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Cloruro Di Sodio? Fai Sul Serio?

"Godetevi ogni minuto",

Avrei voluto sentirlo meno volte

Per prenderlo più sul serio.

ETHAN SMITH'S POV

Kalim era poggiato alla porta di ferro, un po' distrutta per colpa dell'atteraggio improvviso. Aveva il volto provato e sudato, ma i suoi occhi splendevano alla vista della lattina di soda.

«Scusa, non ce la possiamo bere?», chiesi io, di nuovo.

«Ethan cazzo, ti prenderei a calci - se solo potessi - accidenti.»

Soffocai una risata, poi Kalim mi indicò. «Devi trovarmi, visto che sei bravo, del nastro, dello zucchero, un accendino e del cloruro di sodio.»

«Cloruro di sodio? Mi spieghi come cazzo lo trovo?»

«Non fare domande.»

Seth e Madison ci guardarono, entrambi visibilmente confusi.

«Bene, bene.»

Cosa sono? Lo schiavetto personale?
E tutto solo perchè sono abituato ai cadaveri!
Io dei soldi in cambio me li meriterei pure eh...

L'accendino non era affatto un problema.
I miei polmoni danneggiati non avrebbero respirato aria buona nemmeno nel bel mezzo di un isola sconosciuta di Fanculandia perchè, per loro sfortuna, tenevo le mie sigarette - e di conseguenza al mio accendino - come fossero oro.
Talmente tanto che, nonostante lo schianto, l'utensile fosse ancora intatto e funzionante.

Il problema rimaneva il resto, soprattutto il cloruro di sodio.

Ma seriamente?
Perchè mi ero ritrovato circondato da un imbecille con queste idee stra-lunatiche?
Nemmeno Arya mestruata sarebbe arrivata a tanto!

In chimica ero una frana, il mio insegnante mi aveva dato del diversamente abile perchè lasciavo ogni compito in bianco.
Non era colpa mia se non vedevo l'utilità di scrivere cose su un foglio di carta sprecato.
Che cosa mi importava in fondo delle formule?
La vita fuori scorreva anche senza sapere che l'H20 è l'acqua!
Rettifico che lo sapevo grazie ad una serie per bambini sulle sirene...

Ad ogni modo, avevo un ordine a cui adempiere.
Avrei calpestato la mia dignità per il semplice fatto che volevo quel che volevano loro: aprire quella fottuta porta e andarmene via da questa gabbia di matti.

Come? Bella domanda.

Studiai attorno l'aereo, o meglio, quel che ne rimaneva.
Era stato applicato dello "speed tape", un nastro in alluminio con la quale i componenti superficiali o non essenziali venivano spesso tenuti insieme.
Si trattava di una sistemazione temporanea, in attesa delle riparazioni più sostanziali che venivano eseguite in un tempo successivo.

Che merda.

Mi ritrovai come un perfetto mongoloide a grattare con le unghie.

Tanto erano già rovinate, pensai.

Esatto.

A.
Grattare.
Con.
Le.
Unghie.

Guarda te cosa mi tocca fare.

Poco a poco, non si sa in quale modo, ottenni qualcosa.
Camminai tra i cadaveri studiandone i tratti.
Non era una lunga camminata, sebbene l'aereo in un passato ormai remoto fosse stato più o meno lungo.

Fossi stato in un altra circostanza mi sarei divertito nel fottere il capello del pilota - anche lui schiattato - e fingermi importante.

Mentre frugavo tra le valigie e avevo trovato dello zucchero, che poi chi diamine portava dello zucchero in viaggio e come aveva fatto a passare i controlli, inciampai.

Sì. Di testa.

Inciampai di testa in uno zainetto rosso minuscolo e privo di utilità con un laccio di troppo che gli avrei tagliato in un nano secondo.

Guardai le mie mani davanti alla mia faccia, tentando di alzarmi.
Proprio in quel momento capii perchè ci fossero delle zollette di zucchero da macinare; un documento particolare autorizzava il passeggero nel poterlo portare per motivi di salute, di pressione bassa, e bla bla bla.

Beh? Ero appena caduto di faccia!

Una volta alzato, mi soffermai.
Seguii con lo sguardo la gracile manina che stava per afferrare l'oggetto rosso ma che non aveva fatto in tempo.

Con l'altra mano teneva stretta una bambolina di pezza molto graziosa, se non fosse che un bottone del vestitino era saltato e che i capelli della bambina le coprissero mezzo volto.

La piccola aveva la mascherina del gas, ma evidentemente il boom improvviso non le aveva salvato comunque la vita.
Al suo fianco il padre.
Era stato il primo a infilarsi le precauzioni - come spiegato prima del volo che io ignoravo scocciato e ingenuamente ogni volta - per cercare di salvare entrambi.

«Papà, ho paura», nella mia mente la sua voce risuonava ancora.

Non ero un totale pezzo di ghiaccio di fronte a certa roba.

«Facciamo che la birra ce la prendiamo quando ci rivedremo e magari la offro io», sussurrai, dando loro le spalle.

Io potevo andare avanti e loro no.
Come si poteva rimanere indifferenti?
Persino io non ci riuscivo.

Frugando nei cazzi degli altri - che sono certo se avessero potuto parlare mi avrebbero giustamente insultato malamente - ero riuscito con tanto di quel culo ad imbattermi in un professore di chimica.
A proposito, già che siamo in argomento, la F che sfoggiava a fine anno era d'obbligo per i miei standard.

Cercai, imprecando un numero infinito di nuove parole scoperte e inventate sul momento, diverse boccette e note di esperimenti degne di Einstein, e finalmente ero giunto anche al fottutissimo cloruro di sodio.

Non ti voglio più vedere per tutta la mia esistenza, bofonchiai, prima di andare da Mr. Lunatico a dirgli di arrangiarsi da solo la prossima volta.
Esilerante, dare soprannomi a chiunque.
Ci avevo preso gusto.

Sempre se ce ne sarà un'altra, di volta, e non moriremo di fame.
Io, per esempio, sarei stato il primo a candidarmi come cannibale.

Mi diressi verso Kalim, incazzato nero, per giunta. Aveva uno sguardo da mangiatore di merda, tipo. Quasi mi balenava di menargli un pugno.

«Ecco qui, ora mi spieghi che caspita devi fare? Tua moglie oltre ad essere incinta ha subito qualche strana mutazione e ti ha mischiato il ciclo?»

Sbuffò, poi prese il tutto. «Potevi anche non staccarlo brutalmente. Spero s'appiccichi.»

Ah, pure? Non solo ti ho trovato la roba. Pure lo scontrino con tanto di resto! Assurdo.

Fece non so cosa con la lattina di soda - che potevo anche bermi, a quel punto - e ci mescolò tutto. Posizionò la lattina piena di tutta quella roba proprio vicino la serratura. Poi giocò con l'accendino, prima di avvicinarsi al misterioso oggetto preso spunto da Focus.

«Vi consiglio di allontanarvi, a meno che non vogliate saltare in aria.»

Tutti annuirono, in primis Arya, che si spostò velocemente, come se conoscesse cosa stesse per fare. La seguii, facendo chissà quanti passi indietro.

Seth e Madison guardavano da lontano.

Accese l'accendino, poi portò la fiamma accanto all'oggetto incriminato. Il nastro serviva come miccia? Ma che cazzo.

L'uomo si allontanò immediatamente mentre la cosa bruciava e bruciava e bruciava. Seguì un'esplosione che non mi aspettavo affatto.

La porta magicamente si aprì, facendo spazio ad uno spettacolo raccapricciante.

Ed io che pensavo bastasse "Apriti Sesamo!".

«E ora?», domandò Seth con un espressione del tipo non so cosa sia appena successo, ma sono intero e va bene così sul volto.

Ops.
Intero non direi.

«Adesso ci giochiamo qualunque cosa.»

«Di' qualcos'altro che sia ancor meno comprensibile e riprovo a fare quell'affare che hai fatto per farti alzare in aria come una fata e farti cadere senza paracadute.»

Gli sguardi di disapprovazione di ogni presente mi fecero cascare i coglioni.

«Certo che non si può dire proprio nulla con voi eh», sbuffai, poco prima di seguirli a ruota verso la cabina di controllo.

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