Capitolo 10 - Presentazioni ufficiali
La notte era da poco calata, le stelle in quella sera, poche e timide, brillavano appena; forse nel silenzio, stavano meste in rispetto alla conversazione tra Joly ed Ellen.
Una cercava salvezza, l'altra cosciente del fatto che fosse la soluzione migliore, pregava di trovare il coraggio per accettarla.
Con un carico vasto di emozioni a tormentarla, Joly sedeva irrequieta sul suo letto con le ginocchia strette al petto, la stanza era immersa in una penombra apparentemente rassicurante, e dentro di lei, l'anima si contorceva in balia di una tempesta.
Silenziosa, fissava il vuoto, come se quel nulla potesse essere capace di donare risposte; i pensieri pesavano come macigni, e come onde impetuose, si infrangevano contro i fragili argini della sua mente. Chissà per quanto avrebbero resistito.
Come un disco rotto, da ore ripercorreva mentalmente, la conversazione avuta con sua madre; "Prenditi tutto il tempo che vuoi" questo le aveva detto, e Joly l'avrebbe fatto, e lo avrebbe fatto anche immediatamente, se non fosse per una strana vocina che canzonandola, la accusava di scappare.
<< Non sto scappando! >> gridò a se stessa con decisione, << Sto solo cercando di salvarmi ... >> aggiunse con un filo di voce, e poca, pochissima convinzione.
Si passò la mano tra i capelli, con nostalgia pensò ad un bicchiere di vino, ma non avrebbe ceduto, o almeno lo sperava; le poche occasioni in cui si era abbandonata alla sua compagnia, si rivelarono tutte serate dalla conclusione catastrofica, per non parlare del giorno che le seguiva, opprimente e nauseabondo, peggio del precedente, quando ancora del primo sorso, non si era che sentito solo il profumo.
Un improvviso bisogno di aria fresca la destò dai suoi tormenti. Non le sarebbe bastato semplicemente affacciarsi alla finestra, o un'uscita in balcone; il bisogno riguardava un determinato luogo, perché solo lì, avrebbe potuto raccogliere briciole sparse di una apparente serenità.
Bramando un po' di luce in quella pesante oscurità da cui si sentiva prigioniera, scese dal letto, raccolse i capelli nella sua solita e stretta coda, e schiudendo lentamente la porta, si inoltrò nella penombra del corridoio.
In punta di piedi, scese le scale, afferrò la prima giacca a tiro sulla cassapanca, e infilando in tasca le chiavi, si gettò nella notte, con la speranza di rincasare con la testa più leggera.
A passo sostenuto, abbandonò i confini del ranch, e si inoltrò lungo un sentiero illuminato, per raggiungere il ponte della cascata; quando tutto nella sua vita rischiava di diventare troppo, era lì che amava rifugiarsi, sotto il manto del cielo stellato, coccolata dal canto incessante dell'acqua.
Il rumore della cascata si fece più forte man mano che si avvicinava, un brivido per l'imminente pace le accapponò la pelle, e quando posò i piedi sul ponte di legno antico, Joly si fermò.
Il fiume sotto di lei, si snodava su un letto di sabbia e detriti, nel suo feroce scorrere, pareva un serpente ribelle, e come fedeli guardie reali, le sponde trattenevano la sua ira; niente gli era d'intralcio quando si gettava nella cascata con un fragore maestoso, la schiuma bianca scintillava anche al buio.
I muscoli facciali di Joly si rilassarono, inchinandosi a quel soave suono; ecco la prima parvenza di pace. Inspirò profondamente, e buttò fuori tutta l'aria, il desiderio che i pensieri la seguissero, lo espresse un attimo prima, poi tremante si appoggiò al parapetto a contemplare la bellezza che la circondava.
Quella forza incontrollabile della natura aveva qualcosa di familiare, qualcosa che le ricordava se stessa. Un caos costante che mai si fermava, e mai si arrendeva.
<< Un giorno troverò la mia pace. >> sussurrò chiudendo gli occhi. La voce si smorzò con il fragore della cascata.
Non era una promessa, neanche un sogno. Solo un desiderio fragile come lei al momento, ma reale.
Abbozzando un sorriso, si convinse che lasciare l'hotel per un periodo fosse la cosa migliore; si sarebbe data modo di riprendersi per stare bene con se stessa, di conseguenza, avrebbe avuto modo di stare bene con gli altri.
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<< Anche tu qui? >> le domandò Jamy apparendo all'improvviso.
Joly sussultò appena. Abituati a ritrovarsi spesso in quel posto che chiamavano "La discarica dei pensieri", si sedettero l'uno accanto all'altra, lasciando che le gambe penzolassero fuori dalle aperture circolari del parapetto.
Dopo qualche istante di silenzio, incrociarono gli sguardi.
<< Dunque ... >> iniziò Jamy, << ... io sono qui per una discussione con tua madre, a te cosa porta qui in discarica? >>
Joly fu tentata di informarlo sulla sua decisione di andare via, ma l'espressione stanca che sfigurava il suo volto, la fece ravvedere per non deprimerlo ancora di più; tremante sfilò l'ecografia dalla tasca dei pantaloni, e gliela mostrò.
<< Secondo Osman dovrei disfarmene ... >> scosse la testa contrariata.
<< Buon uomo ... >> sussurrò Jamy con gli occhi lucidi, << ... a volte non riesce bene a spiegarsi, e risulta brutale in ciò che dice ... ma credo che non abbia tutti i torti. >>
<< E l'unica cosa che ho di lui! >> protestò sommessamente.
<< Ma in qualche modo lo devi lasciare andare! >> replicò Jamy pacato.
<< Cosa lascio andare Jamy? Ciò che non ho mai avuto? >>
<< Lasci andare la sua anima ... lasci andare la tua ossessione di chiederti costantemente cosa sarebbe stato ... devi lasciar andare il tuo senso di colpa! Lascialo andare e immaginalo in un posto migliore. >>
Joly fece un respiro profondo, la brezza la fece rabbrividire, << Ogni cosa detta da te ha un sapore diverso ... >>
Jamy sorrise profondamente onorato, << Sono o non sono il tuo Papy ... >>
<< Credo che tu e Osman siate molto di più! >>
Jamy si sciolse per l'emozione del complimento, e le accarezzò dolcemente i capelli.
<< Senti ... porti sempre con te l'accendino che ti diede tuo padre? >>
<< Sempre! >> rispose Jamy con orgoglio.
Portò la mano alla stretta tasca dei pantaloni, si dovette inclinare di lato per riuscire a raggiungere il vecchio zippo. Le dita sfiorarono l'acciaio freddo familiare, con uno strattone lo portò alla luce.
Per un istante si perse nei ricordi che sembravano incisi sulla superficie, quanto l'immagine stessa della Statua della Libertà; lo strofinò con decisione con la punta del pollice, e poi lo passò a Joly.
Joly sogghignò appena prima di far scattare con un "clic" il coperchio, il suono netto e familiare, fece luccicare gli occhi di Jamy.
Entrambi fissarono la fiamma danzare viva contro il vento leggero, tremante, Joly accostò l'ecografia.
Una luce arancione iniziò a consumare un angolo, divampò sul bordo superiore, mentre il calore deformava l'immagine centrale, rendendola sfocata e irriconoscibile.
Tutto durò appena un istante, con le lacrime che rigavano il suo volto, Joly lanciò oltre il parapetto l'ultimo angolino non ancora consumato.
<< Addio pezzo di cuore! >> singhiozzò sommessamente.
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Rimasero abbracciati per un tempo indefinito, perdendo completamente la cognizione del tempo; quando Joly tornò a casa, mancavano meno di due ore al suono della sua sveglia.
La foga di uscire all'aria aperta, le aveva fatto dimenticare la porta di casa socchiusa.
"Molto meglio" pensò con la fobia di disturbare, ma non tenne conto delle sue movenze tristemente dondolanti che le facevano strascicare i piedi; a chiunque dal sonno leggero, non sarebbe passata inosservata.
Sui primi gradini incespicò per distrazione, imprecò mentalmente contro se stessa, prima di rendersi conto di non essere l'unica fuori dal proprio letto.
Avanzò con più cautela, prestando massima attenzione a dove poggiava i piedi, riconobbe la voce di Susan, l'altra era maschile, in evidente stato di agitazione.
Non c'era modo di arrivare in camera sua senza che la vedessero, doveva per forza passare davanti a loro, dal momento che borbottavano animatamente sul divano all'inizio del corridoio.
Cercando di indossare un'espressione più tranquilla, continuò a salire senza più badare all'attenzione per il rumore.
Sull'ultimo gradino, alla loro vista, Joly increspò le labbra in un lieve sorriso, Susan ricambiò lievemente a disagio, suo fratello seduto accanto, si irrigidì come una statua, le ultime parole si smarrirono in un gemito soffocato.
Joly non aveva nessuna intenzione di trattenersi, e sarebbe felicemente schizzata via in camera sua, se Liam alzandosi di scatto, non l'avesse costretta ad arretrare di qualche passo.
Lo sguardo fu impossibile da non incrociare, per Liam la netta sensazione di squadramento fu come un tocco freddo sulla pelle, sbiancò smarrito, e serrando con forza le mascelle, iniziò a torcersi le mani.
Dopo oltre due settimane ad evitare il faccia a faccia, constatò con un brivido che non sarebbe potuto scappare.
Lo sguardo inquisitorio di Joly, si fece ancora più penetrante; quella faccia non era nuova per lei, e seppur un fremito le percorse la schiena, fu piacevolmente sorpresa di incontrare nuovamente quegli occhi oceanici.
Si dette da fare per non mostrare quell'attimo di piacere, stizzita, lo scambiò con una improvvisa rabbia, e facendo stridere i denti, gli appioppò un sonoro manrovescio che gli voltò la faccia di netto.
Immediatamente un rossore divampò sulla guancia di Liam, marcando con precisione sulla pelle, l'impronta della ossuta mano di Joly.
Susan soffocò un grido di stupore portandosi le mani alla bocca, con occhi sbarrati assistette incredula alla scena.
<< Questo è il coglione che mi ha quasi investito! >> ruggì Joly a denti stretti, e senza aggiungere altro si allontanò.
Profondamente costernato Liam abbassò lo sguardo, e insieme a Susan, sussultò al tonfo della porta che Joly si chiuse alle spalle.
<< Immagino che non serva a niente dirti che è apparsa in strada all'improvviso ... >>
<< Adesso capisco molte delle tue ultime stranezze ... >> rifletté Susan con un filo di voce.
<< Guarda che non l'ho neanche sfiorata ... >> provò a giustificarsi Liam, lo sguardo accusatorio che gli stava rivolgendo era oltremodo inquietante, e Susan non aveva nessuna intenzione di diminuirne l'intensità furiosa.
<< Inventati qualcosa per chiedere scusa! >> gli sibilò a denti stretti, << E vedi che sia qualcosa di buono ... ringrazia che non ti parcheggio anche la mia mano sull'altra guancia! >>
Qualche minuto dopo, il silenzio avvolse la casa, mentre nelle menti, il frastuono del caos, iniziò a far festa.
Susan, ancora incredula dell'inaspettata coincidenza, tornò ad accoccolarsi accanto a Dylan, Liam prima di tornare a sdraiarsi nel suo letto, rimase a fissare la porta della padrona di casa, alternando stati incoscienti, in cui si vedeva a bussare e chiedere scusa, e momenti in cui quella porta l'avrebbe solo voluta sfondare per scaricare rabbia repressa.
Fin da ragazzino era sempre stato bravo a psicanalizzare se stesso. "Un vero dono" gli disse una volta un analista di sua madre, e secondo la sua opinione, lo stava facendo alla grande anche in quell'istante.
<< Posso aver sbagliato a rimandare le presentazioni ... >> borbottò gettando un ultimo sguardo alla porta, << ... ma non chiederò scusa per essere stato bravo a deviare un incidente! >>
Di tutt'altra opinione, Joly, con l'animo completamente distrutto, si abbandonò sul pavimento con la sponda del letto a reggerle la schiena; con il sottofondo di "Like a prayer" di Madonna, in un struggente rifacimento di un coro Gospel, strappò il sigillo ad una bottiglia di whiskey.
<< Pessima compagnia! >> scimmiottò a se stessa prima di iniziare a bere.
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Ignaro di quanta sofferenza potesse pesare su un cuore umano, nell'alba del nuovo giorno, il sole fece capolino, accompagnato da un'aria frizzante.
Nessuna nuvola tormentava il cielo, e al ranch, una animata frenesia, perseguitava i collaboratori di Joly che ultimavano i dettagli di un strepitoso evento, che da lì a qualche ora si sarebbe svolto.
Come ogni anno, a seguire la festa di Primavera, la città si riversava festante nella struttura, per assistere alla presentazione dei nuovi nati in scuderia, e come sempre ogni dettaglio, fu pensato per lasciare gli ospiti senza fiato.
Nelle ultime prove, il sole ormai alto nel cielo, posò i suoi raggi sui verdi prati, questi brillarono sotto il suo tenue calore, mentre i possenti zoccoli dei Frisoni, lo pestavano facendo ondeggiare le criniere.
Gli ospiti si riversarono uno dopo l'altro, accolti dal sorriso dello staff, tutto era pronto per la grande apertura, ma dietro le quinte, una leggera tensione iniziò a scaldare gli animi.
Joly, inventrice, organizzatrice, e presentatrice dello show, era in ritardo, ed essendo un fatto alquanto insolito, la sua assenza cominciava a preoccupare; nessuno era in grado di sostituirla, e non per mancata esperienza o professionalità.
Semplicemente, lo spettacolo con le sue amate bestie, una danza di eleganza, forza, e simbiosi in mente e movimenti del corpo, era tale per la sua presenza scenica.
Chi la conosceva, a volte faticava a notare la differenza tra umano e animale, il suo modo di comunicare e rapportarsi con loro, era più unico che raro, proprio per questo veniva scelta.
Sarah, una delle sue più fidate collaboratrici, andò alla disperata ricerca di Osman, e appena lo intercettò con lo sguardo, lo fermò bruscamente davanti all'ufficio di Joly.
<< Osman! >> farfugliò agitata. In mano teneva una cartella con la lista di tutte le attività che si sarebbero svolte, gliela sventolò sotto il naso con un marcato cipiglio.
<< Non è da lei! >> attaccò battendo il dito sul primo punto della lista, << Deve essere successo qualcosa! >>
<< Non è successo niente. >> le rispose Osman in tono bonario.
<< Come no? >> strillò Sarah agitando con più energia la cartella, << La prima parte dello spettacolo è tutta da eseguire in sua presenza ... c'è Aşkim in prima fila ... che poi lui è già qui ... è lei che manca ... no,no, Osman ... >>
<< Prova a stare serena ... chi è il primo che ti viene in mente per una sostituzione? >>
Sarah impallidì, << So ... so ... sostituzione? >> balbettò tremante.
<< Si Ragazza mia, sostituzione! >> puntualizzò Osman con voce penetrante. << Ti dico con sicurezza che oggi Joly non ci sarà! >>
Sarah sbarrò i suoi occhioni nocciola, svelta controllò tra i fogli della cartella, in cerca di un nome all'altezza. Scosse la testa in pieno panico.
<< Osman ... cosa stavi aspettando ad avvisarmi? E comunque nessuno ... nessuno che sia in grado di gestire Aşkim ... >> improvvisamente la sua espressione spaurita cambiò.
<<A meno che ... >> espresse con voce flebile.
<< A meno che ... cosa? >> la incitò Osman.
<< Tu! >> esclamò Sarah con voce acuta, << Mi vieni in mente solo tu! >>
Osman rise nervoso, << Io da tempo ho perso la mia grazia fanciullesca ... >>
<< Non lo cavalcherai ... eseguirai lo spettacolo da terra ... è l'unico modo per aver la sicurezza che Aşkim stia sereno ... per lui sarà come un allenamento ... e nella folla vedrà solo un motivo in più per mettersi in mostra! >>
<< Non possiamo mandare tutto all'aria un attimo prima di iniziare! >> aggiunse severa.
Osman, messo alle strette sospirò stancamente, << Così sia allora! Ma prima dammi il tempo di andare a cambiarmi! >>
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L'evento si aprì con l'apparizione di Osman al centro dell'arena, al suo inchino, seguì un fragoroso applauso, che aumentò di intensità con l'entrata di sette cavalli frisoni. Aşkim svettava al centro con fiera eleganza.
Emersero dall'ombra al trotto come spiriti nobili, le loro criniere ondeggianti, danzavano nel vento, e le loro possenti zampe, sfiorarono appena il suolo formando un cerchio; minuscole nuvole di polvere dorata si sollevarono.
Al centro del cerchio vivente, Osman si erse in silenzio, il corpo rilassato, gli occhi ardevano di un'intesa rara.
Né frusta, né briglie rigide, avrebbero dettato comandi. Fu il suo sguardo a parlare, impreziosito da un linguaggio segreto delle sue mani.
Solo lui poteva vedere il filo invisibile che da tempi antichi, legava l'uomo ai suoi destrieri.
Con un suo cenno impercettibile, gli stalloni, come se fossero stati spinti da una brezza invisibile, si impennarono mostrando tutta la loro magnificenza; nessun segno di sforzo o costrizione, solo pura fiducia.
Un secondo fragoroso applauso, rinnovò per loro il benvenuto, e quando i loro possenti zoccoli ritoccarono terra, una musica di tamburi partì.
Per il pubblico arrivò lo straordinario; Osman iniziò ad accarezzare l'aria con le mani, i cavalli compresero, e l'eleganza del dressage ebbe inizio.
L'esibizione fu un susseguirsi di esclamazioni di stupore e applausi, il ritmo tribale della musica fu in perfetta sincronia dei loro possenti passi; troppo riduttivo dire che il pubblico ne rimase affascinato.
Quando Osman li fece concludere, salutarono con un profondo inchino, e al loro posto, acclamarono l'attenzione le giumente appena diventate madri, ognuna seguita dal proprio puledro.
Una clamorosa esultanza li accolse in un tripudio di emozione.
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Nonostante il successo della prima parte dell'evento, non fu solo lo staff a notare l'assenza di Joly, molti fra il pubblico si chiesero preoccupati il perché, ma chi davvero prese male la sua assenza, fu Jamy, seduto in prima fila accanto a Taby e Flo.
<< L'ho vista anche ieri notte ... >> gemette a fine spettacolo, << ... era avvolta dalla tristezza, ma dopo che abbiamo parlato mi è sembrata più tranquilla ... >>
<< Ieri notte? >> domandò Taby stranita.
<< Sì ... abbiamo ... abbiamo parlato così, del più e meno ... >> balbettò Jamy, non era certo di voler condividere cosa avessero fatto realmente.
Flo gli lanciò una strana occhiata, << Arriva Osman! >> esclamò sollevata, << Lui saprà che succede ... >>
<< Osman! >> lo aggredì immediatamente Jamy. << Dov'è Joly? >>
<< Signor Osman la prego ... >> si intromise Taby preoccupata, << ... se sa qualcosa ci dica
tutto! >>
<< Ieri è stata una giornata impegnativa per lei ... >> cominciò Osman.
<< Ma sino al pomeriggio è stata tranquillissima! >> lo interruppe Taby, << Abbiamo fatto merenda insieme ... >> una risatina indebolì la sua espressione preoccupata,
<< Dio che ridere ... praticamente ... >>
<< Stai zitta! >> l'apostrofò seriosa Flo.
Taby mise il broncio, e si allontanò da lei serrando strette le braccia al petto.
<< Sino alla merenda è come dici tu ... >> riprese Osman, << ... ma un attimo prima di venire in scuderia, Dylan le ha ridato qualcosa che ha trovato in un libro che le ha regalato ... >>
<< L'ecografia ... >> sussurrò tristemente Jamy.
<< Ecco perché aveva quella faccia ... >> esclamò Taby con un dito sollevato. Subito tacque per un'occhiataccia di Flo.
<< Sarà alla cascata ... >> ipotizzò Flo, << ... meglio che io e Taby andiamo a controllare
come sta ... >>
<< Voi non andrete da nessuna parte! >> le ammonì severo Osman, << Ve lo chiedo per
favore ... >> aggiunse in tono più pacato, << ... ieri abbiamo parlato, era abbastanza stravolta, ma questa volta deve stare sola, se vorrà sarà lei a raggiungervi. >>
Entrambe si scambiarono un'occhiata preoccupata e incerta, ma quando incontrarono lo sguardo concorde di Jamy, si rassegnarono a seguire il consiglio di Osman, e mogie ripresero posto.
Jamy estremamente nervoso, si voltò per seguirle, ma Osman lo bloccò afferrandogli un braccio.
<< Ellen ha bisogno di te ... >> gli sussurrò Osman con estrema serietà.
<< Come Joly anche lei ha bisogno di stare sola! >> ribatté Jamy a denti stretti.
<< Non fare lo stupido santa pazienza ... >> lo rimbeccò aumentando la stretta,
<< ... ieri ho convinto Joly a parlare con lei ... l'ha fatto! La conclusione è che andrà via per un po' ... e questa volta lo farà J! >>
Jamy lo guardò con aria stanca, avrebbe tanto voluto replicare, magari urlare, ma si morse la lingua; lo sguardo di Osman si fece più intenso, e non ottenendo ciò che sperava si allontanò.
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Tra le persone più strette a Joly che si preoccuparono della sua assenza, due erano completamente all'oscuro, questo perché un impegno in città, li aveva costretti a uscire di mattina molto presto, tristemente consapevoli di riuscire ad arrivare in tempo, solo per la seconda parte dell'evento, dove avrebbero visto Joly sfilare in chiusura.
I due cari in questione erano Susan e Dylan.
<< Ehi Mamma! >> gridò Dylan agitando la mano verso Susan, << Li ho trovati! >> aggiunse adocchiando Jamy, Taby, e Flo.
Susan sollevò il pollice e sorrise, << Seguitemi! >> esclamò rivolgendosi a Liam e Roger che le stavano dietro.
<< Roger ... >> grugnì Liam a denti stretti, << Non una parola con la tua Principessa, del mio primo incontro con Joly ... >>
<< Non è la mia Principessa ... >> esclamò Roger arrossendo, << ... ma ... magari lo fosse ... >> aggiunse sussurrando con sguardo sognante, << ... e comunque potrebbe già saperlo da Joly stessa! >>
<< L'importante è che non lo faccia tu! >> insistette Liam, ma Roger non sentì, con un balzo leggiadro lo aveva superato per raggiungere gli altri.
<< Buongiorno! >> li accolse Taby raggiante, Flo e Jamy scossero la mano sorridenti.
<< Guardate ... >> disse Flo alzandosi in piedi, << ... passate dietro, ci sono proprio quattro posti liberi ... >>
<< Veramente ... >> cinguettò una vocina astiosa, << ... uno è occupato! >>
<< Veramente è libero! >> puntualizzò immediatamente Flo, scoccando un'occhiata furente alla donna, il cui viso era celato, da un osceno cappello con una visiera enorme e un colore vicino al verde acido.
<< Mi stai dicendo che devo dire al mio Gary di sedersi altrove, perché la sua amata preferisce avere vicino i suoi amichetti? >>
<< Co ... cosa ... no ... certo che no ... >> balbettò Flo arrossendo violentemente.
<< E allora è certo che i posti liberi sono solo tre! >> la rimbeccò severa la Signora Vivian, << Mio figlio e le sue scelte ... >> borbottò sistemandosi il cappello.
Flo tremante, aprì la bocca per replicare, ma Taby la tirò a sedere con un violento strattone alla maglia. << Sempre dolce la tua futura suocerina eh? >>
<< La odio! >> sibilò Flo con rabbia.
<< È reciproco a quanto pare ... >> constatò Taby con un sorrisetto simpatico, << Dylan tu vieni in braccio con me! >>
<< Eravamo in città dalla Zia Lorelain ... uffa! Ci siamo persi lo spettacolo di apertura di
Joly ... >> si lamentò Dylan appena si accomodò sulle forti gambe di Taby.
<< Dai non disperare ... >> lo rasserenò Susan sedendosi proprio accanto alla Signora Vivian, << ... vedremo la sua danza finale! >>
<< Non vi siete persi niente ... >> esclamò Flo ancora imbronciata, Taby la sgomitò sul fianco per farla tacere.
<< Joly non si è presentata ... >> continuò Flo come se niente fosse, << ... e non si presenterà neanche in questa seconda parte! >>
Susan sgranò gli occhi, e rivolse un'occhiata preoccupata a Liam.
<< Impossibile! >> intervenne Dylan, << Non mancherebbe mai a questo evento! Ne ho la piena certezza ... >> scattò in piedi nervoso, << ... e poi non farebbe mai cavalcare ad altri Aşkim! >>
<< Tranquillo, non l'ha cavalcato nessuno ... >> si intromise Jamy mancando di tatto, << ... ma come noi fattene una ragione, oggi non vedrai Joly ... non a questo evento almeno. >>
Dylan lo squadrò stizzito, << Impossibile! >> insistette serioso, e stringendo le braccia al petto si rivolse a sua madre.
<< Posso ... posso andare in un posto qui vicino a controllare se è lì? >>
<< Non ci pensare nemmeno Dy ... non mi va di lasciarti in giro da solo con tutta questa
gente ... >>
<< Lo accompagno io. >> si offrì Liam; seppur le sedute erano state poste lontano dall'arena, quelle che per lui erano orribili bestie, le sentiva comunque troppo vicine, senza contare che dentro la sua testa, si era appena convinto di essere la causa dell'assenza di Joly.
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In quella tipica giornata primaverile, il calore dei raggi del sole, non era abbastanza forte per oltrepassare le folte chiome del bosco, che circondava interamente il terreno dell'hotel; rispetto alla stagione precedente, ovviamente l'aria era più dolce, ma rimaneva ancora abbastanza pungente, soprattutto in quegli angoli, dove la vegetazione si faceva più fitta.
A passo spedito, Liam e Dylan avevano appena oltrepassato il ponte che dal ranch portava all'ingresso principale dell'hotel.
Seguendo le frecce indicative, percorsero un tratto della pista ciclabile, deviarono per lo spiazzo in cui si riunivano gli ospiti per le gite in quad, e scavalcando la siepe che delimitava i confini della struttura, furono accolti dalla fresca ombra del bosco.
<< Dobbiamo risalire per trovare il corso del fiume ... >> disse Dylan leggermente ansante.
<< Puoi andare più piano? >> lo pregò Liam, incespicando per la terza volta, << Ma non esiste un terreno tracciato per questa cascata? >>
<< Sì! >> gridò Dylan scavalcando un grosso tronco sdraiato sul terreno, << Ma la strada è più lunga! >>
<< Cosa facciamo se quando arriviamo, ti accorgi che non è lì? >>
<< Proviamo in casa ... >>
<< Ma potrebbe essere da qualunque parte ... >> gemette Liam, ormai lo seguiva con evidente fatica.
Dylan si fermò di colpo, e si voltò assottigliando lo sguardo.
<< Se Joly è mancata a questo evento è successo qualcosa! Qualcosa di grave a mio avviso, e ogni volta che è pensierosa va alla cascata ... va sempre lì prima di prendere una decisione, oppure semplicemente per essere meno triste ... se non è alla cascata vorrà dire che è tornata a casa ... >>
<< Dy ... e se poi non c'è neanche a casa? >>
Dylan sospirò tristemente, << Non ci voglio pensare ... perché allora potrebbe essere davvero da qualunque parte! >>
<< Dai hai ragione! >> esclamò Liam per rasserenarlo un pochino, << Continuiamo la nostra camminata! >>
Dylan annuì con il capo, e ripresero con passo più deciso.
<< Ci siamo! >> gridò Dylan, dopo pochi metri, e allungando il suo esile braccino, indicò il ponte.
L'aria profumata di muschio e terra bagnata, li accolse insieme allo scricchiolio dei loro passi sul vecchio ma solido legno; Liam abituato alla vita caotica di Los Angeles, rimase estasiato dall'immensa bellezza, e dalla placida calma che trasudava.
Come se per la prima volta, si trovasse al cospetto di un fiume, ammirò l'acqua che si tuffava dalla scogliera in un fragore incessante; il potente getto lasciava gocce sospese nell'aria, scintillanti come pietre preziose, e spingendosi verso il parapetto, ne fu invaso. Il contatto sulla pelle, gli parve delicato come una carezza di fine pioggia. Il tempo sembrava sospeso.
<< Ecco perché la Signorina viene qui a pensare! >> borbottò sottovoce, per non disturbare quel regno di pacifico silenzio.
<< Qui non c'è! >> protestò Dylan, sbucando da un folto arbusto di felce.
Liam venne scosso dal dolce torpore in cui il paesaggio lo aveva fatto sprofondare.
<< Senti Dy ... >>
<< Non sento niente! >> gridò infrangendo lo scudo di quiete assoluta, << Uff! Credevo davvero di trovarla qui ... adesso andiamo a casa! Se non vuoi accompagnarmi ... >>
<< Ehi calmati ... >> cercò di rabbonirlo Liam; con fare paterno si chinò per stare ad una altezza alla pari.
Gli occhi di Dylan luccicarono, << Zio ... lei è la mia migliore amica ... voi adulti forse non
capite! >>
<< Mi ricordi in quale occasione io non ti abbia capito, o non ti abbia ascoltato? >>
<< No ... non c'è ne ... >>
<< Appunto! >> esclamò Liam dandogli un buffetto sulle guance, << Quindi per trovarla, ti accompagnerò ovunque tu voglia ... okay? >>
<< Okay ... >> sussurrò Dylan ad un passo dalle lacrime, << ... allora andiamo! >>
<< Solo un momento ... prima ho bisogno di dirti qualcosa! >> disse Liam prendendogli la mano.
<< Sbrigati! >> incalzò Dylan spazientito.
<< Non arrabbiarti però ... >> lo pregò a mani giunte, << ... credo che Joly oggi non sia venuta all'evento per colpa mia! >>
<< Cosa significa? >>
<< Quando io e Zio Roger siamo arrivati qui a Nashville, c'è stato un piccolo incidente, niente di grave perché non l'ho neanche sfiorata, ma lei è sbucata in strada dal nulla, ho frenato giusto in tempo ... ma lei si è davvero spaventata! >>
<< Quindi sei quello che l'ha quasi investita ... >>
Liam annuì con espressione grave, << Poi per qualche scherzosa coincidenza, la ritrovo qui in hotel dove tua madre mi ha chiesto di raggiungerla, scopro che lei è la persona che mi ospita in casa sua, e non solo ... scopro che è anche il mio capo, e nel momento in cui l'ho riconosciuta, invece di andare a parlarle, mi sono tenuto alla larga, finché ieri notte me la sono ritrovata davanti senza possibilità di nascondermi. >>
Dylan soppesò con attenzione le parole appena ascoltate, << Cosa ... cosa ha fatto appena ti ha riconosciuto? >> gli domandò con sguardo penetrante.
Liam abbassò il suo a disagio, << Mi ha tirato uno schiaffo! >> sussurrò con rammarico, << Per la seconda volta ... >> aggiunse imbronciato.
Dylan scoppiò a ridere, Liam lo fissò sbalordito, e si alzò incerto.
<< Come se ci fosse da ridere ... ti credi simpatico? >>
<< Scusa Zio ... ma ... ma già me la immagino ... scusami, davvero! Comunque stai tranquillo, non sei tu il problema ... >> rise ancora di gusto, << Ora che si è sfogata, avrà già rimosso tutto! >>
Liam abbozzò un sorriso, sperando che l'ingenuità di Dylan, si rivelasse pura e semplice verità, << Adesso andiamo a vedere se è in casa. >>
Liam fece un passo, ma poi si arrestò, piegandosi per afferrare la caviglia dolorante.
<< Ahi! >> gridò facendo due saltelli sul posto, << Ma sei matto? Perché mi hai tirato un calcio? >>
Dylan smise di ridere, << Come perché? Hai quasi rischiato di investire la mia migliore amica! >>
<< Sento che il vostro legame mi farà dannare ... >> gemette Liam incamminandosi.
<< Smettila di lagnare! >> sentenziò Dylan serioso.
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Certo che un gran livido stesse operando per esibirsi presto sulla caviglia, Liam seguì Dylan senza proferire una parola; gli era sembrato abbastanza sicuro, nel dire che lui non aveva colpa dell'assenza di Joly. A sentirlo, una parte del suo senso di colpa, si era dissipato, ma a pochi passi dalla casa, una nuova ondata lo investì.
Con un profondo senso di inquietudine, si fermò ad un passo dalla veranda, la mancanza di coraggio non gli permise di continuare; Dylan invece, salì i gradini due alla volta, impaziente inclinò lo gnomo accanto all'ingresso, afferrò le chiavi, borbottando qualcosa, fece scattare la maniglia, e spalancando la porta si voltò verso Liam.
<< Salgo a vedere in camera sua ... >>
Liam annuì, e si costrinse con immenso sforzo a raggiungere almeno l'uscio.
<< Zio ... >> gridò Dylan con disperazione un istante dopo, << Zio sali! Ti prego ... è come
papà! >>
Il cuore di Liam balzò nel petto, non aveva ben capito le parole, ma il tono terrorizzato bastò a farlo rabbrividire; schizzò all'interno del soggiorno senza preoccuparsi di chiudersi la porta alle spalle, e si fiondò sulle scale come un matto.
Appena varcò la soglia della camera di Joly, fu investito da un forte odore di alcool, misto a qualche fragranza dolciastra; lei, con Dylan inginocchiato accanto, stava seduta scomposta sul pavimento.
Il corpo inclinato tutto su un lato, era retto per fortuna dalla struttura in ferro del letto, la testa, con i capelli sparati, ciondolava inerme, al suo fianco, una bottiglia di whiskey riposava ormai vuota.
<< Zio ... non si sveglia! >> strillò Dylan disperato, << Sembra papà ... >>
Liam, quasi certo che niente di grave affliggesse la sua amica, le tastò il polso per avere la piena sicurezza; sentendo il sangue pulsare sotto le dita, si accostò dolcemente a Dylan, che spaventato, continuava a sussurrare il suo nome per svegliarla.
<< Ascoltami! >> gli ordinò in tono bonario, << La tua amica sta bene ... >>
<< No! No ... non sta bene Zio ... non sta bene ... >> singhiozzò scosso.
<< Ascoltami! >> insistette Liam con tono più deciso, << Ricordi la scorsa estate, quando tua madre sbatté fuori di casa me e Zio Roger? >>
Dylan annuì con occhi gonfi e arrossati dal pianto, << Sì avevate bevuto tanto ... avevate discusso con papà, e ... e ... >>
<< E non stavamo capendo niente! >> completò Liam per lui, << A Joly sta succedendo la stessa cosa ... avrà avuto i suoi motivi, adesso sta dormendo ... >> e per tranquillizzarlo, gli fece posare lo sguardo sulla bottiglia vuota, Dylan guardò con apprensione.
<< Adesso ... >> continuò Liam, << ... voglio che tu faccia un respiro profondo e ti vada a sciacquare la faccia, nessuno si deve accorgere che hai pianto! Poi tornerai dagli altri dicendo che la tua amica sta bene, ma preferisce stare da sola. >>
<< E tu ... e tu ... e tu cosa farai? >> balbettò scosso dagli ultimi singhiozzi.
<< Se lei me lo permetterà, rimango qui per rimetterla in forma. >>
Prima di riuscire ad alzarsi e abbandonare la mano di Joly, Dylan fece più di un respiro profondo, all'apparenza sembrava più tranquillo, ma in viso una profonda preoccupazione gli si leggeva nello sguardo, e come se Joly l'avesse percepita nel profondo, si scosse sollevando appena la testa.
<< Ragazzino. >> biascicò con voce impastata, << Non dimenticare l'allenamento di questo pomeriggio! >>
Il volto di Dylan si illuminò con un gran sorriso, cercò Liam con lo sguardo, e lui gli fece l'occhiolino.
<< Non potrei mai dimenticare! >> rispose raggiante, corse ad abbracciarla, e uscì dalla stanza felice come non mai.
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Liam, rimasto solo con Joly, la guardò con apprensione; anni addietro, ma soprattutto da quando aveva scoperto il tradimento di Kelly, si era ritrovato svariate volte nella sua condizione, a parte qualche ora di buio assoluto, le ricordava tutte con precisione, e questo grazie a Roger.
Secondo il suo amico, non erano semplici sbronze; il suo ridursi in uno stato confusionale e pietoso, era un vero e proprio cambio di rotta in vita malsana.
Per fortuna, per ognuna gli era stato accanto, soprattutto in quella che poteva essere la più disastrosa.
In quell'istante, lui doveva provare ad essere per Joly, la mano amica che era stato Roger per lui.
Sospirò preoccupato passandosi una mano tra i capelli, non sapeva bene cosa aspettarsi; forse al minimo tocco, lo avrebbe schiaffeggiato per la terza volta, rischiare era l'unico modo per sapere, e poi dopo la promessa appena fatta al suo nipotino, avrebbe fatto qualsiasi cosa per farla stare meglio.
Schiarendosi la gola per attirare l'attenzione, si chinò su di lei, e con un leggero tocco le scostò alcuni ciuffi ribelli dal viso.
<< Va bene se ora ti aiuto ad alzarti? >>
Joly rispose con un mugolio indecifrabile, sollevò di colpo la testa, e questa ricadde all'indietro, scontrandosi contro la struttura in ferro del letto.
Dopo il tonfo soffocato, increspò leggermente le labbra in un ghigno di dolore.
<< Ahi! >> esclamò massaggiandosi il cranio.
<< Allora? >> riprovò Liam, << Mi dai il permesso di aiutarti ad alzarti? >>
Joly aggrottò la fronte, socchiuse un occhio, e lo rivolse a Liam seria,
<< Ai tuoi occhi ... >> un colpo di singhiozzo la bloccò, << ... non è permesso incrociare i miei! >>
<< Bene, li chiuderò se è quello che vuoi! >>
A Joly scappò una mezza risatina con un buffo grugnito, << Tu ... >> biascicò alzando un dito,
<< ... sei troppo carino ... >> poi la sua voce si spense, rivolgendo l'attenzione al proprio dito che faceva roteare.
<< Guarda come gira ... >> farfugliò con sincera ammirazione.
Liam soffocò una risata, << Adesso ti alzo ... pronta? >>
Il corpo di Joly ricadde di lato, << Ehi ma hai due teste! >>
<< Certo ... e tu hai bevuto per dieci! >> la canzonò divertito.
Con pazienza, la sollevò tra le braccia, mentre lei con la testa danzante, borbottava parole sconnesse contro la sua spalla.
<< Ora ti accompagno sul letto ... >>
<< So farlo anche da sola occhi cielo! >> obiettò Joly.
Liam sorrise e scansò le sue mani; ferma sul posto in precario equilibrio, si inclinò di lato, e sentendosi scivolare, si aggrappò alla sua maglia.
<< Ecco ... forse mi sbagliavo ... >> un altro colpo di singhiozzo la scosse, rabbrividì schifata da un rigurgito acido, e poi la sua bocca si impastò da un eccessiva salivazione.
Liam riconobbe all'istante il cambio di espressione, senza tanti complimenti la sollevò, e la scortò in bagno; fece appena in tempo a tirarle su i capelli, che Joly si piegò sul water abbracciandolo con forza. Con spasmi violenti, gran parte dell'alcool ingerito, le liberò lo stomaco.
<< Ecco brava ... >> mormorò Liam paziente, << ... meglio fuori che dentro! >>
Ansimante, Joly poggiò la fronte sul braccio, << Che idea di merda! Giuro che la prossima
volta ... >>
Liam non seppe mai cosa sarebbe potuto essere la prossima volta, anche se un'idea se l'aveva fatta; un'altra ondata di nausea scosse il corpo di Joly con violenti spasmi.
<< Il mio petto ... >> gemette ansimando.
<< Ci vuole qualcosa di più drastico! >> borbottò Liam.
Lottando contro la sua instabilità, la costrinse ad allentare l'abbraccio al water, la sollevò deviando le sue braccia danzanti, e la posò delicatamente all'interno della vasca.
<< Aspetta ... che fai? >> strillò Joly atterrita.
Liam non le diede importanza, le bloccò con forza le mani, e senza avere modo di reagire, Joly si ritrovò sotto un getto di acqua fredda.
Con gli occhi sbarrati, emise un grido strozzato, si divincolò come un serpente a cui stringono la coda, alla pari, se non peggio di una scossa di corrente.
<< Ca ... cazzo! È gh ... ghiacciata! Cazzo! >> balbettò.
<< Sì! Ma ti rimetterà! >>
Joly tentò di scappare, per poco non riuscì a morsicarlo sul polso, ma la presa forte di Liam la trattenne senza difficoltà.
<< Ancora due minuti ... vedrai che poi mi ringrazierai! >>
<< Ti odio occhi cielo! >> biascicò lei, mentre l'acqua le scorreva addosso.
I due minuti di Liam, si rivelarono per Joly i più lunghi mai sopportati; li trascorse senza mai smettere di divincolarsi, e per ogni brusco scatto, accompagnava i suoi sguardi inviperiti con una serie di lamentele e coloriti insulti.
Tremante, con i vestiti fradici incollati alla pelle, optò alla fine per il silenzio, solo allora Liam chiuse l'acqua, e con un sorrisetto malizioso si alzò.
<< Allora che mi dici? Hai la sensazione di stare un po' meglio? >>
<< Non ... ho ... mai ... odiato ... qualcuno ... così ... tanto! >> rispose Joly, scandendo ogni parola con tono acido e pungente.
Liam le lanciò un asciugamano, << L'acqua fredda è il miglior modo! >>
Joly lo fulminò con lo sguardo, e inviperita sollevò il dito medio.
Liam rise sommessamente, << Incasso con piacere ... meglio questo di un ennesimo schiaffo! >>
Poco dopo, Joly uscì dal bagno, in parte rigenerata da una veloce doccia, questa volta con un getto di acqua dolcemente miscelata; i vestiti puliti e asciutti, migliorarono la sua presenza, e seppur i capelli erano ancora umidi e ricadevano disordinati sulle spalle, incorniciavano un viso più rilassato, dove l'espressione da zombie non era più padrona.
Liam nel frattempo era sceso in cucina, e quando tornò in camera da lei, teneva stretta tra le mani una tazza fumante; il liquido al suo interno, era l'antico e spregevole rimedio di Susan.
<< Cos'è quella roba? >> gli domandò con estremo sospetto.
<< Il più antico rimedio contro il mal di testa. >>
<< Io non accetto niente dagli sconosciuti! >>
<< Lo farai se vorrai essere in forma per l'allenamento con Dylan, non posso permetterti di mancare, glielo hai promesso ... si è preso un bel spavento ... >>
Joly arricciò il labbro in colpa, con diffidenza prese la tazza, e sospirò di sollievo quando riconobbe l'aroma del suo amato caffè.
Al primo sorso, il palato venne colpito dalla robustezza del caffè, con la sua nota tostata e leggermente terrosa, fece illuminare di gioia il suo sguardo, poi però seguì l'acidulo del limone, il viso si contrasse in una smorfia di puro disgusto.
<< Che roba è? Hai violentato il mio caffè! >>
<< Ti capisco ... Susan mi ha sempre costretto a berlo! >>
Joly lo squadrò con evidente disapprovazione, << Quegli occhi cielo te li caverei! >>
<< Fai quello che vuoi ... >> le concesse Liam divertito, << ... ma solo dopo averlo bevuto! >>
<< Sparisci dalla mia camera violentatore di regale bevanda! >>
Finché Liam non si chiuse la porta alle spalle, Joly non abbandonò l'espressione furente, ma rimasta sola, rabbonì immediatamente il suo sguardo; seppur immensamente grata di averlo avuto vicino, era certa di non volergli dare una simile soddisfazione.
Colta da un improvviso sbandamento, si sedette sul letto con dei soffici cuscini a sorreggerle la schiena; forse si sarebbe addormentata, ma prima avrebbe finito quell'orribile bevanda, sicura che avrebbe evitato di fargli sapere anche questo. Era già abbastanza dura sostenere un suo sguardo normale, vederlo illuminarsi dal compiacimento, sarebbe stata una tortura.
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La mattinata al ranch si apprestava a concludersi, nonostante l'assenza di Joly, si poteva affermare che l'evento era stato un vero successo, Osman non poteva andarne più fiero, ma pensieroso per lo stato triste di Ellen, abbandonò i festeggiamenti per raggiungerla.
Conoscendola, evitò di annunciare la sua presenza bussando alla porta che sicuramente non avrebbe aperto, così si piazzò davanti alla vetrata principale della veranda che dava sul soggiorno.
Con un'espressione apparentemente tranquilla, Ellen, appena lo vide, lo accolse nella sala; Osman indossò immediatamente la mascherina, lei che non aveva nessuna voglia di giudizi gratuiti, lo imitò.
<< Come stai vecchia amica mia? >> le domandò con un rapido sguardo allo scoppiettante camino.
<< Sto come una che non vedrà sua figlia per un tempo indefinito! >>
Osman sospirò tristemente, << Lo sai che è la cosa giusta? >>
<< Certo Osman ... certo! >> sbottò torturando il ceppo che bruciava, << Sarah mi ha detto che questa mattina non si è presentata all'evento ... >>
<< Non è ancora partita! >>
<< Osman non ti azzardare a mentirmi! >> lo aggredì strappandosi la mascherina.
<< E quando mai ti avrei mentito! >> le rispose contrariato, << Sono sicuro che ci saluterebbe, e se non lo facesse, mi accorgerei da come sta Aşkim ... per ora è tranquillo e sereno, quindi non è ancora andata via. >>
Qualcuno bussò alla porta, Ellen seduta davanti al camino, non si scompose minimamente; al secondo battere, più prepotente del primo, Osman aggrottò la fronte.
<< Vuoi che vada ad aprire? >>
<< Lo farà lui non preoccuparti! >> borbottò, e da brava paziente rindossò la mascherina.
Osman trattenne una risata, << Ci vediamo in giro. >>
<< E stai tranquilla! >> aggiunse con un piede già fuori in veranda.
Un secondo dopo, Jamy si fece largo in sala; fissò Ellen con apprensione, spostò nervoso lo sguardo sul camino, e lo riportò su di lei con un violento senso di colpa che gli contorceva lo stomaco.
Tremante si chinò e l'abbracciò, Ellen ostinata, rimase inchiodata nella medesima posizione di indifferenza iniziale.
<< Mi dispiace! >> ammise Jamy con tenerezza, << Aver visto il mio sogno realizzarsi mi ha reso egoista, stavo solo pensando a ciò di cui io soltanto avevo bisogno. Mi sono intestardito ad ossessionarti per dirle la verità ... ma hai ragione! Se lo saprebbe morirebbe di dolore ... avevi ragione ... avevi ragione ... >>
<< Sono ... sono felice che finalmente tu abbia capito! >> gli disse Ellen senza abbandonare la sua severa rigidità.
Jamy la liberò dall'abbraccio, e si sedette sul basamento del camino, Ellen lo fissò con il volto scosso da un pianto silenzioso.
<< Andrà via ... >> mormorò tristemente, << ... andrà via J ... andrà via! >>
Jamy si alzò e le prese il viso tra le mani, << Andrà via e noi insieme aspetteremo il suo
ritorno! >>
<< Pensi ... che lei ... lei tornerà da me? >> domandò con tenerezza disarmante.
<< Certo che lo farà! >> esclamò Jamy con sincerità, << Sai che ieri sera ci siamo incontrati alla cascata? Abbiamo parlato, a modo suo gli ha detto addio, adesso ha solo bisogno di sfogare il dolore che prova, e poi quando imparerà a conviverci tornerà, e noi Amore mio saremo qui! >>
<< Non ... non mi lasciare anche tu J ... >>
<< Mai Amore mio! Mai! >>
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