Capitolo 14
[Lidia]
Aprii la porta e mi guardai intorno, sospettosa.
Era così da giorni ormai.
Cercavo di evitare Sofia e Fabio il più possibile.
La prima perché Sofia era in grado di essere pericolosa a volte, il secondo...non ci tenevo ad affrontarlo.
Cioè non mi avrebbe mai messo le mani addosso, non era quel tipo di persona ma le sue parole erano peggio del veleno.
Non mi pentivo di quello che avevo fatto.
Mi ero accorta di quello che provavano l'uno per l'altra. Volevo solo dargli una spinta.
Fabio non era il tipo da mostrare i suoi sentimenti e Sofia era troppo e maledettamente timida.
Anche se il modo in cui li avevo beccati qualche giorno prima in camera di lei.
A volte la invidiavo, Sofia intendo.
Era timida e impacciata.
Eppure era riuscita ad attirare l'attenzione della persona più stronza sulla faccia della terra, senza contare che era riuscita a domarlo.
Come aveva fatto non ne avevo idea, e io non ero riuscita a far venire voglia ad Ewan McAlister, donnaiolo di prima categoria, di frequentarmi.
Sbuffai e mi decisi ad uscire prima che Fabio venisse a sfondare la porta della mia camera perché ero in ritardo.
Ieri sera ero riuscita a stare a cena con loro senza che mi linciassero, Sofia aveva detto che a Natale si era tutti più buoni e che avrebbe fatto i conti a Santo Stefano.
Quindi era tregua anche per oggi, visto che era il giorno di Natale e dovevamo andare a casa del professor George Schlafen.
Avevo notato che era molto protettivo nei confronti di Sofia e forse avevo sbagliato a dire quella cosa su loro due, però, ad occhio, sembrava aver preso Fabio in simpatia.
- Lidia dove cazzo sei finita? - urlò la voce di Fabio dalla porta della villa.
Sussultai e mi incamminai come se stessi andando al patibolo.
Lui era sulla porta, le braccia incrociate e lo sguardo truce.
- Siamo in ritardo e Sofia sta scalpitando - mi disse.
- Lo so, scusa - ammisi.
Fabio mi fece cenno di uscire e obbedii mentre lui chiudeva la porta a chiave.
Indossava pantaloni grigi, eleganti e camicia dello stesso colore, sopra la camicia portava una polo blu scuro.
Era affascinante come pochi, stronzo ma affascinante.
Peccato che aveva occhi solo per Sofia e che io lo odiavo.
Sofia era in macchina, la mia macchina sgangherata, seduta davanti: le gambe erano fasciate da un paio di jeans blu e indossava un maglione verde scuro e un paio di stivali alti con il tacco. Si era raccolta i capelli in una coda alta.
- Un vestito potevi anche metterlo - le disse entrando in macchina.
Io portavo un tubino nero e che arrivava al ginocchio. Con stivali bassi con il tacco alto.
Lei scosse il capo.
- Non avevo niente di decente - disse stringendosi nelle spalle.
Non riuscii a farmi gli affari miei.
- Vi siete messi insieme? - chiesi.
- Che? -
- Tu e Fabio - spiegai - Vi siete messi insieme? -
Lei sospiró.
- Che razza di domande fai...certo che no ti pare! -
- Eppure... cioè vi comportate come una coppia - dissi.
Lei scrollò le spalle.
- Non ne abbiamo parlato, non...non lo so - disse - Ci comportiamo così ma...non abbiamo messo nulla in chiaro -
- Però hai l'esclusiva e anche lui -
Sofia annuì e in quel momento entrò Fabio.
- Possiamo andare? - chiese.
- Si - rispondemmo all'unisono.
***
[Sofia]
Dire che ero in ansia era poco.
Non perché ero preoccupata di andare a pranzo dal Prof ma perché... be' temevo di trovarci mio padre.
Cioè mio padre era tranquillo, un genitore tranquillissimo, ma era protettivo nei miei confronti, molto protettivo.
Soprattutto quando si trattava di ragazzi.
L'ultimo anno di superiore un mio compagno di classe mi aveva invitato ad andare al ballo scolastico insieme e be'...lui era venuto a prendermi a casa e mio padre gli aveva fatto la paternale e una vera e propria interrogazione sulla sua vita.
Mi ero stupita che quel mio amico non fosse scappato a gambe levate.
Ma Fabio era...Fabio.
Non gli piaceva parlare delle sua famiglia e della sua vita.
Era capace di stufarsi facilmente e mandare al diavolo chi gli dava troppo fastidio.
Se mio padre era davvero dal prof...avrei desiderato sprofondare e Fabio non mi avrebbe più nemmeno guardato in faccia.
- Siamo arrivati - disse Fabio.
Mi lasciai sfuggire un gemito mentre Lidia usciva dalla macchina.
Davanti all'entrate della villa c'era la macchian di mio padre.
Fabio mi guardò confuso e Lidia mi fissò.
- Devo lasciarvi soli vero? - chiese la mia amica e si allontanò senza aspettare una risposta.
- Che c'è? - mi chiese l'ungherese.
- C'è la macchina di mio padre - dissi.
E senza lasciargli il tempo gli spiegai la mia unica uscita con un ragazzo.
Mi ascoltò senza dire nulla e quando finii mi mise una mano sul ginocchio.
- Quindi hai paura che tuo padre mi faccia saltare i nervi e che io non voglia più parlarti? - mi chiese.
- Si - sbottai.
Fabio sorrise, mi prese il mento con una mano e mi costrinse e guardarlo negli occhi, poi mi baciò con dolcezza, una dolcezza che non aveva mai usato prima.
- Non cambierò idea su di te solo perché tuo padre mi farà impazzire, ok? - mi disse.
Strinsi le labbra, per niente convinta della cosa.
- Sofia? -
- Ok... - sussurrai e scendemmo dalla macchina.
***
Il pranzo era andato bene, stava andando bene.
Mio padre mi aveva stretta a sé e mi aveva tartassata per sapere come stavo e come andava, poi si presentò a Lidia e Fabio.
E basta.
Era finita lì, i miei amici dissero che cosa studiavano ma mio padre non fece nessuna domanda invasiva a Fabio.
Però avevo come la sensazione che sarebbe successo a breve.
E infatti poco prima del dolce...
- Sapete giocare a biliardo? George ne ha uno che non usa quasi mai - disse papà.
E nel chiederlo guardò Fabio.
Lui si alzò.
- Mi farebbe piacere una partita, signore - rispose Fabio lasciandomi allibita.
Mio padre sorrise malefico e si spostarono nell'altra sala, io guardai il prof in cerca d'aiuto ma lui scrollò le spalle.
Era tutta colpa sua! Non avrebbe dovuto dirgli nulla!
Mi alzai agitata, seguendoli.
- Partita classica? - sentii chiedere a mio padre.
- Quella con la regola dell'otto? - chiese Fabio a sua volta.
Entrai e li guardai mentre mio padre annuiva.
Iniziarono la partita, mentre io, Lidia, il prof e Tomas li guardavamo giocare.
Sapevo che mio padre era bravo, alla fin fine aveva un bar, giù a Matera, dove si giocava a biliardo tutto il giorno.
La cosa che mi stupì era un'altra: Fabio!
Non avrei mai pensato, nemmeno in un'altra vita che sapesse giocare. E come giocava!
Stava stracciando mio padre e lo faceva con un'eleganza e una serietà che era tipica in chi giocava a biliardo da anni!
- Chi si aspettava che sapessi giocare, non sembri il tipo - disse mio padre a metà partita.
- In molti mi dicono che non sembro il tipo di molte cose - rispose Fabio mandando un altra palla nella buca.
- Di dove hai detto che sei? - chiese papà.
Fabio si mise dritto e lo guardò.
- Budapest -
- Chi ti ha insegnato? - chiese poi.
Fabio scrollò le spalle e mi guardò.
- Mio nonno, come l'ha insegnato a mio padre - rispose noncurante - È una specie di hobby di famiglia -
Papà lo guardò sospettoso.
- Come hai detto che è il tuo cognome? -
A quel punto decisi d'intervenire.
Stava diventando esasperante e anche se Fabio non sembrava provare fastidio stava infastidendo me.
- Papà smettila! - esclamai - Non esagerare -
- Non sto facendo nulla - mi rispose lui - Non gli ho mica chiesto quanti soldi ha in banca o se è un delinquente! -
Fabio ridacchiò e si poggiò alla stecca del biliardo.
- Tranquilla Sofia - mi disse l'ungherese - Il mio cognome è Szilard, comunque -
Mio padre sussultò e lo squadrò da capo a piedi come se all'improvviso vedesse un'altra persona e non il ragazzo che aveva conosciuto prima di pranzo.
- Non sarai mica...non sei imparentato con Szilard Senior? Il fondatore della Szilard Vàllalatok? - chiese mio padre.
Sbattei le palpebre. Avevo sentito parlare di quella società.
Erano pezzi grossi e gestivano un mucchio di imprese.
Da qualche anno si erano inseriti in Italia e ultimamente si erano anche interessati al patrimonio di Matera, che era diventata patrimonio dell'UNESCO.
Insomma, ricchi sfondati.
Possessori di non so quante imprese e di buon sangue, tra l'altro.
Fabio fece una strana espressione: non capivo se era divertito o infastidito.
Mio padre lo guardava aspettando una risposta.
- Szilard Senior - fece - Almeno il nonno non è un gran kurva fia, come suo figlio -
- Il nonno! - esclamò Lidia mentre io non sapevo che cosa pensare - Sei davvero...non avevi detto di essere ricco sfondato! E il futuro proprietario di un'azienda internazionale! -
Fabio sbuffò.
- Tu non l'hai chiesto e io non ho mai detto di abitare sotto un ponte - rispose lui scrollando le spalle.
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