Capitolo 4 - Due di cinque; Beverly, Ohio.
Rimase in silenzio ad ascoltare i miei conati, mentre ancora nuda mi dimenavo sul pavimento. Aveva un sorriso inquietante dipinto sul volto e io non riuscivo a smettere di guardarlo con la coda dell'occhio.
Sentivo la morte dentro di me per ciò che era appena successo, ma lui, al contrario, non riusciva a dare alla situazione lo stesso peso.
Poi, d'un tratto, sembrò scosso da una consapevolezza improvvisa e iniziò a ridere neanche fosse percorso da un milione di spasmi.
«No-no-no» balzò in piedi, scuotendo la testa.
«Sophia non è come credi» a stento riuscì a rimanere in piedi, piegandosi su se stesso. La scena divenne quasi comica anche per me. Era lì, stante, senza vestiti, a sorreggersi le budella come se potessero fuoriuscirgli da un momento all'altro.
«Mike non è mio fratello biologico» riuscì a dire, cercando di essere serio per qualche secondo.
«Cosa?» ruotai totalmente il capo nella sua direzione. Improvvisamente lo stomaco sembrò essere tornato in ordine, così come la matassa dei miei pensieri. «E per quanto cazzo di altro tempo volevi tenermelo nascosto? Porca puttana Chris, ho creduto di aver quasi scopato con mio fratello» urlai, sebbene la gola irritata non me lo permettesse. Tossii a fondo prima di riuscire a ritornare in piedi. Premetti lo sciacquone e gli andai contro inferocita.
«Ora mi vesto, esco a farmi un giro per sbollire la rabbia e, quando mi sarò calmata, tornerò qui e mi dirai tutto quello che sai» tuonai, a un palmo dal suo viso.
Mi scontrai con i suoi occhi azzurri quasi trasparenti come un ghiacciaio, lui annuì, non smettendo comunque di avere quell'espressione divertita.
Mi allontanai dal suo corpo bollente, indossando i primi vestiti trovati nel suo armadio.
Quando mi richiusi la porta alle spalle, lo udii dire: «Se non ti dispiace, vorrei partire il prima possibile... ti posso assicurare che è tutta la vita che Mike aspetta questo momento».
Sogghignai tra me e me. Neanche io potevo più aspettare, ora che mi ero palesata a Chris il gioco era iniziato davvero, niente e nessuno mi avrebbe convinta a fare un passo indietro.
***
Rimasi circa una mezz'ora seduta sull'erba accanto al dormitorio. Il freddo della superficie mi risalì dalle cosce, fino a ghiacciarmi persino la fronte. L'aria non era ancora calda a quell'ora e ciò rendeva non proprio piacevole la mia permanenza. Provai a chiamare Jay nel cuore della notte, era l'unica persona alla quale sentivo di dover raccontare ciò che stava per accadere. Ci eravamo conosciuti per così poco, eppure necessitavo di appigliarmi alla sua saggezza. Ovviamente non rispose e, sebbene la sua voce registrata mi avesse invitato a lasciargli un messaggio, scelsi comunque di non farlo.
Tornai nella stanza, dopo aver fumato l'ultima sigaretta. Avrei voluto bere qualcosa di forte, ma il mio stomaco, per quanto rinvigorito, non era ancora pronto, in più sarebbe stato complesso trovare qualcosa che io potessi acquistare, considerato il fatto che per gli Stati Uniti, pur ubriacandomi dalla prima adolescenza, io ero ancora minorenne.
Appena varcata la soglia, trovai Chris intento a fare le valigie. Era così felice che quasi mi venne voglia di rimanere in silenzio a guardarlo. Lui, però, udito il rumore della maniglia, si volse immediatamente verso di me.
«Perché sei così felice?» gli domandai, mentre mi trascinavo davanti allo specchio.
Mi liberai della parrucca e delle lenti a contatto. Sfregai gli occhi irritati e sciolsi le trecce. Poi iniziai lentamente a struccarmi, vedendo sorgere dalle ceneri della mia artefatta Elle, il volto dell'altrettanto falsa Sophia.
Lui temporeggiò prima di rispondermi, si sedette per terra accanto a me e prese un respiro profondo.
«Non so se dovrei essere io a dirti queste cose e, in realtà, preferirei, se per te va bene, darti soltanto qualche informazione, il resto preferisco che sia Mike a chiarirtelo. Cosa ne pensi?» mi chiese con dolcezza.
Annuii, pronta ad ascoltare quel poco che era pronto a rivelarmi. Non lo biasimavo, aveva ragione a non voler andare nei dettagli, era giusto che io scoprissi di più parlandone direttamente con nostro fratello.
«Non siete soltanto in due» sospirò, in attesa di una mia reazione.
Volsi il capo, sgranando gli occhi. Neanche per un istante avevo pensato alla possibilità che ci fossero degli altri. Continuai ad ascoltare il suo silenzio, pregandolo di proseguire, con le lacrime che stavano quasi per fuoriuscire.
«Mike è il secondogenito, prima di lui un altro maschio e dopo due gemelle».
Sentii il cuore quasi esplodermi nel petto. Avevo sognato per tutta la mia infanzia di avere qualcuno con cui giocare, con cui fare squadra contro i nostri genitori e persino qualcuno che potesse farmi arrabbiare e, al tempo stesso, essermi di conforto. Da qualche parte nel mondo c'erano sempre state quattro persone che avrebbero potuto essere quella parte risolutiva del mio puzzle, ed io non potevo saperlo. Il destino però era stato più magnanimo della vita, mettendo sulla mia strada Mike e permettendomi quantomeno di sapere dell'esistenza degli altri.
«Non so molto altro nel dettaglio, solo che siete stati entrambi adottati in un orfanotrofio a Fargo in North Dakota, ma che in realtà vivevate a un'ora da lì, a Jamestown, e che è stata vostra madre a portarvi da una sua amica e che lei vi ha accompagnati là. Mike aveva quasi sette anni e da quel poco che ricorda con certezza non eravate in difficoltà economiche, né i vostri genitori facevano uso di droghe o, non so, erano nei guai con la legge. Non riesce a spiegarsi cosa li abbia portati ad abbandonarvi e non ha mai smesso di tormentarsi negli anni».
«Ha mai provato a cercare gli altri tre?» gli domandai l'unica cosa di cui mi importava. Due genitori, sebbene problematici, li avevo avuti, ciò che invece mi mancava del tutto erano dei fratelli. Nell'ordine delle mie priorità ora c'era scoprire prima qualcosa in più su di loro e poi, se mai fosse stato possibile, venire a capo del mistero riguardante coloro i quali mi avevano concepita.
«I nostri genitori lo hanno accompagnato in North Dakota quando era ancora minorenne, ma ovviamente per la privacy non ha ottenuto informazioni. Gli hanno soltanto rivelato che vi erano stati cambiati i nomi e che nessuno era rimasto nello Stato. Ci è stato davvero male... pensa che il suo primo tatuaggio sono state le coordinate del parco giochi dove vostra madre vi portava a giocare e ha anche il tuo nome sulla clavicola» mi sorrise più che con le labbra, con lo sguardo.
Mi persi in quella luce che i suoi occhi emanavano.
Era forse quello l'amore tra fratelli che tanto agognavo?
«Scusami se te lo chiedo... ma come l'hai trovato?» improvvisamente si rese conto che non mi avesse ancora domandato la cosa più importante di tutte. In effetti doveva essergli sembrato strano che io fossi riuscita a rintracciarlo.
«Il fato» sussurrai, alzandomi dal pavimento. Mi piegai sulla valigia ed estrassi una copia del mio certificato di nascita.
«Ci siamo incontrati per caso alla stazione degli autobus, non so perché fosse a New York, ma, non appena mi ha vista, lui mi ha riconosciuta. Io non sapevo di essere stata adottata, perciò non ho creduto alle sue parole, anche se dentro di me, Chris devi credermi, io lo sapevo. C'era qualcosa in lui, nel suo viso, nei suoi occhi, che gridava a gran voce: famiglia. Lui mi ha detto il suo nome e per mia fortuna qualcuno l'ha chiamato con il suo cognome... è stato semplice risalire alla Penn grazie al suo profilo, ma ci tenevo a fargli una sorpresa. In ogni caso la conferma l'ho avuta solo quando ho trovato questo ben nascosto nell'ufficio di mia madre» gli porsi il foglio di carta e lui lo guardò attentamente, sebbene non vi fosse molto da vedere, considerando che la maggior parte delle informazioni erano state erase per sempre.
«A proposito, mi dai conferma che questo sia l'anno in cui è stato adottato anche lui?».
«Doveva essere il 2006, se non sbaglio... Mike arrivò da noi a febbraio... quindi sì» mi restituì il certificato. Il suo volto si fece contratto «perciò, davvero i tuoi genitori non ti avevano mai detto prima che non eri biologicamente loro figlia? E come hanno reagito quando l'hai scoperto?» chiese curioso. Mi porse il pacchetto di sigarette e mi fece segno di spostarci accanto alla finestra posizionata sul suo letto. Ci sedemmo sui cuscini, lui in ginocchio e io a gambe incrociate.
«Non lo so come reagiranno quando glielo dirò... se io e te saremo ancora in contatto te lo farò sapere» risi, ma a questo punto, più che per l'ilarità dei fatti, per l'ansia.
La storia era molto più complessa di quello che immaginavo e sicuramente non mi sarei aspettata di dover viaggiare fino in Ohio solo per incontrare mio fratello. E se avessi dovuto intraprendere un'avventura più lunga, come avrei fatto? Ah – pensai con me stessa – papà è lontano, in giro per il paese, chissà dove, e mamma, invece, sarà in Europa per mesi, prima che si accorgano che non sono davvero con Allison ce ne vorrà di tempo. Lasciai andare il respiro che avevo trattenuto. Non era questo il momento di preoccuparsi di loro, a un passo com'ero dall'apprendere qualcosa in più su me stessa.
«Ed è ok venire con me domani? Ci allontaneremo parecchio da New York».
«Sì, non preoccuparti. È complicato, ma non si accorgeranno della mia sparizione prima di qualche settimana» aspirai lentamente, riempiendomi il polmoni di nicotina.
«Sono sicuro che a Mike farà piacere passare del tempo con te» spense la sigaretta sul davanzale, per poi gettarla nell'oscurità «ti chiedo soltanto un favore però» si fermò, ragionando su come proseguire «non dirgli di ciò che stava per succedere tra di noi stanotte. Lui è un ragazzo d'oro, ma ha qualche problema di gelosia... diciamo che non mi sorprenderei se mi tagliasse le palle anche solo per averti sfiorata. Facciamo che da domani non avrai più due fratelli maschi, ma tre» mi porse la mano come a voler suggellare quel patto. Faticai a rimanere seria, ma alla fine scelsi di stringergliela, sebbene non avessi proprio tutta questa voglia di arrendermi.
«Se devo considerarti mio fratello da domani, perché oggi non completiamo ciò che avevamo iniziato?» gli chiesi con tutta la malizia che ero in grado di sfoderare.
Lui credette inizialmente che si trattasse di uno scherzo, poi, quando capì che ero seria, scosse il capo.
«Vorrei... non sai quanto...» prese un respiro profondo «ma Mike è molto particolare e sono certo che domani te ne accorgerai, ci tengo alla mia sopravvivenza» mi diede le spalle, afferrò una coperta dall'armadio e la sistemò sul materasso vuoto dell'altro letto.
«Buonanotte Sophia, ti sveglio io domani mattina» si stese, portando le braccia dietro la testa e osservando il soffitto.
«Buonanotte Chris... mi confermi gli stereotipi sui fratelli minori» risi, sistemandomi anche io tra le lenzuola. Un po' adesso mi faceva senso pensare a lui nudo qui dentro con un'altra, o chissà quante altre, dall'ultima volta che le aveva lavate.
«In che senso?» si posizionò su un fianco, facendo passare un braccio sotto il cuscino, per guardare verso di me.
«Sono sempre dei cagasotto assurdi» lo provocai.
«Ricordati Elle, che anche tu adesso sei una sorella minore» mi fece l'occhiolino «e per me vale meno di te, visto che sulla carta, pur essendo più giovane di nostro fratello, sono nato per primo».
***
Chris mi buttò dal letto di buon mattino. Mi concesse qualche minuto soltanto per lavarmi la faccia e i denti, prima di caricarmi sulla sua auto. Avevo immaginato possedesse un pick-up, e i miei sospetti furono confermati non appena raggiungemmo il parcheggio. Quantomeno non era rosso e non era neppure un rottame, ma non era esattamente la Porsche alla quale ero abituata.
Mi sedetti accanto a lui, facendo immediatamente scattare la cintura.
Non amavo i viaggi lunghi, eppure avevo appena dato il via al pellegrinaggio più lungo della mia vita.
Non lo sapevo ancora, ma quelle non sarebbero state le uniche ore che avrei passato nell'auto di Chris.
«Metto un po' di musica se non ti dispiace... mi basta quella per non addormentarmi, quindi tu puoi riposare tranquillamente» appoggiò una mano sulla mia coscia lasciata scoperta dalla gonna. Non appena si rese conto di ciò che aveva fatto, la ritrasse come se fossi stata fuoco.
«Rilassati cowboy, Mike non è qui» lo schernii.
«Cowboy?» scoppiò a ridere di gusto.
«Stiamo andando in Ohio, immagino tu abbia un cavallo e un fienile» continuai a provocarlo.
Frenò bruscamente.
«No, assolutamente no» arricciò il naso per controllarsi «ok, va bene... non abbiamo un fienile, ma so che amerai Penelope».
«E uno di quei cappelli ce l'hai? Se hai anche gli stivali con gli speroni non so se posso controllarmi... potrei finire per scoparti nel fienile che tu giuri di non avere» ero volgare, lo sapevo bene, ma amavo infinitamente essere spontanea in quel modo. Mi dava un senso di potere e al tempo stesso di autenticità.
«Sophia!» urlò, continuando a guardare la strada. Stringeva il più possibile lo sterzo pur di non guardarmi.
«Scusami» mi finsi dispiaciuta.
«Lo sai vero che Mike ti farà passare la voglia di dire queste cose?».
«Allora ti molesterò un po' durante questo viaggio, non so per quanto rimarremo insieme, voglio farti martire» legai i capelli in una coda alta, mi leccai le labbra e, poi, le morsi fissandolo.
«Quando si accorgerà di quel piercing che hai sul capezzolo, scommetto che la prima cosa che farà sarà chiederti di toglierlo» mi toccò la spalla, spingendomi contro il finestrino.
«Nah, scommetto dieci dollari che non sarà così» dubitai. Era impossibile che fosse così possessivo.
«I soldi più facili di tutta la mia vita» mi fece l'occhiolino, stando attento a non perdere per troppo tempo il contatto con la strada.
Ridemmo entrambi di gusto.
Non mi sentii a disagio nemmeno per un istante.
***
All'altezza di Pittsburgh decidemmo di fermarci per la prima sosta. Erano trascorse più di quattro ore in cui non avevamo visto altro che strade dritte e vegetazione. I viaggi in auto erano piuttosto sfiancanti perché al sesto chilometro di autostrada tutto diventava uguale, poi, nel caso specifico, non avevamo dovuto fare altro che attraversare tutta la Pennsylvania. Chris notò una tipica tavola calda da route 70 e decise che lì avremmo mangiato qualcosa prima di rimetterci in marcia.
L'Ohio era ormai vicino e, per la prima volta in vita mia, cominciai davvero a sentirmi agitata. Solitamente le emozioni non mi riducevano in quel modo ma, sapere di essere a un passo da mio fratello e dallo scoprire qualcosa in più sulla mia famiglia d'origine, mi rendeva piuttosto nervosa.
Non appena ci accomodammo sui divanetti in pelle del locale, il mio telefono iniziò a vibrare, producendo un rumore sordo sulla superficie del tavolo. Prima di guardare da chi provenisse la chiamata, ebbi il timore che mia madre mi avesse scoperta ancor prima di arrivare a destinazione. Quando lessi il nome Jay Cook, mi rilassai.
«Guarda un po' chi si fa sentire» lo canzonai.
«Mi chiami alle tre e ti aspetti che ti risponda? Va bene che mi sei simpatica...» lasciò la frase a metà.
«Avevo un po' di cose da dirti. Oh cazzo, sei in Cile?» mi ricordai improvvisamente del suo appuntamento con la sua ex fidanzata.
«Negativo, ancora un po' di tortura in giro per NY con Jack» sospirò «allora... sputa il rospo» mi invitò a raccontargli ciò che mi aveva spinto a chiamarlo.
«Attualmente sono in viaggio verso l'Ohio e non crederai mai alla mia storia» mi riuscii difficile trovare le parole per spiegare la folle avventura in cui mi ero cacciata.
«Ohio? Perché?» lo senti sghignazzare. Immaginai che anche lui stesse cercando di non fare battute stereotipate su quello stato.
«Ricordi quando mi hai convinta a tentare di essere me stessa? Beh, ho incontrato una persona che mi ha riconosciuta per i miei occhi... e indovina un po' chi era? Mio fratello. E sai perché ti stupirà sapere che ne ho uno, sebbene Patricia e Dominic non abbiano altri figli oltre me? Perché nessuno dei due mi aveva mai detto di essere stata adottata» parlai senza prendere fiato. Raccontata ad alta voce, tutta quella situazione mi sembrava assurda. Non avrei mai neanche lontanamente dato una chance a un libro o a un film che avessero una trama del genere. Eppure, la vita aveva scelto per me una sceneggiatura al limite del credibile.
Jay rimase a lungo in silenzio, sentii il suo respiro pesante, ma non aggiunse altro.
«Credo sia la storia più sensazionale degli ultimi cento anni... cazzo Soph, voglio aggiornamenti costanti. Un giorno ci scriverò un libro, è troppo» si interruppe «wow... non so che altro dire. O meglio, forse dovrei chiederti come stai e soprattutto con chi sei lì? Tuo fratello? E cazzo, sei sicura che lo sia?» percepii la preoccupazione impossessarsi della sua voce e mi fece ridere pensare a un quasi sconosciuto che davvero sembrava tenerci a me e alla mia incolumità.
«Sto andando da lui con il fratello e sì, sono certa che Mike lo sia davvero. Stai tranquillo, sul serio. Ci tenevo a dirtelo perché è davvero grazie a te se posso finalmente capire chi sono» abbassai la voce, quasi vergognandomi al pensiero che Chris potesse intuire troppo su di me.
«Ora si spiegano tante cose su di te. Forse non è un caso il fatto che tu non ti sentissi a tuo agio in un'unica persona... è tutto troppo affascinante. Scrivimi ti prego, costantemente. Ora purtroppo devo andare, sto per salire in auto con mio padre e non mi sembra il caso che lui ascolti questa conversazione. Ciao Sophia, sta' attenta e, qualsiasi cosa accada, ricordati che puoi contare su di me».
«Spero che conoscendo lui, diventerà più chiaro chi sono io. Ciao Jay, a presto» mi morsi il labbro inferiore, rimanendo qualche secondo a contemplare il nulla. Chris mosse il menù davanti ai miei occhi, sia per invitarmi a sbrigarmi a ordinare sia per svegliarmi dalla mia trance.
«Chi è Jay? Il tuo ragazzo?» domandò, fingendo che non gli importasse la risposta.
«Ieri notte ti sembravo una con un ragazzo?» ribattei, concentrandomi su quali pancake ordinare, più che su di lui.
«In effetti no, però non si sa mai» chiamò con un gesto della mano la cameriera per farci servire.
«L'amore è il sentimento più sopravvalutato di sempre. Il sesso mi piace, molto, ma, il solo pensiero di avere una relazione, mi fa salire il vomito. Sarà che le due persone che mi fanno da esempio non sono state proprio brave a farmi venire voglia di condividere l'esistenza con qualcuno, ma credo che non ci sia il benché minimo pericolo che io mi innamori» una smorfia di disgusto si impossessò del mio volto. Era difficile per me tenere a bada quella parte di me che era inorridita dall'amore, infatti quella mia visione cinica dei rapporti veniva fuori fin troppo spesso.
«Non so come la penso... per ora ho avuto soltanto una fidanzata al liceo e come esperienza mi è bastata e avanzata» si distrasse a osservare la donna che veniva verso di noi.
«Che vi porto?» masticò più volte una chewing-gum.
Dovevano essere davvero dei bifolchi in quelle zone, non erano soltanto pregiudizi quelli che avevo sentito dai miei conoscenti newyorkesi.
«Pancake con sciroppo d'acero» ordinammo all'unisono.
«E un caffè» aggiunsi.
Chris fece segno con le dita di raddoppiare la dose.
«Io e Mike facciamo la stessa colazione da sempre... non so, mi fa strano pensare che a te piacciano le stesse cose, pur non essendo cresciuta effettivamente con lui. Forse davvero la genetica è più importante dell'esperienza».
«Ho l'impressione che ci scopriremo molto simili per certi versi... ti sembra, a guardarmi, che io gli somigli?» aggiunsi curiosa. Me l'ero chiesto sin da quando mi ero scoperta davvero Elle. C'era qualcun altro al mondo che avesse il mio stesso sorriso? La ruga sulla fronte che mi si formava da arrabbiata? E le labbra che si arricciavano da preoccupata? C'era in tutta l'America e il globo intero qualcuno che avesse i miei stessi occhi o le labbra, il naso o i capelli? Ogni parte di me per la prima volta poteva essere la stessa parte di tante altre persone, erano almeno sei quelle in cui avrei potuto riconoscermi.
«C'è un'espressione che fai che mi dà l'impressione di essere davanti alla versione con i capelli lunghi e delle belle tette di mio fratello... quando pensi a qualcosa, sbatti le palpebre e alzi gli occhi verso l'alto e poi fai una cosa con la bocca, sembra che tu la apra e la chiuda simultaneamente».
«Mmm... davvero?».
«Vedi cazzo, l'hai fatto anche adesso».
Ridemmo e scherzammo per tutto il tempo, mi prese in giro anche per il modo in cui mangiavo, anche se quello a parer suo l'avevo preso più da un orso affamato che non da Mike. Quando giunse il momento di ripartire, decisi di chiudere un po' gli occhi. Le persone di solito quando sono agitate sperano che il momento fatidico non arrivi mai, io, al contrario, cerco sempre di andare incontro alle cose. Mi fa paura? Bene, che venga subito e che la oltrepassi in un battito di ciglia.
***
Mi svegliai solo quando oltrepassammo il cartellone con la scritta "Benvenuti a Beverly", intravidi il numero degli abitanti e ne rimasi sconvolta.
«1313?» domandai sorpresa «ma dove siete cresciuti in uno di quei villaggi di campagna?» esordii con la voce ancora impastata dal sonno.
«Esatto, bell'addormentata» mi porse un bicchiere colmo di caffè «dormivi come un sasso, mi sono fermato lungo la strada».
Lo rifiutai con la mano, improvvisamente il sapermi così vicina a Mike mi rendeva nervosa.
Ero spaventata dalla possibilità che potessimo non piacerci, che non andassimo d'accordo per qualche strana ragione. Ma in fondo, almeno in base a quello che avevo visto tra mio padre e i miei zii, il rapporto tra fratelli non poteva essere tutto rose e fiori, e probabilmente sarebbe stato così anche tra noi, ma ciò non ci avrebbe comunque impedito di amarci sopra ogni cosa.
Chris posteggiò nel vialetto di una villetta media. Accanto al loro terreno, il nulla per qualche metro, poi di nuovo una casa e così a intervalli regolari per tutti i chilometri che componevano una strada abbastanza lunga. Ognuna di loro aveva ettari coltivati sul retro e mezzi agricoli stazionati qua e là tra la terra. Non era certamente il mio mondo, ma in fondo anche io provenivo da un posto simile. Certo, lo stato del Dakota era molto più freddo, ma anche piuttosto umile com'era l'Ohio, tutto il contrario della città in cui ero stata cresciuta.
Scese dal pick-up di fretta, non dandomi il tempo neanche di realizzare. Mi prese la mano e mi condusse all'interno quasi tirandomi a sé.
Immaginai in quel frangente di ritrovarmi Mike davanti all'improvviso e quasi caddi svenuta.
Alla fine, però, quando fummo in cucina non vedemmo nessuno, e così in salotto, e poi per tutte le altre camere.
Quando uscimmo sul retro, incontrammo finalmente qualcuno. La signora Eliot era seduta su una sedia in vimini sul portico, sorseggiava un thè, mentre leggeva un libro. Alzò lo sguardo e fu rapita dalla presenza del figlio. Lo strinse a sé come se non avesse atteso altro che il suo arrivo e, dopo averlo consumato tra le braccia, si accorse di me.
«Amore mio, mi sei mancato» gli accarezzò una guancia «e hai portato finalmente una bella fidanzata» mi abbracciò senza esitare, ancor prima che potessimo aggiungere altro.
«Mà non è la mia ragazza... ti spiegheremo tutto tra poco, ma ora non possiamo perdere tempo. Dov'è Mike?» le domandò senza contenersi. La madre aggrottò le sopracciglia confusa, si guardò intorno come se dovesse pensare e, poi, dopo interminabili secondi, finalmente rispose «è con vostro padre alla ferramenta, ma perché Chris? È forse la fidanzata di tuo fratello?» spostò una ciocca dei suoi capelli scuri che le impediva di vedere bene, come se il suo non comprendere la situazione dipendesse da quello.
Cercai in lei qualcosa che mi ricordasse Chris, presa com'ero dal pensare a ciò che invece mi accomunava a Mike. Tuttavia, non trovai nulla, se non le ciocche corvine. Mi sembrò strano, ma in fondo pensai che probabilmente il suo aspetto così interessante dipendesse più dal padre che da lei.
Lui mi trascinò ancora una volta, senza che io potessi oppormi, urlando a sua madre «ti spiegheremo tutto, te lo prometto».
Guidò neanche fosse un pilota di Formula 1, sfrecciando tra le stradine sconnesse di quel piccolo villaggio. Raggiungemmo il centro del paese e proprio lì tra un alimentari e un negozio di mangimi per animali, scorsi l'insegna della Ferramenta Eliot e figli, sin dal 1902.
«Oltrepassata la porta lo troverai al bancone, non so se è meglio che lo avverta. Ho paura gli venga un infarto» tutte le sue preoccupazioni vennero fuori solo in quell'istante. In cuor suo credo che fosse consapevole che non l'avremmo trovato in casa, per questo il suo atteggiamento, ora che sapeva che lui fosse davvero dietro quella vetrina, era cambiato radicalmente.
«Ho fatto tutto questo per sorprenderlo, non roviniamo tutto. Se non ti dispiace, raggiungici tra un po'... mi piacerebbe fosse un momento solo nostro» gli domandai con gentilezza, avevo bisogno di ritrovarmi faccia a faccia con il sangue del mio sangue.
Avevo bisogno di un ricordo che comprendesse soltanto noi due e nessun altro.
Lui annuì soltanto, lasciandomi scendere da sola.
Mi avvicinai alla porta e, solo dopo aver preso un respiro profondo, l'aprì.
Scorsi un uomo di mezza età porgere una busta a una signora anziana. Quando lei venne verso di me e mi oltrepassò per andare via, lui si rivolse a me «signorina, ha bisogno di qualcosa in particolare?».
«C'è Mike?» non so dove fui in grado di trovare il coraggio per pronunciare il suo nome.
«Michael, c'è una bella ragazza che ti cerca» urlò alle sue spalle, verso una porta socchiusa su cui campeggiava la scritta Privato.
«Questa mi è nuova... belle ragazze a Beverly?» sentii nuovamente la sua voce e mi sembrò di averla conosciuta da tutta la vita.
Poi le sue due braccia tatuate fuoriuscirono dalla porta, mentre stringeva tra le mani una pila immensa di registri. Non riuscii a vedergli subito il volto e lui di conseguenza non vide me. Li appoggiò sul bancone e si volse leggermente a destra per osservare la misteriosa "bella ragazza".
Quando mi vide, rimase pietrificato.
Ci guardammo intensamente, fin dentro le nostre anime così affini. Ci riconoscemmo ancora una volta, seppur soli, tra milioni.
Eravamo io e Mike, Mike e io.
Eravamo una famiglia, ancor prima di decidere che lo saremmo stati.
«Elle» si lasciò scappare come un singulto, poi, un rumore straziante: il suo pianto.
CONTINUA...
Spazio autrice:
Il prossimo capitolo sono certa piacerà a molti...
Grazie per essere arrivati qui,
So che non siete in molti,
Ma sono davvero fiera di ciò che sto scrivendo.
Ci vediamo mercoledì prossimo con un nuovo capitolo,
Vi auguro Buon Natale e Buone Feste un po' in anticipo,
Come sempre vi lascio il link per le domande in anonimo su Instagram e ne approfitto per aggiungerlo anche qui, casomai aveste delle domande
ngl.link/maty_riisager
Grazie per essere ancora qui con me,
Non mi abbandonate 🥀,
Matilde.
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