stasera? Devo proprio parlare con lei" dice indicandomi con un cenno del capo.
"Ma sei sicuro? Magari posso..." cerca di farlo ragionare Anne ma a nulla servono i suoi tentativi visto che lui si gira verso di me e mi rivolge un'occhiata gelida.
Nota Erik addormentato nel passeggino e facendo attenzione, lo prende e me lo porge. Ripiega il passeggino e si dirige con esso verso l'uscita, tornando a mani vuote, qualche istante dopo. Poggia una mano alla base della mia schiena e uno strano calore si irradia in me proprio a partire dal punto in cui la sua pelle è a contatto con la mia. Mi spinge all'esterno e quando arriviamo all'ingresso, si siede su una delle panchine che sono lì invitandomi con uno sguardo ardente a fare lo stesso senza protestare.
Cerco di mettere quanta più distanza possibile tra noi e lui non cerca di fermarmi.
"Non te lo ripeterò una terza volta. Che ci fai qui?"
So che è il momento di dirgli la verità.
"Sono venuta a fare una donazione"
"Con quali soldi?"
"Quelli che mi hanno dato in cambio del cellulare che mi avevi regalato".
Chiudo gli occhi serrando le palpebre in attesa della sua reazione ma non arriva. Dopo qualche secondo trovo il coraggio di voltare lo sguardo verso di lui e noto che ha gli occhi fissi su un punto in lontananza e la mascella serrata. Mi prendo un attimo per apprezzare come il leggero maglione nero gli fasci il busto mettendo in risalto i muscoli delle braccia e come la barba non rasata faccia risaltare i suoi occhi scuri. All'improvviso si alza e senza guardarmi si avvia verso la sua auto.
"Seguimi. Ti porto a casa". Mi affretto per stare al suo passo visto che non saprei comunque come tornare indietro e salgo in auto tenendo stretto Erik che è ancora mezzo addormentato. Sono spaventata dalla non- reazione di Isaac: avrei preferito mille volte che mi avesse urlato contro: la sua indifferenza mi fa capire quanto davvero io lo stia ferendo. Passiamo il viaggio in assoluto silenzio: io non ho il coraggio di provare a parlargli e lui si comporta come se in auto fosse da solo.
Arrivati davanti al portone del mio palazzo, lui scende e poggia il passeggino davanti al mio sportello, lo apre e prende Erik mettendolo steso lì. Non mi sfiora neanche per sbaglio.
Quando vedo che sta per rientrare nella sua auto, lo afferro per un braccio e sento i suoi muscoli contrarsi sotto le mie dita.
"Isaac io..." non so bene cosa vorrei dirgli ma non mi da neanche il tempo di pensarci perché si scansa dalla mia presa.
"Io e te non abbiamo più nulla da dirci".
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