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capitolo quarto: la fabbrica.

CHARLOTTE DUNBAR

Quando la campanella dell'ultima ora del mercoledì pomeriggio suonò, l'aula cominciò lentamente a sembrare meno affollata. Tutti gli studenti guizzarono fuori dalla classe come se fosse affetta dalla peste.

Presi la mia borsa e mi incamminai verso l'uscita senza Leo. Quel bastardo aveva saltato l'ultima ora perché aveva qualcosa di meglio da fare. E ovviamente dovevo passargli tutti gli appunti.

Leo era piacevolmente avvantaggiato nello studio dello spagnolo, perché i suoi genitori lo parlavano con la piccola Soledad. Ma questo non era un motivo in più per partecipare alla lezione, anzi... era uno in più per saltarla.

In più, avevo impiegato l'intera pausa pranzo per appendere cartelli in tutto il collegio ed ero letteralmente sfinita.

Il giorno seguente ci sarebbe stata una riunione fra dipendenti del giornalino scolastico, del quale io ero la direttrice. Dato che avevamo perso parecchi fotografi e redattori, avevo deciso di trovarne di nuovi, nella speranza che fossero perfetti come quelli precedenti.

D'un tratto il mio telefono squillò. Lo tirai fuori dalla borsa e notai un nuovo messaggio.

> Hugo
> vi aspetto alla fabbrica. sono riuscito ad accendere il computer, ma voglio esplorarlo con voi.

Sbuffai e tenendo il telefono fra le mani mi diressi verso il parco del collegio. I miei piani erano andati letteralmente in frantumi. Volevo tornare a casa, preparare un frullato alla fragola e alla menta, studiare un po', preparare qualche appunto per il discorso da fare il pomeriggio successivo alla riunione e guardare un paio di episodi di Gossip Girl.

In più, non sapevo come arrivare in quel luogo così strano. Ricordavo qualche buia stradina nelle fogne... ecco, nelle fogne! Non ricordavo di dover passare da lì...

«Charlotte!»

Una voce mi richiamò. Mi risvegliai dal mio monologo interiore e mi voltai. Davanti a me c'era Leo. Assunsi l'espressione più rabbiosa del mio vastissimo repertorio e cacciai un urlo.

«Perché non eri a lezione? Che cavolo stavi facendo? Se pensi che io ti passerò gli appunti di spagnolo, caro mio, ti sbagli di grosso!»

Leo mi stava guardando con un sopracciglio alzato e le braccia conserte. Sospirai e mi scusai.

«Volevo solo dirti» mormorò, «che stai sbagliando strada. Il tombino è da questa parte»

Lo fissai perplessa per qualche istante, poi sospirai e lo seguii, camminando dietro di lui e rigorosamente in silenzio. Leo aveva i capelli sudati, la maglietta bianca pezzata e zoppicava. Qualsiasi cosa fosse successa, l'avrei scoperto: ero una giornalista, dopotutto.

Quando arrivammo al tombino sentii il bisogno di parlare. La mia lingua era rimasta a freno per troppo tempo. Leo si calò all'interno delle fogne e mi lanciò un'occhiata. Naturalmente sembrò capire il mio problema e sospirando disse: «Non osare aprire bocca. Non voglio condividere con te una conversazione su quanto sia disgustoso camminare nelle fogne»

Sbuffai e mi calai all'interno delle fogne, subito dopo di lui. Quando atterrai, Leo era davanti a me. Si voltò e riprese a camminare.

Come faceva a ricordare la strada era un mistero, considerando che era andato alla fabbrica solo una volta. L'unica cosa che ricordavo era una curva e una scala a distanza di qualche metro, la via d'uscita da quel buio puzzolente.

Poteva il buio essere puzzolente?

«Charlotte, porca miseria» esclamò d'un tratto Leo.

«Che vuoi?»

«Potresti non borbottare? Mi dai fastidio!»

Lo guardai con gli occhi spalancati e immediatamente mi scusai, chiedendomi se davvero ero in grado di borbottare.

Parlo da sola?

Chiusi gli occhi solo un istante e quando li riaprii mi ritrovai a pochi metri di distanza dalla famosa scala.

«Salgo prima io, così ti do una mano a riemergere, d'accordo?»

«Okay... grazie» mormorai, e lasciai che Leo mi superasse.

***

AIKO STERN

L'ascensore si aprì improvvisamente. Leo e Charlotte si avvicinarono sorridendo al computer e ci salutarono. Hugo, seduto al computer, si limitò ad alzare la mano.

«Mi auguro che tu ci abbia fatto venire fin qui per qualcosa di veramente serio» esclamò Lottie, sbattendo le ciglia in modo innaturale.

Hugo annuì. «Naturalmente, Miss Dunbar. Mettiti comoda, adesso comincia la vera festa»

Voltai il capo verso lo schermo e vidi Hugo premere con forza un pulsante della tastiera. Il display principale del computer divenne bianco e dopo un millesimo di secondo lo sfondo divenne azzurro. In basso apparvero dei rettangolini arancioni, ma la mia attenzione venne catturata dall'improvvisa apertura di una finestra.

«Digitare la password? Pensi di saperla?» domandò Leo.

Hugo annuì. «Certo che la so»

Digitò qualche tasto e la finestra scomparve. Passarono alcuni istanti di silenzio, poi i rettangolini arancioni si alzarono e divennero più grandi. All'interno di essi c'erano delle fotografie e sotto di esse dei pallini colorati. I miei occhi stavano scrutando quella di due persone che potevano avere all'incirca tredici-quattordici, massimo quindici anni...

«Hugo» mormorò Lottie quasi come se fosse senza voce, «guarda la prima fotografia»

I miei occhi si spostarono. Nella cartina centrale c'era una ragazzina dai capelli rosa. Aveva due strani segni rosa sul volto e indossava una tuta azzurra futuristica. Sembrava... una supereroina, o qualcosa del genere.

Il mio sguardo finì sull'espressione incredula di Hugo.

«Quella ragazzina avrà tredici anni» mormorò Candice, come per tranquillizzarlo, «non può essere... chi tu pensi che sia» sputò lentamente, rendendosi conto che era incredibile pure per lei.

Pensavo la stessa cosa. Quella ragazzina somigliava in modo decisamente incredibile ad Aelita Belpois, la madre di Hugo.

Leo cliccò su una freccina della tastiera e al posto della figurina raffigurante Aelita, ne apparve una che mostrava un ragazzo biondo. Candice si tappò la bocca quasi senza fiato.

«Porca miseria» sussurrò il fratello, poi lanciò un'occhiataccia alla sorella minore.

Sentivo il respiro affannoso di Lottie sulla mia spalla. «Che cosa significa tutto questo? Quella ragazzina è chiaramente Aelita e... quell'uomo-gatto è Odd!» gridò la mia migliore amica.

Leo le scoccò un'occhiataccia. «Grazie per essere sempre così... diplomatica, Charlotte»

Hugo sbatté una mano sulla tastiera, per zittirli, ma cliccò su una freccina. L'immagine cambiò ancora: nel centro dello schermo apparve la figurina che prima avevo guardato a lungo.

Sembrava... mia madre. Voltai il capo e vidi gli occhi di Edmund riempirsi di lacrime. Tremava come una foglia e aveva il respiro irregolare.

«Spiega questo, Hugo! Che cosa significa? Perché c'è una foto di Yumi, Aelita e Odd in questo stramaledetto computer?» strillò Charlotte, come se fosse fuori di sé.

Guardai Hugo.

«Le sorprese non sono finite» mormorò, «c'è una foto di Ulrich, di William, di Mary e anche di Laura. Non so perché ci siano delle loro fotografie in questo computer, Charlotte, ma sono preoccupato quanto te. Di certo, c'è qualcosa che non torna, e i nostri genitori ci devono delle spiegazioni»

Balzai in aria. «Aspetta... cosa? Vuoi parlare con i nostri genitori di quanto abbiamo scoperto? È fuori discussione! Non posso chiedere ai miei genitori di questo computer!»

Hugo si voltò a guardarmi. «Come no? Loro non ti hanno mai parlato di questo computer, significa mentire... alla propria figlia!»

Lo guardai con perplessità, tenendo un sopracciglio alzato e il labbro intrappolato fra i denti. Abbassai il capo, mi sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e deglutii.

«Ascolta... non possiamo parlare con nessuno di questo posto, a maggior ragione con i nostri genitori! Prima di tutto dobbiamo scoprire che cosa facevano qua. Di certo, non si nascondevano per girare videocl...» notai l'espressione sconvolta dei miei amici, così mi schiarii la voce e mi scusai.

Leo sospirò. «Invece penso che ci sia qualcuno a cui dovremmo raccontarlo. No, non sto parlando dei nostri genitori... semplicemente di Liesel e di Eric. I loro genitori hanno una fotografia in questo computer e meritano di saperlo»

Charlotte piegò le braccia al petto e lo guardò confusa. «Da quanto sei così premuroso? La prossima volta avvertimi, così non avrò un infarto, d'accordo?»

Hugo sbuffò. «Non è questo il momento di discutere»

Edmund annuì. «Sì, ha perfettamente ragione. Visto che sei l'unico a saper usare questo computer, puoi cercare qualche informazione?»

Hugo dondolò il capo. «Resterò qui fino all'ora di cena e domattina ci incontreremo durante la pausa per parlarne. Nel pomeriggio mostreremo ad Eric e Liesel il nostro segreto, d'accordo?»

Charlotte annuì. «Per le sei va bene a tutti? Purtroppo dalle quattro alle cinque ho la riunione...»

Candice le sorrise e la interruppe. «Va bene a tutti, Charlotte»

La mia migliore amica annuì, e dopo aver salutato tutti raggiunse l'ascensore e tornò a casa, dicendo di dover sbrigare parecchie faccende.

«Pensi davvero che siano i nostri genitori?» domandò Candice con voce flebile.

Hugo annuì. «Sì. Non penso che vent'anni fa esistesse un sosia esatto dei nostri genitori, che abitassero tutti a Parigi e che studiassero al Kadic»

La ragazza sorrise timidamente, poi riabbassò il capo.

Quando Hugo si accorgerà che Candice ha una cotta per lui, lei sarà già bisnonna, pensai io, osservando gli occhi di entrambi. Brillavano allo stesso modo.

«Bene... devo tornare in collegio. Ci vediamo a cena?»

«Ovvio. A dopo» replicò Leo.

Raggiunsi l'ascensore e mi intrufolai all'interno, tornando a casa.

***

HUGO BELPOIS

«Sei sicura che stiano per arrivare? Sono un po' preoccupato» esclamai, guardando Aiko per la trecentesima volta nell'ultimo minuto.

La giapponese annuì e mi lanciò un'occhiataccia.

«Se me lo chiedi un'altra volta, ti mando a quel paese!» replicò, agitando la lunga treccia castana.

Quel giovedì pomeriggio – io, Aiko e Leo – stavamo aspettando i rimanenti del nostro gruppo alla fabbrica. Charlotte era appena uscita dalla riunione del giornalino, mentre Candice ed Edmund stavano trascinando mia sorella ed Eric fino a qui.

«Staranno arrivando» mormorò Leo, seduto a terra, con la schiena contro il muro.

«Per una volta» s'intromise Aiko, «sono d'accordo con lui»

In risposta, lui rifilò alla giapponese una linguaccia. Aiko non si scompose, si voltò e continuò a guardare lo schermo acceso del computer, dov'erano ancora presenti le fotografie dei nostri genitori. Durante le ore trascorse a cercare di scoprire a cosa servisse quel computer, avevo notato che su alcune figurine c'era un pallino rosso, per l'esattezza su quello di Aelita, Yumi, Odd, Ulrich e William. Il motivo ancora non lo sapevo, però.

D'un tratto l'ascensore si aprì. Immediatamente sentii mia sorella Liesel urlare contro la sua migliore amica Candice e, quando i quattro ragazzini, insieme a Charlotte, entrarono nella sala, il mio sguardo cadde sul silenzioso e curioso Eric. Si guardava attorno con fare tranquillo, come se tutto quello che fosse attorno a lui fosse decisamente reale, e non incredibile.

«Hugo!» gridò Liesel, appena mi notò.

Si avvicinò a grandi passi e indicò con un dito la sua amica. «Candice mi ha detto che dovevi farmi vedere una cosa. Be'... ti sembra il luogo adatto per mostrarmela? Esiste un dannato parco, attorno al collegio. Non potevamo vederci là? Ehi aspetta» aggiunse poco dopo la sfuriata, «che cosa ci fai seduto ad un computer? E questa sfera azzurra che cos'è? E perché siamo tutti qua?»

Aiko sospirò e si mise in mezzo. «Adesso calmati, su. Ti diremo tutto quello che hai bisogno di sapere. Per ora... limitati a chiudere la bocca e, nel caso in cui dovessi parlare, ad abbassare il tono di voce»

Liesel la guardò di stucco. Sentendosi un po' in colpa annuì e tacque.

«Bene» esordii, «Liesel ed Eric, ascoltatemi. Qualche giorno fa, Candice ed Edmund sono venuti fin qui per errore, ed io, Lottie, Leo e Aiko li abbiamo seguiti. Siamo arrivati in questa stanza, dove tutto ci sembrava surreale, così abbiamo deciso di scoprire a cosa servisse un computer come questo in una fabbrica abbandonata»

Feci una pausa. Eric mi guardava con espressione neutra, mentre mia sorella aveva gli occhi spalancati ed era pallidissima.

«Ieri sono riuscito ad accenderlo. Nella pagina principale, c'erano queste fotografie. Ora» mi affrettai ad aggiungere, appena Liesel fece un passo in avanti, «vorrei che le guardaste uno alla volta, onde evitare svenimenti, litigi, discussioni e... chi ne ha più ne metta»

Mia sorella mi scoccò un'occhiata perplessa. «Tu stai male, Hugo» e detto ciò si avvicinò allo schermo e fissò incuriosita le figurine. Quando si accorse che i sette adolescenti nelle fotografie somigliavano in modo quasi perfetto ai nostri genitori e a quelli delle persone nella stanza, si tirò indietro e mi guardò.

«Cosa...» balbettò, ma Eric la superò e venne a guardare. Ebbe la stessa reazione di mia sorella.

«Cosa significa, scusa? Non... non capisco» mormorò, grattandosi la nuca.

Deglutii. «E qui, entra in gioco il mio lavoro. Ho passato ieri pomeriggio seduto qua a controllare questo computer e ho scoperto delle cose che probabilmente non ci piaceranno molto»

Charlotte sospirò. «Di che cosa stai parlando?» domandò.

«Il nove ottobre del 2011, Jeremy Belpois si trovò in questa fabbrica quasi per caso. Stava cercando dei pezzi per completare un robot che doveva presentare ad un concorso. Pensava di trovare pezzi di materiale inutilizzato, ma la sua attenzione è stata catturata da questo enorme computer, che lui chiama supercomputer. Collegato ad esso, ci sono gli scanner e un potente elaboratore centrale»

Tutti avevano lo sguardo perso, stupito, e mi guardavano come se stessi blaterando in aramaico. Fu Aiko a rompere il ghiaccio, l'unica che forse aveva compreso la metà delle parole da me pronunciate.

«Ehm, credo di aver capito, forse» mormorò, «puoi andare avanti»

«Ecco, sì. Dopo aver trovato il supercomputer, l'ha acceso, proprio come ho fatto io. Mio padre dice di aver scoperto, all'interno di esso, un luogo virtuale, chiamato Lyoko, diviso in quattro settori: Foresta, Banchisa, Deserto e Montagna»

Leo mi fermò. «Cosa cosa? Non credo di aver capito bene. Un mondo virtuale? Ma che roba è?»

Cercai di restare calmo. «Lyoko è un mondo virtuale, Leo, sì. In pratica è come se tu diventassi Ash Ketchum all'interno dell'app dei Pokémon Go»

Leo saltò in aria e sorrise. «Oh, adesso è decisamente più chiaro. Quindi in pratica tuo padre era Ash?»

Lo guardai male. «Non proprio. Mio padre manovrava il supercomputer e aiutava coloro che lottavano su Lyoko, i Guerrieri»

Liesel si schiarì la voce. «Intendi... i nostri genitori?»

Annuii. «Proprio così. Ognuno di loro era un Guerriero Lyoko. Ma questo è successo dopo, prima sono accadute molte altre cose»

Eric sorrise. «Voglio sentirle»

«D'accordo» esclamai, «Purtroppo, però, Lyoko era controllato da un'entità informatica malvagia, chiamata XANA. Effettivamente, c'era una persona che, con la sua sola presenza a Lyoko, lo salvava dagli attacchi da parte dell'entità. Era una ragazzina, più appartenente alla mitologia norrena, che alla vita umana. L'elfa non ricordava il suo nome, perciò quando ha conosciuto Jeremy, mio padre le diede un nome di battesimo...»

Mi bloccai un istante e guardai mia sorella. Liesel alzò un sopracciglio e sospirò confusa. «Che cosa c'è? Ti sto ascoltando, Hugo»

«Non è quello» replicai.

«Allora cos'è?» domandò Edmund, facendosi avanti. Aiko gli lanciò un'occhiataccia.

Sospirai. «Il nome che Jeremy diede all'elfa è... Maya. E tu, Liesel, sai benissimo qual è il tuo secondo nome»

Effettivamente era così. I miei genitori l'avevano chiamata Liesel perché era nata a Berna – dai miei nonni materni – e il secondo nome l'aveva scelto mio padre, dicendo che era il nome di una loro vecchia amica, ma a quanto pareva era una bugia.

«Oh mio Dio» mormorò Liesel, «vuoi dire che Maya è...?»

Con un gesto del capo, annuii. «Sì, Maya è Aelita. Tuttavia, mio padre decise di non spegnere il supercomputer, anzi... propose ad Aelita di venire a vivere sulla Terra e lei accettò. Per farlo, però, necessitava di un procedimento che non conosceva»

Candice mi bloccò. «Frena» disse, «vuoi dire che Aelita è la stessa persona che era bloccata a Lyoko?»

«Sì, sono la stessa persona»

«Quindi significa che Jeremy è riuscito a tirarla fuori, giusto?»

Aiko guardò Leo facendo una smorfia. «Complimenti. Un oscar per la genialità di questo ragazzo»

Leo abbassò il capo e imprecò contro la giapponese, ma io non diedi ascolto alle sue lamentele.

«Nel video successivo, Jeremy dice di aver raccontato a Ulrich Stern la sua scoperta e aggiunge di voler provare gli scanner. Per farlo, però, bisognava utilizzare una cavia. Quello stesso giorno, Ulrich aveva conosciuto il suo nuovo compagno di stanza, Odd Della Robbia, che dentro alla valigia si era portato il cane, Kiwi»

Leo alzò il capo. «Non sarà quella palla di pelo che c'è nella foto che papà ha sul comodino, spero»

Candice soffocò una risata. «Che sia lui o no, papà ha gusto nella scelta dei nomi»

«Non sai quanta» commentò Leo, roteando gli occhi.

Gli lanciai un'occhiataccia e lui si zittì.

«Ulrich riuscì a rapire Kiwi e portarlo qui, senza però rendersi conto che Odd lo stava seguendo. Perciò, la cavia non è stata Kiwi, bensì... il suo amato padroncino, nonché vostro padre» e lanciai uno sguardo a Candice e a Leo.

«Emozionante» commentò Leo, «puoi andare avanti»

Sospirai infastidito. «Odd si è quindi ritrovato virtualizzato su Lyoko in una versione di sé decisamente differente»

«E' l'uomo-gatto che c'è in quella fotografia, giusto?» domandò Charlotte, indicando il supercomputer.

Annuii con un gesto del capo. «Proprio così. Purtroppo però, quando Odd è arrivato su Lyoko le cose non sono andate molto bene. Come ho già detto prima, Lyoko è suddiviso in settori: Montagna, Deserto, Foresta e Banchisa. O meglio, i Guerrieri pensavano di conoscere solo questi, ma dopo ne hanno scoperti altri due: il Settore 5 e il Cortex. Su ognuno di questi settori, sono presenti delle Torri, che vengono attivate quando XANA attacca. Il lato negativo di tutto questo è che, se l'attacco partiva su Lyoko, molto probabilmente si spostava anche sulla Terra, e per questo era importante che Aelita – ma successivamente anche gli altri – disattivassero le torri prima che la faccenda sulla Terra degenerasse»

Eric sospirò. «E' la spiegazione più confusa che io abbia mai sentito, non perché non sei capace di spiegarlo, ma perché sembra tutto surreale»

Annuii debolmente. «Lo so, sembra incredibile, ma è la verità. Non credo che mio padre passasse pomeriggi interi a registrare video in cui raccontava ciò che accadeva a Lyoko, se nemmeno esisteva»

Gli occhi di Liesel si illuminarono. «Quindi ne ha girati altri? E che cosa dicono?»

«Semplicemente quello che è successo dopo. Ovvero che al gruppo si sono uniti altri Guerrieri. L'ordine esatto sarebbe: Yumi, William – che venne catturato da XANA e fatto prigioniero per parecchio tempo – , Mary ed infine Laura. Tutti hanno combattuto XANA fino allo sfinimento»

Candice annuì. «Mia madre mi ha raccontato che ha cominciato a frequentare il Kadic dopo aver lasciato una scuola privata, nel centro di Parigi, ciò significa che si è unita più avanti. Sai spiegare perché?»

«Certo» risposi, «Mary si è trasferita al Kadic solo tre anni dopo. Appena arrivata, XANA intensificò gli attacchi e li rivolse tutti a lei. Un giorno i Guerrieri furono costretti a portarla alla fabbrica, con la promessa che Jeremy avrebbe esercitato il "ritorno al passato", un procedimento che distrugge gli interventi di XANA durante gli attacchi, e fa ripetere la giornata da prima che l'attacco cominci. Tuttavia, Mary non si era dimenticata nulla di quello che era capitato quel giorno, perciò era tornata alla fabbrica. Da quel giorno scoprirono che lei era destinata a diventare una dei Guerrieri e così fu»

Leo alzò il capo. «Come mai? C'è un motivo in particolare?»

«Sì. Ehm, Franz Hopper, ovvero... sì, nostro nonno, aveva ideato Lyoko, luogo in cui si rifugiò insieme ad Aelita perché inseguito da ex colleghi di un'organizzazione terroristica, la Green Phoenix. Un suo ex collega aveva creato XANA e aveva fatto credere a tutti che nostro nonno l'avesse organizzata. Non sapendo cos'altro fare, si era nascosto su Lyoko insieme ad Aelita»

Ogni volta che nominavo mia madre, Liesel alzava il capo e incontrava il mio sguardo. Era strano raccontare la vita di mia madre e dei suoi amici più cari a delle persone come loro.

«Il collega che aveva creato XANA, Simon Cook, era il migliore amico del padre di Mary, Peter Montgomery. Quando era piccola lei sapeva tutto su questo programma, così, per evitare che la notizia fosse diffusa, Peter e Simon avevano deciso di prelevarle la memoria. Ogni singolo istante della vita di Mary venne trasportato a Lyoko. Per questo lei si sentiva attratta da Lyoko: perché la sua memoria era intrappolata lì dentro e doveva a tutti i costi recuperarla»

Gli occhi dei miei amici sembravano stanchi di ascoltare. Avrei voluto terminare lì, ma le sorprese non erano affatto terminate.

«Però se hanno spento il supercomputer significa che probabilmente XANA era stato definitivamente sconfitto, giusto?» domandò Edmund.

Scossi il capo. «Purtroppo no. I nostri genitori hanno deciso di spegnere il supercomputer perché c'era la loro vita nella questione. XANA aveva inserito alcuni codici nei loro corpi, che si potevano distruggere solamente una sola volta, e se non ci fossero riusciti sarebbero morti all'istante. Non potevano rischiare così tanto e così hanno spento il supercomputer e deciso di vivere il resto dei loro giorni con una parte di XANA nel proprio corpo»

Il racconto era finalmente terminato. Tutti guardavano a terra, pensavano alle mie parole, le analizzavano, sperando di poter comprendere in modo migliore le scelte prese dai propri genitori. Apprezzavo il lavoro di mio padre, per aver riportato mia madre sulla Terra, ma non mi andava a genio il fatto che non me ne avessero parlato. Sì, era una storia pericolosa e forse avevano fatto bene a non raccontarmela, però la delusione c'era comunque.

«I nostri genitori ci hanno mentito» proruppe Aiko, «ma ciò non toglie che l'hanno fatto per proteggerci. Io credo che dovremmo aiutarli a distruggere quei codici. Forse possiamo farcela»

Guardai la giapponese e sorrisi. «Sì. Avete presente quei pallini rossi che sono raffigurati sulle figurine di Aelita, Yumi, Ulrich, Odd e William? Ecco, credo che solo loro abbiano i codici»

Aiko sorrise.

«Perfetto. Allora... siamo tutti d'accordo?» domandò mia sorella, sorridendomi timidamente.

A poco a poco, tutti alzarono il capo. Edmund ed Eric si scambiarono un'occhiata veloce e annuirono insieme; Candice mi guardò di sottecchi e accettò pure lei. Immediatamente, il fratello le lanciò un'occhiataccia e accettò pure lui, perché doveva a tutti i costi proteggere la sorella. Mancava solo Charlotte: incontrai il suo sguardo e sorrise.

«Abbiamo sette nuovi Guerrieri Lyoko»

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NELLA FOTO: Chloe Csengery nel ruolo di Charlotte Dunbar.

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