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Capitolo 8 - Un fottuto labirinto

La signora Eliot ci guardò negli occhi per un tempo infinito, prima di dare il suo assenso a ciò che io e mio fratello avevamo già progettato nel dettaglio nelle nostre menti.

Non era stato semplice convincerla: Mike era a un passo dalla laurea e avrebbe dovuto di lì a qualche mese tenere diversi provini per alcune delle squadre di basket più importanti dell'NBA. Pertanto, era più che lecito temere che, a causa di quell'avventura improvvisata, lui perdesse di vista il suo obiettivo.

Alla fine, complice anche la nostra determinazione comune, fu costretta ad accettare la nostra partenza. Tuttavia, quando iniziammo a parlare di fondi, l'unica cosa che ottenemmo dai suoi genitori fu il permesso di utilizzare la loro seconda auto. Tutto il resto sarebbe stato a carico nostro, malgrado concretamente non possedessimo che poco più di un centesimo.

Forse non era stata una grande idea presentarmi ai loro occhi come una ricca ereditiera...

Mio fratello, infatti, disponeva soltanto di cinquecento dollari, mentre io, oramai, ne avevo conservati, rispetto ai trecento di partenza, poco meno di duecento.

Non ci sembrava che fossero così pochi prima di intraprendere il nostro viaggio, in realtà, al contrario, si sarebbero rivelati, molto più avanti, soltanto una piccola goccia in un mare infinito dei dollari che ci sarebbero serviti per portare avanti la nostra missione.

Inoltre, fu complicato spiegare a Sally e a Carl perché non potessimo semplicemente prendere un aereo, senza dire loro che i miei genitori non sapessero nulla di ciò che stessi facendo. 

Mia madre, non so come ci riuscisse, anche dopo il compimento dei miei diciotto anni, sapeva sempre tutto riguardo i miei spostamenti. 

Era necessario, proprio per questa ragione, partire senza avere nessun biglietto che fosse direttamente ricollegabile al mio nome; perciò avremmo dovuto evitare mezzi di trasporto con prenotazioni nominali.

La prima tappa sarebbe stata Fargo, avremmo cercato in ogni modo di scoprire di più sui nostri fratelli. Poi, dopo questa prima visita, avremmo raggiunto Jamestown per ricongiungerci ancora meglio alle nostre radici e per indagare più a fondo la reale motivazione che sedici anni prima aveva portato i nostri genitori ad abbandonarci. 

Mike la ricordava come una cosa talmente tanto improvvisa, un'unica macchia in un'esistenza perfetta, che non poteva essere stata in alcun modo premeditata; e io dal canto mio, sebbene non ne avessi memoria alcuna, fin da subito fui d'accordo con lui.

Quando finimmo di spiegare ogni spostamento ai suoi genitori e di ispezionare la strada insieme al signor Eliot, mi allontanai per contattare l'unica persona con la quale, inspiegabilmente, sentivo fosse giusto parlare di ciò che stava avvenendo.

«Hey... so che a quest'ora sarai molto impegnato e mi auguro davvero che tu lo sia insieme a lei... volevo soltanto condividere con te un altro tassello di questo mio viaggio. Io e mio fratello abbiamo appena deciso di partire per il North-Dakota. Se mai dovesse accadermi qualcosa, voglio che tu sia l'unico a saperlo. Mi sei stato d'aiuto più tu in un solo giorno che i miei amici o i miei genitori in una vita. Ciao Jay, appena puoi, chiamami» spostai il pollice dal simbolo del microfono e inviai la registrazione. Mi sembrò molto strano che non l'avesse neanche ricevuta e che il suo ultimo accesso fosse ormai risalente al giorno precedente, ma non ci diedi grande peso, perché venni distratta dalla presenza di Chris.

Quest'ultimo stava avanzando verso casa con le spalle flosce e la testa abbassata. 

Mi colpii vederlo così affranto.

Alzò il capo solo quando fu abbastanza vicino per accorgersi di me, seduta sui gradini del portico.

«Ciao», è tutto ciò che mi disse, prima di oltrepassarmi.

«Io e Mike partiamo» mi uscii come un fremito dalle labbra.

«Torni a New York?» fece dietrofront, sedendosi immediatamente accanto a me.

«No, andiamo a casa» sospirai «a Fargo».

«A Fargo?» ripeté sorpreso.

Annuii.

«Ho questo brutto vizio di non fermarmi mai a pensare alle cose. Quando qualcuno mi insulta, dieci secondi dopo ho già dimenticato quello che mi ha detto, o se mi fanno un torto, se ovviamente lo decido io, sotterro tutto in un istante. Ebbene, ieri sera l'alcool deve avermi aiutata parecchio... oggi ho trovato il coraggio di affrontare questa cosa con me stessa e poi con Mike, e ho capito ciò di cui ho davvero bisogno. Devo tornare indietro per vedere con i miei occhi cosa mi sono persa e, dopo averlo fatto, al contrario, devo andare avanti, ma non più come Sophia Harbour-Fitzgerald. Infatti, più di qualsiasi altra cosa al mondo, in questo momento e probabilmente per sempre, ho bisogno di essere Elle Robertson» mi aprii con lui, senza neanche rendermene conto, parlando oltre quello che lui stesso mi avesse domandato. Era quello l'effetto che mi facevano i suoi occhi e il suo sorriso, non era soltanto un'attrazione fisica smisurata, quanto più una necessità di perdermici per ritrovarmici misteriosamente.

«Mi fa strano pensare di essere così simili... è raro che io mi scontri con la realtà, ma quando accade devo agire per forza... a meno che io non accetti di snaturarmi completamente, il che neanche avviene così poco spesso» anche lui si rivolse più a sé stesso che a me, ma quando provai a chiedergli qualcosa, Mike comparve alle nostre spalle.

«Non credevo fossi già tornato» scese le scale rapidamente, inginocchiandosi davanti a lui, guardandolo direttamente negli occhi «hai firmato?» gli domandò lentamente, prendendo ad accarezzargli la mano sinistra.

«Ufficialmente venduta» fu tutto ciò che disse, prima che nostro fratello lo stringesse tra le braccia.

Mi sentii un'estranea di passaggio ed ebbi quasi la tentazione di fuggire da quella situazione. Tuttavia, le mie gambe non vollero muoversi, al contrario, rimasero ben piantate nello stesso punto. Forse la mia curiosità di sapere di cosa stessero parlando fu più forte del disagio che provai nel vedere il loro amore fraterno che durava da un ventennio venire fuori sempre in maniera così spontanea.

Non credevo che potesse esistere una gelosia provata nei confronti del proprio fratello, ma a quanto pare era del tutto naturale, anche perché non dovevo impegnarmi molto per far sì che essa prendesse il sopravvento.

«Sophia mi ha detto che andate in North Dakota» lo informò, mentre ancora i loro corpi erano incastrati.

«Vieni con noi... ti prego... ho bisogno di te» Mike si spostò leggermente, parlandogli a un palmo dal naso. Quella visione non fece altro che disturbarmi, così come l'idea che lui glielo avesse domandato senza prima consultarmi. 

Non mi sarebbe dispiaciuto averlo come compagno in questa nuova avventura, eppure, sentii che, ancora una volta, il tempo che avrei potuto passare da sola con il sangue del mio sangue mi era stato rubato da sotto il naso. 

In più, considerando ciò che c'era stato tra me e Chris, non mi sembrava proprio un'ottima idea, rinchiudermi per ore e poi per giorni, prima in un'auto e poi in una camera d'albergo, con un uomo che inspiegabilmente mi faceva venire voglia di scopare ventiquattro ore su ventiquattro. 

La decisione, mio malgrado, ancora una volta, non spettò a me, perché in effetti era raro che qualcuno mi desse l'opportunità di farlo.

«Ok, come desideri... e poi non sarebbe male allontanarmi da qui finché anche lui ci sarà. Devo soltanto portare con me un paio di libri per l'ammissione a legge, tanto non credo staremo via per chissà quanto tempo» ci guardò entrambi sorridendoci, quando le sue iridi si soffermarono su di me, una piccola ruga sembrò solcargli la fronte. Probabilmente anche lui ebbe il mio stesso pensiero su noi due, ma ben presto tornò a fare finta di nulla.

«Non credo che ci tratterremo più di una settimana, ed è pure esagerato» affermò, abbastanza convinto, nostro fratello.

Peccato che non saremmo tornati a casa per moltissimo altro tempo.

Ma in quel momento nessuno di noi era realmente consapevole dell'impresa che stavamo per svolgere...

***

«Sophia» mi sentii chiamare mentre dal bagno, ancora grondante d'acqua, mi stavo spostando in camera da letto.

«Sì?» mi voltai a guardarlo.

«Posso parlarti un secondo?» mi domandò, aprendo la porta della sua stanza.

Annuii, seguendolo in silenzio.

«Questa cosa che si è creata tra noi, non lo nego, mi piace... mi stuzzica e non poco... però, ora che saremo costretti a viaggiare tutti e tre insieme, sarebbe meglio evitare di farci vedere così affiatati. Insomma, capiscimi» si passò la lingua lentamente sulle labbra, piegò leggermente la testa di lato e puntò i suoi occhi trasparenti come uno specchio nei miei.

Imitai tutti i suoi gesti, non stando particolarmente attenta a non mostrargli parti del mio corpo parzialmente coperte dall'accappatoio.

«Ho capito che Mike è piuttosto irremovibile su certi argomenti e neanche io ho voglia di farlo arrabbiare... ma, in fondo, quando lui non guarda, non è male portare avanti questo giochino... e poi chissà, magari sapremo farci del bene ancora una volta in futuro» gli rivolsi un occhiolino.

Mi liberai dell'unico indumento da bagno che mi copriva, rimanendo completamente nuda. Mi avvicinai con nonchalance alla valigia e ne estrassi il completino intimo più sensuale che avessi. Lo indossai tenendo le mie iridi fisse nelle sue. Lui deglutì lentamente, scuotendo la testa. Eppure non uscì, restando impalato a seguire ogni mia mossa.

«Non so cosa aspettarmi da questo viaggio, ma non vedo l'ora di scoprirlo» gli mostrai due diversi abiti e attesi che fosse lui a scegliere. Si avvicinò a me con cautela, osservando ritmicamente l'una e l'altra opzione. Sfiorò il vestito rosso aderente con un profondo spacco lungo la coscia.

«Se parti così, non so se impazzirò prima io o Mike» senza che ci fosse il bisogno di chiederglielo, sfilò da solo dalla sua plastica protettiva la parrucca scura tagliata a caschetto.

La sistemai sui miei capelli ancora bagnati, guardandomi soddisfatta allo specchio.

«Perché continui anche ora che non devi più differenziarti obbligatoriamente da tua madre?» mi chiese spontaneamente, posizionandosi dietro di me. Notai come stesse respirando a pieno il mio profumo, sebbene non volesse farlo notare più di tanto.

«Non riesco a staccarmi da quella sensazione ripugnante che si genera in me ogniqualvolta mi vedo al naturale... è più forte di me... non so se riuscirò mai ad abbandonare tutto questo... forse mi ha deviata così tanto da non poter più tornare indietro» sentii una strana ansia crescere dentro di me. Si estese dal mio stomaco, fino a tutto il mio corpo. Arpionandosi intorno ai polmoni impedendomi di respirare. Mi ricordai improvvisamente che, per quanto potessi sentirmi una Robertson, dentro di me, quando chiudevo gli occhi, l'unica voce che riuscivo a sentire era la sua, mentre mi sussurrava "Sophia Harbour-Fitzgerald" sin dalla mia infanzia.

«Oggi ho rivisto il mio donatore di sperma... erano almeno un paio d'anni che non succedeva. Posso assicurarti che, pian piano, avevo dimenticato di essere la sua fotocopia. Vedermi in lui invecchiato di vent'anni non mi ha provocato nessuna emozione. Sono certo che un giorno sarà così anche per te... anzi, tu forse potresti avere dei genitori biologici del quale essere fiera. A me non restano che due occhi azzurri serrati da tempo e una vaga somiglianza con quello che considero mio padre e che, in realtà, non è null'altro che uno zio troppo buono» mi sfilò la parrucca, gettandola sul suo letto. Mi pettinò i capelli con le dita, sistemandomi poi le ciocche anteriori dietro le orecchie. Aprì l'armadio di Mike e mi porse uno dei suoi completini da basket. Me lo fece indossare come fossi una bambina. Mi sistemò al meglio la maglietta, cercando di lisciare ogni piega.

A lavoro terminato, riprese a guardare intensamente il mio riflesso.

«Penso tu sia bellissima anche così e credo che tu sia semplicemente te... non i tuoi genitori adottivi, e neanche quelli biologici. Sei tu, Sophia, Elle o come vuoi che ti chiami... e sarai sempre te stessa anche se deciderai di indossare ancora quelle parrucche, lo sarai sia con i tuoi occhi sia con quelli artificiali, e lo sarai comunque con o senza trucco. Ciò che è importante è che tu impari ad amarti in ogni tua sfumatura. Ti posso assicurare che se posso accettarmi io con gli occhi di una donna che ha preferito morire piuttosto che combattere per me, e con il volto di una delle persone peggiori che esistano sulla faccia della Terra, allora un giorno sarai in grado di farlo anche tu. Smetterai di vedere i tuoi ricordi tristi e inizierai a scindere soltanto quelli felici» rimasi in silenzio ipnotizzata dalle sue parole. Lui passò un braccio attorno alla mia vita, facendomi voltare di scatto verso di lui. Sentii dentro di me quell'ansia, che fino a qualche secondo prima mi stava divorando, venire sostituita da una danza impazzita di farfalle. La gola divenne secca, ma non più per l'agitazione che mi aveva colta in precedenza. Ci stavamo avvicinando l'uno all'altro. Non capii cosa stesse avvenendo, perché non mi era mai accaduto prima di sentirmi trasportata verso un'altra persona come se non fossi io a comandare il mio corpo.

Quando fummo ormai a un soffio dal baciarci, udimmo dei passi avvicinarsi all'uscio.

Ci staccammo in un battito di ciglia.

«Siete pronti a partire?» nostro fratello appoggiò una spalla allo stipite della porta. Guardandoci con gli occhi di chi poteva dirsi fiero di aver unito in maniera così spensierata le sue due famiglie.

Il mio cuore batteva così forte che avrei potuto giurare che da un momento all'altro sarebbe esploso, sporcando le pareti della loro camera da letto con una quantità infinita di schizzi di sangue.

«Hai ricontrollato l'itinerario?» Chris si schiarì la voce, prima di poter domandare a Mike la prima cosa che gli passasse per la mente riguardo il nostro imminente viaggio.

«Mio caro fratello, mi sottovaluti... abbiamo davanti a noi almeno due giorni di viaggio... ho già prenotato una stanza sulla route 65, e un'altra in mezzo al nulla in Wisconsin. In men che non si dica, saremo in North-Dakota».

«Non era necessario... posso guidare più a lungo senza il bisogno di fermarci» affermò sicuro, ma, prima che potesse proseguire, lui lo bloccò.

«Assolutamente no! Non voglio morire prematuramente... e ho bisogno di tutti gli arti se voglio continuare a giocare a basket».

«Posso darti il cambio se vuoi» provai a inserirmi nel loro botta e risposta, ma tutto ciò che ottenni fu una risata da parte di entrambi.

«Io non credo nella genetica... ma, se sei realmente sua sorella, non ti farei toccare la mia auto neanche se ce ne fosse una nuova ad attendermi sotto il portico» scosse la testa più volte.

«Non sai guidare?» mi rivolsi a Mike stranita. Mi sembrava strano che non ne fosse capace.

«Chiedilo allo steccato dei Miles se sa guidare» Chris lo punzecchiò, passandogli una mano nei capelli.

«Va' al diavolo» nostro fratello gli rivolse una smorfia infastidita. Malgrado provasse a non darlo a vedere, anche lui era estremamente divertito dalla situazione.

«Non so come mà e papà non abbiano fatto a chiamare il 911 dopo aver sentito la tua proposta di andare fino a lì in auto... davvero nessuno dei due ha buttato le chiavi nel cesso scaricando lo sciacquone per impedirti di farlo?» domandò ironicamente.

«Se non la smetti di fare il simpaticone, ti abbandoniamo in Winsconsin» Mike lo spinse giocosamente, cercando comunque di mantenere una certa credibilità nel suo ruolo di fratello ferito.

«Quando avete finito di punzecchiarvi... abbiamo diciotto ore di auto... su!» li invitai a sbrigarsi, richiudendo la mia valigia.

Ci ripensai dopo qualche secondo.

L'aprii nuovamente e vi inserii la parrucca che avevo precedentemente indossato.

«Andiamo» aggiunsi e, solo dopo questo ulteriore richiamo, anche loro si mossero.

***

La prima volta che decidemmo di fare una sosta fu soltanto dopo due ore di tragitto. Ci fermammo in una gas station nei pressi di Columbus. Acquistai un pacchetto di sigarette e uno di doritos. Mangiai questi ultimi il più lentamente possibile, gustando a pieno il sapore piccante. Mike provò a rubarmene una manciata, ma io fui più veloce di lui.

«Che pensi?» gli domandai notandolo fin troppo distratto. Stava fissando un punto imprecisato al di là della vetrina.

«Sono preoccupato per Chris» fu tutto ciò che disse, continuando a essere concentrato sull'esterno.

Mi sporsi anche io, capendo immediatamente quale fosse l'oggetto delle sue preoccupazioni. Si trattava proprio di Chris, intento a fumare una sigaretta, appoggiato al cofano dell'auto.

«Perché?».

«Sta attraversando un brutto periodo... e io vorrei poterlo aiutare... ma, certe volte, malgrado tutto quello che vorremmo fare per gli altri, non possiamo in fin dei conti fare null'altro che spiarli da dietro una vetrina. Quello che sarà, sarà... e io non potrò impedirlo» si morse l'unghia dell'indice, strappandone una parte.

«Non ti conosco così bene come vorrei, ma...» feci una pausa, cercando di mettere in ordine i miei pensieri «credo che tu sia fin troppo preoccupato riguardo il benessere degli altri, tanto da perdere di vista il tuo» spostai la sua mano dalla sua bocca, stringendogliela forte.

«Ed è per questa ragione che non lascio avvicinare gli altri... per me esistono soltanto mamma, papà e Chris... e adesso tu. Il resto del mondo deve starmi lontano, perché altrimenti ne soffrirei troppo» vidi per la prima volta, nei suoi occhi più scuri dei miei, un'ombra fosca e tetra.

«Cos'è che ti preoccupa per quanto riguarda lui?» lo indicai con un gesto della testa, sebbene mio fratello non avesse mai smesso di guardare in sua direzione.

«A causa di tutto quello che abbiamo vissuto da bambini, ho sviluppato questa tendenza a voler tenere tutte le vite delle persone che amo sotto controllo... lui, al contrario, dopo la morte di sua madre e l'abbandono di suo padre, ha iniziato a chiudersi in se stesso... quando ti tiene fuori, te lo posso assicurare, diventa complicato rientrare nella sua mente. È come un labirinto, Elle, è come il fottuto labirinto costruito da Minosse» prese un lungo sorso dalla sua lattina di coca-cola «non farci caso mini, non devi preoccuparti di niente tu... qualsiasi cosa accada, ci pensa il tuo fratellone a proteggerti» il suo voltò mutò improvvisamente. 

Tuttavia, non mi fu affatto complicato accorgermi di quanto fosse stato veloce a indossare una maschera... perché era una vita che anche io facevo la stessa cosa.

***

«Raccontami qualcosa» esordii all'improvviso dopo ore di silenzio. In verità ero stata l'unica ad addormentarsi, ma anche nel sonno non mi era parso di udire nessun suono fuoriuscire dalle loro bocche. Probabilmente entrambi erano stati troppo occupati a riflettere per potersi aprire l'uno con l'altro.

«Cosa?» Mike volse leggermente il capo all'indietro per guardarmi.

Mi accorsi, dallo specchietto retrovisore, che anche altri occhi erano puntati su di me.

La loro improvvisa freddezza mi trafisse.

«Qualsiasi cosa sulla nostra infanzia» mi sistemai meglio sul sedile, incrociando le gambe e sistemando la testa su un cuscino da viaggio.

«Mmm...» fece una lunga pausa per riflettere «quando sei nata, io, Lisa e Tony stavamo giocando nel fango. Pur essendo luglio, non era stata una bella giornata e, dopo che il temporale era cessato, avevamo iniziato a lanciarci letteralmente del terriccio addosso. Lena come sempre era distante, accanto a papà, era seduta – mi sembra – sulle sue ginocchia. Lui faceva scorrere le foto che ti aveva scattato all'ospedale e lei piangeva a dirotto. Questa è l'unica scena che ricordo di quel giorno, ma ti giuro che, se chiudo gli occhi, riesco ancora a sentire l'emozione che stavo provando nel sapere che da lì a qualche ora ti avrei conosciuta» non so perché scelse proprio quel momento della nostra infanzia, ma mi sembrò quasi di tornare indietro nel tempo, a un pomeriggio spensierato che comunque non avevo vissuto in prima persona.

«Com'erano gli altri?» gli domandai spontaneamente, cercando di visualizzarli uno a uno nella mia mente, prendendo spunto dall'unica immagine di loro che io avessi mai visto.

«Oh, cazzo... è difficile spiegarlo... eravamo tutti dei bambini. Ma... Tony, beh, lui era il ragazzino più bravo di tutto il quartiere. Aiutava sempre tutti quanti, senza differenziazione, malgrado avesse qualche problemino a scuola era l'unico a essere sempre pronto a dare una mano. I più stupidi, infatti, lo prendevano in giro perché dislessico, ma lui non aveva mai permesso alla cattiveria altrui di abbatterlo. Anzi, giocava a basket, sin da piccolo, portando ogni settimana alla vittoria la stessa squadra di cui facevano parte la maggior parte di quegli idioti. Ho imparato da lui tutto quello che so sullo sport. Lisa, invece, non chiudeva mai la bocca e per essere così piccola era incredibilmente avanti rispetto alle sue coetanee. Amava stare con noi fratelli, ma, malgrado le piacesse venirci dietro, le si spezzava il cuore quando doveva muoversi senza Lena. E lei, lei era la principessa di casa... almeno finché non sei arrivata tu. Non puoi neanche immaginare quante volte abbia attentato alla tua vita, era troppo gelosa delle attenzioni che mamma, ma soprattutto papà, ti dedicavano. Non faceva altro che piangere in ogni occasione... ma guai se qualcuno ci toccava. Figurati che se Lisa provava a sgridarti, Lena si trasformava in una belva. Credo che adorasse essere l'unica a farti del male» rise di gusto, perdendosi nella luce accecante del nostro passato. Mi sarebbe tanto piaciuto avere la facoltà di seguirlo anche io, di visualizzare per davvero ciò che mi stava raccontando, senza il bisogno di sforzare la mia immaginazione.

«E tu? Com'era il piccolo Mike?».

«Non chiederlo a lui... chiedilo a me» sebbene ci avesse osservati per tutto il tempo, pur continuando a prestare attenzione alla strada, Chris parlò per la prima vota dopo molte ore.

«Quando è arrivato da noi era di una prepotenza assurda... pensa che ha rubato tutto il contenuto del mio salvadanaio e mi ha anche picchiato perché ho avuto l'ardire di dirlo a mà e papà... e ovviamente tutto questo è accaduto la settimana successiva al suo arrivo, non ha aspettato neanche di entrare in confidenza per lasciarmi in mutande».

«Hai firmato un accordo, Chris! Ti ho restituito tutto fino all'ultimo centesimo a patto che tu non ne parlassi più con nessuno» Mike gli diede uno schiaffo sulla spalla, stando attento però a non distrarlo troppo.

«Te l'ho detto mille volte che li avevo presi perché volevo comprare un biglietto per tornare a Fargo» si rivolse direttamente a me, questa volta ruotando praticamente tutto il corpo «giuro che non ero così teppista... o meglio, sì lo ero... ma volevo soltanto tornare a cercarvi» mi si spezzò il cuore a sentirlo parlare così, ma la mia tristezza durò poco, ci pensò suo fratello a sdrammatizzare.

«Pensa che bambino stupido che era Soph... pensava di poter tornare in North-Dakota con tredici dollari e venticinque centesimi» svoltò improvvisamente verso destra, quando il navigatore glielo ripeté. Eravamo troppo impegnati a scherzare per renderci conto di essere arrivati al primo motel.

Ci catapultammo all'esterno, correndo verso la hall.

«L'ultimo che arriva fa la doccia per ultimo» urlò mio fratello, quando ormai lui e Chris con le loro gambe lunghe erano già arrivati a destinazione.

Il posto non era proprio come descritto sul sito internet, ma non c'erano neanche cadaveri e topi come si vedeva nei film americani.

Quando entrammo in camera, ci rendemmo conto che invece che tre letti, ce n'erano soltanto uno matrimoniale e uno singolo.

Senza il bisogno di aggiungere altro, mi distesi su quello più grande, e mio fratello lo seppe senza chiedermelo.

Perché era così che funzionava tra noi.

A volte c'era bisogno di parole e altre volte a parlare erano i silenzi.

Dopo essere stata cullata dalle sue braccia, non avrei avuto più il coraggio di dormire da sola.

CONTINUA...

Spazio autrice:

Un po' della mia storia nascosta tra le righe...

Ogni volta che leggo della mia famiglia, mi commuovo pensando persino a ricordi che non ho, ma che mi sono stati raccontati.

Bando ai sentimentalismi... ci siamo.

La prossima volta saremo ancora in Minnesota, ma mercoledì 1 febbraio si approda a Fargo e da lì... niente sarà più lo stesso.

Spero che la storia vi stia incuriosendo,

non so se sto dando il meglio di me,

ma sicuramente ci sto mettendo il cuore.

Grazie di esserci,

Non mi abbandonate🥀,

Matilde.

PS. Se avete qualche domanda, come al solito vi lascio su Instagram il link anonimo per le domande... e se non vi dispiace, per sostenermi, cliccate sulla stellina in alto✨.

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