Capitolo 29 - L'arte di essere arte
Una volta all'interno, mi accomodai sul grande divano ad angolo collocato al margine dell'immenso salotto vetrato. Tutti i mobili, a eccezione di diverse sedute, erano stati spostati contro un'unica parete, mentre sul tavolo era stato posizionato un bar di tutto rispetto.
Adocchiai già diversi super alcolici, pronta a dare sfogo a tutta la voglia repressa di perdere il controllo.
Eva mi seguì quasi come se fosse diventata la mia ombra.
Glielo leggevo negli occhi quanto si stesse consumando chiedendosi chi fossi e quale rapporto legasse me e Jay. In fondo, doveva apparirle inspiegabile che io mi fossi materializzata nelle loro vite all'improvviso. Era successo tutto così in fretta e, a dire la verità, pur volendo, non avrei saputo spiegarle di che natura fosse la nostra relazione.
I miei fratelli fecero come se fossero stati a casa loro. Erano giorni, infatti, che non avevamo potuto godere della comodità di una casa e, con tutto quello che era avvenuto, non avevamo avuto il tempo neppure di sederci per espirare. Era quasi come se avessimo trattenuto il respiro nei polmoni fino a causarci la morte per soffocamento.
Mi concentrai a osservare Chris.
Si era seduto accanto alla sorella di Jay, stringeva tra le mani i Detective Selvaggi e se ne stava concentrato a leggerne le prime pagine. Jaimie, a sua volta, sembrava rapita da quelle righe e, pur di proseguire nella lettura, si sforzava di stare al suo passo seguendo il suo ritmo da una distanza di sicurezza.
«Trovato qualcosa di interessante?» li interruppi, da una parte ero intenzionata a capire se ci fossero stati progressi nella ricerca, dall'altra, però, avevo soltanto il bisogno viscerale di perdermi nei suoi occhi.
«Ancora no» mi fissò dispiaciuto. Quando si accorse del modo in cui lo stavo guardando, mi sorrise, rispondendomi senza dover parlare, "anche io vorrei osservarti fino a consumarti".
Non avevo granché voglia di parlare, perciò non intervenni nei discorsi che a mano a mano cominciarono a sorgere tra i Robertson e i Cook.
Mad, il fidanzato di Jaimie, oltre a essere un giocatore di football, era anche un grande appassionato di basket e, proprio per quel motivo, cominciò a scambiare opinioni con lui sul campionato universitario a cui partecipava Mike.
Kate, invece, sembrò catturata dallo stile impeccabile di Lena e dal suo portamento da modella; insieme, infatti, si persero a ricostruire l'intera storia della moda dalle origini ai nostri giorni.
JJ, dal canto suo, stava maldestramente tentando di conquistare Lisa, non potendo sapere quanto lei fosse un osso duro e, soprattutto, interessata a un altro tipo di "conoscenza".
Alla fine mi ritrovai da sola con i miei pensieri, affiancata da Tony che, allo stesso modo, sembrava troppo impegnato a riflettere per socializzare.
Feci l'errore di guardare Eva e, ancora una volta, vidi i suoi occhi smeraldo puntati su di me.
Il mio carattere sopito sembrò riemergere dalle ceneri.
Mi ostinavo a credermi del tutto una Robertson, ma qualche vecchio carbone ardente appartenente agli Harbour-Fitzgerald era comunque sopravvissuto.
Mi alzai spostandomi in cucina, con la scusa di prendere un bicchiere d'acqua. Lei mi seguì esattamente come pensavo sarebbe accaduto.
«Posso farti una domanda?» sussurrò alle mie spalle.
Se non fossi stata già consapevole della sua presenza non l'avrei mai sentita.
«Dipende» schioccai la lingua sul palato.
«C'è qualcosa tra te e...» le parole le si incollarono sulle labbra «tra te e...» ci riprovò a fatica.
La bloccai.
«Tra me e Jay?» sorrisi, voltandomi a guardarla «niente di cui valga la pena discutere» aggiunsi, con la voglia di punirla con una verità mascherata per ciò che aveva causato al mio amico non raggiungendolo in Cile.
«Ti ha raccontato di me?» una piccola speranza le si accese nello sguardo.
«Qualcosina» ancora una volta fui volutamente criptica.
«Un'ultima cosa... come sta?» me lo domandò dal profondo del suo cuore. Riuscii a percepire chiaramente quanto fosse sinceramente preoccupata per le sorti della sgangherata esistenza del suo ormai ex fidanzato.
«Sta riprendendo in mano la sua vita» feci una pausa, consapevole che altrimenti avrei reso meno teatrale il momento «e tu dovresti davvero fare lo stesso» versai l'acqua nel bicchiere e mi dileguai per l'ennesima volta.
Ero mancata per pochi minuti e la stanza si era già riempita grazie alla presenza di altre persone. Dopo circa una mezz'oretta di sorrisi falsi e presentazioni, il caos mi permise di fare segno a Chris per convincerlo a seguirmi in un posto più appartato. Risalimmo l'ampia rampa di scale per cercare una stanza in cui parlare. Stetti ben attenta a controllare dove lo sguardo di Mike fosse indirizzato in quei frangenti. Fortunatamente parve più interessato a Kate che al mondo circostante. Entrammo in una camera da letto, la prima sul corridoio a sinistra.
Non gli diedi neanche il tempo di richiudersi la porta alle spalle che mi avventai sulle sue labbra.
«Mi mancano i tuoi baci» sussurrai, aggrappandomi alle sue spalle.
«A chi lo dici Lu» ansimò sulla mia bocca, impadronendosene nuovamente.
«Vorrei che Mike fosse in un altro posto adesso» appoggiai le sue mani sul mio fondoschiena, facendo alzare di poco sui fianchi il vestito corto che indossavo.
«Posso essere più veloce di lui... potrei aver già finito quando verrà a cercarci» ironizzò, oltrepassando il tessuto della gonna per tastarmi le natiche nude.
«Potrebbe essere la nostra prima volta su un letto» allusi finalmente alla presenza di un materasso comodo. Tutte le volte in cui l'avevamo fatto, non solo eravamo stati costretti a procurarci orgasmi in fretta, ma eravamo anche stati obbligati a farlo in posti improvvisati. Ricordai con gran piacere la nostra prima volta nel fienile di casa sua in Ohio, la seconda sui sedili posteriori del suo pick-up in Colorado, la terza su quelli anteriori nei dintorni di Seattle e l'ultima sulla sabbia pruriginosa della California.
«Quando torneremo alla nostra vita verrò a trovarti tutte le settimane» mi informò, mentre mi spingeva verso il centro della stanza, pronto a farmi scivolare sui comodi cuscini che ornavano il letto.
«Lo diremo a Mike?» gli domandai racchiudendo in quell'interrogativo una forte speranza. Dopo quello che aveva detto Tony la sera precedente, non ero più riuscita a smettere di pensare al fatto che fosse giunto inevitabilmente il momento di fare un passo avanti.
In fondo ci eravamo confessati il nostro interesse reciproco, eravamo pronti a prenderci le nostre responsabilità e a scoprirci e a conoscerci come due persone normali.
Tuttavia, il suo silenzio prolungato mi fece storcere il naso.
«Pollo» lo richiamai, illusa che fosse troppo distratto a baciarmi su tutto il corpo per udirmi.
Lui si bloccò, a sua volta conscio di ciò che gli avevo appena proposto.
«So che ti sembrerà folle...» si staccò da me, prendendo un po' di distanza.
Le premesse non mi facevano sicuramente ben sperare.
«Forse potremmo frequentarci per un po' di tempo al di fuori di questa convivenza forzata per capire se... insomma... se c'è un futuro certo tra di noi» fece sbattere le palpebre più volte, socchiudendo gli occhi.
Lo sapeva già quello che ne avrei pensato.
La reazione di tutto il suo corpo stava già parlando per me e per lui.
«Ti stai già tirando indietro? Non avevi detto che la paura che qualcosa nelle nostre famiglie unite potesse spezzarsi non era altro che una stupida utopia?» una strana sensazione cominciò a farsi spazio nel mio stomaco.
Mike non aveva tutti i torni. Non avevo neppure cominciato a soffrire e già sentivo che non sarei sopravvissuta a una cosa del genere, soprattutto dopo essermi resa così tanto vulnerabile.
«Sono sicuro del sentimento che provo... non dubitarne, ti prego. Ma dobbiamo anche ammettere che dovremmo riflettere bene prima di fare un passo così importante» provò a spiegare il suo punto di vista, ma la rabbia crebbe talmente tanto dentro di me, unendosi alla bruciante delusione che stavo provando, da non riuscire più a sentire niente di ciò che lui voleva dirmi.
Alla fine rimasi impassibile, ferma accanto a lui, muta come se nessuna divinità mi avesse mai fornito la capacità di esprimermi. Annuii lasciando pezzi del mio cuore lungo il percorso affrontato nel suo discorso. Sarebbero state tutte cose assolutamente giuste se io non avessi provato un sentimento così totalizzante.
Non avrei finto con me stessa asserendo che non sarebbe stato fondamentale conoscerci durante le giornate più semplici, introdurci ai nostri amici, alle nostre rispettive famiglie non in comune, confidarci i nostri più oscuri segreti o quantomeno osservare le nostre abitudini quotidiane senza che queste fossero inquinate dall'ansia e dal brio del viaggio.
Aveva ragione, lo sapevo, ma io sapevo anche di volerlo a prescindere. Ero sicura che non fosse l'idea di una relazione proibita ad avermi convinta ad avvinarmi a lui, né la sua bellezza innegabile o la sua particolare gentilezza. Era accaduto e basta, perché era il destino ad averlo deciso. Perché Mike era partito per l'Ohio un giorno prima di lui, perché io l'avevo scelto tra tanti ragazzi a quella festa, l'avevo puntato malgrado odorasse ancora del sesso fatto con Amy e avevo continuato a ripararmi tra le sue braccia anche quando avrei potuto scambiarle con quelle dei miei fratelli.
Perché le sue parole così giuste erano capaci di farmi così male?
Anche quando si accorse che era il momento di tornare di sotto, anche quando ripeté "Lucy va tutto bene?", io continuai ad annuire e a restare in silenzio, perché doveva essere così che ci si sentiva quando si provava qualcosa per qualcuno, e doveva essere sempre così che ci si sentiva quando l'altro non ci ricambiava come avremmo voluto.
Lui si scusò per la fretta delle sue azioni, per quel discorso così tanto razionale e, poi, quando gli sembrò di aver avuto la conferma da me che andasse tutto per il meglio, pur essendo pienamente consapevole che il tutto fosse una bugia, uscì da quella camera, lasciandomi sola con quello strano dolore mai provato prima di allora.
Fu in quel momento che una voce rischiò di farmi morire d'infarto.
«Per un momento temevo che avreste scopato... ma questo è stato anche peggio» un paio di ciocche scombinate di capelli rossi spuntarono dall'altro capo del letto.
Mi spinsi sulle coperte quel tanto che bastava per riconoscere chi avesse parlato.
Eva se ne stava sdraiata in maniera scomposta sul pavimento, alla sua destra un flacone di pillole, alla sua sinistra una bottiglia di Jack Daniels.
«Tu devi essere una folle psicopatica».
Sophia, mi dissi, resta calma.
Dannazione, aggiunsi, tu non devi più essere lei.
Tu lo resterai sempre, rispose la voce di mia madre fuoricampo.
«Questa è la mia camera, se permetti» singhiozzò, buttando giù una strana pasticca con l'alcool.
«Comunque... se ho capito bene... Chris è il fratello di Mike, che è anche tuo fratello? Sembra tutto così complesso» si alzò da terra per stendersi accanto a me.
«Non credo siano cazzi tuoi» ringhiai, non perché la sua domanda non fosse lecita, quanto più per il nervosismo accumulato.
Le lacrime si addensarono, ma io le ricacciai all'indietro.
«Smettila di fare la dura... mi tratti male da quando sei arrivata senza un motivo» si lamentò come una bambina.
E tu stai facendo soffrire il mio amico, stronza. Siamo pari. Mi dissi nella mia testa.
Jay si era raccomandato di non parlarle di lui e di ciò che stava succedendo nella sua vita; perciò, decisi di rimanere fedele a ciò che gli avevo promesso.
«Vuoi sapere se mi sono scopata Jay? La risposta è no. Vuoi sapere se sono andata a letto con il fratellastro di mio fratello? La risposta è sì. Vuoi sapere se in questo momento mi sento una cretina per essermi aperta così tanto con lui?».
«La risposta è sì» aggiunse al mio posto.
«E perché non glielo hai detto?» mi porse la bottiglia che teneva stretta ancora tra le mani.
L'afferrai, bevendone un sorso cospicuo.
«Perché non aveva tutti i torti» presi un respiro profondo, portando le mani davanti agli occhi. Me li stropicciai così tanto da vedere il buio totale animato da piccole scintille di colore bianco.
«La verità è l'unica cosa in grado di renderci liberi, Elle. Non conosco tuo fratello e non ci avete volutamente messo al corrente di ciò che state facendo e di quale sia questo immenso mistero che state inseguendo... ma non riesco a capire come voi possiate pensare che vedervi felici possa essere percepito come qualcosa di negativo».
«Perché tu non conosci la nostra storia...» sospirai.
«E tu raccontamela... usami come un'estranea che non rivedrai mai più... un altro cervello pensante... deve essere logorante portarsi tutto dentro. E io lo so bene» agitò il flacone, estraendone dall'interno una pillola. L'appoggiò sulla lingua, mandandola nuovamente giù con il whiskey.
«Che cos'è?» le domandai incuriosita.
«Coraggio, felicità, veleno per la mia anima sbagliata... qualsiasi cosa ti spaventi, queste diventano l'antidoto perfetto. Sanno di Jay e di libertà e schiavitù allo stesso tempo».
«Posso prenderne una?» avanzai quella richiesta presa dalla disperazione.
Lei annuì.
«Antidoto contro l'abbandono, contro le menzogne, contro chi vede se stesso in te senza rispettare ciò che sei, chi ti ama frapponendo tra te e la libertà un muro invalicabile... l'unica sostanza letale capace di tramortire Sophia ed Elle allo stesso modo...» inneggiai come aveva fatto lei in precedenza a dei poteri magici che quella pasticca non avrebbe mai potuto incarnare. Eppure, nel disperato tentativo, la presi lo stesso.
E poi cominciai a raccontare.
Tutto.
Chi ero, chi ero diventata, chi avrei potuto essere e chi non sarei mai stata.
***
Terminai l'ossigeno, nel momento esatto in cui le raccontai dell'ultimo tassello che avevamo aggiunto.
Scolai l'ultimo sorso rimasto nella bottiglia, sentendo le mie membra liquefarsi al passaggio dell'alcool caldo.
Attesi che lei commentasse ciò che aveva appena udito, ma le ci volle più del previsto per avere il coraggio di parlare.
«Una volta la persona che ho amato di più in tutta la mia vita mi disse una cosa estremamente profonda. Riesco a ripetertela soltanto perché sono sulla sottile soglia dell'overdose... solo tu, Eva, possiedi l'arte di essere arte. Io ti dono la stessa frase... e sai perché Elle? Perché malgrado chiunque abbia tentato di seppellire ciò che sei sotto una coltre di aspettative, tu sei sempre sopravvissuta. Non importa quante volte saranno lì a farti cadere, tu ti rialzerai sempre. Ti diranno che amare è sbagliato e tu ci proverai per capire sulla tua pelle se è davvero così. Ti diranno che devi seguire una strada che loro vorranno importi, ma tu camminerai dal lato opposto se è ciò che ti fa stare bene. Ti diranno chi non puoi amare, chi non puoi scopare, chi non puoi sognare di avere accanto, ma tu, indovina un po'? Tu sceglierai da sola, perché sei capace di farlo».
«E qual è, invece, la tua di storia?» ignorai volutamente ciò che aveva appena detto, non perché non credessi che ci fosse qualcosa di estremamente poetico o perché in cuor mio pensassi che ciò che aveva detto non corrispondesse alla verità, anzi, l'unico problema era che faceva troppo male.
Eva si spostò lentamente verso il bordo del letto, ne estrasse da sotto una nuova bottiglia di liquore, e l'aprì soddisfatta.
Mi diede volutamente le spalle, forse per evitare che io riuscissi a leggere nei suoi occhi qualcosa in più di ciò che era disposta a rivelarmi.
«Vorrei avere soltanto la possibilità di tenere le palpebre aperte e non dover combattere costantemente con la mia anima sbagliata che mi impone di tenerle socchiuse... questo è ciò che vorrei per me stessa ma, per quanto io ci provi, per quanto mi sforzi di combattere, non sarò mai in grado... In ogni caso, ti racconterò la mia storia se è questo che vuoi... non è una storia felice, però...».
«Tutto è cominciato quando a sei anni ho perso mia madre... da lì sono stata inghiottita da una spirale senza uscita... non sei abbastanza, mi gridava la mia stessa voce; non varrai mai quanto lei, mi diceva il mio riflesso allo specchio; nessuno ti amerà perché al di sotto del tuo corpo inutile non c'è niente per cui valga la pena di sceglierti...» diede inizio così al tormentato racconto della sua breve esistenza.
Rimasi più volte sconvolta ascoltando quanto alcuni dei suoi dissidi interiori fossero simili ai miei. Aveva ragione Jay ad averci paragonate. Sembrava quasi che fossimo state create dalla stessa matrice. Capii quanto la relazione con il mio amico l'avesse salvata e quanto al tempo stesso l'avesse distrutta. Quando arrivò a raccontarmi del loro punto di rottura, però, come se si fosse trattato di un segno del destino, una scelta del fato di non farmi conoscere le motivazioni che l'avevano portata a rifiutare quell'ultimo incontro, il mio cellulare cominciò a squillare, svelando ai miei occhi e anche ai suoi, fin troppo stanchi e provati, il nome di Jay.
Non appena se ne accorse, balzò in piedi rischiando di cadere.
«Se ascolto la sua voce dovrò prendere un'altra pillola e non posso più permettermelo» fece scuotere le mani e la testa in maniera frenetica, poi, d'un tratto, abbandonò la stanza quasi correndo.
Rimasi impalata a osservare il nulla che si era fatto spazio là dove prima c'era il suo corpo.
A quel punto, sapendomi definitivamente sola, risposi.
«Ciao», sussurrai con la voce roca.
«Come vanno le cose in quella gabbia di matti?» rise di gusto.
«Ci ho messo un bel po' per convincere JJ... pensa che ho trovato Mike e Tony sul piede di guerra» lo informai della scenetta alla quale avevo assistito.
«Che esagerazione!».
«La calma non è la virtù né dei Robertson né tantomeno dei Cook» ironizzai sulle nostre famiglie così diverse eppure così simili.
«E...» non appena pronunciò quella sola lettera, facendo poi una lunga pausa, capii cosa avrebbe voluto chiedermi.
«Non c'è» mentii, alludendo, senza che lui me lo dicesse, all'assenza di Eva.
«Ah» sospirò «ok, fammi sapere allora quando arriverete a Encino e se ci sarà altro che potrò fare per voi» chiuse la telefonata in tempi record, facendomi pentire di non avergli detto la verità.
Decisi fosse giunto il momento di ricongiungermi alla mia famiglia, sebbene non mi avesse fatto proprio così male ritagliarmi uno spazio soltanto per me.
Ritrovai il maggiore dei miei fratelli impegnato in una partita di poker, Lena e Lisa scatenate in pista e Mike tra le gambe di una non identificata ragazza. Soltanto Chris in tutta la stanza pareva non essere preso dalla festa, ancora una volta si era ricavato un momento per leggere.
Era curioso constatare come quel mistero stesse diventando per lui un'ossessione più di quanto non lo fosse per noi.
Baciai l'anello che mia madre mi aveva assegnato e che solo pochi giorni prima avevo ricevuto grazie a Magdalena.
Adagia le labbra su quel diamante e non le lasciai andare per molto tempo. Ritrovare nostra madre era in quel momento il mio desiderio più grande, ma, al tempo stesso, ciò che era accaduto nella mia vita mi costringeva a sperare che non saremmo mai usciti da quel tempo sospeso che era diventata la nostra esistenza. Faceva troppa paura pensare al domani e a quello che avrebbe significato essere ormai una Robertson restando, tuttavia, per la legge una Harbour-Fitzgerald.
Optai per spegnere il cervello e seguii al centro della sala le mie sorelle.
Strinsi rispettivamente loro le mani e cominciai a saltare e a muovermi a più non posso seguendo il loro ritmo.
Loro risero, e io risi con loro.
Un ultimo istante di divertimento prima di arrendermi totalmente alla sofferenza.
Un'ombra scura minacciava la mia serenità.
E io già in quel frangente ne fui consapevole.
Quando avvenne, però, ne rimasi egualmente scioccata.
Lo seppi quando completamente ubriaca mi misi in cammino per raggiungere Encino, quando entrai nella casa d'infanzia di Jay e arrancai nella prima stanza disponibile per affondare nel materasso, quando Tony fu costretto a spogliarmi e spostarmi su un lato per coricarsi accanto a me.
Lo sapevo, lo sentivo.
La mattina seguente avrebbe cambiato tante cose.
Avrebbe incrinato un rapporto che non avevamo voluto riconoscere come precario.
Eppure, mi addormentai lo stesso, conscia di ciò che l'alba seguente avrebbe portato.
Spazio autrice:
Se qualcuno se lo stesse chiedendo... sì... ho un debole e ce l'avrò sempre per Eva.
The Art of Being Art rappresenta quanto di più bello ci sia mai stato dentro di me, e non potevo assolutamente non far incontrare le strade delle mie due amate protagoniste.
La tempesta alla quale Elle allude, ormai, sapete benissimo quale sia.
Purtroppo, il tempo della verità è arrivato...
Vedremo Mike come la prenderà...
Grazie perché siete ancora qui con me,
Perché mi avete permesso di combattere contro la mia "malattia", perché mi avete convinta a combattere contro quella necessità di tenere le palpebre socchiuse...
Non mi abbandonate proprio adesso🥀,
Vi amo,
Sempre vostra, Matilde.
Ps. Una stellina per la vostra Maty? Un commentino? O magari un messaggio in anonimo su Instagram? Qualsiasi cosa è ben accetta... vi aspetto come sempre nelle stories.
La prossima settimana il giorno di pubblicazione potrebbe variare... vi terrò aggiornate.
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