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[missing moment #4: willaura pt. two]

ottobre 2020.

«AELITA!»

La mia voce rimbombò per tutta la stanza.
Era piccola, luminosa, con le pareti bianche e qualche dipinto sul soffitto. Era... carina, ma decisamente troppo piccola per i miei gusti.

«Che cosa c'è?» domandò la mia migliore amica, guardandomi senza fiato.
«Il vestito è stretto. Sono ingrassata, mio Dio! O forse sono... incinta? Aspetta... l'ultima volta abbiamo usato il preserv...»

Aelita mi tappò la bocca con una mano.
«Ti prego! Non dirlo! Non mi interessa se te e William usate i contraccettivi!»

Scoppiai a ridere. «D'accordo. Scusami... comunque, mi aiuti? Dovresti stringere il corpetto, proprio qua, guarda...» e con il dito le indicai un punto del vestito bianco che indossavo.

Aelita lo strinse, poi mi guardai allo specchio. Ero semplicemente incredibile, più di quanto avessi mai immaginato.

«Possiamo andare?» domandai, «non ce la faccio più a stare qua dentro!»

Scoppiò a ridere. «Non lo so. Aspetta...»
Si affacciò dalla porticina che portava all'interno della chiesa e sorrise.

«Che c'è?» esclamai.
«Tuo padre. Sta arrivando!»

Infatti, qualche istante dopo, entrò nella stanza mio padre. Indossava una camicia bianca e la cravatta blu, in tinta con il colore dei suoi occhi. I capelli, invece, erano biondi e scompigliati, proprio come i miei.
Be', oggi stranamente no.

«Laura... ci siamo» mormorò.
Aelita balzò in aria. «D'accordo, ci vediamo dopo! Buona fortuna!» e detto ciò mi lasciò un bacio sulla guancia e uscì dalla stanza.

***

«Benvenuti al matrimonio fra William Dunbar e Laura Gauthier» mormorò il prete.

Dio, che caldo.
Era l'unica cosa che potevo dire (mentalmente, ovvio), ma non per via della temperatura, bensì per la mia ansia.
Avevo il terrore che William mi abbandonasse all'altare.
Sarebbe stato così... umiliante!

Non stavamo insieme neanche da sei mesi, eppure ci stavamo sposando, proprio come avevamo fatto Yumi e Ulrich la prima volta.

Pazzi, letteralmente.

Ma del resto, avevamo trascorso tre anni insieme, e tutti quelli separati erano stati un'agonia.
Ci amavamo, quindi perché aspettare?

La voce del prete mi risvegliò.
«Laura?»
«È tutti okay, sono solo un po' emozionata» replicai, lanciando un'occhiata a William.
Lui sorrise comprensivo.

«Bene, riprendiamo» sussurrò il prete, «vuoi tu, William Dunbar, prendere Laura Gauthier come tua sposa per amarla e onorarla ogni giorno della sua vita?»

«Lo voglio»

«E vuoi tu, Laura Gauthier, prendere William Dunbar per amarlo e onorarlo tutti i giorni della sua vita?»

Ovvio!

«Sì, lo voglio!» esclamai.
William non aspettò nemmeno un istante. Mi prese per i fianchi e mi attirò a sé, baciandomi.

La nostra vita insieme stava per cominciare.

***

dicembre 2037

La sveglia era suonata in ritardo, come sempre.
William si era catapultato fuori dal letto e aveva preparato la colazione, insieme a Charlotte, la quale, sebbene avesse solo nove anni era già in grado di gestire la maggior parte della sua vita.

Suo fratello minore, Eric, ne aveva appena sei ed era particolarmente fastidioso. Fra lui e Denise — di appena tre anni — non scorreva buon sangue.
Lui era specializzato a rompere le scatole alla mia bimba più piccola. Forse con il bambino maschio che portavo dentro si sarebbe divertito di più.
Rammentai solo dopo che loro avevano sei anni di differenza. Eric e Scott — il bambino che portavo in grembo — sarebbero stati solo fratelli, non amici.

La mano di William sfiorò la mia.
«Stai bene?» mi chiese.
Annuii frettolosamente. «Sì. Ci pensi tu a Denise? Credo debba fare pipì»
William annuì e mi baciò. Gli rivolsi un sorriso gentile, poi prese in braccio la nostra bambina e scomparve su per le scale, verso il bagno.

Charlotte ed Eric erano seduti al tavolo in mezzo alla cucina, con il volto incastrato nella tazza piena di latte freddo e cereali.

«Mamma» esclamò Eric, «quando torneremo nel giardino di Aelita e Jeremy? Per colpa di Lottie ho dimenticato la felpa!»

Sospirai. «Non lo so, tesoro. Aelita e Jeremy sono piuttosto impegnati, in questo momento. Bloom è parecchio impegnativa»

Lottie sorrise. «È adorabile, quella bambina!»
Eric fece una smorfia, mentre io sorrisi. Qualche istante dopo, William e Denise rientrarono in cucina.

«Le valigie sono già pronte?» domandai.
William annuì. «Sono già in macchina. Ah, quando partiamo dovremmo avvertire i miei genitori, d'accordo?»

Un urlo squarciò la quiete mattutina.
La mia mano si spostò in modo repentino fra le mie gambe. Il pigiama rosa che William mi aveva regalato poco dopo il settimo mese di gravidanza, era fradicio.

«Laura!»

«Non credo che proprio che andremo dai tuoi genitori. Saranno loro a venire»
Avrei voluto aggiungere qualcos'altro, ma fui costretta a fermarmi. Urlai ancora e fu allora che William si alzò.

«Charlotte: prendi Eric e Denise e uscite di casa. Andate in garage, vi raggiungiamo subito»

I miei tre figli scomparvero dalla mia vista.
Urlai ancora.
William mi prese la mano e mi aiutò a camminare fino alla porta di casa. Afferrò le chiavi dell'auto dalla mensolina dell'atrio principale, poi uscimmo dalla casa, diretti in ospedale.

Scott stava per arrivare.

***

«Ecco qua! Tre chili e settanta, signora!»
Tre ore dopo esser fuggita da casa, l'infermiera coi capelli blu legati in una treccia, mi posò fra le braccia mio figlio.
Il quarto.
Scott Dunbar.

Accanto a me, William si chinò a baciarmi la testa. I miei genitori, quelli di William e i nostri più cari amici, insieme ai loro figli, erano aldilà del letto, che sorridevano.

«Assomiglia a Laura» dichiarò mia madre, agitando la folta chioma bionda.
«È bellissimo!» trillò la signora Dunbar.

La mia migliore amica si avvicinò e sfiorò l'unico ciuffo di capelli che Scott aveva.
I suoi occhioni, nel giro di qualche minuto, si chiusero e sprofondò in un sonno profondo.

Quasi quanto me, che a distanza di sette anni, ancora ricordavo ogni singolo istante della sua nascita e della sua infanzia.

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