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Capitolo 42 - Resheph

La notte scese su Nogales con una velocità impressionante.

Il giorno, però, si fece attendere più del previsto.

Non chiusi occhio per un numero indefinito di ore.

Cercai, almeno all'inizio, di raccontarmi che la motivazione principale della mia insonnia era la presenza di un numero elevato di persone in quell'unica minuscola stanza. Infatti, eravamo stati costretti, a causa dello spazio esiguo, a incastrare i nostri sacchi a pelo come se fossimo stati dei campioni di Tetris. Non era possibile girarsi di lato per non sconfinare nel poco spazio vitale assegnato a un altro.

Ero rimasta ferma con le braccia incrociate sul petto come un cadavere, prendendomi il lusso di sbattere soltanto le palpebre. Neppure andare in bagno mi sarebbe stato concesso senza calpestare mani e piedi di uno dei miei fratelli.

Tuttavia, la posizione scomoda e il rumore assordante del respiro di tutti i presenti non erano il vero motivo che mi stava spingendo a vegliare.

La verità era che io avevo cominciato a sentire New York incombere su di me ancor prima di aver acquistato il biglietto aereo per ritornarvici.

C'erano troppe cose che avevo lasciato in sospeso nella mia città. Ero scappata da me stessa e dalle mie responsabilità, cercando di non guardarmi indietro. E, ora che l'incontro con i miei genitori adottivi si avvicinava, stavo iniziando ad avere paura di essere sincera. Immaginavo loro aspettare impazienti l'arrivo di Sophia, restare delusi dal ritrovarsi di fronte Elle. 

Come avrei potuto dire loro che l'unica figlia che avessero non c'era più? Come avrei potuto annunciare la mia morte pur essendo ancora viva? Come avrebbero reagito alla notizia che non mi importava più niente della mia identità perché ero pronta a sposarne una nuova che aveva fatto sempre parte di me, pur non essendone consapevole fino a qualche mese prima?

Erano troppe le domande che mi stavano assillando perché io potessi spegnere la mente e lasciar andare il mio corpo al punto da poter finalmente riposare.

Chris mi era rimasto accanto per tutta la notte. Non aveva mai smesso di tenermi la mano, neppure quando stremato era stato costretto a cedere al sonno.

Tuttavia, in quella stanza i miei occhi sbarrati non erano stati gli unici.

Anche per mia madre quella non era stata una nottata tranquilla.

Aggrappata al cuscino strappato del divano aveva continuato a guardare fuori dalla finestra come se qualcosa di importante fosse celato al di là di quel vetro.

Ogni tanto ci eravamo guardate a vicenda, ma nessuna delle due aveva voluto interrogare l'altra su quali fossero le motivazioni delle rispettive insonnie.

Sapevo che in cuor suo lei avesse compreso ciò che saremmo andati a fare a New York, eppure, pur leggendole negli occhi quella consapevolezza, non avevo avuto comunque il coraggio di parlarle chiaramente.

L'alba arrivò con una lentezza logorante e, quando i miei fratelli cominciarono a essere insofferenti alla luce accecante messicana, decisi che quello sarebbe stato il momento perfetto per costringere tutti ad alzarsi per elaborare con loro una strategia.

Dopo un paio di giorni in cui ero stata tagliata fuori dal mio conto in banca riuscii finalmente ad accedervi dal cellulare di Chris.

A quel punto, disponendo di tutti i soldi del mondo, era arrivata l'ora di prenotare i biglietti che ci avrebbero portati nuovamente negli Usa.

«In quale aeroporto pensi sia meglio prenotare?» scelsi di disturbare il mio fidanzato dopo neppure pochi minuti che aveva riaperto gli occhi.

«Non in Messico» si voltò, schiacciando i polpastrelli sugli occhi per non vedere la luce.

«Arizona?» gli domandai ancora.

«Andiamo a Phoenix» suggerì.

«Ne abbiamo già parlato Chris...» scossi la testa.

«E io ti ho già detto che verrò con voi... non esiste che io non ti accompagni» si alzò, barcollando, per raggiungere il tavolo attorno al quale Lisa, Lena e nostra madre stavano già consumando la colazione.

«Non c'è bisogno che tu ci sia... non necessitiamo di un baby-sitter». Non mi ero accorta che Mike fosse sveglio fino a quando la sua risposta piccata non arrivò a Chris prima della mia.

«So che la geografia di questa casa non aiuta, ma perché non torni a farti a cazzi tuoi e ci lasci in pace?».

Sapevo che quel botta e risposta tra fratelli si sarebbe trasformato presto in qualcosa di peggiore.

«Come scusa... non ho capito?» Mike raggiunse troppo in fretta la sedia sulla quale si era seduto Chris, stampandogli sul volto la mano tatuata.

«Mike!» tutte le persone presenti in quella stanza urlarono il suo nome.

«Sai cosa? Non me ne frega più un cazzo di quello che pensi, di quello che vuoi, o di qualsiasi altra cosa... mi dispiace ricordarti che io e tua sorella stiamo insieme e che anche volendo non potrai fare nulla per separarci» si guardarono in cagnesco per qualche secondo, prima che lui potesse proseguire.

«Quello che volevo dirti, Lu, è che non mi importa di essere in prima linea nel risolvere i vostri problemi» fu volutamente criptico vista la presenza di nostra madre nella stanza «quello di cui mi frega, invece, è che tu incontrerai per la prima volta i tuoi genitori da quando hai scoperto di essere un'altra persona... perciò, se gli altri non si sono accorti di quanto tu abbia sofferto in passato e di quanto Patricia ti abbia manipolata al punto da distruggere ogni brandello di ciò che eri a favore di una donna che non sarai mai; io, a differenza loro, lo so. So quanto potresti uscire distrutta da quel confronto e voglio essere lì a tenerti la mano qualora ciò dovesse verificarsi. Soprattutto perché, a quanto pare, c'è ancora chi antepone al bene fraterno il proprio volere. La sua felicità non vale forse più di una menzogna?» si riferì a Mike proprio nel momento esatto in cui si liberò dalla sua presa, riavvicinandosi a me.

«Prenoterò sei biglietti per New York. Uno, il mio, da Hermosillo, Messico. Cinque, i vostri, da Phoenix. Nessuno farà caso a me, sebbene non creda che ci sia qualcuno che ci controlli... tuttavia, per essere abbastanza sicuri, ci muoveremo così. Isa mi accompagnerà con il pick-up, mentre voi depositerete in Arizona l'auto di Jay, cosicché lui possa riaverla indietro con certezza. Non accetto interferenze da nessuno... neppure da te Lu. Intesi?».

Gli consegnai il cellullare senza opporre resistenza, facendoglielo scivolare tra le mani. Lui lo afferrò con aria di vittoria. Era inutile cercare di convincerlo, avevo capito benissimo che non avrebbe accettato un no come risposta e, allo stesso tempo, persino io avevo cambiato idea, rendendomi conto di quanto per me fosse necessaria la sua presenza.

«Avete due ore prima della partenza... preparatevi» ce lo comunicò a cose fatte, mettendosi ancora una volta a capo delle nostre avventure.

«Io sarò costretto a fare scalo in California e perciò arriverò stanotte... purtroppo è l'unica soluzione possibile visto che non possiamo passare il confine in sei in un'auto a cinque posti. Va bene per te, Lu?» me lo domandò preoccupato. Vidi chiaramente nei suoi occhi il terrore di non essermi accanto nel momento in cui avrei affrontato i miei genitori adottivi.

«Ti prometto che starò lontana dai guai fino a quando non sarai arrivato» gli sorrisi.

«Adesso dobbiamo soltanto svegliare la famigliola felice che dorme ancora di là e prepararci alla partenza... per quanto riguarda il resto, vedremo in loco come comportarci con la mia università» eravamo costretti a parlare in codice, sebbene nostra madre avesse già intuito tutto.

«Prima di andare» mamma ripose tutte le stoviglie utilizzate durante la colazione nel lavello, dandoci momentaneamente le spalle «Mike ed Elle» pronunciò i nostri nomi senza guardarci «ho la necessità di andare in un posto e voi mi accompagnerete» il suo tono non ammise repliche; pertanto, tutti e due asserimmo senza lamentele.

Prima di uscire di casa nostra madre si soffermò a prendere una vecchia scatolina impolverata dal garage e, soltanto dopo averla stretta al petto, ci condusse in un parco non lontano dal suo appartamento.

«Vi ho detto di mia sorella Mer... e di quanto io l'amassi» si sedette su una panchina e invitò noi a fare lo stesso.

«Noi eravamo molto diverse, eppure, estremamente unite» aprì quel contenitore di latta, estraendone due stampe spiegazzate.

«Mary-Elizabeth Saintlclaire ha pubblicato questa fotografia su Facebook quattro anni fa. È stata l'unica volta che a Hollister, dal computer di un hotel, ho trovato il coraggio per cercarla» la passò prima a Mike che la osservò curioso.

«Perché non hai mai provato a contattarla da un account falso?» le domandò lui, consegnandomi subito dopo quell'immagine.

In quest'ultima erano impresse due bambine, con i visi rivolti l'una verso l'altra, sorridenti e spensierate. La più grande assomigliava senza dubbio a me, mentre la più piccola ricordava molto le gemelle in una delle poche fotografie della nostra infanzia che avevo potuto vedere.

«Non avrebbe avuto alcun senso metterla in pericolo... e qualsiasi cosa io le avessi detto non solo l'avrebbe messa nella posizione di rischiare la vita, ma avrebbe potuto distruggerla da un punto di vista psicologico».

Capii che ciò che diceva fosse estremamente reale quando feci caso alla didascalia con la quale aveva pubblicato la foto:

Non so più chi sono da quando non mi specchio nei tuoi occhi.

Buon compleanno Nora,

Siamo sotto lo stesso cielo.

«Ieri Mer compiva quarantaquattro anni» si morse il labbro superiore, cercando di reprimere le lacrime che stavano cominciando a riempirle i dotti lacrimali.

«Per questo hai guardato tutta la notte fuori dalla finestra?» constatai ad alta voce.

«Non sto mostrando a voi due questa foto perché voi siate più meritevoli degli altri di conoscere questa storia... spero che voi stiate capendo quale sia il vero motivo...» si bloccò, aspettando da parte nostra un cenno.

«Capisco benissimo cosa tu voglia dirci, ma... ci sono situazioni e situazioni» Mike intervenne immediatamente.

«No, ci sono solo buoni fratelli e cattivi fratelli... e nella nostra famiglia... per l'educazione che io e Bob vi abbiamo dato... esistono soltanto i primi. Non mi importa cosa vi abbia portati a litigare, né tantomeno voglio entrare nel merito della relazione tra Elle e Chris, ma Mike, quello che ho visto oggi non voglio vederlo mai più e non vi lascerò partire finché qualsiasi attrito ci sia tra voi non sarà risolto» ci scrutò attenta, per capire ancor prima che noi potessimo rispondere quali sarebbero state le nostre intenzioni.

«Non c'è nulla che non vada da parte mia» dichiarai convinta «è lui che non riesce ad accettare ciò che c'è tra me e suo fratello».

«Io ti avevo perdonata per avermi mentito, ma, poi, vedere come tu l'abbia assolto dopo quella frase che aveva detto... mi ha fatto incazzare di nuovo, parecchio» mi fece segno di passargli una sigaretta. Lo feci, malgrado sapessi perfettamente che continuare a fumare di nascosto sarebbe andato soltanto a discapito della sua salute sportiva.

In fondo, però, era ormai chiaro a tutti quanti quanto non gli importasse più dei provini imminenti.

«Lo sai meglio di me che non lo pensava... era soltanto sotto pressione».

Mi amareggiò constatare ancora che, dopo averci visti così vicini, lui non riuscisse a scorgere per davvero l'amore che provavamo l'uno per l'altro.

«Che devo fare Elle? Mamma, è forse un crimine che io ami a tal punto i miei fratelli da volerli al sicuro da ogni pericolo?».

«No, Mike... non lo è... però dovresti imparare che non puoi salvare sempre tutti. So che io e vostro padre non vi abbiamo salvaguardati come avremmo dovuto, ma, anche se fossimo rimasti... anche se la vita di Grace e Sam non fosse stata spezzata bruscamente... voi, alla fine, avreste sofferto ugualmente. Per cose diverse, di certo, ma sarebbe avvenuto. Voglio che tu ci ragioni. Pensaci, figliolo. Credi che Chris potrebbe essere la prima persona a spezzare il cuore di Elle? Pensi davvero che allontanandoli tu possa in qualche modo evitare che tua sorella si innamori?» gli accarezzò il dorso della mano, per poi fare lo stesso con me.

«Ho osservato attentamente te e Lot e ho capito che c'è qualcosa tra voi che ti sta facendo del male; ho parlato con Lisa e Lena e so benissimo quanto il loro cuore sia dilaniato dalla malattia del piccolo Mark; ho appreso che Elle ha nascosto il suo vero aspetto per un lungo periodo della sua vita perché la donna che l'ha adottata non ha saputo vedere la sua unicità oltre i canoni imposti dalla società; Tony è stato in prigione perché costretto ad affamare se stesso e la sua famiglia; ho saputo persino di Chris e di come sua madre si sia tolta la vita. Pensi ancora che la sofferenza sia evitabile?».

«Vorrei-» Mike aprì bocca, ma venne interrotto dopo aver pronunciato soltanto una parola.

«Non sei Don Chisciotte! Non ti permetterò di combattere contro i mulini a vento!» lei alzò improvvisamente la voce, lasciando entrambi attoniti.

«Non vedo mia sorella da quasi trent'anni. Non posso accettare che voi facciate la mia stessa fine» parlò in maniera molto più calma, quasi a scusarsi del suo atteggiamento di prima. «Vorrei che voi apriste il vostro cuore e sono certa che sarà soltanto lì dentro che troverete tutto quello di cui avete bisogno».

«Elle già lo sa. Non c'è bisogno che io mi ripeta... Dimmi una cosa, mamma, avevi previsto anche il modo in cui ci saremmo incontrati? Come facevi a sapere che prima o poi avremmo riunito quei cinque anelli e saremmo arrivati da te?» le pose un quesito che per tanto tempo aveva tormentato anche me.

«No, per quello non avevo un piano... sapevo che sarebbe accaduto in qualche modo. Ancora non ti è chiaro? Siete fratelli Mike. Il richiamo della carne è più forte di qualsiasi distanza. E non ti sembra un segno che siate stati proprio voi due a incontrarvi per primi?».

«Quello che Elle già sa, e che forse tu fatichi a vedere, è che io la amo come non ho mai amato nessuno in vita mia... eccetto Chris. Elle sa che anche quando sembrava che io fossi arrabbiato con lei non facevo nient'altro che guardarla da lontano; che quando non sento la sua voce per più di qualche minuto corro a cercarla perché ho paura che le sia accaduto qualcosa; che soltanto il suo volto imbronciato mi rende felice quando tutto il resto sembra essersi ormai perso; che io riconosco quanto il nostro rapporto sia indissolubile; quanto lei, pur essendo la sorella con la quale ho vissuto di meno, sia diventata nel corso del nostro viaggio un affetto per me insostituibile. Elle lo sa, mamma... Elle lo sa... anche se vorrei proteggerla a ogni costo da ogni cosa. La verità è che io non ho mai fatto niente per lei, ma è stata lei che mi ha salvato e tutti i giorni mi fa da scudo rispetto alle mie fragilità. Il Mike che c'è all'esterno potrà fingere per tutta la vita di essere arrabbiato con lei, ma quello che c'è all'interno vorrebbe soltanto stringerla e dirle che andrà tutto bene» parlò rapidamente senza che nessuno potesse più interromperlo. Aprì il suo cuore senza tralasciare nulla, mettendo sul piatto tutti i suoi sentimenti e scoprendo quel velo trasparente che aveva tentato di utilizzare per nascondere le sue vere sensazioni.

Quando sentii mio fratello spiattellare tutte quelle verità su di noi e sul nostro rapporto, seppi distinguere ancora meglio tutti i momenti in cui lui aveva finto di essere un altro per orgoglio. Al tempo stesso capii anche quanto il mio sbaglio fosse stato profondo, talmente tanto da averlo costretto a celare ciò che provava davvero.

«Se dai per scontato che io sappia tutto questo, vorrei che tu dessi per scontato ciò che sto per dirti... con tutta la sincerità di cui dispongo. Io e Chris ci siamo avvicinati alla Penn, quando ancora non sapevo chi fosse. La vecchia me ragionava così, e forse anche quello che era lui prima di questo viaggio lo faceva allo stesso modo. Di solito sceglievo una preda e impiegavo tutte le mie forze per conquistarla, poi, quello che accadeva dopo era soltanto il preludio di un addio. È cominciata per gioco, come una distrazione... io gli mentivo dicendo che avrebbe potuto dimenticarsi del dolore della perdita di sua madre e dell'abbandono di suo padre, che il mio corpo sarebbe stato la panacea per tutti i suoi mali. Gliel'ho ripetuto talmente tante volte che poi è diventato reale. E tu eri lì, sempre sullo sfondo. Continuavi a ripetere quanto tutto ciò non ti andasse bene e alla fine ci siamo autoconvinti che mentire sarebbe stato meglio che dirti la verità. Io e tuo fratello ci amiamo. E io non smetterò mai di ringraziarti per avermi regalato l'ennesima luce nell'oscurità. Però, per quanto io ami anche te, non ti ascolterò se mi chiederai di mettere fine alla nostra relazione. E ti prego, non farlo. Non mettermi in condizione di scegliere tra voi due, perché non potrei prendere una decisione e finirei con il distruggere me stessa piuttosto che voi. Dacci una possibilità, dalla a me, non a Sophia, ma a quella che è diventata Elle. Stammi accanto, ma non per proteggermi a tutti i costi dal dolore. Sii la spalla forte alla quale mi aggrapperò durante le tempeste. Io ti voglio un bene dell'anima, un bene viscerale che è inspiegabile... ma devi capire che io non sono soltanto tua sorella, io sono una donna e la donna che sono è innamorata di tuo fratello. E questo è quanto».

Non era più il momento di mentire.

Non era più consono che io nascondessi la mia verità per non infrangere una bugia che lui aveva creato.

Mike lo sapeva che non gli avrei più mentito.

Non dopo aver visto quanto un tradimento del genere potesse fargli del male.

E lo vidi nei suoi occhi che in lui qualcosa stesse cambiando.

Perché abbassò tutti i paletti che fino ad allora aveva innalzato.

«Scusami per essere stato un fratello orribile» aprì le braccia pronto a ospitare il mio corpo all'interno.

Non mi feci attendere oltre, spingendo la mia pelle contro la sua.

Sembrava che il suo petto fosse stato creato esattamente per contenere il mio.

Era così che eravamo nati.

Ognuno di noi con le insenature giuste per combaciare con i nostri fratelli.

«Ti perdono» gli sussurrai all'orecchio.

«Ti perdono per avermi mentito» replicò, dandomi un bacio sulla fronte.

«Perdonerai anche Chris?» in cuor mio conoscevo già la risposta, ma volli comunque tentare.

«C'è un momento per tutto, Mini... e quello mio e di Chris non è ancora arrivato. Ora so che tu lo ami davvero... vediamo quanto lui a New York sarà bravo a convincermi della stessa cosa» mi diede uno schiaffetto sulla guancia, per riportare il nostro discorso, diventato troppo serio, su un piano più scherzoso. «Ti voglio bene» pronunciò, guardandomi dritto negli occhi.

«Anche io» arricciai il naso, mostrandogli la linguaccia.

«Ehm...» nostra madre si schiarì la voce, asciugandosi le lacrime nel vano tentativo di non mostrarci quanto avesse pianto.

«Ora veniamo al secondo motivo per cui vi ho portati qui» estrasse da quella scatola, che ancora teneva stretta, una seconda foto «questi sono i miei genitori con Mer... un'altra immagine della sua laurea che ha condiviso tra i suoi ricordi» ci mostrò l'istantanea, accarezzando lentamente con l'indice prima il volto della madre, poi quello del padre e infine quello di Mer.

Restai folgorata dalla bellezza della nonna, così come dalla somiglianza della zia con mia madre e soprattutto con le gemelle. Mio nonno, invece, mi parve quasi di conoscerlo per davvero. Esteticamente era esattamente come l'avevo immaginato. Il rigore fuoriusciva da ogni poro, così come l'amore che provava per le due donne che stava stringendo in quell'occasione così felice, sebbene i suoi occhi fossero velati dalla malinconia di un'assenza. Immaginai che non avesse mai dimenticato la sua Nora.

«Voglio che una volta a New York voi cerchiate mia sorella... ditele che sono viva, che sto bene e che un giorno, spero non così tanto lontano, busserò alla sua porta. Non rivelatele nulla riguardo la mia posizione, siete già in troppi a saperlo e non vorrei mai che nessuno rischiasse la sua vita per me. Mostratele al massimo le foto che abbiamo scattato ieri sera tutti insieme. Quando Hannah morirà, mi riprenderò la mia identità. Ma ora, non è ancora il momento» si toccò nuovamente la testa come se fosse stata ancora convinta di averla ricoperta da folti capelli biondi, poi diventati più scuri con il passaggio da El a Grace e infine recisi totalmente nel momento in cui era diventata Clara.

«Lo farete?» cercò prima i miei occhi e poi quelli di Mike.

Annuimmo senza repliche.

E così sarebbe stato.

***

Nel tardo pomeriggio raggiungemmo New York.

Fu spaventoso ritrovarmi nuovamente nella mia città.

Fu strano attraversare le strade che avevo percorso sin dalla mia infanzia accompagnata dalle persone più importanti della mia vita.

Li condussi in fretta verso casa mia.

Il cuore in gola per la paura.

Digitai le sei cifre del codice segreto per entrare e, quando aprii il portone, dopo un lungo mese in cui tutte le mie certezze erano state messe a repentaglio, pensai che non sarei potuta sopravvivere a quello scontro che tanto avevo rimandato con mia madre.

Fortunatamente all'intero non vi trovai né Patricia né mio padre.

Entrambi probabilmente erano ancora in volo o prossimi alla partenza per tornare nella Grande Mela.

Tutto l'attico era animato dalla sola Magdalena che, come al solito, era intenta a rassettare ascoltando musica caraibica.

Appena si accorse della mia presenza, diede ordine a Siri di far cessare la musica.

Mi abbracciò come solo una persona speciale come lei avrebbe potuto fare.

Le presentai i miei accompagnatori senza darle troppe informazioni riguardo alle loro identità e poi la pregai di preparare tutti i letti presenti in casa per la notte.

«La signora Harbour-Fitzgerald sarà qui domani nel primo pomeriggio, mentre il signore qualche ora più tardi» me lo aveva comunicato sapendo perfettamente ciò che avrebbe significato per me.

Lei viveva con noi da un po' di anni e aveva sviluppato un'abilità nel riuscire a leggerci dentro senza chiedere mai.

In silenzio seguì tutti i miei ordini, sistemando le gemelle nella camera degli ospiti, Mike e Tony nella mia e me nel letto dei miei genitori.

Le chiesi gentilmente di prepararci la cena e poi organizzai nella mia stanza il primo meeting newyorkese con i miei fratelli.

«Abbiamo due punti sulla nostra lista» annunciai a tutti «trovare nostro padre e incontrare nostra zia. Per quanto riguarda il secondo obiettivo conosciamo l'ultimo indirizzo dei Saintclaire e non credo sarà così ostico trovarla. Per quanto riguarda nostro padre, effettivamente, non sappiamo nemmeno se quella che troveremo sarà una lapide o una persona. Io, però, so da dove iniziare» per la prima volta decisi volontariamente di mettermi a capo della progettazione. Assente Chris, toccava a me dettare i piani.

«Dicci quello che hai in mente e noi ti seguiremo... questo è il tuo territorio, ci fidiamo di te» Tony mi invitò a svelare a tutti i presenti il mio piano.

«Tra pochi minuti si darà avvio a una delle serate preferite di Isac in città. So per certo che lo incontreremo al Resheph e, una volta individuato, troveremo il modo di farlo parlare. Siete pronti a entrare nei bassifondi di New York e a conoscere la vecchia me?».

Non ci fu bisogno di una risposta.

***

Il Resheph era da sempre uno dei peggiori locali in cui una ragazza potesse decidere di recarsi da sola.

Nella mia adolescenza ci ero stata tre volte: la prima in compagnia di Isac, le altre due da sola alla sua ricerca.

Quella volta avevo con me i miei più fedeli soldati e sapevo che con loro al mio fianco anche alle porte dell'inferno nessuno avrebbe potuto farmi del male.

Il buttafuori aveva avuto in passato un'intensa relazione con Allison; pertanto, non mosse ciglio quando io e miei fratelli ci recammo all'ingresso prioritario e lo oltrepassammo.

All'interno di quella discoteca c'era soltanto un cumulo di vecchi drogati, luci psichedeliche e musica satanica.

Tirai dritta verso il privé, pregando di non ritrovarmi mio padre dietro quella tenda.

Quanto mi disgustava il pensiero di avere sangue Weiss nelle vene.

Ma a papà, almeno a lui, dovevo il beneficio del dubbio.

Quando mi presentai accompagnata da altre quattro persone, di cui due uomini tatuati dalla testa ai piedi, davanti ai peggiori sgherri di quella famiglia, un po' mi pentii di non aver preferito un approccio più tranquillo.

Un paio di loro drizzarono in piedi, confusi dalla nostra presenza.

Soltanto uno rimase tranquillo.

Sorrise.

Fece segno agli altri per farli allontanare e loro eseguirono lasciandoci in qualche secondo da soli con lui.

«Sophia Harbour-Fitzgerald... quale onore» appoggiò il mozzicone di quello che restava di uno spinello nel posacenere.

«Ciao Isac» provai a essere un tantino accomodante.

«Non credevo che il mio cazzo ti mancasse così tanto da indurti a venire fin qui a cercarmi».

Sentii i muscoli dei miei fratelli irrigidirsi e pregai che non avrebbero mosso un dito.

Non sapevano con chi avessero a che fare.

«Stavo pensando a tantissime cose, eppure il tuo cazzo non era minimamente tra queste... sono qui perché ho bisogno di un'informazione» mi sedetti accanto a lui e con lo sguardo chiesi agli altri di fare lo stesso.

«Carina la gang del bosco...».

Era rimasto esattamente lo stesso coglione che avevo conosciuto in passato.

«Senti... ricordi quando ci siamo visti l'ultima volta? Mi hai detto che non potevi vendermi più nulla... è ancora così?» provai a prenderla alla larga per cercare di non indispettirlo.

«Direi che i quattro punti che mi hanno messo in fronte e questa cicatrice parlino per me... non credi?» si toccò d'istinto il solco profondo che gli aveva parzialmente deturpato il viso.

«Sai perché ti è stato ordinato?» provai a capirci di più, ma non volli fare assolutamente il nome di mio padre.

Negò con la testa.

«Quanto dall'alto ti sono arrivati quegli ordini?» domandai ancora.

Sembrava quasi che stessi conducendo un interrogatorio della polizia.

«Non so neanche questo. Se può interessarti è stato il mio amico a ridurmi così... ti ricordi il ragazzo che era con me la sera che ci siamo conosciuti?» mi guardò intensamente e, nel bel mezzo di quei suoi occhi piccoli e arrossati, vidi una flebile luce.

Annuii, ricordandomi perfettamente dello scapestrato con il quale avevamo passato la nostra prima serata insieme. Per tutto il tempo si erano contesi la mia compagnia, fino a quando Isac non aveva avuto la meglio.

«Lui non ama parlare di sé, ma so che talvolta è in contatto con i capi. Non so dirti cosa abbia scatenato in lui una reazione così violenta... ma non ho avuto il coraggio di domandarglielo, sebbene io abbia sempre avuto intenzione di farlo» portò la mano destra interamente tatuata sul volto. Sembrò combattuto, ma poi un moto di coraggio sembrò destarlo dai suoi tormenti.

«Mmm, dai... visto che sono curioso di capire le motivazioni... se vuoi ti do il suo indirizzo. So che in questo periodo sta dormendo in un appartamento tra la Madison e la Montgomery. Dovrebbe essere un buco al quinto piano in condivisione con qualche altro tossico. Non dirgli che te l'ho detto, anche se so già che chiunque ti abbia vista qui stasera gliene parlerà... andresti a fargli un salutino da parte mia?».

«D'accordissimo. È una questione di famiglia, se così si può definire» gli feci l'occhiolino e poi mi alzai, sicura di avere tutte le informazioni di cui avevo bisogno per andare avanti in quell'indagine.

«La Torah non vieta i tatuaggi?» Mike parlò all'improvviso alle mie spalle.

«La Torah vieta tante cose... noi siamo ebrei dalla nascita, ma se dovessimo seguire l'ebraismo... non saremmo chi siamo» scoppiò a ridere «buona fortuna ragazzi... Jer è uno tosto».

Ma quel che era certo è che noi eravamo più tosti di lui.

CONTINUA...

Spazio autrice:

I'm back!

Cinque cicatrici sulla pancia e un po' di intestino in meno non potevano tenermi ancora lontana da voi...

Mi siete mancate... così come mi sono mancati i miei amati Robertson...

Ci avviciniamo alla fine, credo di aver appena realizzato che in tutto i capitoli saranno 49 + epilogo. Il che è molto divertente considerando che è esattamente lo stesso numero di parti che ho scritto anche per TAOBA. Evidentemente sono capace di scrivere solo storie che abbiano la stessa lunghezza...

In ogni caso, cosa pensate che troveranno a New York i ragazzi? Io utilizzerei il termine CAOS😂

Grazie perché siete ancora qui con me,

Non mi abbandonate,

Vostra Matilde.

Ps. vi aspetto su Instagram con il link delle domande in anonimo... sono curiosa di sapere quello che pensate... 

Avete già premuto sulla stellina? Se così non fosse è il momento di rimediare...

A mercoledì prossimo.

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