Moments.

Il bigliettino viola gli regala una risata.

Il tatuaggio più osceno del mondo; Il primo istante in cui ha avuto Simone tra le dita.

E gli sguardi rubati e quella pelle candida a farsi tela, la voglia improvvisa e spaventosa ch'ebbe di lasciarvici sopra il più delicato tra i baci per lenire il dolore causato; la completa e immotivata fiducia regalatagli da Simone.

E forse, con quel biglietto, Simone intendeva altro, che c'ha provato più volte a spiegargli perché ha collegato quella formula all'evoluzione della loro storia, ma Manuel c'ha il suo, di significato, inciso in quelle lettere - due occhioni fiduciosi a ribaltargli l'anima un battito di ciglia alla volta.

E scende in garage, che la macchinetta non l'ha più usata d'allora, che anche quando tutto era confuso il bisogno di preservare ogni momento condiviso era più forte.

Il bigliettino di quel giorno finisce sulla custodia della stigma - che racchiude un po' tutto, alla fine. Il suo ricordo e quello di Simone, il garage polveroso e complice, scenario dei momenti più importanti, di quelli felici e quelli di cui si vergogna, di baci infiniti e gemiti soffocati, di risate e di lacrime. Di Simone. E di sè stesso.

E' quella la foto del giorno, e Manuel non sa davvero a cosa accompagnarla e quindi l'invia e basta. 

Ed è Simone, alla fine, a regalargli le parole.

"Che tatuaggio di merda. Lo dobbiamo coprì, Manu".

"Non ci sei affezionato?"

"Non mi serve il tatuaggio se mi tengo il tatuatore".