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Voce Della Libertà - parte I

Brughiera, villaggio a nord dell'avamposto di Southern, anno 1367.

   Il vento soffiava prepotente. Spezzava gli steli morenti delle ginestre, rimasti ai bordi dei campi già arati e pronti per la solita, magra semina. Appiattiva gli arbusti e inclinava le chiome degli alti cipressi che costeggiavano la via per Southern. Con i suoi sibili l'aria fredda stava annunciando in anticipo l'inverno. Trasportava con sé, in cielo, nubi cineree e boati. Rombi talmente forti da far pensare che la terra stesse tremando.

La gente abbandonò la piazza del villaggio non appena le prime gocce si fecero sentire. Pochi attimi dopo, una figura comparve all'orizzonte. Era un cavaliere in groppa a un destriero grigio. Gli zoccoli pestavano la ghiaia, la criniera bionda era legata e la coda nascosta dal lungo mantello dell'uomo. Questo era di un colore bluastro, impreziosito da un bordo dorato e dallo stemma del proprio esercito: un cerchio incompleto, trafitto da una spada e decorato da due rose rosse. Il vento lo faceva gonfiare attorno al corpo infreddolito dell'uomo.

A nulla serviva il cappuccio tirato sul capo e i pantaloni pesanti infilati negli stivali. La pioggia lo aveva sorpreso a chilometri di distanza dalla sua meta. Fortunatamente arrivò in tempo per ripararsi dalla tempesta vera e propria. Tirò le redini in prossimità di un casolare, un poco distaccato dagli altri edifici del villaggio, più rozzi e poveri. Scese dalla sella e condusse il cavallo dentro ad una stalla.

Un fulmine illuminò il cielo quando il cavaliere accarezzò il lungo muso dell'animale. Gli dette poi della paglia e una carota rinsecchita che tirò fuori da una sacca. Infine lo legò a un palo, accanto a quello dell'amico a cui era venuto a fare visita. Successivamente osservò l'ambiente, la numerosa paglia che riscaldava le pareti, il legno bruno delle assi sopra di lui e le lanterne, poste agli angoli, che illuminavano scarsamente.

Solo allora, con le spalle rivolte all'uscita e due maiali che grugnivano alla sua sinistra, notò di non essere solo.

Un terzo cavallo riposava distante dagli altri due, e, proprio ai suoi piedi, sedeva una persona. Era ricoperta di fango e aveva gli stivali sporchi di sterco. L'uomo guardò lo sconosciuto con un ghigno divertito in volto. Si tolse il cappuccio dalla testa e gli si avvicinò cominciando a strizzare l'estremità del mantello.

   «Aspettate un tempo migliore, eh?»

Si mise poi le mani sui fianchi attendendo una risposta, ma non la ottenne. Ciò lo fece preoccupare. La posizione dell'altro metteva in risalto, sotto al vestiario rosso, la sagoma di una spada.

   «Da dove provenite?»

   «Non sono affari che vi riguardano.»

Grazie a quelle parole l'uomo non ebbe più dubbi. L'accento dello straniero lo aveva smascherato.

   «Un elfo...»

La creatura scattò in piedi e allungò l'arma. La fece scintillare sotto a un secondo lampo. Lo schianto del fulmine rimbombò nelle orecchie l'attimo in cui il cavaliere estrasse la sua spada e la fece scontrare con la nemica. I suoi capelli gocciolavano e il suo sguardo azzurro era fermo, deciso.

   «Rinfodera la tua arma!», enunciò vedendo gli irreali occhi verdi dell'elfo cadere sul suo petto, dove erano poste le medaglie e il suo status militare. «Esatto, sono un ufficiale.», parve leggergli la mente. «Mi chiamo Johnan Ronchaster.» Johnan abbassò un poco la lama. «Ma non ti devi preoccupare, non sono un pericolo per te. Al contrario lo è il proprietario di questa stalla.», la sua espressione era imperscrutabile e il tono della sua voce non ammetteva obiezioni. «Questo è un villaggio di contadini, lascia in pace la popolazione ed evita di farti trovare dal mio amico.»

L'elfo rise, ripose l'arma, ma continuò a sfidare l'altro con uno sguardo sprezzante. Johnan poté vedere meglio il suo volto e notarvi le imperfezioni come la lunga cicatrice che gli solcava la guancia destra. Dopodiché lo vide disfare il nodo al collo e far cadere il mantello, mostrando completamente la sua divisa.

   «Come puoi notare, non hai alcuna autorità su di me. Siamo uguali per i nostri simili.»

Johnan strinse i denti e assottigliò lo sguardo rinfoderando anch'egli la spada. Tuttavia non smise di stare in guardia. Il fatto che nei paraggi ci fosse un milite della fazione elfica presagiva qualcosa di terribile. Non può essere in arrivo una nuova guerra... Pensò preoccupato.

   «Tipico di voi umani.» la creatura parlò. Le sue parole parvero acide e di rimprovero. «Vedete sempre il male negli altri, ma non vi accorgete del vostro.»

   «Fai silenzio! Sei stato tu ad attaccare.»

La pioggia aumentò improvvisamente d'intensità, ma fu solamente per qualche minuto.

   «Per difesa. Il tuo sguardo diceva tutto del tuo pensiero.»

   «E cosa avrei pensato?»

   «Dico soltanto che stavi sbagliando. Le tue parole erano amiche, ma i tuoi occhi no. Voglio credere che fosse colpa della tua educazione e non del tuo spirito.» l'elfo si rimise a sedere e si accomodò meglio fra la paglia. Distese le gambe e le incrociò. «Solo perché sono un elfo non vuol dire che uccida gli umani senza motivo. Gli abitanti del villaggio non hanno niente di cui preoccuparsi.»

   «Sai, non sono stati gli umani, cinque anni orsono, a cominciare una strage.»

   «Noi preferiamo chiamarla "La ribellione contro il dominio umano."» il tono fu piatto. «E per ribadire un'ovvietà: non siamo noi elfi che abbiamo chiesto di essere braccati come bestie durante tutti i secoli passati. Nessuna creatura lo ha chiesto... Ci siamo solo posti come guardiani, prima dell'intervento dei draghi.»

Johnan sospirò, strinse le mani in due pugni e provò a far scorrere via l'irritazione.

   «Appena smette la tempesta, vedi di rimetterti in cammino.» decretò infine. «Questo non è il luogo adatto a te...»

Uscì poi all'aperto per fare due passi sotto il cornicione del grande casolare. Rimase in parte al riparo, ma il vento obbligava la pioggia a una discesa irregolare. Optò per avvolgersi meglio nel mantello, anche se quello era già bagnato. Infine bussò frettolosamente alla porta d'ingresso.

Johnan non aspettò di essere accolto, spalancò lo spesso portone in legno e lo richiuse appoggiandosi con la schiena. L'interno della abitazione si mostrò immediatamente caldo e accogliente. Tappeti pregiati si alternavano al pavimento in assi di legno mentre delle lampade ad olio illuminavano soffusamente il corridoio e le scale che aveva di fronte. Riconobbe di getto la mobilia e i quadri appesi.

Dopodiché comparve il padrone di casa.

   «Johnan, benvenuto!» Richard Tasmoyn si presentò, come era solito fare da quattro anni a quella parte, con una camminata malferma e un bastone in mano. «Accidenti a te, non potevi scegliere un giorno migliore? Guardati, sei fradicio.», rise salutando Johnan con una stretta di mano. «Passami il mantello e seguimi, sono ore che ravvivo il fuoco.»

I due passarono per un corridoio giungendo in un'ampia sala dal soffitto in legno e una mobilia semplice. Un enorme camino in pietra era posto al centro della parete più lunga. Sopra a questo erano affissi un orologio in oro e un paio di ritratti ad olio. Al suo interno, invece, le fiamme scoppiettavano vivide e alte. Richard prese una sedia e fece il giro del tavolo da pranzo, posizionandola esattamente davanti alla sua poltrona, davanti al camino. Infine invitò l'ospite a sedersi. Lui fu il primo. Lasciatosi andare sull'imbottitura della poltrona sospirò e aspettò Johnan.

   «Hai fatto un lungo viaggio, deve essere importante ciò che vuoi dirmi.»

Johnan annuì e guardò in fondo alla sala, dove una porta socchiusa conduceva alla cucina. Vide dei movimenti e sorrise innocentemente prima di tornare serio.

   «Avete sentito che il gran Consiglio ha ordinato di costruire un avamposto?»

   «Un avamposto? No, no, Johnan non si tratta di un avamposto. Mio fratello è andato a caccia lì vicino, non avrebbe mai pensato di trovare tanti soldati.»

   «I confini dei boschi dovrebbero essere sorvegliati... Come ha fatto?»

   «Laurence conosce quei luoghi meglio di casa sua. Si è accorto della presenza dei militi solo giunto ai piedi del monte Loosmer.» Richard allungò un braccio verso la mensola del camino, afferrò un boccale e bevve. «Non è affatto un avamposto, stanno costruendo qualcosa di più grande.»

Successivamente urlò di portare altra birra e un secondo boccale. Johnan immaginò a chi si stesse riferendo. Chiuse gli occhi e si schiarì la gola. Doveva essere lui ad avvisare l'amico, ma il suo viaggio era stato vano.

   «Il mio schieramento non è stato avvisato e non è l'unico.»

   «E questo ti preoccupa?»

   «Richard... »

   «Oh, ascolta. Non è detto che tutti i soldati o gli ufficiali vengano avvertiti dei progetti del Consiglio. Hai scelto la carriera militare, ma non puoi aspettarti che siano tutti onesti come te.» seguì un attimo di silenzio poi Richard sbatté a terra il proprio boccale. «Rose, muoviti!»

   «Stai calmo.»

   «No, non sto calmo. Deve essere più svelta. Oh, eccola, finalmente!»

Johnan ruotò la testa nella direzione della cucina e vide la ragazza appena chiamata, Rose. Non aveva mai saputo il suo cognome, né la famiglia di origine. Ricordava le lettere che Richard gli mandava una volta che era stato congedato a causa di una grave ferita. La descriveva come una pulce, noiosa e inutile. Tuttavia non era mai stato chiaro su come lei fosse arrivata e perché abitasse sotto al suo tetto. Osservò le sue movenze, gli abiti essenziali e la gonna macchiata sull'orlo.

Era magra, aveva gli occhi marroni e i capelli biondi perennemente arruffati sulla fronte corrugata. Johnan ipotizzava avesse qualche anno in meno di lui, forse venti. Inoltre si era sempre chiesto perché indossasse una benda, moda che aveva influenzato anche la sorella minore di Richard, Lyan.

   «Comunque finché non ci toccano le terre possono fare quello che vogliono, giusto? In fondo, questa guerra contro i mostri ci porta solo profitto! Possiamo commerciare con nani, lupi e alcuni elfi affamati.»

   «Sei il solito! Pensi sempre al guadagno...»

Rose gli passò un boccale pieno di birra poi corse a prenderne un altro, lo riempì e lo porse a Richard. Dopodiché si inginocchiò e cominciò a pulire il pavimento con uno straccio. Johnan si agitò sulla sedia alternando lo sguardo dalla ragazza al suo amico.

   «A cos'altro dovrei pensare? Non sono certo stato fortunato come te!», esclamò questo. «Ho una sorella a carico che teme la sua stessa ombra. Maledetto mio padre e quel giorno in cui...» Rose sbatté un fianco contro lo spigolo del tavolo e interruppe il suo discorso. «Oh, giusto. Oltre che una sorellastra, mi ritrovo anche una serva incapace!»

   «Richard, non esagerare.»

   «Portaci altra birra!»

Rose annuì in silenzio, guardò rapidamente Johnan e abbassò di nuovo lo sguardo, sparendo in cucina.

   «Johnan, ho già troppa sfortuna sulle spalle.», batté un pugno sul suo polpaccio destro e l'amico ricordò la ferita che lo aveva fatto congedare a soli ventisette anni. «Il guadagno è l'unica soddisfazione che può alleviarmi la noia...»

   «Se ti accontenti in questo modo...» l'altro si ritrovò ad alzare le spalle mentre la ragazza tornava con una brocca piena di birra. Lui inconsapevolmente si morse un labbro e decise di cambiare discorso, azzardando forse troppo. «Comunque, hai sentito che nella corte si vocifera di un nuovo arrivato? Ne sai qualcosa?»

   «Finché non ruba le mie galline e i miei maiali non vedo perché dovrebbe interessarmi. Probabilmente fra qualche giorno riceverò la sua visita e mi chiederà qualche chilo di carne.»

Johnan si morse la lingua e cominciò ad agitarsi. Se avesse continuato il discorso immaginava che Richard avrebbe preso di nuovo la sua vecchia spada e sarebbe corso nella stalla, ignorando il maltempo. Il resto lo lasciò alla sua immaginazione più recondita.

   «Rose! Maledizione, sbrigati ad asciugare il pavimento!»

   «Scusi...»

   «Oh, taci.»

Johnan si agitò ulteriormente.
Intanto la tempesta infuriava, le imposte malferme sbattevano tra di loro e il vento trapelava dalle fessure di porte e finestre. Lui si concentrò un momento sulle luci del candelabro, posto sopra al tavolo, e finì col guardare le fiamme morenti del fuoco alla sua destra.
Non poteva controbattere i modi di Richard. Ci aveva provato e non era servito a niente, se non a farlo infuriare di più.

Improvvisamente i tre avvertirono un colpo. Proveniva dal secondo piano. Tutti quanti alzarono la testa sorpresi con il fuoco che scoppiettava in sottofondo. Dopo poco Rose si scusò nuovamente, lasciò lo straccio ai piedi del tavolo e corse su per le scale.

   «Mia sorella... Non regge il mal tempo.»

   «Capiscila, ha solo quattro anni.»

   «Tu ridi, eh? Buon per te... Comunque, parlami di queste voci. Uno straniero nel mio villaggio? Cosa c'è di così strano da attirare la tua attenzione.»

Johnan storse la bocca e bevve tutto d'un fiato la sua birra amara.

   «Assolutamente niente.»

Richard non fu contento della risposta. Lo osservò piegandosi in avanti e reggendo il capo con le mani. Era curioso, ma il suono del vecchio orologio gli fece cambiare idea.

   «Ti accompagno nella stanza degli ospiti. Più tardi dirò a Rose di passare e accendere anche là il fuoco.» detto ciò si alzò sbuffando e aiutandosi con braccia e bastone. «Entro domani mattina avrai gli abiti asciutti e se il tempo sarà migliorato potrai tornare al tuo esercito.»

   «Sai che è stato un piacere rivederti. Anche se ciò che dovevo dirti già lo sapevi... »

Richard rise e gli poggiò una mano sulla spalla.

   «Anch'io sono felice di averti rivisto. Soprattutto, sono lieto di vedere come la guerra non ti abbia cambiato!»

Angolo autrice:

Nuovo capitolo, nuova epoca, nuovi personaggi.

Spero che dalle spiegazioni aveste già compreso una struttura del genere... (Una volta conclusa si può scegliere se leggere ogni storia separatamente oppure seguire l'ordine con cui sono state pubblicate ^^')

Questa è la seconda storia delle quattro che si dovranno intrecciare.
Non nascondo che già da adesso sto pensando a qualche capitolo in più... come introduzione.

Volevo essere più libera con questa storia, ma forse vi sarà difficile capire i capitoli finché non sarà chiaro un intreccio... Non so, ditemi un po' le vostre impressioni ^^

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