capitolo cinque: virtualizzazione!
ERIC DUNBAR
La mattina successiva, entrai in classe da solo e mi accomodai al mio posto. Nella stanza c'era ancora odore di detersivo e di caramelle alla banana, segno che era stato l'unico bidello uomo del collegio a pulire l'aula.
Tirai fuori dallo zaino il quaderno e il libro di francese. Improvvisamente nell'aula entrò Alexie: indossava dei jeans blu e una normalissima maglietta bianca. I capelli castani erano raccolti in una coda alta. Appena mi notò sorrise e si avvicinò al suo banco.
Decisi di non guardarla, sebbene fosse molto carina. Alexie mi era sempre piaciuta come persona: era divertente e timida allo stesso tempo, con una strana passione per i vestiti di seta e le scarpette di camoscio. Con il passare del tempo, sua madre era riuscita a bloccare questa sua piccola pazzia, imponendole di vestirsi in modo meno formale.
«Ehm, posso farti una domanda?» domandò d'un tratto.
Parlava francese con uno strano accento inglese. Del resto, aveva vissuto in Inghilterra per dieci anni e suo padre doveva provenire dall'Irlanda, sebbene fosse nato in Francia. O almeno questo era quello che sapevo.
«Certo, dimmi» risposi, e la guardai.
Alexie si alzò dal suo banco, portandosi dietro un foglietto ripiegato in quattro. Prima di poggiarlo davanti a me, lo aprì. Sapevo che cos'era. Charlotte li aveva stampati la sera prima a casa: era una locandina per il famosissimo Ballo di Settembre, al quale naturalmente lei ci sarebbe andata.
«Tua sorella me l'ha dato prima di entrare in classe. Ho letto brevemente le prime righe, ma ho scoperto che per partecipare bisogna avere un accompagnatore» mormorò lentamente, sbattendo irregolarmente le ciglia. Ricordai dopo che era un tick nervoso che adottava per via della sua timidezza.
Mi schiarii la voce. «Sì, per entrare devi avere un accompagnatore, ma non è obbligatorio partecipare»
Alexie annuì e sorrise. Pensavo volesse chiedermi di venire con lei, invece mi ringraziò e tornò a sedersi al suo posto. Non sapevo se questo sua decisione mi aveva rattristato o rallegrato, eppure mi aveva lasciato dell'amaro in bocca.
«Eric!» gridò improvvisamente Liesel, entrando in classe, «tua sorella mi ha appena dato la locandina per partecipare al Ballo di Settembre! Non è grandioso? Peccato che io non abbia un accompagnatore, sarebbe davvero bellissimo!»
Candice soffocò una risata insieme ad Eric ed entrambi si accomodarono al loro posto. Lanciai un'occhiata ad Alexie: stava fissando le due ragazze con la coda degli occhi, come se volesse essere al loro posto.
«Tu ci andrai?» domandò Edmund, passandosi una mano fra i riccioli.
Scossi il capo. «Non lo so, ad essere sincero»
Liesel sospirò. «Certo che verrai. Accompagnerai Candice, l'ho deciso io!»
Edmund le lanciò un'occhiataccia. «Aspetta, quindi io dovrei venire con te? Non mi sembra una buona idea, ma visto che ci tieni così tanto, allora va bene»
Liesel saltò in aria. «Sarà divertentissimo!»
Qualche istante dopo, Alexie si schiarì la voce. Tutti e quattro voltammo il capo verso di lei e la guardammo perplessi.
«Volevo solo dirvi» balbettò, «che...»
Edmund alzò le sopracciglia. «...che?»
Alexie abbassò la testa e sospirò, cercare di prendere fiato e di parlare. Non riusciva a dialogare con noi, data la sua timidezza.
«Volevo solo dirvi che potete anche salutarmi, visto che siamo nella stessa classe. Non è affatto colpa mia se otto anni fa mia madre ha deciso di portarmi via da qui, quindi trovo molto scortese il fatto di non considerarmi, come se non ci conoscessimo»
Candice aveva la bocca spalancata, mentre Liesel la guardava con un sopracciglio alzato e le braccia conserte. Io non osavo incontrare il suo sguardo.
Liesel provò a risponderle, ma l'insegnante entrò in classe seguita dal resto della classe e così Alexie voltò il capo e tornò a leggere. Avrei tanto voluto dirle qualcosa, ma non sapevo esattamente quali parole scegliere.
Quella ragazzina mi incuriosiva sempre di più. Perché sua madre era fuggita dalla Francia otto anni prima? Che cosa l'aveva spinta a farlo? Un semplice problema di lavoro o qualcos'altro?
«Bene, ragazzi» esordì la professoressa, «tirate fuori i quaderni e cominciamo la lezione»
Lanciai un'occhiata ad Alexie: era sola, perché quel giorno il suo compagno era assente. Mi dispiaceva così tanto lasciarla nella solitudine, soprattutto perché ancora non conosceva nessuno. Forse avrei potuto fare qualcosa per lei, starle vicino e confortarla, nel caso in cui avesse avuto bisogno di qualcosa.
***
LEO DELLA ROBBIA
«La lezione è cominciata da tre minuti e già abbiamo problemi. Volevo solamente guardare quel film» mormorai, seduto al fianco di Hugo.
Il mio migliore amico sbuffò. «A chi lo dici. È un po' strano, bisogna ammetterlo»
Feci spallucce. «Non lo so e sinceramente poco mi interessa»
Hugo si guardò attorno. Stavo quasi per rispondere ad un messaggio, quando mi toccò il gomito e mi indicò la presa della corrente. I miei occhi notarono immediatamente delle strane scariche...
«Non crederai che...?» sussurrai.
«Jeremy diceva che generalmente gli attacchi di XANA si manifestano in questo modo. Credo che dovremmo dare una controllatina» mormorò lentamente Hugo.
Ci scambiammo un'occhiata decisa. Mi accasciai a terra, sotto lo sguardo sconvolto di tutti i miei compagni, e subito Hugo corse ad aiutarmi.
«Professore» esclamò il mio migliore amico, «credo che Della Robbia non si senta tanto bene. Lo accompagno in infermeria»
Il professore, per tutta risposta, mugugnò senza nemmeno guardarmi. Hugo mi aiutò ad alzarmi e, facendo finta di star male, abbandonai la classe. Quando la porta si chiuse alle mie spalle, cominciammo a correre verso l'uscita del collegio.
«Prima verifichiamo e dopo chiamiamo gli altri, d'accordo?» esclamò Hugo, mentre uscivamo dalla porta principale.
Annuii con un gesto del capo. «Va bene»
***
CHARLOTTE DUNBAR
La lezione di inglese era cominciata da circa mezz'ora. Aiko, al mio fianco, cercava inutilmente di rispondere alle domande della professoressa, alle quali rispondeva sempre Jennifer.
Quel giorno indossava un abito verde mela, che le arrivava fino al ginocchio. Inutile dire che le stava benissimo. Ma quel giorno avevo occhi per qualcun altro.
Il pomeriggio precedente, alla riunione di inizio anno per la redazione del giornalino scolastico, si era presentato anche un certo Damian, un ragazzo che avevo visto qualche volta quand'ero bambina, solo perché era cugino di secondo grado di Hugo e Liesel, figlio di Patrick e Samantha Belpois.
Ad essere onesta, era davvero un bel ragazzo, ma niente in confronto a tutti quelli che sbavavano dietro a Jennifer.
Damian Belpois aveva già sedici anni ed era stato bocciato l'anno prima. Aveva solo due principali passioni: il giornalismo e il surf, che praticava d'estate, per la precisione in Australia, dove passava tre settimane insieme ad alcuni amici di famiglia.
«Lottie» bisbigliò Aiko, «smettila di fissarlo»
Voltai il capo verso di lei e sorrisi. «Tranquilla. Non si accorgerà che lo sto guardando»
«Ma tu non lo stai guardando» mi corresse Aiko, lanciandomi un'occhiataccia.
Poco dopo, il mio cellulare vibrò. Lo tirai fuori dalla tasca e notai un nuovo messaggio di Hugo.
> venite alla fabbrica. C'è una torre attiva.
Mostrai il messaggio ad Aiko e lei, subito dopo averlo letto, annuì.
«Mettiamo in mostra lo show?» domandai, sorridendo furbamente.
Aiko annuì.
***
LIESEL BELPOIS
«Scusaci per il ritardo!» esclamai uscendo dall'ascensore, «siamo arrivati appena possibile»
Dopo aver ricevuto il messaggio da parte di mio fratello, io e gli altri eravamo riusciti a fuggire dalla classe per arrivare alla fabbrica. Candice era spaventata, perché era la prima volta che scappava da una lezione.
«Andate agli scanner» tagliò corto Hugo, «però vorrei che due di voi rimanessero qua, nel caso accadesse qualcosa»
Con un balzo, Candice fu di fianco a Hugo. Suo fratello le lanciò un'occhiataccia, ma lei non osò giustificarsi.
«Andate voi» mormorò Charlotte improvvisamente, «io resterò qua con Hugo e Candice»
Aiko e Leo annuirono, poi raggiunsero me, Edmund ed Eric all'ascensore. Scendemmo di un piano e quando le porte si aprirono mi ritrovai in una stanza grande come quella al piano superiore. Le pareti erano giallognole c'era odore di muffa.
Tre alti cilindri erano aperti, nel centro della stanza. Hugo ordinò a me, Aiko e Leo di avvicinarci e di entrarvi. Un po' intimorita, mi avvicinai a quello più vicino e misi un piede all'interno. Quando mi voltai vidi Edmund: mi rivolse un sorriso ed io, un po' stupita, ricambiai il gesto. Improvvisamente le porte dello scanner si chiusero.
«Trasferimento Aiko! Trasferimento Leo! Trasferimento Liesel!»
Una potentissima luce gialla mi investì, così chiusi gli occhi.
«Scanner Aiko! Scanner Leo! Scanner Liesel!»
Improvvisamente sentii le scarpe staccarsi dal suolo e il mio corpo venne innalzato, verso il soffitto dello scanner.
«Virtualizzazione!»
Riaprii gli occhi dopo aver sbattuto il sedere su una superficie dura. Attorno a me c'era uno strano paesaggio: alcune colline marroni si estendevano per diversi metri, formando caverne e buchi sulla strada del medesimo colore.
Voltai il capo: Leo e Aiko erano in piedi davanti a me e si stavano osservando.
Lui indossava l'abbigliamento che Odd aveva nella fotografia che avevo visto nello schermo del supercomputer; mentre Aiko portava quello della madre.
Abbassai lo sguardo e notai che anch'io non indossavo più i jeans e la maglietta di quella mattina, bensì il costume di mia madre.
«Hugo» esclamò Aiko, «c'è qualcosa che non quadra»
Mio fratello mugugnò. «Di cosa si tratta?»
«Portiamo gli stessi... ehm, costumi... dei nostri genitori. Io quello di Odd, Liesel quello di Aelita e Aiko quello di Yumi»
Hugo rimase senza parole. «Come sarebbe a dire? Mh, aspettate un secondo»
Ci fece attendere qualche secondo, poi di punto in bianco aprì bocca, dicendo che forse aveva un'idea.
«Le fotografie di Yumi, Aelita e Odd hanno un piccolo pallino rosso, ricordate? È probabile che questo sia legato al fatto che portate i loro stessi costumi. Quindi se io mandassi su Lyoko Eric ed Edmund, che sono figli rispettivamente di William e di Ulrich e nella loro fotografia c'è il pallino rosso, significa che entrambi porteranno i vecchi costumi dei loro padri»
Mi scambiai un'occhiata con Leo e Aiko. L'ipotesi di Hugo sembrava filare liscia, perciò lui eseguì i comandi.
Aspettammo qualche istante e poi Eric ed Edmund apparirono a Lyoko. Effettivamente portavano gli stessi costumi dei loro padri.
«Sì, è come dici tu» mormorò Leo, «ma che cosa significa?» domandò.
Hugo sospirò. «Esattamente ciò che avevo in mente. Ricordate quando vi ho raccontato che aveva proposto ai nostri genitori di lottare un'ultima volta ma loro hanno rinunciato?»
Tutti e cinque annuimmo.
«Penso che XANA abbia riconosciuto il DNA che vi unisce... e che quindi dovrete portare a termine il test. Non so bene di cosa si tratta, ma spero solo che sia qualcosa di semplice»
Sospirai. «Hai detto che nostro padre mandava la mamma a cercare informazioni nel settore cinque. Se vuoi posso andare a controllare»
Edmund voltò il capo verso di me. «Andremo io e lei, insieme. Gli altri disattiveranno la torre»
«D'accordo» mormorò, «raggiungete il confine del settore. Vi manderò il Trasportatore per raggiungere il Settore cinque. Gli altri... vi mando i veicoli, così potrete raggiungere la torre più velocemente»
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nella foto: Megan Charpentier nel ruolo di Liesel Maya Belpois.
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