Capitolo 13
[Sofia]
Il prof lanciò l'ennesima occhiata a Fabio e mi guardò con la coda dell'occhio.
Eravamo in cucina e Lidia si era almeno presa la decenza di preparare il tè caldo.
Io e il prof eravamo seduti al tavolo mentre Fabio se ne stava poggiando alla finestra con le braccia incrociate al petto.
- Allora Fabio, di dove sei? - gli chiese.
Da quanto Lidia se ne era uscita dicendo che Fabio era il mio ragazzo il prof aveva cominciato a guardarlo in modo strano e a fargli delle domande.
Grazie al cielo lui non si scomponeva più di tanto e io mi stavo seriamente chiedendo il perché non aveva smentito le parole di Lidia.
- Ungheria, Budapest per essere precisi - rispose Fabio.
- È sei qui per studiare immagino - chiese il professore.
- Studio scienze linguistiche. Vorrei laurearmi per insegnamento delle lingue straniere -
- Interessante - disse il prof e dalla sua faccia notai che era colpito da Fabio - Che lingue conosci o stai studiando? -
- Ungherese, italiano, inglese, tedesco e pensavo di aggiungere il francese per il prossimo semestre - spiegò lui.
Il prof si illuminò ancora di più se possibile.
Avevo già detto che il professore era tedesco?
Be' sapere che qualcuno conosceva la sua lingua madre lo emozionava sempre.
Aveva persino provato ad insegnarlo a me ma non ci capivo nulla, capivo a malapena l'inglese io.
Avrei dovuto presentargli Karl il prima possibile!
- Zucchero o no? - chiese Lidia voltandosi e mettendo il tè nella tazza.
- Zucchero grazie - rispose il prof.
Mentre era distratto ne approfittai per guardare Fabio. Incrociai i suoi occhi e gli chiesi scusa con il labbiale.
Lui scosse il capo e mi fece l'occhiolino.
Come se non gli importasse della situazione imbarazzante in cui eravamo andati a finire.
- A me amaro Lidia - disse Fabio rivolto alla mia amica che dopo oggi non lo sarebbe stata più.
- Come la tua vita - rispose lei - Adesso capisco perché sei così acido -
- Lo sono solo con te - ribatté lui.
Il prof mi guardò in modo strano.
E io la sapevo, sarebbe stata una lunga giornata...
***
[Fabio]
Alla fine il professor Schlafen se ne era andato.
Solo dopo che gli avevamo promesso che a Natale saremmo andati alla sua villa.
Sofia non sembrava entusiasta ed ero convinto che non era per l'amico di suo padre ma per quello che aveva detto Lidia.
La cosa mi aveva turbato?
No per niente!
Cioè non cambiava il fatto che Lidia dovesse imparare a stare zitta e farsi gli affari propri ma non mi dava fastidio quello che aveva detto.
A me non piacevano le etichette, ma era chiaro a tutti che Sofia era mia, volevo proprio vedere chi aveva il coraggio di farsi avanti con lei sapendo che c'ero io nei dintorni.
Non negavo che mi piaceva e non negavo che l'avevo baciata. Per non parlare di quello che avevo intenzione di farle un paio d'ore prima in camera sua, una cosa che sarebbe successa se Lidia e il professore non ci avessero interrotto.
Una volta soli Lidia se la svignó. Non feci in tempo a sentire la porta della sua camera chiudersi che vidi Sofia sfrecciare verso le camere da letto.
- Lidia apri questa porta! - esclamò la rossa.
- Emh...no? -
Sofia sbuffò e sbattè il piede a terra.
- Dovrai uscire da questa stanza ne sei consapevole? -
- Oh ma dai! Ti ho risolto un bel po' di problemini! -
- Tu! Sei...sei...sei... -
La fermai mettendole una mano sulla spalla.
- Respira - dissi - Non serve tutta questa rabbia ok? -
- Non serve? Ti rendi conto di cosa ha innescato con le sue parole? Ci ritroveremo con mio padre in casa tra qualche giorno! - esclamò esasperata.
Ok si stava facendo seriamente prendere dal panico e dovevo calmarla.
Ne stava facendo un affare di stato e secondo me non era necessario.
Certo. Io e Sofia non stavamo insieme era vero, ma, come avevo già detto, non mi dava fastidio.
- E tu perché non l'hai smentita? - mi chiese puntandomi un dito contro il petto.
Ecco, adesso se la sarebbe presa con me perché non poteva toccare Lidia.
Scrollai le spalle, non sapevo che cosa dirle.
Cioè ok, non l'avevo smentita perché non mi dava fastidio ma Sofia non l'avrebbe accettato come risposta.
E io non sapevo se era il caso di dire quelle parole che avevo sulla punta della lingua. Perché non sapevo che cosa avrebbe pensato o come gestire la cosa io stesso.
- Mert szeretem - sussurrai alla fine.
- Cosa hai detto? - mi chiese guardandomi interrogativa.
- Niente - risposi con un sospiro - Niente... -
Mi guardò e io distolsi lo sguardo.
Lei sbuffò e se ne andò diretta in cucina.
- Vado a fare il menù per la vigilia - annunciò.
Annuii.
- Mi piaci... - dissi quando si allontanò - Mi piaci proprio tanto, nagyon szeretem -
Ecco, l'avevo detto! Peccato che se ne era andata via e non mi aveva sentito.
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