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5- L


«Yan, sei una meraviglia.»
«Meraviglia.»

«Tu come ti definiresti?» Alessandro spostò le mani dall'incavo della sua schiena alle sue spalle, in una dolce e sensuale carezza.

«Bellissimo? Fotogenico?»

«Sì, perché no, bellissimo, fotogenico, dotato di un fondoschiena invidiabile...»
Yan scosse la testa, liberandosi la fronte da un ciuffo ribelle.

«Allora che diresti gioia?» Gli stampò un bacio sul collo, poi lo mordicchiò nello stesso punto.

«Non c'è una parola perfetta per descrivermi.» Si tolse dalla sua traiettoria, ma l'altro lo avvinghiò con le sue lunghe braccia e affondò il viso tra i suoi capelli.

«Meraviglioso. È l'aggettivo giusto tesoro, li comprende tutti.»

«Non sono il mago di Oz.» Yan si liberò da quell'appiccicoso abbraccio.

«Davvero?»

«Tu semmai.»

Alessandro lo costrinse a voltarsi, prendendogli il viso e girandolo.
«Non ho mai tirato fuori un coniglio dal cilindro.»

Yan lo guardò fisso: «Davvero?» Le ciglia dell'altro avevano tanto di quel mascara che faceva fatica a ricambiare lo sguardo da quanto li sbatteva.

«E non uso cappelli, gioia, solo cappelle.»

«Oh, ma che bravo fedele» mormorò Yan appoggiandosi al suo petto. Era snello, ma i muscoli si percepivano bene sotto alla pelle liscia.

Alessandro ridacchiò: «Hai ancora voglia?»

Yan scosse la testa: «L'abbiamo appena fatto.»

«Non è stato abbastanza intenso.»

«Sono d'accordo.» Si baciarono. Il corpo nudo di Alessandro emanava un dolce aroma di vaniglia, misto a un elaborato sentore orientale in cui riusciva a riconoscere note di ylang ylang e vetiver. Yan inspirò a fondo, ma si trattenne dal promuovere le sue preziose effusioni.

L'amante cominciò a cospargerlo di baci umidi ovunque, lasciando tracce di saliva e facendo troppo rumore. Provò a respingerlo, ma lui sapeva fare bene il suo lavoro e abituato com'era ai suoi modi bloccò quegli inutili tentativi. Continuando a baciarlo, dal collo alle clavicole, si mise a cavalcioni sopra di lui.

Yan aprì la bocca per parlare, ma gliela tappò con le sue labbra carnose mentre scendeva con una mano a carezzare il suo pene. Intanto lo baciava con passione, nonostante Yan rimanesse immobile, e ci metteva anche una certa dose di dolcezza.

Non riuscì a resistere a lungo alle sue morbide e insistenti carezze; mosse una mano sotto per scambiarla con quella di Alessandro e fare da sé, bramoso di amplificare quelle sensazioni.

«Eh no, tesoro, faccio io.» Prese a muovere la mano, con lentezza, e Yan strinse i denti, diviso tra il fastidio di non poter comandare il movimento e il piacere dell'eccitazione di venire masturbato da lui.

«No, Alessandro.» Combattendo contro sé stesso lo respinse con più fermezza.

«Che c'è?»

«Non voglio, okay? Devo andare.»

«Ma dai, ci stiamo divertendo.»

«Tu ti stai divertendo.» Yan si tirò su respingendolo con ancora più decisione.

«Ehi gioia, qual è il problema?» Con le mani sulle sue spalle, l'altro tentò un massaggio. Ancora una volta se lo scrollò di dosso. «Dai, lasciami stare.»

«Dimmi almeno che c'è che non va. Mi sembrava volessi farlo.»

Calò il silenzio. Yan lasciò che l'abbracciasse e notò che stava contemplando la sua erezione con sguardo interrogativo. Alla fine, gli uscì fuori in un soffio: «Non posso pagarti.»

«Cosa?» Alessandro sciolse l'abbraccio e puntò i suoi grandi occhi su di lui.

«Ho detto che non posso pagarti.»

«E non pensi che avresti dovuto dirmelo prima che ti scopassi?» Il suo tono era offeso, ma Yan sapeva che in realtà lo desiderava davvero. A entrambi piaceva essere desiderati.

«L'abbiamo fatto quel giochetto, no? Tipo fifty fifty.»

«Paghi uno, lo prendi due?»

«Proprio quello.»

«Sì, ricordo. Qualche mese fa, vero? Tu non volevi farlo la seconda volta e io ti ho convinto facendoti pagare un solo amplesso.

Yan sorrise: «E poi l'abbiamo fatto altre due volte.»

«Tre.»

«Sì?»

«Quattro volte in una notte.»

«Non so, non sono bravo in matematica.» Si abbandonò tra le braccia dell'amante. Dopo avergli detto la verità si sentiva svuotato ed era una bella sensazione liberatoria.

«Sul serio tesoro? Hai detto che non sei bravo in qualcosa? Stai forse peccando di modestia?»

Risero. Non lo facevano quasi mai, ridere; non con tanta falsa spensieratezza da ambo le parti. Yan si godette il silenzio che ne seguì e le coccole di Alessandro per qualche istante, prima che lui interrompesse quell'aura ovattata di beatitudine. «Non mi dirai cos'è successo, vero?»

«Infatti.» L'altro indagava con i suoi occhi penetranti, lo sguardo consapevole dell'inutilità dei suoi tentativi.

«Allora, mi abboni un amplesso?»
Una smorfia, un bacetto nell'aria. «Se per una volta me lo metti dentro, ti abbono entrambi.»

Yan sorrise, gettandosi uno sguardo in mezzo alle gambe; il suo membro giaceva ormai inerme, al contrario di quello grosso e turgido di Alessandro. «Sai che non lo faccio.»

«Ma dai, devi usarlo quel cazzetto ogni tanto.»

«Cazzetto?»

«Tu come lo chiami di solito?» Aria di sfida. Yan captò all'istante le sue intenzioni. Si avventò su di lui, facendolo ricadere di traverso sul letto. Si baciarono con foga, accarezzandosi e ridendo ogni qualvolta riprendevano fiato.

Aveva immaginato che gli avrebbe concesso ancora una volta quel favore; solo avrebbe preferito non doverglielo chiedere. Dopotutto, esisteva cliente più bello di lui?


Mezz'ora dopo erano stesi uno accanto all'altro, gli occhi al soffitto, esausti dall'orgasmo.

«È stato più bello delle altre volte, sai?»
Contrariato, Yan si rese conto di non averlo solo pensato.

Alessandro mugugnò qualcosa, poi sollevò una mano a carezzargli i capelli, nello stesso modo in cui si fanno i grattini a un cucciolo.

«Ma non abbastanza, comunque.»

«Ah, ci mancava.»

«È la verità.»

«Ma sta zitto.» Si beccò una pacca sul petto. «Se non hai neanche più fiato.»

«Non è vero.» Yan si volse verso di lui, mettendosi su un fianco.

«Allora dimostramelo.» Lo sguardo di Alessandro si era acceso. Si mosse a pancia in giù e lo guardò con occhi rimpiccioliti dalle sue super ciglia da barbie.

Yan scosse la testa: «No, sai che non lo faccio.»

L'altro sbuffò: «Continuo a pensare che è un gran peccato.»

Yan gli si fece ancora più vicino. «Davvero?» Con un colpetto della mano rimosse le lenzuola scoprendosi il corpo. Riprodusse l'esatta posizione dell'altro e si passò le dita sopra i glutei, terminando con un paio di sonanti schiaffette.

«Ti credi più sexy di me?» Alessandro si tirò su e sfiorò con entrambe le mani il suo sedere facendo a Yan il solletico.

«Oh, sì. Lo sono, è ovvio.»
L'altro ridacchiò schiaffeggiandolo. «Per questo non ho voglia di altri?»

«Hai altri clienti ora?»

«No, tesoro, lasciamoli dove sono.» Appoggiò le labbra sulle sue natiche e baciò una, due, tre volte, bagnandolo con la lingua in ogni singola zona.

Yan si mise a quattro zampe tenendosi su con i gomiti. «Perché non ti fai venire un'altra erezione?»

«Perché sei tu che devi farmela venire. E comunque l'abbiamo già fatto due volte, gioia. Non posso abbonarti una terza volta.»

«Allora me ne vado.»

«No.» Alessandro lo prese per i fianchi. «Resta, bellezza, annullo gli altri appuntamenti.»

«Per fare cosa? Dormire?»

«Be', dovresti pagarmi anche per quello.» Riprese a baciarlo, sui glutei, sulle cosce, fino ai polpacci, poi cominciò a mordicchiargli le caviglie mentre gli massaggiava i piedi.

«Che cazzo fai? È inutile che tenti di eccitarmi se poi non mi prendi.»

«Chi ha detto che non voglio prenderti?» Gli aprì le natiche massaggiando con dolcezza e lo inumidì con la lingua.

«Hai detto che non mi abboni un terzo...»

«Lascia stare quello che ho detto, okay?» Lo interruppe continuando poi con lo stesso gesto più volte, dandogli anche qualche sculacciata ridacchiando.

Yan lo stava adorando in silenzio, i gomiti puntellati sul cuscino e il petto infiammato dal desiderio. Sentiva la punta della lingua di Alessandro sulla sua pelle donargli un piacevole formicolio; il suo pene cominciò a indurirsi.

Poi percepì la presenza del grosso membro dell'amante solleticare il suo intimo; una sensazione di riempimento quasi dolorosa lo pervase, solo per un attimo. Si sentì stringere più forte per i fianchi e cominciò quel ritmo che ormai aveva imparato a conoscere, forte e avvolgente, pieno e completo, ma al contempo delicato.

«Meraviglioso.» Alessandro lo baciò sulla nuca, strofinandosi la faccia sui suoi capelli mentre lo penetrava per poi uscire e rientrare. Gli piaceva il "rientro", come lo chiamava lui, o "ritorno", come lo pensava Yan.

«Ancora con quella cosa.»

«Quale cosa?»

Yan scandì bene: «Meraviglioso.»

Alessandro rise aumentando il ritmo. «Ma lo sei.»

«Sono molto di più.» Si mosse indietro, andandogli incontro per avere una sensazione più profonda.

«Sì, lo so che ti piace tutto piccolo.»

«A te no?» Yan si lasciò avvolgere dalle sue braccia e baciare sulle labbra. Era praticamente seduto su di lui, una delle posizioni che preferiva, almeno tra loro.

«Certo che mi piace, gioia. Mi piace sempre. Prenderti poco, prenderti tanto, mettertelo tutto...» Si baciarono di nuovo, stavolta più a lungo. Yan si sollevò e riabbassò di colpo per intensificare l'amplesso. Alessandro ansimava. «Sai, devo ammetterlo Yan.»

«Che cosa?»

«Sei il mio preferito.» Lo tenne giù con le braccia per baciargli la schiena.

«Lo sapevo.»

«Sì, ma ora lo ammetto. Davvero.»

«Bene.» Yan per un momento perse quasi voglia, pensando al vero motivo per cui era lì. Come faceva a dirgli che quella sarebbe stata l'ultima volta? Non poteva fare finta di nulla e semplicemente non rivederlo mai più. Non voleva ammetterlo, ma gli sarebbe mancato. «Sì, mi mancherai.»

«Cosa?»

Yan ebbe un tuffo al cuore. L'aveva detto davvero? Non riusciva a credere che quelle parole gli fossero uscite di bocca.

«Che dici, gioia? Be', anche tu mi mancherai fino a sabato prossimo.» Alessandro si era fermato e lo teneva seduto sulle sue gambe, ma era ancora dentro di lui.

«No, tu non capisci.»

«Qual è il problema?»

«Hai detto che sono il tuo preferito.»
L'altro lo baciò su una guancia, mentre ricominciava con lentezza a muoversi.

«Sì, l'ho ammesso. Mi piaci, tesoro.»

«Be', allora goditi questo momento.»

«Ma certo.»

«Perché sarà l'ultimo.»

Alessandro emise un risolino. «Certo, tre volte sono sufficienti. Però sei secco, prendo un po' di lubrificante.»

«No, lascia stare e ascoltami. Non parlo di oggi, intendo per sempre.»

Lo sentì trattenere il fiato. Lo guardò e i suoi occhi erano sbarrati; sbatteva le ciglia d'ebano alla velocità della luce. «Se è per i soldi...»

«Lascia perdere, okay? È l'ultima volta.»

«Ma posso farti un prezzo speciale. Magari abbonarti anche un sabato ogni tanto.»

Yan scosse la testa, inspirando a fondo per sopportare il fastidioso calo di piacere dentro di lui e il senso di vuoto che gli lasciava, come se il pene di Alessandro si fosse d'un tratto rimpicciolito.

«Yan, non capisco. Non puoi spiegarmi che ti succede?»

«Finiamo intanto.»

«Sicuro?»

Annuì e l'altro riprese le sue spinte lievi, morbide di poco prima.

«Mi dirai tutto?»

«Se mi fai godere.»

Alessandro sospirò. Lo sentiva teso dietro di lui: «Come vuoi dolcezza, però prendo un po' di lubrificante.» Si staccò un attimo, poi lo penetrò ricoperto da una generosa dose di lubrificante. Riprese in velocità un ritmo più potente, facendolo scivolare di nuovo a quattro zampe.

Yan avrebbe voluto restare tra le sue braccia, ma allontanò quel desiderio sentendosi incapace di ammetterlo persino con se stesso. Cercò di scacciare i suoi pensieri, tutti, per abbandonarsi al piacere.

«Allora, fammi capire. Tu vuoi diventare stilista, perciò frequenti una scuola di moda.»

Seduti sul letto, a gambe incrociate, Yan e l'amante condividevano un sacchetto di patatine. «Tuo zio ti paga gli studi, ma è uno stronzo» continuò Alessandro prelevando con la punta di due dita una patatina e portandola lentamente alla bocca.

«Sì lo è, e parecchio anche.»

«Ti ha tagliato i fondi perché non gli piacciono i tuoi vestiti?»

«No. Lui non accetta più l'idea che io non voglia seguire i suoi passi e diventare avvocato, notaio, giudice o magari chirurgo, insomma lavori di quel tipo.»

«Di grosso calibro, quindi.» Alessandro prese un'altra patatina. Era così ridicolo, nudo come un verme, coi capelli lunghi da principessa Disney, a sgranocchiare le Amica chips in stile Rocco Siffredi ma effeminato. Non fosse stato per quella conversazione, Yan l'avrebbe deriso divertendosi parecchio.

«Sì, di grosso calibro» disse lasciando cadere lo sguardo in mezzo alle gambe dell'altro, che se ne accorse e ridacchiò.

«Eppure non capisco, sai? Tu comunque lavori come fotomodello, non riesci a pagarti gli studi e magari a venire anche da me?»

Yan scrollò le spalle: «Non so se il mio lavoro può bastare, è un'accademia davvero di alto livello e io ho un set fotografico ogni tanto. Non ho uno stipendio fisso. Poso come modello e ricevo un compenso, non sempre generoso.»

«Ma puoi venire da me lo stesso. Non ti faccio pagare se non ce la fai.»

Yan prese una patatina, la rosicchiò solo per tentare di dissipare il nervosismo; di solito non mangiava quelle schifezze. «Non voglio venire da te senza soldi. Non lo capisci? È umiliante.»

Alessandro abbassò gli occhi; sembrava sinceramente rattristato, ma Yan era ormai convinto della sua decisione.

«Ora devo pensare agli studi, non posso permettermi distrazioni.» Anche alle sue orecchie quelle parole risuonavano vuote, prive di significato. «E devo cercare di non farmi buttare fuori di casa. Mio zio potrebbe anche farlo se non gli dimostro quanto bravo sono.»

«E pensi di riuscirci saltando i nostri incontri?»

«Non voglio che li scopra, i nostri incontri» ribatté Yan. «Temo mi stia facendo seguire, per vedere che faccio nel mio tempo libero.»

«Tuo zio è proprio pazzo.» Alessandro mise da parte il sacchetto di patatine, tanto nessuno dei due stava davvero mangiando. «Però secondo me non sai nemmeno tu perché hai deciso di non vedermi più. Forse è perché ti stai affezionando a me?» Si strusciò contro di lui, sbattendo le ciglia come una femminuccia.

Yan alzò gli occhi al soffitto. «Pensavo fosse chiaro che amo solo me stesso.»

«Chiarissimo. Anche troppo» ribatté l'altro staccandosi da lui e mettendo il broncio. Yan si alzò e recuperò i suoi vestiti.

«Che fai? Te ne vai?»

Annuì: «Ti ho detto tutto. Non sei soddisfatto ora?» Mise i boxer, schifato dal fatto di non potersi fare subito una doccia. Poi infilò i pantaloni.

Alessandro si stava accarezzando lì sotto, con fare distratto. Nei suoi occhi Yan vide per un attimo qualcosa che non riuscì a interpretare. Era noia? Era tristezza? Non gli interessava granché, eppure se lo chiese solo per un attimo.

Poi l'altro si alzò, di scatto, e si mise addosso la sua vestaglia. «Ehi.» gli appoggiò una mano su una spalla, un mezzo sorriso in volto. «Hai il mio numero. Non sparire, okay piccolo?»

«Certo.» Yan sbuffò.

«Chiama, dico sul serio. Per qualsiasi cosa.»

«Sai che non lo farò.» Gentilmente si staccò dalla sua mano per afferrare il cappotto dall'appendiabiti.

«Okay, gioia, ma dimentichi che anch'io ho il tuo numero» insistette Alessandro.

«Non te l'ho mai dato.»

«Quando mi hai chiamato per vederci l'ho salvato e non esiterò a usarlo.»

Yan infilò il cappotto, guardandolo con occhi seri. «Fallo, tanto non sarò più tuo cliente.»

«Non importa, te l'ho detto Yan, non mi interessano i tuoi soldi. Non più.»

«Ma non puoi avermi, okay? È stata l'ultima volta, te l'ho detto.»

Lo sguardo di Alessandro si abbassò a terra, le ciglia a formare un ventaglio nero sotto alle palpebre.

«Non importa, l'ho capito, ma vorrei esserti amico. Se vuoi.»

Quella richiesta lo colpì come un pugno. Amici. Per uno come lui, abituato a pagare la gente in cambio di sesso, l'amicizia era qualcosa di strano, quasi un'offesa. Una parte di lui però tremò, come una stella che brilla appena in un cielo molto scuro.

«Va bene. Amici.»

Alessandro sorrise, ma Yan distolse lo sguardo. «Addio.»

Aprì la porta e uscì nel corridoio sentendo la testa girare. Lo aveva toccato nel profondo, riaprendo la dolorosa ferita della solitudine.







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