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Capitolo 49 - A ogni storia il suo autore

Elle, Nogales (Messico), Giugno 2022

Lo scrittore di questa storia è rimasto all'oscuro di ciò che accadde a Nogales nei tre giorni che passammo tutti insieme come una famiglia.
Sarebbe stato per me troppo complicato cercare di spiegare ciò che aveva significato sentirmi nuovamente parte di qualcosa.

L'appartamento di mia madre non sarebbe bastato per ospitare comodamente due persone, eppure, in quello spazio esiguo e claustrofobico, vissi certamente uno dei momenti più belli della mia vita.

Guardare mia madre e mio padre amarsi ardentemente dopo sedici anni di lontananza mi diede una lezione sull'amore che non avrei mai dimenticato.
Se da una parte, quando chiudevo gli occhi, non riuscivo a vedere altro che i muri che Dominic e Patricia avevano innalzato tra loro, dall'altra, avevo l'esempio di chi quei muri li aveva costruiti non per tenersi lontani ma per proteggersi.

Mio padre era una persona straordinaria.

Mia madre lo era altrettanto.

Insieme, però, lo erano ancora di più.

Ridemmo tanto.

Piangemmo tanto.

Ci amammo tanto.

Ci promettemmo tanto.

Ogni venti gennaio saremmo tornati a Nogales, tutti insieme.

E avremmo festeggiato l'anniversario di una giornata che per molti sarebbe stata da bollare come tragica, ma che per noi avrebbe assunto un significato altro.

Tutta la sofferenza che ci era stata imposta e che avevamo patito era stata cancellata nel momento esatto in cui ci eravamo riuniti. E per quella ragione non ci importava che quel giorno fosse stato l'ultimo che avevamo trascorso insieme come una famiglia, perché quello era stato anche il giorno in cui le nostre nuove vite erano iniziate. Ciò che volevamo celebrare più di ogni altra cosa era l'amore che eravamo stati in grado di far sopravvivere dentro di noi, e l'odio che Hannah non sarebbe mai stata in grado di instillarci.

Nostra nonna avrebbe voluto quello. Avrebbe voluto che noi cancellassimo definitivamente quel giorno dal nostro calendario. Ma noi no, noi quel giorno lo avremmo amato, lo avremmo festeggiato come il nostro inizio, perché soltanto un'anima dannata come la sua avrebbe potuto credere che quello per noi avrebbe rappresentato una fine.

Come aveva pensato di poter spezzare un legame che rifuggiva ogni logica?

Come aveva potuto credere, anche per un solo secondo, che nostro padre non avrebbe fatto il possibile per riunirci?

Come poteva essere stata tanto cieca da non vedere mai, oltre i vestiti che lui utilizzava per coprirsi, come il suo corpo fosse diventato il memorandum di un obiettivo?

Avremmo atteso pazienti il giorno in cui saremmo stati liberi e, poi, quel venti gennaio sarebbe stato esteso a ogni ora dell'anno per il resto delle nostre vite, perché nessuno, neppure la morte, sarebbe mai stato in grado di dividere ciò che Dio o il fato avevano unito.

Avremmo imparato con il tempo che la parte più dolorosa dell'essere separati a causa sua sarebbe sempre stata quella degli arrivederci.

Non ci saremmo mai detti addio, ma, in compenso, avremmo dovuto vivere un miliardo di arrivederci.

E fu proprio sul primo dei tanti che fummo costretti a pronunciare su cui mi soffermai, quando mi ritrovai a cospetto del nostro autore per rendere conto a lui di tutto ciò che era accaduto, da quella che all'apparenza era stata un'insignificante notte di maggio e che in realtà era stata l'inizio di ogni cosa.

Io e i membri della mia sgangherata famiglia fummo costretti ad oltrepassare il confine in autobus, riempiendo praticamente metà del veicolo. Da lì raggiungemmo, cambiando un'infinità di mezzi di trasporto, l'aeroporto di Tucson.

Mamma non volle sentire ragioni e decise di seguirci fino a lì, non riuscendo ad accettare di separarsi da noi così presto, angosciata com'era dall'idea di ritornare alla vita monotona che aveva condotto per sedici anni.

Davanti al tabellone delle partenze fu piuttosto complicato riuscire ad organizzare i nostri spostamenti. Papà disponeva di un'identità fittizia che avrebbe potuto utilizzare per affittare un'automobile per raggiungere Phoenix, recuperare la Porsche di Jay, e recarsi così a San Diego via terra. Lisa e Lena avrebbero seguito Bob nella capitale dello Stato dell'Arizona per prendere poi da lì un aereo per Seattle. Tony, Isa e Mickey si sarebbero imbarcati da Tucson in un volo diretto a Denver. Mike, Chris e Lot avrebbero dovuto sbrigarsi per salire sul primo velivolo con destinazione Cleveland per poter tornare in Ohio. Una volta a Beverly, a quanto pareva, mio fratello e quella che nessuno sapeva come definire sarebbero rimasti per un altro po' di tempo insieme. Il pick-up di Chris sarebbe tornato in qualche modo a casa loro, senza che avessimo la benché minima idea di come ciò sarebbe accaduto. Mio padre affermò che senza problemi se ne sarebbe occupato zio Jer che, a quanto riuscii a comprendere sin da subito, sarebbe diventato nelle nostre misere esistenze l'equivalente di un deus ex machine per il teatro romano. Io e zia Mer ci saremmo imbarcate sullo stesso volo, ma io avrei utilizzato il mio documento falso per acquistare il biglietto. Non avevo mai creduto di poterlo usare per uno spostamento di quella portata, ma dopo che Bob l'aveva passato in rassegna, era stato considerato valido per un'impresa di quel tipo. Tutto era stato organizzato cercando di ridurre al minimo le possibilità che Hannah potesse intercettarci, riuscendo a vedere dietro la nostra permanenza in quello Stato l'indizio di una possibile presenza in quei territori di nostra madre.

Malgrado avessimo un piano perfetto per il ritorno a casa, il vero problema giunse quando fu il momento di salutarci. Ognuno di noi aveva una direzione diversa: mamma doveva tornare in Messico; papà doveva ricongiungersi a sua moglie per poter poi tornare a casa; io sarei andata a New York e l'amore della mia vita in Ohio, così come il fratello con il quale avevo dato inizio a quell'avventura; le gemelle dovevano raggiungere nuovamente Seattle e tutto ciò che il ritorno nella famiglia Wolf avrebbe per loro comportato; Tony e il mio meraviglioso nipotino dovevano per forza di cose fare i conti con quello che avevano lasciato in Colorado: il più piccolo la scuola elementare, il più grande la necessità di costruirsi una carriera onesta e un futuro che non prevedesse nemmeno un altro giorno di prigione.

Ci ritrovammo tutti e dodici davanti all'ingresso per i controlli, ma nessuno di noi sembrò avere il coraggio di parlare per primo.

Fu allora che probabilmente mio padre si sentì in dovere di ergersi in qualche modo a capo famiglia.

«Io vorrei dirvi soltanto due parole prima di salutarvi...» si schiarì la voce «come sapete, malgrado tutti gli errori che ho commesso, ho cercato con tutte le mie forze di restare accanto a voi. Avrei potuto essere più sconsiderato, sfidare Hannah più di quanto non abbia già fatto in passato, ma ogni volta che pensavo di poter fare qualcosa per avvicinarmi a voi, restavo bloccato. Vi chiedo scusa per non essere stato il padre che voi meritavate e soprattutto chiedo scusa a te per non aver fatto fede alle promesse che ti avevo fatto» prese la mano di mamma, rivolgendole uno sguardo carico dell'immenso amore che provava per lei «d'ora in poi farò il possibile per vedervi regolarmente e per sentirvi il più vicini possibile anche da così lontano. Jeremiah si premurerà di consegnarvi dei cellulari non tracciabili con i quali ci aggiorneremo costantemente sulle nostre vite e, oltre il venti gennaio come abbiamo già prestabilito, farò di tutto per vedervi singolarmente il più spesso possibile. Voglio che voi sappiate che questi tre giorni sono stati i più belli della mia vita, e che voi siete stati in grado di far battere il mio cuore dopo molti anni in cui avevo creduto fosse ormai spezzato irrimediabilmente. Vi amo tutti e ognuno di voi rappresenta a suo modo la parte migliore di me. Grazie per avermela mostrata...» due grosse lacrime trasparenti sfuggirono ai suoi occhi, schiantandosi per poi disperdersi nella sua barba.

Abbracciò prima Tony e la sua famiglia, assicurandosi che lui non avrebbe più commesso alcun reato. Papà gli promise che qualsiasi problema si fosse trovato ad affrontare sarebbe stato lui a risolverlo al suo posto, perché non avrebbe più accettato di sapere che il sangue del suo sangue sarebbe stato in pericolo dietro le sbarre. Successivamente si fiondò tra le braccia lunghe e tatuate di Mike, facendosi promettere che avrebbe fatto il possibile per trovare la sua strada e per curare quel cuore su cui troppe volte aveva apposto dei semplici cerotti quando in realtà sarebbero serviti dei punti. Infine, dovendo viaggiare ancora per un po' di tempo con le gemelle, si dedicò a me.

«Mini» sussurrò al mio orecchio mentre mi stringeva a sé «ho fatto molti errori con te. So che una parte di te mi odierà sempre per essere rimasto a distanza pur essendo così vicino... ma ti posso assicurare che quell'unica volta in cui in passato ho trovato il coraggio di venire a uno dei tuoi saggi di musica ho rischiato davvero l'autodistruzione. Non sono riuscito ad accettare di poter stare a un passo da te senza poterti toccare e amare come un padre dovrebbe poter fare con la propria figlia. Aiutare Patricia con la Harbour e proteggerti dal brutto giro in cui rischiavi di incappare sono state le uniche strategie che mi è sembrato opportuno adoperare... d'ora in poi, però, ricordati che tuo padre è lì. Quindi, se vorrai, e se tua madre continuerà a ergerti un muro intorno, sarò io a pagarti la retta alla Juilliard e ad aiutarti con ogni decisione vorrai prendere per il tuo futuro. Io credo in te, e credo nel tuo incredibile talento... ti amo e ti giuro che non ci sarà più giorno in cui tu dubiterai di avere un genitore che morirebbe per la tua felicità» mi sorrise, asciugandomi gli occhi umidi con il pollice.

«Ti amo anche io papà» fu tutto ciò che riuscii a dirgli, qualsiasi altra parola sarebbe stata di troppo. Quell'amore incondizionato era esattamente ciò che avevo sognato di avere per tutta la vita e, finalmente, qualcuno era disposto a colmare quel vuoto che avevo sempre sentito di avere nel petto.

Anche mamma decise di attuare la stessa strategia salutandoci uno ad uno. Per lei doveva essere ancora più difficile. 

Come avrebbe potuto, in fondo, tornare alla sua vita che era più simile a una prigione che a un'esistenza felice?

Singhiozzò e pianse molto. E per me quasi divenne un'agonia. Avrei preferito scappare senza più guardarmi indietro che osservare una tale sofferenza ridurla in quel modo. Giunse presto il mio turno, e desiderai che quel saluto fosse freddo e breve, come quelli che solitamente mi rivolgeva Patricia, piuttosto che distruttivo come fu.

«Elle, voglio che tu mi prometta che non permetterai più a nessuno di definire chi sei... che non odierai mai più il tuo corpo a causa degli altri... che tu non finirai per prendere scelte sbagliate consapevolmente, pur di sentire dolore, perché è solo grazie a quella sensazione auto-distruttiva che finora tu hai creduto di stare bene... Tante cose non me le hai dette, ma io le ho capite. Ho visto la sofferenza celata nei tuoi occhi e non posso sopravvivere qui, abbandonata a me stessa, senza prima essermi premurata che tu ti impegnerai a fare i conti con il tuo passato, per chiudere definitivamente con quanto di brutto si nasconde in esso... Per il resto, sii chi vuoi essere e sperimenta tutto quello che potrebbe renderti felice. Io, come tuo padre, sono dalla tua parte e sono sicura, pur non avendoti mai sentita cantare, che dentro di te si nasconda un talento unico. Percorri la tua strada e non avere paura... mamma, papà e i tuoi fratelli saranno sempre un passo indietro... e sono certa che non saremo i soli» guardò Chris, con l'orgoglio di chi sapeva riconoscere un grande amore quando se lo trovava davanti «per qualsiasi cosa sai dove trovarmi. Non credere mai che qualsiasi problema tu abbia non sia abbastanza importante da parlarne con qualcuno... io per prima. Ti voglio bene bambina mia, ripetitelo allo specchio ogni volta che ti guardi: "mamma mi vuole bene", sempre» mi abbracciò, facendomi sentire a una ad una le sue ossa sporgenti e fragili comprimermi il petto.

Avevo avuto in passato ciò che vagamente assomigliasse a un padre, ma mai, neanche lontanamente, avevo avuto una madre normale. E sapere di poter finalmente urlare al mio riflesso "mamma mi vuole bene" fu una delle più grandi gioie della mia vita.

«Te lo prometto mamma... sarai sempre il porto sicuro in cui mi rifugerò... ti voglio bene anche io!» le diedi un bacio sulla fronte, lasciando una scia di rossetto rosa sulla sua pelle innaturalmente giallastra.

«Sì, ma adesso basta... se uno di voi mi dà un bacio per salutarmi, ve lo dico, inizio a urlare e mi faccio arrestare in aeroporto!» la voce di Lisa giunse alle mie spalle e, malgrado avessi ancora un mucchio di lacrime che correvano lungo il viso, scoppiai a ridere. Così come tutte le altre persone presenti.

«Non è necessario salutarci... ci vedremo alla laurea di Mike e poi tutte le volte che vorremo... sempre con discrezione papà, stai tranquillo» Tony ci tenne a precisarlo, visto che nostro padre ci aveva ripetuto un milione di volte di stare attenti.

«Non vi libererete di me così facilmente... ho un po' di tempo libero prima dell'inizio delle lezioni... e chissà... potrei passarlo a turno in Ohio, in Colorado o a Seattle» mi voltai verso di loro, dandomi una ripulita con l'indice sotto le palpebre.

«Scommetto che mi starai attaccata al culo per un bel po'... anche se immagino non sia per me che passerai tutto quel tempo a Beverly» Mike mi tirò i capelli, costringendomi a finire tra le sue braccia.

«Ma chissenefrega di Chris, quando posso passare del tempo in compagnia del fratello più stronzo e più stupido che ho» gli diedi una gomitata sull'addome.

Lui si piegò immediatamente a causa del mio colpo improvviso. Ben gli stava.

«Non voglio dilungarmi in stupidi saluti, ma voglio soltanto che voi sappiate che non credevo che nella mia vita mancasse qualcosa fino a quando non vi ho conosciuti. E non aggiungo altro, prima che Lisa mi trucidi, oltre che con lo sguardo anche con altro» Lena si allontanò dalla sua gemella prima che lei potesse colpirla.

«Abbraccio di gruppo?» propose entusiasta Tony.

Tutti ci avvicinammo nello stesso momento, calpestandoci le scarpe e urtandoci a vicenda.

Le nostre mani si intrecciarono così come i nostri corpi.

Non era la prima volta che ci abbracciavamo, anzi, lo avevamo fatto ogni volta che avevamo aggiunto un tassello in più, ma quella era stata la prima in assoluto in cui potevamo dirci finalmente felici. Avevamo risolto un mistero, avevamo riunito l'intera famiglia e restituito a nostra madre e a nostro padre l'amore di una vita. E tutto, seppur ovviamente non soltanto per merito mio, era iniziato da me. Quanto mi sentivo fiera per quello che ero stata in grado di fare.

Oltrepassammo poco dopo i metaldetector che davano avvio ai controlli. Avevamo lasciato indietro le gemelle e mamma e papà impegnati a salutarsi. Nessuno di noi aveva avuto la forza di assistere al momento in cui sarebbero stati separati nuovamente. Per noi era diverso, eravamo liberi in qualche modo, mamma, invece, era bloccata dall'altra parte del confine, con una taglia sulla testa che rendeva il suo ritorno negli Stati Uniti più pericoloso che mai.

Io e Chris non smettemmo di guardarci un istante.

Anche per noi quello sarebbe stato il primo saluto in assoluto.

Non sarebbe stato l'ultimo, quello era certo. Ma non era semplice separarsi dopo tutto quel tempo passato ventiquattro ore su ventiquattro insieme.

Quando sul tabellone delle partenze comparve il gate del mio volo, ci accorgemmo che le nostre destinazioni erano da tutt'altra parte l'una dall'altra.

«Elle ti aspetto lì... non fare tardi» zia Mer, la mia unica compagna di viaggio, mi accarezzò la schiena, prima di mettersi in marcia verso il luogo in cui avremmo dovuto attendere l'arrivo del nostro aereo.

Mike mi rivolse un segno militare e, insieme alla famiglia di Tony, si incamminò verso la direzione opposta.

«Ciao zia» Mickey si sbracciò per salutarmi ancora, e io quasi fui tentata di corrergli dietro per stabilirmi a Denver insieme a lui.

Gli lanciai un lungo bacio e, solo quando fu abbastanza lontano da me, tornai a concentrarmi su Chris.

«Farò ritorno alla Penn tra non molto... e passerò a New York per stare un po' con te... come una coppia normale, soltanto noi due» allungò entrambe le mani verso di me, afferrando le mie.

«Sono sicura che sapremo farla funzionare... qualunque sia la tua destinazione per la specializzazione, io ogni volta che potrò verrò da te».

«Stavo pensando proprio di iscrivermi all'NYU...» lo bloccai.

«No, vai dovunque valga la pena di andare. Non vorrei mai limitarti nella tua carriera, mai...» mi avvicinai a lui, facendo sfiorare i nostri petti.

«Voglio decidere insieme a te, perché tutto ciò di cui mi importa adesso è stare con te. Voglio diventare un bravo avvocato, ma voglio farlo accanto alla donna che amo» mi attrasse con i suoi occhi azzurri come se fossero stati magnetici. Mi sentii completamente conquistata dal suo sguardo.

«Non è il momento per parlare del nostro futuro... ho solamente pochi minuti prima di dover correre come una pazza in questo aeroporto... perciò, non voglio sprecare un solo attimo» mi fiondai sulle sue labbra, premendole con tutto l'amore e tutta la disperazione che stavo provando nel sapere che saremmo rimasti divisi per un po'.

«Ti amo, Lu» sussurrò a contatto con la mia bocca.

«Ti amo, Apollo» risposi, ansimante.

Si staccò bruscamente «qualunque cosa accada... sappi che con te ho ritrovato una felicità che non pensavo di aver mai avuto. Tutti i ricordi opprimenti del mio passato sono scomparsi in questo viaggio, soltanto grazie a te e alla tua presenza. Mi hai guarito Elle, e questo conterà sempre più di ogni altra cosa» avvicinò il suo naso al mio, facendoli scontrare. Mi diede dei lunghi quanto amorevoli bacetti sulle labbra.

«Senza di te tutto quello che abbiamo fatto non sarebbe stato possibile... tu mi hai aiutata a ricomporre la mia famiglia... sei stato il primo a convincermi per davvero a non utilizzare più le parrucche... tu forse non te ne sarai accorto, ma quello che mi ha salvata sei stato tu... e ora vorrei proprio avere del tempo per dirti tutto quello che provo e quanto sarò triste senza averti accanto, ma hanno appena chiamato il mio volo e sono convinta che se lo perderò zia Mer si farà trovare a destinazione con una mazza da baseball tra le mani. Perciò, ciao amore mio, saremo di nuovo insieme in così poco tempo che non ti sarai accorto neppure della mia assenza» gli diedi un ultimo bacio e fuggii via.

Gli sentii soltanto dire «questo non accadrà mai, perché già mi manchi».

Sorrisi talmente tanto da sentire un dolore irradiarsi dagli zigomi a tutto il volto. Era la prima volta che mi allontanavo da quell'uomo che in così breve tempo era diventato una delle poche persone di cui non potevo fare a meno. Eppure, non riuscivo a togliermi dalla mente, anche in un momento così apparentemente doloroso, tutti i momenti belli e spensierati che avevamo passato insieme. Senza di lui il viaggio dei Robertson non sarebbe stato lo stesso. 

Presi l'aereo per un pelo e, una volta seduta, lontana peraltro da mia zia, mi lasciai andare. Permisi alla tristezza di prendere il sopravvento sulla felicità di poter finalmente dire che la mia famiglia fosse stata riunita e sulla spensieratezza provata a sapere il mio cuore colmo d'amore.

Piansi tutte le lacrime che avevo in corpo.

Il mio viaggio era finito, ma finalmente avevo una risposta a tutte le domande che mi avevano angosciata su quello che sarebbe stato il nostro fantomatico "dopo".

Dopo tante paure, in quel frangente seppi cosa sarebbe accaduto.

Saremmo rimasti sempre una famiglia malgrado le distanze e, niente e nessuno, Hannah compresa, avrebbe più potuto separarci.

Perché a volte la vita è in grado di sorprenderci.

Un giorno sei Sophia, la figlia infelice di due genitori che non si amano più e ti senti sola al mondo e incapace di relazionarti. Il giorno dopo sei Elle, l'ultimo gioiello di una lunga progenie di due individui che si amano a tal punto da aver sacrificato la propria vita per il bene di quella dell'altro.

Sono Elle, il numero tre di un numero a cinque cifre.

E nulla potrà più cambiare quella che sono.

Questa sono io, con i miei difetti e le mie paure, e va benissimo così.

***

Una volta atterrata a New York, riaccesi il cellulare che mio padre aveva insistito per farmi portare con me durante il viaggio. Ricevetti un messaggio in risposta a ciò che ero stata io precedentemente a scrivere a un destinatario speciale.

Elle: Ciao Jay, questo è un numero provvisorio. Volevo soltanto che tu sapessi che siamo arrivati in fondo alla verità e che io e i miei fratelli non potremo mai esserti abbastanza riconoscenti per ciò che hai fatto per noi, donandoci la possibilità di andare avanti e di risolvere un mistero che altrimenti sarebbe rimasto tale. Spero di incontrarti molto presto. 

La tua amica di una notte, ma che probabilmente ti sarà grata a vita, Elle.

Jay: Elle non dovresti essere così sentimentale, mi hai fatto piangere, cazzo. Io aspetto di conoscere ogni dettaglio della vostra storia, perché in un momento come questo, in cui tutto mi sembra in bianco e nero, riconosco la presenza dei colori solo grazie a te. Non vedo l'ora di incontrarti... e, quando avverrà, non tralasciare niente. Ho già scritto un libro che resterà per sempre nel mio cassetto, vorrei avere la possibilità di scriverne un altro che tutto il mondo possa leggere. Magari è vero che anche io ho ancora qualcosa da donare... forse non sono un involucro vuoto come penso. 

A presto, quello che credevi sarebbe stato il tuo amico di una notte, che ora è diventato a tutti gli effetti il tuo amico per l'eternità.

Lessi le sue parole e ripensai a tutto il cammino che avevo fatto.

Anche io prima vedevo il mondo in bianco e nero, ed era stato proprio Jay il primo a permettermi di scorgere dietro la monocromaticità le prime ombre sfocate di cromie diverse.

Alzai lo sguardo davanti al tabellone delle partenze e presi una decisione impulsiva.

Dieci ore dopo ero davanti al suo dormitorio a Oxford.

Chiesi a una delle ragazze presenti all'ingresso di indicarmi quale fosse la sua camera. Inutile dire che, esattamente come avevo fatto appena arrivata alla Penn, mi finsi sua sorella Jaimie.

Fu molto semplice ottenere le informazioni di cui avevo bisogno.

Purtroppo, però, una volta davanti alla sua porta, nessuno all'interno rispose. Pertanto, fui costretta a sedermi davanti all'uscio e ad attendere per un bel po' che qualcuno si palesasse.

Dopo tutte quelle ore di volo che mi ero trovata ad affrontare in una sola giornata, mi addormentai di sasso. Ormai avevo imparato a dormire ovunque, ero stata costretta a farmi bastare un sacco a pelo buttato per terra per gran parte del mio viaggio e, a un certo punto, avevo quasi iniziato a preferirlo ai letti comodi degli hotel a cinque stelle che ero solita frequentare quando ancora chiamavo me stessa Sophia.

«Elle?» tra veglia e sonno sentii pronunciare il mio nome.

«Finalmente» aprii gli occhi, ritrovandomi, a millimetro dal mio, il volto di Jay e quello di una ragazza.

«Che ci fai qui?» parve infinitamente sorpreso.

Mi alzai, cercando di ricomporre il mio corpo che, per il modo barbaro in cui mi ero stesa, sembrava essersi spezzato in mille pezzi.

«Puoi farmi entrare?» mi stropicciai gli occhi, dimenticandomi del fatto che fossero truccati da ormai tempo immemore.

«Katrina» si riferì alla sua accompagnatrice «credo sia meglio rimandare».

«Ok» sbuffò lei, guardandomi male.

"Non sei nemmeno un unghia del piede di Eva" pensai, ma decisi di rimanere in silenzio.

Jay mi fece entrare e, dal sorrisetto che aveva sul volto, capii quanto doveva fargli piacere avermi lì, sebbene la mia improvvisata fosse stata del tutto inaspettata.

«Il giorno in cui ci siamo conosciuti ha cambiato tutto nella mia vita» mi appoggiai con entrambe le mani alla scrivania, dandogli le spalle.

«Sei davvero venuta fino a qui per raccontarmi quello che ti è accaduto? Non potevi chiamarmi?» sorrise schernendomi, prendendo posto sul letto addossato alla parete opposta. Lo guardai con la coda dell'occhio, voltandomi verso di lui.

Era anche merito suo se quell'avventura era cominciata e, per quella ragione, meritava senza dubbio di conoscerne ogni particolare. In fondo, per quanto zio Jer volesse asserire che tutto fosse stato merito suo, io continuavo a essere assolutamente certa che se Jay non mi avesse convinta a mettere via ogni artifizio, abbandonando parrucca e lenti colorate, Mike non mi avrebbe mai riconosciuta.

«Voglio tornare indietro alla sera in cui ci siamo incontrati e ripercorrere tutto senza tralasciare nessun dettaglio. Non sarebbe stato lo stesso farlo a distanza e poi, sei tu che mi hai chiesto di dirti tutto per poterne un giorno scrivere un libro, o forse l'hai dimenticato?» gli domandai in modo canzonatorio, raggiungendo in pochi passi la sua posizione.

Lui mi guardò annuendo, agitando una mano in mia direzione. «Siediti e comincia, ho tutto il pomeriggio da dedicarti» mi invitò a continuare, quando, dopo qualche istante di silenzio, notò come la mia bocca si aprisse per poi immediatamente richiudersi.

«Perché pensi che la tua storia meriti di essere scritta?» non appena mi parve di essermi convinta a iniziare, fu lui a bloccarmi.

«Perché è una storia che parla d'amore, ma non quello che qualcuno potrebbe considerare banale... è una forma d'amore di cui forse non si parla abbastanza. Ci sono io, sola contro il mondo, che all'improvviso mi accorgo di non esserlo mai stata. C'è Mike, incapace di vivere a pieno la sua vita, perché troppo impegnato a proteggere sé stesso e gli altri da qualsiasi forma di sofferenza, in primis l'abbandono, sua più grande paura. C'è Tony, che sta pagando per un crimine che non ha esattamente commesso, mentre sua moglie si spezza la schiena pur di garantire un futuro - più roseo di quello che hanno vissuto loro due - al loro unico figlio. Perché se io e gli altri abbiamo avuto una famiglia, Tony è stato sempre il genitore di se stesso. C'è Lisa che lotta continuamente con quello che è e con quello che sa di essere stata. Vorrebbe cancellare il passato per il bene della sua famiglia, ma lo ricorda fin troppo nei dettagli per ignorarlo. C'è Lena che mette sempre gli altri al primo posto e fa di tutto per rendere felice chi ama a discapito della sua stessa felicità. Ci sono cinque fratelli che si ri-conoscono per la prima volta, pur essendo fatti della stessa carne. C'è anche un anello diviso, ci sono delle fotografie con delle didascalie incise, c'è un libro, c'è una maglietta e ci sono svariate città. Poi, all'improvviso c'è il Messico e la scoperta di una verità sconcertante. E poi, ancora, c'è New York. C'è uno scontro e un incontro. Ci sono due genitori che hanno abbandonato i loro figli, ma non per disinteresse nei loro confronti, ma indovina un po'? Ancora una volta per amore. C'è un'identità d'origine sbagliata e una nuova identità che credevano sarebbe durata per sempre. C'è un primo abbraccio a cui ne seguiranno tanti altri. C'è l'oscurità che accompagnerà ancora per molto tempo le loro esistenze, ma c'è una luce... accecante e indomabile... che le illumina anche a tanti chilometri di distanza. Vuoi conoscere questa storia Jay, ti sembra valga la pena spendere il tuo tempo ad ascoltarmi ricostruire un mese di un viaggio che mi ha cambiato la vita? Dimmi di sì, e un giorno tutto questo diventerà tuo, e su uno scaffale accanto al numero uno utilizzato per sancire il più venduto tra i libri, ci sarà il tuo nome...».

«Ne ero certo prima... e ne sono ancora più sicuro adesso. A te la parola... A ogni storia il suo autore... ed io, sono sempre stato l'uomo giusto per voi» finalmente mi diede il via per riavvolgere il nastro sin da quella notte in cui ci eravamo conosciuti per la prima volta, per arrivare a ricostruire tutto ciò che da allora era accaduto, fino alla stessa decisione di recarmi da lui.

«Tutto ebbe inizio nel mese di Maggio...».

Il resto è già storia.



Spazio autrice:

Il resto è già storia... grazie.

La prossima settimana verremo catapultati nel 2034, cosa pensate ne sia stato dei Robertson?

Grazie perché siete arrivati fino a qui,

Non siamo molti, ma sicuramente chi è ancora qua ci ha creduto quanto me,

Non è stato un anno facile per me e forse avrei potuto dare molto di più...

Elle e gli altri personaggi si sarebbero meritati un'altra scrittrice...

Ma come dice Jay, a ogni storia il suo autore ed io, per vostra sfortuna, sono il vostro.

A mercoledì prossimo, per il nostro primo arrivederci,

Non sarà mai un addio, anche perché qualcosa bolle già in pentola...

Come sempre vi aspetto su IG con il link per le domande in anonimo, se ancora non l'avete fatto stelline e commenti sono sempre graditi❤️‍🩹

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