Capitolo 8 - Nuovi Inizi
Morningside Heights, è un quartiere di New York, zona ricca di storia e cultura, ha un fascino tranquillo che lo distingue dal caos di altre parti della città. Grazie alla presenza di importanti istituzioni, come la Columbia University, regna un'atmosfera intellettuale e vibrante; le strade sono ricche di eleganti edifici in stile gotico e neoclassico, tutta l'architettura è imponente ma accogliente.
Non mancano riferimenti culturali e spirituali. Con il Morningside Park sul lato est, e il Riverside Park sul lato ovest, il quartiere è immerso nel verde, e per allietare la vita della comunità, in ogni angolo sorgono librerie, piccoli caffè, dolci ristoranti, e ovviamente boutique di moda.
Questo e molto altro, ha reso la zona uno dei quartieri più affascinanti e unici di New York, e proprio per il dolce vivere, che Alan Moore, nel lontano 1953, decise di aprire il suo amato Sweet Garden.
Dopo aver speso una fortuna per le infinite pratiche burocratiche, aveva ottenuto finalmente i permessi necessari, per impiantare sul suolo del Riverside Park, il suo incantevole negozio di fiori, la cui struttura esagonale, era interamente di vetro.
Con un'anima bohémien, aveva attirato immediatamente l'attenzione per il suo fascino sognante; per l'intera giornata, la luce naturale del sole filtrava illuminando gli interni, l'atmosfera calda e accogliente che si creava, era un trionfo di colori e profumi, in mezzo a fiori e piante di ogni genere.
Riempiti i vari scaffali e i tavoli, Alan aveva pensato bene, di far pendere dal soffitto le piante più rigogliose, sua moglie Corinne, aveva confezionato personalmente, le reti in macramè intrecciato per sostenere i vasi, rendendo tutto ancora più suggestivo. Tra mobili in legno grezzo, tappeti orientali sul pavimento, e decorazioni vintage, sempre a Corinne, era venuta l'idea di ricavare piccoli angoli lettura; con sedie in vimini, e una selezione di libri sull'arte botanica, era un chiaro invito a fermarsi.
A trentaquattro anni dall'apertura, il Sweet Garden di Alan, emanava ancora un senso di libertà creativa e naturale eleganza, un rifugio verde che si distingueva senza sforzo, nell'energia urbana e caotica del quartiere.
L'unica differenza era che dietro il bancone in legno intarsiato, a creare composizioni floreali artistiche uniche, era passato suo figlio Jamy.
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A quel tempo, Jamy era solo un ragazzo di ventidue anni; sua madre era morta l'anno prima, e suo padre acciaccato dall'età, si era lasciato trasportare da una profonda malinconia, che silenziosa gli aveva strappato i piaceri della vita; persino il negozio ai suoi occhi aveva perso importanza, e giorno dopo giorno, non faceva che esprimere il suo desiderio di vendere.
Jamy, legato profondamente alla piccola attività, cercava in ogni modo di dissuaderlo, e seppur i guadagni non erano niente in confronto a quelli degli anni d'oro, gli permetteva di provvedere al loro sostentamento. Tra quelle mura cristalline era cresciuto, stando ai racconti dei suoi genitori, proprio lì era stato concepito, e una sera d'autunno, ci era mancato poco perché ci nascesse.
Fiori e piante erano il suo mondo, solo l'idea di abbandonare la cerchia di clienti affezionati, lo faceva stare male, proprio per questo, non riusciva ad immaginarsi in un'altra vita; ignaro degli avvenimenti che a breve avrebbero cambiato la sua visione, continuava a testa alta, a percorrere la strada su cui i genitori lo avevano indirizzato.
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Era da poco arrivata la sera, Willow, una sua cara amica che lo aiutava nella gestione del negozio, era intenta a scegliere da una enorme anfora, delle rose rosse per una cliente speciale.
<< Allora! >> esclamò rompendo il silenzio. << Si vuol sapere quando ti deciderai ad avvicinarti a lei? >>
Jamy, con lo sguardo perso davanti alla vetrata che dava sul Hudson River, tornò bruscamente alla realtà. Come se non avesse sentito la domanda, fece l'indifferente, e riprese ad innaffiare delle neonate Camelie.
<< Preparo anche per lei un bel mazzo di rose? >> insistette Willow, e scelte con cura le sue venticinque, si avvicinò al banco per preparare la confezione.
<< Willow vai a casa! >> rispose Jamy laconico. << Lo sai che non posso permettermi di pagarti gli extra! >>
<< Willow vai a casa ... >> lo scimmiottò lei.
Jamy non le diede importanza e continuò ad innaffiare, erano mesi che ogni sera si divertiva a stressarlo con lo stesso argomento.
Willow stava per tornare alla carica, ma la sua insistenza, venne interrotta dall'ingresso della cliente speciale, un'anziana Signora dallo sguardo vispo.
<< Tesori miei scusate il ritardo! >> salutò con voce amorevole.
<< Non si preoccupi Signora Taylor ... >> la tranquillizzò Jamy; posò l'innaffiatoio, e raggiunse Willow dietro il bancone.
<< Quest'anno quanti anni sarebbero stati? >> le domandò Willow, ultimando la confezione con un elegante fiocco bianco.
La Signora Taylor sorrise, ma la sua vivacità si offuscò per un istante da un velo di tristezza.
<< Oggi avremmo festeggiato cinquant'anni di matrimonio ... >> rispose malinconica.
<< E oggi come allora bisogna festeggiare! >> continuò Jamy.
<< Proprio così mio caro ragazzo ... ecco perché sono venuta per le mie venticinque rose, non devo stare senza ... glielo promisi cinque anni fa! >>
<< Posso chiederle perché venticinque? >> le domandò timidamente Willow.
Alla Signora Taylor scappò una risata. << Venticinque sono le volte che mi chiese di uscire, prima che io rispondessi sì ... >>
Willow la guardò sognante. << Anche io vorrei un amore così! >>
<< Tenga Signora Taylor ... quest'anno offre la casa! >> la interruppe Jamy, con il terrore che Willow riprendesse a insistere con il suo solito argomento. Con un sorriso le porse gentile il mazzo.
<< Ma no. >> obiettò lei timidamente. << Non c'è bisogno! >>
<< Per noi è un piacere! >> la rassicurò Willow accompagnandola alla porta.
<< Stia bene e buona serata. >> la salutò Jamy.
Willow rimase sull'uscio finché la figura della dolce anziana non diventò una piccola macchia tra la folla, quando rientrò, Jamy aveva già sistemato e ripulito il bancone.
<< Ci beviamo un tè prima di andare via? >> gli chiese, aiutandolo a spegnere le luci delle lanterne appese alle vetrate.
Jamy si voltò e le rivolse uno sguardo perplesso.
<< Se non ti va pazienza! >>
<< Lo berrò in solitudine da Twinks ... >> si affrettò ad aggiungere per provocarlo.
Jamy odiava il proprietario del locale appena nominato da Willow, era un suo vecchio vicino di casa con manie di grandezza, e con un carico di stupidità elevato; ai tempi della scuola era un bullo, e spesso lui ne fu vittima.
<< Va bene Willow! >> protestò Jamy. << Il giorno che ti vedrò lì dentro, ti affogherò nella tazza della tua bevanda! >>
Willow sorrise soddisfatta. << Così si ragiona! >> e corse a preparare la tisana.
Qualche minuto dopo, sotto una bella luce soffusa che illuminava i loro visi, si sedettero uno davanti all'altra sulle piccole sedie in vimini.
<< Adesso non arrabbiarti ... >> iniziò subito Willow dopo un sorso di tè nero.
<< Non ti arrendi mai eh? >>
<< Mai! >> asserì con un enorme sorriso.
Jamy strinse la tazza e sbuffò. << Allora avanti ... butta tutto fuori! Magari poi la smetterai! >>
<< Prima di tutto dimmi ... se dovessi un giorno sposare la donna che da mesi ti limiti solo ad ammirare da lontano ... come glielo chiederesti? >>
Jamy la scrutò intensamente, si meravigliò di avere immediatamente pronta la risposta. << Riempirei una stanza di rose ... una per ogni giorno che è passato prima della proposta! >>
<< Romanticone ... la Signora Taylor ti ha dato una bella ispirazione! >>
<< Ci puoi giurare ... chi non vorrebbe un amore così! >>
<< Bene ... tolta questa curiosità, mi merito un bel regalo! >>
Jamy ridacchiò silenziosamente.
<< La tua premurosa amica Willow ha scoperto il nome della tua donna! >>
Jamy sobbalzò sulla sedia, e sgranò gli occhi per la sorpresa, per poco non si rovesciò sopra il liquido fumante. << Giura? >>
<< Prima regalo ... >> gli ricordò seria.
Jamy fremente si alzò e afferrò una rosa. << Ecco a te! >>
<< Banale e scontato ... >> protestò Willow ma si accontentò comunque.
<< Adesso parla! >> incalzò Jamy.
<< Prima promettimi che domani farai il primo passo. >>
<< Oh Willow ... >> gemette Jamy, << ... ti diverti a torturarmi? >>
<< Io ti torturo? >> esclamò contrariata. << Sei almeno sei mesi che tutte le mattine ti siedi su una dannata panchina solo per vederla passare, proprio lo stesso motivo per cui la sera ti perdi a fissare verso il fiume ... >>
<< Sette mesi ... >> borbottò Jamy per precisare.
<< Ancora peggio! >> lo sgridò Willow, proprio come farebbe una sorella amorevole.
<< Spero solo che un giorno entri qui ... >>provò a giustificarsi.
<< Lo ha già fatto! >>
<< Cosa? >>
<< È entrata proprio ieri mattina ... tu eri da tuo padre ... >>
<< E cosa stavi aspettando per dirmelo? >> continuò stridulo.
<< Te lo sto dicendo adesso! >>
<< Va bene ... scusami ... >> nervoso iniziò a tamburellare le dita sulle ginocchia, << ... adesso mi dici il suo nome? >>
<< Non so se sei pronto a sapere ... >>
<< Willow!! >> sbraitò Jamy spazientito.
<< Scherzavo. >> mormorò con un sorrisetto diabolico. << Mattina e sera passa davanti al negozio perché frequenta la Columbia ... architettura se non sbaglio, e si chiama Ellen ... Ellen Harris! >>
Quella notte Jamy non dormì quasi niente, scarabocchiò un intero block-notes con il nome della sua amata, ma per la maggior parte del tempo, fu torturato dalla strana sensazione che Willow avesse qualcosa in mente, raramente si sbagliava.
Nonostante questo, esattamente alle 8:30, come ogni mattina si trovò davanti al piccolo caffè accanto al suo negozio.
<< Il solito J? >> gli chiese il barista appena lo vide, in risposta Jamy annuì.
Tempo di due minuti, e venne servito con un cappuccino formato large schiumato freddo.
<< Tieni il resto Pit ... >>
<< Buona giornata e grazie J! >> rispose il barista intascando i cinque dollari.
Baciato dal sole, Jamy andò ad accomodarsi sulla panchina che costeggiava l'Hudson River. "Ancora cinque minuti" pensò gettando un veloce sguardo all'orologio.
<< Buongiorno! >> esclamò Willow sedendosi accanto.
Jamy sollevò lo sguardo al cielo. << Lo sapevo ... cosa ci fai qui? >>
<< Ho un compito a cui assolvere! >> annunciò lei allegramente. << Prima di tutto metti queste salviette in tasca ... >>
Jamy la fissò sconcertato, ma provare a contrastarla sarebbe stato completamente inutile.
<< ... e poi dammi il tuo cappuccino! >> continuò Willow. << Hai già fatto qualche sorso immagino ... >>
<< No. >> ammise lui con crescente preoccupazione.
<< Allora dai ... assaggialo, tanto tra poco ne dovrai chiedere un altro! >>
Confuso, Jamy portò la tazza alle labbra, assaporò il dolce liquido, e arrendevole lo passò alla sua amica. << Ti prego ... >> la supplicò a mani giunte, << ... non fare una delle tue solite stupidate! >>
<< Stai zitto! >> sbuffò Willow. << E poi guarda dall'altra parte, Ellen sta arrivando! >>
Con un vuoto nello stomaco, Jamy si voltò di scatto; tra lo sfrecciare di corridori esperti, i saltellanti passi di coppiette felici, e il lento passeggiare di meditabondi solitari, Ellen, ai suoi occhi come una dea, elegantemente avanzava. Indossava un vestito di un tessuto leggero a tema floreale, dall'altezza delle ginocchia, le gambe restavano scoperte, dritte e snelle, a ritmo composto, si muovevano facendo echeggiare il largo tacco degli stivaletti che le nascondevano le caviglie.
"Maledettamente sexy" pensò Jamy fissando l'ondeggiare dell'abito. Qualche secondo dopo, ecco che le sue preoccupazioni diventarono realtà; con estrema gioia, Willow era pronta ad assolvere il suo compito.
Proprio come quando la pubblicità invade lo schermo, prendendo il posto senza avvisare della nostra serie preferita, non appena Jamy ebbe davanti Ellen, Willow bloccò la sua visuale alzandosi di scatto.
I corpi delle due donne cozzarono l'uno contro l'altro con un tonfo soffocato, il cappuccino che Willow teneva in mano, restò nel mezzo dello scontro, perse il tappo, e il liquido le imbrattò dalla testa ai piedi. Con un'espressione che tanto ricordava "L'urlo" di Munch, entrambe indietreggiarono gocciolanti.
In quel brevissimo istante, il tempo parve fermarsi. Lo sguardo di Jamy si paralizzò inorridito sulla giacchetta di Ellen, una carineria di fine lana, macchiata forse irrimediabilmente, poi si accorse di avere sulle ginocchia il suo cappello. Per un istante fu tentato di nasconderlo dietro la schiena, lo avrebbe tenuto al sicuro in una teca, per fortuna il buon senso sopraggiunse, e il tempo riprese a scorrere.
<< Le è caduto il cappello. >> disse Jamy timidamente, e d'istinto lo risistemò sulla sua chioma castana.
<< Gra-grazie. >> balbettò Ellen incerta.
<< Mio Dio scusami! >> disse Willow.
<< No scusami tu! >> replicò Ellen sfilandosi la giacca.
<< Jamy hai per caso delle salviette? Ho combinato un disastro ... >>
Con un sorriso da ebete, Jamy infilò la mano nella tasca della sua giacca, tra le tante stupidate della sua amica, questa appena fatta era senza alcun dubbio la migliore.
<< Certo! >> esclamò euforico. Aprì il pacchetto e lo allungò verso Ellen.
Lei, con mezzo sorriso di sentito ringraziamento, ne sfilò alcune, porgendole anche a Willow.
<< Se ha bisogno di sciacquarsi, il nostro negozio è qui di fronte ... si ricorda? È venuta ieri ... >> intervenne Willow con una strizzatina d'occhio a Jamy.
<< Ecco perché il tuo volto mi è sembrato familiare ... comunque tranquilla, queste salviette sono perfette! >>
Ancora una volta il viso di Jamy indossò un sorriso ebete, un'espressione molto vicina a farlo sembrare cretino, ma la felicità che stava provando era talmente surreale, che il suo animo fu incapace di esternare qualcosa di più elegante.
<< Comunque io sono Willow. >>
<< Molto piacere ... Ellen! >> ed energica le strinse la mano. Poi spostò la sua verso Jamy.
Nel suo brodo di giuggiole, si era incantato a fissare i suoi occhi nocciola, dolci e talmente grandi da perdersi. Una veloce gomitata di Willow sui fianchi, lo riportò bruscamente alla realtà.
Strabuzzando gli occhi, soffocò un gemito, e contraendo i muscoli, evitò di piegarsi per il dolore. << Pia-piacere Jamy. >> balbettò arrossendo.
Ellen serrò strette le labbra per evitare di ridere. << Adesso devo andare o farò tardi! >> disse rivolta ad entrambi.
<< Scusami ancora! >> esclamò Willow.
Ellen scrollò le spalle sorridente, come se niente fosse accaduto, e con un cenno della mano si allontanò.
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Dopo quel strampalato ma efficace incontro, l'amicizia tra Ellen e Jamy, esplose serena tra un acquisto di fiori, e attimi rubati ad una frenetica routine, sorseggiando tè o caffè. Per entrambi, la sensazione di conoscersi da una vita fu immediata.
Al chiaro di luna o baciati dal sole, non ci fu traccia di disagio nel raccontare eventi passati, sussurrare segreti e sogni futuri; la fiducia che si instaurò non trovò mai ostacoli, fu libera di costruire muri spessi e indistruttibili, come se al suo arrivo le basi fossero già state gettate.
Ellen al suo fianco aveva già un uomo da amare, Jamy lo conobbe e fu odio a prima vista; incapace di esprimere i suoi reali sentimenti, rimase comunque al suo fianco. Nel suo piccolo mondo, sua madre gli aveva insegnato che amare era lasciar liberi di fare, e come diceva suo padre, se sono rose fioriranno.
Nel tempo, insieme gioirono per la laurea e per l'apertura dell'azienda, sempre insieme, si rattristarono per la partenza di Willow, e la vendita del negozio. Ignari che la loro amicizia fosse il tanto desiderato "per sempre" di chiunque, unirono le forze per affrontare la morte di Alan, Jamy diventò il suo assistente e si trasferì a casa sua, e quando Ellen crollò per la rottura con colui che credeva fosse il suo grande amore, furono in grado di risollevarsi per gioire della nascita di Joly. Così, con la promessa di esserci sempre l'uno per l'altra, mano nella mano, continuarono la loro vita insieme.
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La camera da letto di Ellen era immersa in un silenzio surreale, interrotto solo dal ticchettio insistente dei passi di Lorelain, che nervosamente si spostava avanti e indietro, stringendo i pugni.
Erano trascorsi appena cinque minuti, da quando Jamy aveva allertato il pronto soccorso del Nashville General Hospital, gentili e professionali, gli avevano assicurato che l'ambulanza sarebbe partita immediatamente. Seduto accanto ad Ellen, ancora priva di sensi, cercava con profondi respiri di respingere il panico, cupo in volto, si rallegrava solo di essere riuscito, con serie intimidazioni, a scrollare Joly dal suo stato di shock, e lei come svegliata da un incubo, era corsa a chiamare Flo e Taby.
<< Ma quanto ci mettono? >> sbottò Lorelain fermando il suo ansioso andirivieni.
<< Stai calma. >> rispose Jamy in tono bonario.
Lorelain annuì, e si fermò davanti alla vetrata, incrociando le braccia e fissando l'oscurità, come se potesse richiamare l'ambulanza con la forza della volontà.
<< Sono passati trentasei anni ... >> commentò Jamy distratto.
<< Da cosa? >>
<< Da quando io e Ellen ci siamo conosciuti ... puoi fare un calcolo per me? >>
<< Dimmi! >> rispose seccata ma felice di spostare i pensieri altrove.
<< Voglio sapere quanti giorni esatti sono passati ... >>
<< Tredicimila centoquaranta giorni. >> rispose Lorelain di botto.
<< Okay sarebbero troppe forse ... e quanti mesi? >>
<< Quattrocento trentadue mesi! >>
<< Direi che andranno benissimo! >> esclamò Jamy.
<< So perché stai facendo questi calcoli sai ... >>
<< Davvero? >>
<< Ellen mi raccontò di quella Signora che veniva sempre al tuo negozio e della ispirazione che ti suscitò il suo grande amore ... >>
Jamy sorrise malinconico. << La Signora Taylor ... >> sussurrò con voce nostalgica.
<< Sappi che approvo la tua idea. >> le disse Lorelain.
<< Quindi sai che adesso stiamo insieme? >>
<< Ovviamente! >> sbottò scocciata.
<< Non sopporto quest'attesa! >> aggiunse riprendendo il suo andirivieni.
Proprio in quel momento, Flo e Taby irruppero nella stanza. << Stanno arrivando! >> dissero all'unisono.
<< Joly? >> indagò Jamy.
<< È corsa all'ingresso per accoglierli. >> rispose Taby fissando tristemente Ellen.
<< Li farà parcheggiare davanti alla veranda, faranno molto più in fretta così! >> aggiunse Flo.
<< Spero si sbrighino ... >> intervenne Lorelain, e scacciando una lacrima, iniziò a far scorrere i grandi battenti della porta finestra.
Quasi come in risposta, un lontano ululato si fece più forte, finché il suono delle sirene e le luci dei giro faro sulla cappotta, non invasero la stanza. I paramedici in divisa entrarono di corsa, portando con sé l'efficienza calma e rassicurante di chi affronta l'emergenza ogni giorno.
<< Signore faccia spazio, per favore. >> disse il più anziano chinandosi su Ellen.
Jamy inarcò il sopracciglio, senza nessuna intenzione di alzarsi dal letto.
<< Si deve alzare! >> insistette un secondo medico, una donna dai modi decisi ma gentili.
Jamy tremante lasciò andare la mano di Ellen, e obbedì suo malgrado, andando accanto a Joly che era ripiombata in stato di shock.
<< Da quanto tempo è incosciente? >> chiese la donna mentre iniziava a controllare polso e respirazione.
<< Ci-circa quindici minuti ... >> balbettò Jamy con voce tremante.
<< Respira ma è molto debole! >> sentenziò la donna. << Preparate la barella! >> ordinò ai suoi ragazzi.
La stanza si riempì di un'energia frenetica ma ordinata; in pochi minuti Ellen fu sistemata sul lettino e trasportata fuori.
<< Vengo con voi! >> esclamò Jamy.
<< Seguiteci in macchina! >> replicò il paramedico anziano che per primo gli ordinò di alzarsi dal letto.
<< J-Jamy ... >> sussurrò Ellen debolmente riprendendo i sensi.
Jamy scattò in avanti e le afferrò la mano. << Sono qui! >>
<< Venga con noi. >> convenne garbata il medico donna.
<< Raggiungeteci ... >> disse Jamy frettolosamente al suo gruppo salendo in ambulanza.
A una a una, come ombre silenziose, le ragazze lasciarono la stanza guidate da Lorelain.
<< Andrà tutto bene! >> annunciò appena salirono tutte in macchina, la voce fioca di Ellen era bastata per ricaricarla di una buona dose di speranza, e fiduciosa passò la mano sulla spalla di Joly.
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Erano quasi passate due ore da quando l'ambulanza era partita dall'hotel a sirene spianate con Ellen a bordo; Antony Clarkson, il suo medico, per fortuna era di turno in pronto soccorso, e appena la vide, lasciò i suoi colleghi ad occuparsi delle urgenze, per poterla accompagnare nei controlli necessari. Nonostante fosse vietato, a Jamy non fu negato di seguirli.
La sala d'aspetto, dove le ragazze approdarono, si poteva definire un luogo accogliente. Le tante file di sedie disposte al centro della stanza, avevano una comoda seduta, e ognuna era dotata di un morbido poggiapiedi. Grandi vasi con piante sempreverdi, occupavano ordinatamente gli angoli, accanto alle più grosse, erano state posizionate delle macchinette contenenti ogni genere di snack, di fianco agli ascensori, pesci tropicali dai mille colori, nuotavano elegantemente in un grosso acquario, e su ogni parete, enormi mandala erano stati dipinti, con la speranza di rasserenare chi si perdeva a guardare i loro motivi geometrici.
Nonostante questo, rimaneva un luogo dove l'odiosa attesa era intrisa sempre da terribile nervosismo e angosciante ansia, soprattutto per quelle persone che varcavano la soglia con solo un filo di speranza.
A parte una coppia di giovani innamorati, Lorelain e le ragazze erano le uniche ad attendere notizie. L'una accanto all'altra, avevano riempito la prima fila di sedie, e nel silenzio contemplavano tutte il dolce danzare dei pesci. L'uscita di Jamy dall'ascensore centrale le fece scattare in piedi.
<< Come sta? >> gli chiese immediatamente Lorelain.
<< Sta bene ... parametri vitali nella norma ...stanca, confusa, spaventata ... ma sta bene! >>
Un sospiro di sollievo da parte di tutte, azionò sui loro visi grandi sorrisi.
<< La terranno qui ancora per molto? >> domandò Joly esitante.
<< Sì ... Antony la vuole tenere ricoverata per i rimanenti giorni della terapia antibiotica che a quanto pare sta facendo effetto ... questa sera è svenuta probabilmente per una crisi respiratoria, forse la stanchezza e il susseguirsi degli eventi è stato troppo da sopportare! >>
<< L'importante è che ora stia bene! >> lo interruppe Lorelain. << Sapere che la cura va alla grande è la migliore delle benedizioni! >>
Jamy annuì felicemente.
<< Posso salire per un attimo? >> sussurrò Joly timidamente.
Jamy le scoccò un bacio in fronte. << Bambina mia ... sono sceso proprio a chiamarti ... potrai stare solo due minuti, e come Joly torna andate a riposare ... io dormirò qui con lei! >>
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Con l'animo decisamente risollevato tornarono tutte in hotel. Mancava poco alle cinque del mattino, e per quanto la stanchezza premesse sulle spalle facendo quasi strascicare i piedi, Taby si fiondò in cucina, a Flo bastò una doccia per tornare in forma, e correre a controllare che tutto procedesse con ordine, Lorelain si mise a pulire la stanza di Ellen per scaricare la tensione accumulata, e Joly, carica di pensieri, si recò direttamente alle scuderie.
<< Non ti azzardare! >> fu il severo ammonimento di Osman appena la vide. << Vai e riposati! >> aggiunse con un tono che non ammetteva repliche.
Joly gli sorrise immensamente grata, e si voltò per tornare a casa.
<< Ehi! >> la bloccò Osman. << Dimmi almeno come sta tua madre! >>
Joly arrossì violentemente dalla vergogna. << Sì scusami! Sta bene, forse ancora confusa, farneticava quando mi hanno permesso di vederla ... >>
<< Ellen non farnetica mai! >> l'apostrofò serio Osman.
Joly sorrise e scrollò le spalle. << Beh ... mi ha chiesto di impedire a Jamy di invadere la sua stanza di rose rosse ... a quanto pare vuole prenderne una per ogni giorno che è passato dal loro primo incontro ... ho annuito ma insomma dai ... un pochino ancora confusa no? >>
<< Se lo ha detto è così! >> insistette Osman.
<< Certo ... spiegami dove Jamy troverebbe il posto per oltre tredicimila rose ... >> e le scappò una risata.
Osman scrollò le spalle e la congedò con un movimento di mano.
<< Va a riposare ragazza mia! >>
Joly a passo lento arrivò a casa, Osman aveva già liberato Aşkim, che appena percepì il suo ritorno, andò ad incontrarla danzando maestosamente.
<< Non adesso ... >> gli disse Joly affondando il viso nella sua criniera.
Lo sospinse delicatamente, e iniziò a far le scale; con estrema cautela aprì la porta, non voleva rischiare di svegliare Susan o peggio ancora Dylan, ma con grande stupore se li trovò davanti.
<< Come sta Ellen? >> esordì Susan infilandosi una giacca.
<< Sta bene. >> rispose Joly soffermandosi a decifrare la sua espressione stravolta. << Ma voi cosa ci fate già svegli? Dove siete diretti? >>
Dylan, visibilmente assonnato, borbottò qualcosa.
<< Dylan! >> sussurrò Susan esasperata. << Per favore stai mettendo la giacca al contrario ... >> spazientita gli si avvicinò per sistemarlo. << Comunque sto andando in città a prendere mio fratello ... >>
<< Credevo fosse già arrivato. >>
Susan sbuffò e afferrò la borsa dalla cassapanca accanto alla porta. << Roger ha detto che ha scatenato una rissa ... ha talmente bevuto che non riesce neanche a guidare! >>
Joly si morse il labbro, e pensò velocemente a come poterle essere d'aiuto.
<< Facciamo così ... >> si avvicinò a Dylan e gli sfilò la giacca, << ... Ragazzino vai e continua pure a dormire! >> gli sussurrò all'orecchio.
Dylan annuì, e senza farselo ripetere due volte sparì dalla loro vista.
<< Ma dai Jo ... devi riposare tu! >> protestò Susan.
<< E pensi che non lo possa fare? >> l'apostrofò amichevolmente.
<< Tu vai e prendi Liam e Roger ... la camera accanto alla tua è vuota, staranno per un po' qui. Si sentiranno più a loro agio con te vicino. Appena saranno pronti, inizieranno a lavorare, e presa la confidenza con tutti, potranno stare con gli altri dello staff ... >>
<< Oh sei un tesoro tu! >> esclamò Susan cingendola dolcemente in un abbraccio.
<< Macché! Adesso vado a dormire ... >>
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Dopo la festa di Primavera, l'instancabile lavoro di tutto lo staff del New Dawn, aveva riportato l'hotel al suo ordine abituale, anche se non erano riusciti a rinunciare a tutte le decorazioni. L'arco floreale dell'ingresso fu una di quelle, ovviamente erano consapevoli che non sarebbe durato per sempre, ma con tutto lo spray "Fresh Flower" da cui fu invaso, ebbero la certezza che la freschezza della splendida composizione, sarebbe durata abbastanza a lungo, per poterla ammirare almeno per altre due settimane.
Senza più le infinite decorazioni, ci aveva pensato la stagione stessa a rimpiazzarle con naturale eleganza; il suo arrivo non aveva portato solo bellezza, ma anche la promessa di nuovi inizi. Con le sue giornate più lunghe, ogni cosa mormorava la stessa verità: il mondo era più vivo che mai, e l'esplosione di aromi e colori all'hotel ne era la prova.
A proposito di nuovi inizi, Joly si dette da fare per il suo; oltre alla gestione del ranch, dovette fare i conti con gli improvvisi doveri gestionali dell'hotel. A due giorni dal ricovero di Ellen, i documenti che aveva firmato, erano stati notificati da un notaio, e ora senza se e senza ma, era proprietaria dell'intera struttura.
<< Ho fatto una pazzia ... >> si lamentò una mattina a colazione con Taby e Flo.
<< Io penso che le tue prime due settimane siano filate alla perfezione! >> cercò di rassicurarla Flo. << Sei un gran capo, e te lo dice la tua assistente, quindi ... >>
<< Vero! >> asserì Taby con estrema convinzione. << Adesso che da qualche giorno hanno dimesso anche Ellen, non hai più pensieri tristi a tormentarti ... sarà ancora più facile no? >>
<< Non proprio ... >> ammise Joly.
Lo sguardo delle sue amiche si dipinse di preoccupazione.
<< Perché? >> le domandò Flo. << Mi sembrava che tra voi andasse bene, anzi benone! >>
<< Sì certo va bene però ... non sono ancora riuscita ad andare a visitarla. Forse perché ogni tanto provo ancora del rancore nei suoi confronti ... sono giorni che sogno di aggredirla verbalmente ... credo che nel profondo, una parte di me pensa che l'ho perdonata troppo in fretta ... >>
<< In fretta? >> esclamò esterrefatta Taby. << Quindici anni ti sembra in fretta? >>
<< Forse dovreste parlarne apertamente ... >> dedusse Flo pacata.
<< No! >> esclamò Taby decisa. << L'hai perdonata ... perché risvegliare qualcosa messa finalmente da parte ... poi magari per una semplice parola detta male si finisce anche peggio! >> Joly sospirò. << Hai ragione! >> e scrollò le spalle per scacciare i pensieri. << Ci credete che non ho ancora avuto un momento libero per conoscere il fratello di Susan? >>
<< Sembra un ragazzo tranquillo ... lo tengo parecchio sotto controllo su ordine di Susan. >> la informò Flo.
<< Anche il suo amico? >> chiese timidamente Taby.
<< E a te che importa? >> indagò con estrema curiosità Joly.
<< Niente! >> sostenne Taby arrossendo violentemente.
<< Niente! >> le fece verso Flo con un curioso falsetto.
<< Ma non dovevamo dire qualcosa di importante a Joly? >> protestò Taby per cambiare argomento.
<< Oh Dio vero! >> esclamò Flo sgranando gli occhi.
Joly divertita si versò un secondo caffè, e innalzò la caraffa per sapere se anche loro ne gradivano, Flo e Taby annuirono allungando verso di lei le tazze.
<< Mi devo preoccupare? >>
<< Siediti ... >> la esortò Flo con un sorrisetto. << Avanti Taby ... il dubbio è tuo quindi tocca a te parlare! >>
<< Sì ma poi è diventato anche un tuo dubbio! >> scattò Taby entrando in ansia.
Flo scosse la testa con sguardo sdegnato. << La solita fifona! >>
<< Ehm ... avrei una struttura da dirigere ... >> le schernì Joly battendo l'indice destro sul quadrante del suo orologio da polso.
<< Va bene. >> gemette Taby. << Ricordi cosa ti disse Ellen su tuo
padre? >>
<< E come dimenticarlo ... >> sussurrò Joly sorridendo. << Ha avuto un momento romantico con uno ad una festa ... peccato che poi non l'abbia mai più rivisto! Non ricorda neanche il suo nome credo ... >>
<< Bene ... il giorno prima che Ellen venisse dimessa, ricordi gli ospiti speciali che hanno preso una stanza tre giorni per poterla visitare? >>
<< Certo! >> esclamò Joly. << Mark Phil e Luke ... i vecchi soci ... >>
<< A proposito di Mark ... >> proseguì Flo incerta, << ... hai mai sentito un certo attaccamento? >>
Joly le fissò per un istante con estrema serietà, poi scoppiò a ridere.
<< Guarda qui! >> incalzò Taby mettendo il broncio, e le allungò il telefono.
<< Non ci credo ... >> continuò Joly senza riuscire a smettere di ridere. << Gli avete fatto una foto? >>
<< Guardalo fisso negli occhi! >>
Joly con le lacrime agli occhi ubbidì; diventò seria di colpo. << Ha il mio stesso piccolo neo sulla palpebra ... >>
<< Ah!>> gridò Taby soddisfatta. << E non è solo quello, sono verdi come tuoi ... e poi certe movenze ... >>
<< Il suo modo di toccarsi l'orecchio quando è sovrappensiero ... >> aggiunse Flo.
Joly restituì il telefono a Taby, lei tremante lo prese.
<< Che farai? >> le chiese pacata.
<< Niente ... se lo avessi saputo prima forse ... >>
<< Prima di che? >> la interruppe Flo.
<< Io penso che ora lei e Jamy ... insomma credo che adesso tra loro ci sia qualcosa di più ... >> << Ah sì ... lo crediamo anche noi ... >> precisò divertita Flo,
<< ... quegli sguardi che si scambiano ... >> aggiunse modulando la voce dolcemente.
Joly non poté fare a meno di sorridere. << Se fosse vero sarei davvero felice ... dopo tutto per me Jamy è il mio Papy! >>
<< Esatto ... dimentica i nostri dubbi! >> le disse Flo.
<< Sì lo farò! >> rispose Joly.
Alle sue amiche non passò inosservata la sua incertezza mascherata da finta certezza.
<< Avremo fatto bene a dirglielo? >> sussurrò Taby a Flo appena rimasero sole.
Flo si morse il labbro nervosa, nel dubbio le sarebbero state accanto come sempre.
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Era stato un bene che Liam e Roger per il momento, alloggiassero a casa di Joly con accanto Susan e Dylan; la loro compagnia li teneva in riga, soprattutto a Liam.
La sera che andò a prenderli in città al Bobo's Pub, Liam era in uno stato pietoso; per quanto la presenza di Susan lo tenesse calmo, poco ci era mancato perché il barista, un enorme omone tutto tatuato, se la prendesse anche con lei.
Appena entrò le parve che fosse passato un tornado, tavoli e sedie erano ribaltati ai lati della sala, vetri rotti di bottiglie, forse non tutte consumate visto le enormi pozze, invadevano il pavimento come neve appena caduta, ogni uomo e donna presente, sedeva contorto e affranto a leccarsi le ferite; più che la sala di un pub, sembrava un ring.
All'angolo vicino al jukebox vintage, anch'esso vittima di qualche colpo brutale, Roger apparì quello meno peggio. Con premura disinfettava una ferita sulla fronte di Liam.
<< Sei un coglione! >> ruggì Susan con disprezzo non appena gli fu davanti, un mormorio di assenso persuase gli altri malridotti.
<< Se ne volete ancora ... >> starnazzò Liam prima che Roger gli tappasse la bocca.
<< Ehi ragazzo hai combinato tu il casino. >> borbottò minaccioso il barista con un pugno per aria.
<< Sì ma tu pretendevi che offrissimo da bere alla tua donna! >> protestò Roger.
Liam rise, l'occhio pesto e viola gli fece assumere un'espressione contorta, a Susan ricordò un osceno protagonista di un film dell'orrore.
<< Alla su-sua donna? >> balbettò Liam reprimendo con un gemito il dolore del labbro spaccato. << A me sembrava uomo ... >> aggiunse sghignazzando.
Il barista strabuzzò gli occhi inviperito, grugnì qualcosa di indecifrabile, e gli scheggiò con tutta la sua forza il bicchiere che stava asciugando.
<< Ehi mi ha quasi colpito! >> strillò aspramente Susan. << Adesso chiamo la poli ... >>
La frase rimase sospesa nei suoi pensieri, il terrore le serrò la gola alla vista dell'omone che afferrava una grossa mazza.
La lucidità di Roger si destò valorosa; afferrò lei e Liam con inaspettata naturalezza, come se fossero due rotoli di paglietta vecchia, guadagnarono l'uscita con dietro il sibilo fischiante di bottiglie brutalmente scagliate.
<< Tornerò a farvi il culo! >> gridò Liam, beccandosi un volante colletto ben assestato da parte di Susan.
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Arrivati a casa di Joly, Susan cancellò la sbornia del fratello con un forte caffè al limone, lo costrinse a berlo con un'espressione a dir poco indemoniata; sussurrando aspramente, gli intimò di fare il bravo, e quasi ringhiando, gli fece promettere di trovare un altro modo per affrontare le sue tristezze.
<< Severa ma giusta! >> disse Liam all'ultimo sorso della disgustosa bevanda. << Basta che non mi offri più questa schifezza! >>
Quel pomeriggio stesso, Liam e Roger, vogliosi di procedere con la nuova vita, e troppo impauriti di cascare in qualche altro ammonimento di Susan, iniziarono a lavorare sotto le direttive di Daniel Kirlass.
L'abile impresario edile scelto da Ellen, era stato chiamato a costruire insieme alla sua squadra, una maxi copertura in legno che sarebbe stata adibita per i parcheggi dell'hotel, i vecchi gazebo impiantati per la festa, stonavano troppo in mezzo alla sua struttura, dove la natura si faceva padrona.
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La maxi distesa pianeggiante di manto erboso che avrebbe ospitato la copertura, era appena stata battuta e ricoperta con della fine sabbia, su questa, presto sarebbero stati adagiati, con un geniale incastro, dei mattoncini di argilla grezza; dal progetto accuratamente creato da Ellen, ogni materiale doveva essere naturale.
Joly alla vista ne rimase affascinata, e si dimostrò preparata al colloquio di controllo con Daniel. << Il sangue di tua madre ti scorre nelle vene, ragazza mia! >> le disse compiaciuto, dopo che gli fece notare un piccolo avvallamento. << Questo era sfuggito anche a me ... ribatterò con cura la sabbia non temere, perché il terreno al di sotto è stato controllato con il laser ... piano perfetto come se avessimo colato cemento! >>
<< Ti prendo in parola, allora torno di pomeriggio con l'ingegnere, così poi potrete iniziare con i mattoncini. >>
A pochi passi da loro, Liam e Roger, stavano scaricando materiale dal cassone di un camion, mancava poco all'ora di pranzo, e il sole primaverile cominciava a farsi sentire.
<< Ragazzi si mangia! >> gridò loro il capocantiere.
Entrambi stremati, sollevarono la mano per dar segno di aver udito.
Riparati dall'ombra di due grandi querce, ad ognuno della squadra fu dato un cestino preparato dalle abili mani di Taby; il ricco menù era composto da roast beef, con contorno di fagiolini e patate al forno, per frutta una succosa mela, e come dolce, un muffin al cioccolato.
<< Questa donna la sposerei all'istante! >> esclamò Roger mentre sognante si leccava dalle dita alcune briciole del muffin.
<< Assicurati che non ci sia un contratto di mezzo! >> contestò Liam serio in volto.
<< Si chiama Taby non Kelly! >>
<< Ma è comunque una donna, fidarsi è pericoloso! >>
Roger lo squadrò con amarezza, e alzò il dito medio in risposta.
<< Ehi ragazzi ... >> li salutò Flo spuntando alle loro spalle.
<< Buongiorno! >> risposero in coro.
<< Sentite appena finite il turno, potreste passare alla reception? Ho lasciato a Lee la copia del vostro contratto di lavoro ... >>
<< Va bene la ringrazio. >> disse educatamente Roger.
Gli zigomi di Flo ribollirono di vergogna e sdegno. << Roger giusto? >>
Lui annuì a disagio, e cercò con lo sguardo Liam, ma l'amico era intento a finire le sue patate.
<< Diamoci del tu è meglio! >> gli spiegò autoritaria. << Darmi del lei non lo accetterò neanche quando avrò le sembianze di una vecchia, magari dall'animo diabolico e la voce stridula ... >> e la sua mente fu invasa dalla gigantografia della Signora Vivian.
<< Oh sì ... lo te-terrò a mente! >> balbettò Roger.
<< Flo ... >> intervenne Liam, << ... potresti dire alla tua amica che Roger ha gradito anche oggi il pranzo? >>
Roger arrossì violentemente, e lo spinse con una gomitata sui fianchi, l'improvviso spostamento fece ruzzolare il suo muffin.
<< Guarda cosa hai combinato! >> lo criticò Liam.
Roger si alzò e lo raccolse soffiandoci sopra. << Non si spreca niente tranquillo! >> e lo addentò con piacere.
A Flo scappò una risata. << Glielo dirò sicuramente!! >> li informò compiaciuta, felice di scansare dalla sua mente, il volto sghignazzante della Signora Vivian, per poterlo sostituire con quello esultante della sua amica. I complimenti la rendevano sempre euforica.
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Poco prima della fine del turno, l'intera distesa di sabbia era stata compattata a dovere, le piastre vibranti lavorarono instancabilmente per ottenere un livello perfetto, la posa dei mattoncini poteva cominciare, ma Daniel lasciò andare la squadra a riposare, per meglio iniziare l'indomani mattina. Quando Joly arrivò insieme all'ingegnere Mec, niente di anomalo fu notato.
Finito di scaricare il secondo camion di attrezzatura e materiale, Roger e Liam ringraziarono il buon animo del Signor Kirlass.
<< Giuro non mi sento le braccia ... >> si lamentò Roger.
<< Femminuccia! >> lo prese in giro Liam.
Per la seconda volta nella giornata, Liam ebbe in risposta un bel dito medio, rise di gusto, poi però la sua espressione si irrigidì di colpo.
<< Stai giù cazzo! >> gridò agitato, e balzò sull'amico atterrandolo dietro un pallet zeppo di mattoncini.
<< Ma sei diventato matto? >>
<< Non ti muovere! >> insistette Liam. << Non può essere una coincidenza ... >> farfugliò nervoso.
<< Di che parli? >> domandò Roger preoccupato.
<< Ricordi la ragazza che ho quasi investito? >>
<< E allora? >>
<< Sta parlando con Daniel! >>
Roger curioso, sbirciò velocemente inclinando la testa. << Mah ... >> disse dubbioso. << Quella mattina i suoi capelli erano troppo arruffati, adesso sono tenuti ordinati da una coda ... e poi quel pigiama appariscente ... insomma adesso con quei jeans e quella camicetta ... >>
<< Che cazzo stai dicendo? >>
<< Sto dicendo che potrebbe non essere lei! >>
<< E io ti dico che è lei! >> ringhiò Liam.
<< Va bene stai calmo però ... vorrà dire che beccherai presto una seconda cinquina sul tuo bel visino! >>
<< Fanculo! >>
<< Ma ti immagini se lei è la padrona dell'hotel? >> scherzò Roger divertito.
<< Assolutamente! I padroni sono una certa Ellen e un altro di cui non ricordo il nome ... ma sono persone di una certa età ... >>
Roger scrollò le spalle e diede un'altra sbirciatina. << Magari è la figlia del capo ... >>
Liam digrignò i denti e gli pizzicò infuriato il braccio. << Non dirlo neanche per scherzo! >>
Appena Joly si congedò da Daniel, Liam e Roger sgattaiolarono in casa da Susan e Dylan; loro comodi e beati, sedevano in veranda viziando Aşkim con delle carote croccanti.
<< Puoi far sparire quella bestia? >> gridò Liam senza il coraggio di varcare il piccolo cancello della staccionata.
<< Avanti fifone ... >> lo canzonò Roger, << ... stai dietro di me! >>
<< Abbassa la voce! >> lo ammonì Susan raggiungendoli a passo svelto.
<< Fallo sparire o io non entro! >>
Susan volse gli occhi al cielo con disperazione. << Sembra impossibile che tu da ragazzino fossi un fantino provetto! >>
<< Prima che costole e femore andassero in pezzi! >> obiettò lui contrariato.
Susan sbuffò, e ritornò verso la veranda per allontanare dolcemente lo stallone.
Senza più la sua presenza, Liam li raggiunse.
<< Ehi ometto ... >> disse rivolto a Dylan, lui gli rivolse mezzo sorriso e scappò in casa. << Ma che gli prende? >>
<< Non sta prendendo bene l'assenza di Joly ... >> rispose Susan con voce sottile, << ... da quando è passata a capo di tutto, la vede poco e niente ... non ve l'ho ancora presentata per questo ... è talmente impegnata ... >>
Liam si irrigidì assumendo un'espressione di smarrimento, al suo fianco Roger ridacchiò per la sua probabile intuitività. << Ma la padrona non era una certa Ellen ... >> osservò cercando di rimanere serio.
<< Sì esatto ... ora è sua figlia Joly! >>
<< Joly la padrona di casa ... >> rifletté Liam.
<< È ora padrona di tutto! >> precisò Roger divertito.
Liam si passò allarmato le mani sul viso.
<< Si vocifera che da poco è stata quasi investita ... >> azzardò Roger che non vedeva l'ora di capire quanto fosse andato vicino nelle sue previsioni.
<< Sì è vero! >> esclamò Susan con disdegno. << Un vero coglione ... chissà che non abbia ancora l'impronta della sua mano in faccia! >>
<< Chissà ... >> ripeté Liam.
Nel giro di qualche istante, la sua mente fu invasa dalle mille possibilità che si sarebbero potute verificare con l'inevitabile faccia a faccia. Una più tragica dell'altra; già sentiva Susan a ricoprirlo di insulti, i suoi aspri sussurri lo avrebbero perseguitato per le notti a venire.
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