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Capitolo 13


ANGOLO AUTRICE:

Era un po' che non aggiornavo lo so ma spero che sia valsa la pena attendere. Mi fa piacere che le visualizzazioni siano un po' aumentate ma se lasciaste qualche commento o qualche stellina potrei capire se è il caso di continuare o mettere questa storia nel cassetto per un po'. Buona lettura!!


"Eh? No!" affermo con un tono allarmato. Non ho alcuna intenzione di dare il mio primo bacio per ripicca o perché Isaac mi deve dimostrare qualcosa –anche se non so esattamente cosa- ma soprattutto non voglio darlo a qualcuno di cui non importa assolutamente nulla di me. Così quando vedo il suo viso avvicinarsi al mio inizio ad agitare le gambe e spingere le sue spalle nella speranza che si allontani. Naturalmente le mie manine non hanno alcun effetto sulle sue spalle larghe e così prima che sia troppo tardi copro la sua bocca con il mio palmo.

Probabilmente Isaac non si aspettava di essere respinto perché i suoi occhi mi guardano incuriositi e, prima che possa rendermene conto, qualcosa mi bagna la mano.

Che. Schifo. Mi sta leccando il palmo. Elimino subito il contatto con le sua labbra e mi pulisco sulla sua maglietta.

"Dio mio Isaac, che schifo" gli dico con un tono lamentoso. E succede l'impensabile: lui scoppia a ridere ma ride nel vero senso della parola. Avete presente quelle belle risate di pancia che ti fanno persino venire le lacrime agli occhi? Ecco, quelle. Se stessimo parlando di una persona normale non mi meraviglierei ma ehi, qui si tratta di Mr. Sono incavolato 24 ore su 24!

Quando torna in sé, riprende a guardarmi fisso negli occhi e io dopo un po' non riesco più a reggere il confronto perché temo di poter cedere alla tentazione e finire con lo spostare lo sguardo sulle sue labbra e lui capirebbe che ho la stessa voglia di baciarlo che ha lui.

La sua mano accarezza teneramente la mia guancia e per un attimo chiudo gli occhi lasciandomi andare al suo calore. "E così non vuoi baciarmi, eh?" mi dice e posso sentire il suo fiato caldo sulle labbra. Tengo ancora gli occhi chiusi eppure lo sento vicinissimo, probabilmente, se solo sollevassi il viso le nostre bocche si toccherebbero. Ma non voglio, non così. Il suo pollice si sposta dal mio zigomo al mio labbro superiore che distanzia leggermente da quello inferiore e penetra nella mia bocca, giusto di poco. Probabilmente anche la ragione ha deciso di abbandonarmi perché chiudo le labbra intorno al suo dito e faccio scorrere solo per un secondo la punta della lingua su di esso, per poi lasciarlo andare. La mano di Isaac che continua a sostenermi contro la parete, si stringe ulteriormente intorno alla mia vita e lui si pressa di più contro il mio corpo. Sento che inspira bruscamente e poi poggia la fronte sulla mia riportando anche l'altra mano sui miei fianchi.

"Sei sicura di non mentirmi Avery?" sussurra sulle mie labbra e allora mi costringo ad aprire gli occhi. Ok, ho avuto un momento di debolezza ma questo non cambia la mia decisione. Quando le nostre iridi si incontrano, mi costringo a pronunciare un "si" con il tono più convinto di cui sono capace.

"Non dirmi che non provi la stessa attrazione che sento io per te, perché sarebbe una gran cazzata" sussurra con un sorriso in viso. "Non bacio qualcuno che non conosco". La mia coscienza mi ricorda che io non ho mai baciato nessuno ma per ora decido di tralasciare questo particolare.

"Non ti è mai capitato di baciare qualcuno al primo appuntamento?" mi chiede sinceramente interessato alla risposta.

"No".

"Potrei sempre essere il primo" mi dice accompagnando le sue parole con un movimento concentrico dei suoi pollici sulla mia pelle, che mi fa rabbrividire.

"No. Penso che prima sia il caso di parlare".

"Ti hanno mai detto che sei testarda?" mi risponde con uno sbuffo ma so bene che non è davvero arrabbiato perché i suoi occhi luccicano ancora.

"Non ne hai idea" gli dico sorridendogli.

"Ok, allora andiamo a mangiare qualcosa così finalmente risponderò a tutte le tue domande e poi io avrò quello che voglio". Le sue parole decise mi provocano un altro brivido e so che se ne è accorto, perché mi rivolge l'ennesimo sorriso furbo. "Prima però mi prendo un anticipo di quello che mi spetta" e con un gesto fulmineo, riporta la mano sulla mia guancia e mi stampa un bacio umido sulle labbra facendo scontrare solo per un istante la sua lingua con la mia bocca, per poi riportarmi a toccare il pavimento con i miei piedi.

Arrossisco fino alla punta dei capelli e sento che il cuore mi batte a mille nel petto. Cavoli, mi ha solo dato un bacio a stampo e sono già in queste condizioni, figuriamoci se mi avesse baciata davvero. Tento di nascondere le mie gote arrossate tenendo il viso basso e per la prima volte desidero che i miei capelli siano sciolti per nascondermi con essi.

Isaac mi prende la mano e mi tira a sé così che ritorno ad osservare il suo petto fasciato dalla maglietta blu. "Dopo, non ti potrai più nascondere" mi dice all'orecchio e ancora una volta accompagna le sue parole con un gesto della mano le cui dita si intrecciano alle mie.

Ancora presa dall'imbarazzo di qualche minuto fa, mi lascio trascinare tra gli scaffali fino ad arrivare alla cassa; continuo a tenere la testa bassa e di certo, le cose non migliorano quando Isaac si rivolge alla signora Lane dicendole che noi saremmo usciti per pranzo e che "mi avrebbe riportato tutta intera tra un po'".

"Bambina stai bene?" mi chiede la signora Lane con un tono ironico che non fa altro che peggiorare la situazione e così sono costretta ad alzare il viso per constatare che le sue labbra sono increspate in un sorriso sornione e si possono persino notare le rughe intorno agli occhi per quanto è evidente la sua soddisfazione in questo momento.

"Benone" bofonchio prima di che Isaac mi trascini fuori cercando di trattenere una risata. Appena davanti all'entrata cerco di scostare la mia mano dalla sua ma lui me la stringe più forte e si mette davanti a me guardando le nostre dita intrecciate.

"Ti da fastidio?" mi chiede.

Io credevo che a lui avrebbe dato fastidio; da quando lo conosco ha evitato un contatto più ravvicinato con me, come la peste e ora vuole tenermi per mano in pieno giorno e in strada dove tutti possono vederci. Ma se va bene a lui...

"No" rispondo.

"Allora andiamo" dice scrollando le spalle e riprendendo a camminare. Proseguiamo in silenzio e la curiosità mi sta logorando: non vedo l'ora di avere finalmente tutte le risposte alle mie domande e di mettere insieme un po' di pezzi di questo puzzle complicato che è Isaac.

Arriviamo al bar dove ho preso il caffè stamattina e il tintinnio del campanello all'entrata annuncia il nostro arrivo. Ci spostiamo verso un tavolo appartato e Isaac aspetta che io mi sieda per prendere la sedia che sta di fronte a me e spostarla alla mia sinistra. Si siede anche lui e fa un cenno a qualcuno dietro di me, probabilmente il cameriere.

"Bambolina, ci rincontriamo" dice una voce squillante di fronte a me e quando alzo lo sguardo trovo lo stesso cameriere di stamattina, con il solito sorrisone in viso.

"Ehm ciao" borbotto sperando che si levi di torno il più presto possibile.

"Hai ripensato alla mia proposta di stamattina?" mi chiede e posso sentire lo sguardo di fuoco di Isaac anche se io non lo sto guardando.

"In realtà volevo solo qualcosa da mangiare e siamo venuti qui". Cerco di calcare il più possibile la parola "siamo" ma il cameriere sembra non fare neanche caso al ragazzo di fianco a me.

"Pranzo tra fratelli?" chiede e se non fosse che davvero Isaac sembri voler trucidarmi con lo sguardo, gli scoppierei a ridere in faccia. Siamo passati dalla totale indifferenza da parte sua a una specie di gelosia. Probabilmente si sente solo scavalcato nel suo ruolo di maschio alfa visto che al tavolo con me c'è lui e quindi si sente in dovere di marcare il territorio come un bravo cane di razza.

"No... in realtà noi non siamo fratelli" borbotto. Se avessi un minimo di malizia o audacia potrei un po' marcare la situazione per cercare di ottenere qualche reazione dal ragazzo al mio fianco ma, purtroppo o fortunatamente – dipende dai punti di vista- non sono quel tipo di persona.

"Senti potresti portarci due toast prosciutto e formaggio, una tazza di caffè nero e un succo alla pera?" chiede irritato Isaac. Il cameriere super sorridente, alla fine mi lancia un sorriso divertito e dopo aver annuito, rivolto ad Isaac, ci lascia nuovamente soli. Nonostante tutti i miei contorti ragionamenti, non posso fare a meno di notare che ha ricordato qual è il mio succo preferito e così non appena il cameriere ci lascia soli, gli rivolgo un sorriso grato e poggio la mia mano sulle sue impegnate a fare a pezzi un fazzolettino preso dal dispenser.

"Ti sei ricordato quale succo mi piace" gli dico con tono più dolce e compiaciuto di quanto avrei voluto e per un attimo mi è sembrato di notare le sue gote leggermente arrossate. Si riprende subito e dopo aver gettato a terra i pezzetti di carta, afferra il mio indice con le sue dita e mi rivolge uno sguardo affettuoso. Aspettiamo che le nostre ordinazioni arrivino e, quando rimaniamo di nuovo soli, lui si rivolge a me.

"Allora, cosa vuoi sapere?". Mi chiede con un tono che potrei definire leggermente preoccupato. Non so cosa pensa che potrei mai chiedergli e così, per metterlo a suo agio, decido di partire con calma.

"Mmmh vediamo" dico portandomi l'indice alle labbra e facendo finta di pensare. "Che ne dici di partire con qualche informazione di base?"

Annuisce e sembra davvero sollevato per la mia richiesta.

"Spara" mi dice.

"Che ti chiami Isaac, lo so. Cognome?"

"Stevens. Il tuo?".

"Ehi, qui le faccio io le domande – affermo scherzosa- "Newman. Anni?"

"24 tra tre settimane. Tu?"

"22 a giugno".

Iniziamo così a scambiarci qualche informazione in più su di noi: mi dice che il suo colore preferito è il nero –ma dai!- che gli piacciono le moto e che trova divertenti i film horror; che gli piace la pizza e odia le carote; ogni tanto prima di andare a dormire beve una camomilla calda anche se è piena estate; odia le ciabatte e quindi indossa sempre i suoi soliti stivali oppure va in giro scalzo; gli piace guardare il calcio in tv e fare un po' di palestra ogni tanto; l'anno prossimo si laureerà in Economia e poi inizierà uno stage in uno studio dove ha già fatto un anno di tirocinio. Mi dice che si è trasferito qui da 7 anni e che non abita molto lontano da casa mia ma quando mi promette che un giorno mi ci porterà, sento uno strano sfarfallio alla bocca dello stomaco.

Ho cercato di evitare il più possibile gli argomenti spinosi, ma alla fine, non riesco più a resistere alla curiosità e, forse, lui me lo legge in faccia perché prende un respiro profondo e allontana da sé il piatto vuoto prima di tornare a guardarmi.

"Vuoi sapere della mia famiglia, giusto?". Io mi limito ad annuire e stringermi le mani in grembo per non mettergli fretta e aspettare i suoi tempi.

"Sono figlio di un direttore di banca. Non vedo mio padre da 7 anni. Ha comprato la casa dove abito ora e ha detto di non farmi più sentire perché lui si sarebbe risposato e si sarebbe ricreato una famiglia con una donna all'altezza di essere chiamata tale". Sobbalzo nell'udire quelle parole, soprattutto per il tono con cui le pronuncia, come se stesse raccontando dei fatti di qualcun altro e non la sua storia.

"Perché ha detto così?" chiedo in tono sommesso.

"Mia madre è malata. Combatte da anni contro un tumore."


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