Troppe Stranezze
ARYA'S MICKLEM'S POV
Resta.
Era l'unica parola che riuscivo a pronunciare, trovandomi la testa di Seth tra le mani e cercando di evitargli di vomitare nuovamente il nulla, dal momento che era dalla sera prima che non mangiava.
Iniziarono a a salirmi molti dubbi, troppe cose non quadravano: il cervo deforme, il freddo glaciale, i pesci morti, gli svenimenti immotivati e adesso pure un'intossicazione del nulla, sperai solo che non fosse per l'aria.
Il ragazzo era stato trasportato vicino alla sorgente d'acqua, incosciente, che perdeva una marea di sangue.
Lo medicai scrupolosamente con le cose che avevamo a disposizione, ma continuava a svenire, e nessuno sapeva il motivo.
«Ethan prova a dargli dell'acqua», dissi alzando la testa di Seth, mentre Ethan gli sollevò il mento per farlo bere.
Ovviamente, come dieci minuti prima, rigettò tutto subito.
Intanto Kalim era nella grotta controllato da Thom.
«Doc, cosa possiamo fare?» mi chiese il lungo «È pallido.»
«Lo so, speriamo che sia solo una semplice influenza intestinale...», sospirai, «Starà meglio.»
Il mio amico cercava di rimanere indifferente, ma sapevo benissimo quanto in fondo fosse un ragazzo di buon cuore e fedele.
Solo che non lo voleva mostrare, forse per orgoglio, o perché semplicemente era stato abituato così.
In lontananza vidi arrivare Jhonny e pensai che, se non fosse stato per lui, Kalim ci avrebbe uccisi a sangue freddo.
«Disturbo?» era così dannatamente timido, faceva un passo alla volta, come se da un momento all'altro potesse spuntare un mostro.
«No no vieni pure» lo accolsi con un sorriso un po' forzato.
«Ho fatto questo» mi disse porgendomi una specie di scodella - che in realtà era una noce di cocco a metà - contenente una poltiglia verde «Basilico e menta piperita, per Seth, dategliela, starà meglio» disse quasi balbettando.
«Si, adesso anche i rimedi di nonna», sbuffò Ethan.
«No, è una poltiglia antinausea», ribattei, «Grazie Jhonny!» sorrisi.
«Ma perché non parla?», mi chiese l'ultimo.
«Non lo so, nella migliore delle ipotesi ha vomitato talmente tanto da rimanere senza forze», sospirai.
Ero consapevole di quanti traumi avesse subito Seth in quei giorni.
In realtà tutti ne avevamo subito uno irreparabile, ma quasi tutti illesi.
Oltre al dolore fisico, che sarà stato indubbiamente insopportabile - infatti mi chiedevo come potesse sembrare così tranquillo agli occhi degli altri - si aggiunge anche la consapevolezza di voler aiutare gli altri e se stessi, senza poterlo fare.
Speravo con tutta me stessa che il suo malessere non potesse essere ricollegato alla colluttazione, si parla di traumi interni, l'intestino perforato senza saperlo, cose del genere si presentano solo dopo giorni, se non settimane.
PENSA POSITIVO.
P E N S A P O S I T I V O.
Jhonny ci abbandonò silenziosamente,
la sua misteriosità mi inquietava.
«Arya vai a dormire.»
Abbandonai i miei brutti pensieri e scossi la testa.
«Cosa?», chiesi confusa.
«Vai a dormire», disse Ethan, «Se dà segni di vita ti sveglio.»
La stessa cosa fece il suo amico la settimana prima, avevo una faccia così orribile da stanca? Ero così oscena? Fatto sta che avevo veramente molto sonno.
«Ehm, okay», mi spostai i capelli, «Peró resto qua, non voglio tornare da sola alla grotta».
«Certo Doc non si preoccupi, c'è Ethan il guerriero a sorvegliarla, ora le conviene dormire, o la faccio dormire io», mi rispose ridacchiando.
Allargai la coperta dove stendemmo Seth ancora incosciente, mi misi accanto a lui e chiusi gli occhi.
Mi mancava Chantal.
Mi mancava da morire, e non potevo dirle quanto l'amassi.
Non era assolutamente il momento per drammi sentimentali, ma la mancanza si fece sentire, e non riuscivo assolutamente a dormire.
«Sai Ethan, ti ho mentito su una cosa», sbuffai, «Non è vero che sono single, ho una ragazza.»
Lo vidi sorridere mentre lanciava sassi nell'acqua.
«Deve essere bello», mi disse solo.
«Cosa?» ,chiesi confusa.
«Riuscire ad amare qualcuno e essere ricambiato».
Beh, devo dire che non mi sarei mai aspettata una risposta del genere, soprattutto non da Ethan.
Doveva avere un problema con le persone in generale.
«Non me l'hanno mai insegnato»sospirò «Fin da piccolo mi hanno messo in testa che si vive di rendita, e che la vita ha senso solo se riesci a trovarti un posto nel mondo».
Non risposi, ma gli feci capire di averlo ascoltato e capito.
«Non c'è un modo per amare, lo si fa e basta. Ora torno a dormire, se hai bisogno svegliami», dissi di getto.
Chiusi gli occhi, e pochi minuti dopo mi ritrovai nel mondo dei sogni, avevo il sonno abbastanza pesante.
«Hey», disse Seth con voce roca e spezzata, mi ci vollero cinque secondi per svegliarmi.
Ethan si era appisolato alla riva della sorgente, ritrovai Seth Senza maglietta, accanto ad una pozza gigante di vomito.
«Sei impazzito? Copriti», dissi mettendomi seduta. Mi fece di no con la testa, facendomi capire di non voler parlare. Sembrava distrutto, era tutto sudato, bianco latte, i suoi occhi brillavano ma non come al solito. Si poteva vedere la desolazione e trasmise un enorme tristezza.
«Come stai?», gli chiesi semplicemente.
Sospirò profondamente, non rispondendomi, ma era finalmente sveglio.
«Guarda che puoi dire di star male, non è vittimismo, non devi aver paura di chiedere aiuto», gli dissi cercando di rassicurarlo.
«No...è che», deglutì, «Non ora Arya, non ora», mi disse soltanto.
«Okay, tranquillo», risposi, mi alzai di scatto e mi avvicinai alla sorgente, impregnando un panno d'acqua fredda.
Mi riavvicinai a Seth e glielo passai sul viso.
«Ti manca tanto?», mi chiese mentre era impegnata a controllare la ferita sulla gamba, mi bloccai un attimo.
«Sì, ma non mi va di parlarne», risposi fredda, se lo avessi fatto sarei sicuramente scoppiata a piangere, e non mi sembrava il caso di farlo davanti ad un ragazzo morente.
Era ormai sera, quindi svegliai Ethan.
«Sparviero! Sveglia», urlai.
«Wow Doc, hai degli acuti a prova di Beyoncé.»
«Vado a prendere il fuoco alla grotta, questa notte stiamo qua», dissi ricomponendomi.
«Non se ne parla, ci vado io, è buio», mi rispose.
«E quindi? Guarda che sono in grado di difendermi», ribattei, il maschilismo mi aveva sempre dato estremamente fastidio.
«Prendi questo», mi passò un coltellino, «Fai attenzione.»
Feci per andarmene, quando notai uno strano sguardo da parte sua.
«Tutto ok?» chiesi.
«Sì Doc, rilassati, è solo un capogiro», mi rispose vago.
Mi incamminai verso la grotta e incontrai Madison.
Scambiammo due parole, mi raccontò del suo rapporto con Seth e di come sarebbe potuto nascere qualcosa di serio, rimasi nuovamente stupita dalla forza di quel ragazzo.
Presi un ramo e lo passai sul fuoco cosicché potesse farmi da torcia e, dato che intanto era tramontato il sole, raccattai delle 'coperte'. Dopo venti minuti passati a parlottare con gli altri, decisi di tornare dai miei amici.
A pochi metri dalla sorgente mi fermai, sentendo Ethan bonfochiare tra sè e sè, mi misi ad origliare senza farmi vedere.
«Non è un attacco di panico, no, non è un attacco, non è un attacco panico.»
In che senso l'implacabile Ethan Smith soffriva di attacchi di panico?
Me lo aspettavo, ero sempre stata brava a psicanalizzare le persone.
Feci rumore per fargli notare del mio arrivo e mi avvicinai.
«Ethan?»
Non sentii risposta.
Diamine, che succedeva adesso?
Uno dopo l'altro?
Il ragazzo si accasciò contro un albero, corsi da lui.
Teneva gli occhi aperti, ma non rispondeva alle mie domande di rito.
«A-arya vai via p-per favore», riuscì a dire, iniziando a tremare forte.
«Mi dici che caspita ti sta succedendo?»
«Arya?» si risveglió improvvisamente Seth.
«Stai zitto e dormi, Ethan sta poco bene.»
«Ma che...?» fece per alzarsi.
«Ti ho detto di stare fermo», lo rimproverai, tornando a dare attenzioni all'altro ragazzo.
«Ethan mi devi guardare negli occhi, va bene? Dimmi che succede, questo non è un attacco di panico, respira dal naso e guardami.»
Niente.
Il nulla cosmico.
Non dovevo andare io in panico in quel momento.
«No-non riesco a vedere niente», mi rispose dopo un lungo silenzio.
«Non fare il coglione, va bene? Vieni», lo presi per le braccia e lo obbligai ad abbracciarmi, «Ora ascoltami e stringimi più forte che puoi», aggiunsi.
Non ci riusciva.
Avrebbe voluto stringere l'abbraccio, ma non ci riusciva.
«Sto morendo», continuava a bisbigliare a voce bassa, sembrava molto impaurito.
Non potevo fare altro che assecondarlo, cercai in tutti i modi di tranquillizzarlo.
Non sapevo cosa fare.
E attesi, composta quanto impotente, che gli passasse.
Non lo vidi versare una lacrima.
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